Cassazione Penale, Sez. 4, 07 giugno 2022, n. 21862 - Lavori in prossimità di linee elettriche: scarica mortale in cantiere. Totale inadeguatezza del POS che innesca la sequenza causale e consente al preposto di dare un ordine sbagliato


 

 

Da un lato, laddove il POS avesse contenuto la previsione specifica delle cautele da attuare nel caso di rinvenimento della linea elettrica, prima fra tutte la sospensione dell’attività e l’immediata comunicazione al datore di lavoro, l’evento non si sarebbe verificato, dall’altro, la condotta del preposto presente in cantiere, che aveva dato mandato alla vittima di ricoprire la conduttura con un corrugato, non poteva valere ad integrare una serie causale autonoma, tale da interrompere il nesso di causa, in quanto era stata la totale inadeguatezza del POS a innescare la sequenza causale e a consentire al preposto di agire nel modo anzidetto.


 

Presidente: FERRANTI DONATELLA Relatore: RICCI ANNA LUISA ANGELA
Data Udienza: 10/05/2022
 

 

Fatto


1. La Corte d’appello di Torino ha parzialmente riformato, eliminando le statuizioni civili, la sentenza del Tribunale di Cuneo con cui O. C. G. C., nella qualità di amministratore, direttore tecnico e responsabile tecnico della ditta Impresa C. srl, era stato condannato per il delitto di cui all’art. 589 cod. pen aggravato dalla violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro, ai danni del dipendente E. X. avvenuto in Saluzzo in data 27 ottobre 2010. In primo grado il Tribunale aveva dichiarato non doversi procedere nei confronti di V.L.C., padre del ricorrente e imputato nella qualità preposto dirigente di fatto, per essere il reato estinto per morte del reo.

Il processo ha ad oggetto un infortunio sul lavoro, ricostruito nelle sentenze di merito, conformi, nel modo seguente. In un cantiere per la ristrutturazione di un fabbricato sito in un centro abitato ad opera della ditta Impresa C. s.r.l., era in corso lo scavo, effettuato dalla impresa subappaltatrice P. F.lli s.n.c., per il posizionamento di un basamento interrato in cemento armato che sarebbe servito da appoggio ad una gru, necessaria per i lavori di ripristino della copertura del tetto; il giorno precedente l’infortunio, nel corso dei lavori di scavo, per caso era stata trovata e danneggiata dalla benna dell’escavatore una conduttura elettrica, ricoperta al termine della giornata dagli operai della Impresa C. con un telo di njlon; il giorno dopo, E., dipendente della Impresa C. s.r.l., era stato incaricato, dal preposto/dirigente di fatto L. C., di inguainare detta conduttura con un cavidotto corrugato ed, effettuando detta operazione, era stato colpito da una scarica elettrica proveniente dal cavo, riportando lesioni in conseguenza delle quali era deceduto.

Gli addebiti di colpa specifica per l’imputato erano stati individuati nella violazione degli artt. 96, comma 1 lett. g), D.Lgs 81/2008 (per non avere redatto un piano operativo di sicurezza adeguato, POS) e 117, comma 1, D.Lgs 81/2008, per non avere, nel corso di lavori in prossimità di linee elettriche o di impianti elettrici con parti attive non protette, adottato le prescritte precauzioni.

2. Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso C. con il proprio difensore, formulando due motivi.

2.1. Con il primo motivo ha dedotto violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla affermazione per cui il cavo elettrico sarebbe stato danneggiato, in fase di scavo, il giorno antecedente all’infortunio mortale, dalla benna dell’escavatore. Osserva il ricorrente che nel corso del processo di primo grado nessuno dei testi aveva riferito di detto episodio ed anzi il teste L., dipendente della ditta P. F.lli snc incaricata dello scavo, aveva più volte ribadito che dopo l’esecuzione dello scavo il cavo era rimasto integro ed anche l’Ispettore dello S., il consulente tecnico del Pubblico Ministero ed il perito nominato dal giudice si erano limitati ad ipotizzare il danneggiamento del cavo ad opera della benna, in modo da rendere verosimile la ricostruzione dell’accaduto da loro effettuata.

2.2. Con il secondo motivo ha dedotto violazione della legge e vizio di motivazione in relazione alla ritenuta inadeguatezza del piano operativo di sicurezza. La Corte di appello avrebbe erroneamente affermato che la previsione contenuta nel POS, secondo la quale dovevano essere immediatamente segnalate situazioni fuori norma e di pericolo, era da un lato insufficiente, in quanto priva di connotati vincolanti e di indicazioni puntuali anche con riferimento alla tempistica dell’adempimento, e dall’altro poco chiara, in quanto non erano indicati i destinatari. Il ricorrente rileva, in proposito, che in realtà la previsione indicata era rivolta ai lavoratori dipendenti, fra cui E., come espressamente indicato, ed era esaustiva nel contenuto, tanto più che prescriveva un obbligo di segnalazione, come tale necessariamente vincolante.

Inoltre la Corte avrebbe omesso di accertare la sussistenza del nesso di causalità fra la predisposizione di detto POS da parte del ricorrente e l’evento morte, in quanto non avrebbe tenuto conto, nella valutazione della serie causale, della condotta del padre e preposto presente in cantiere, V.L. C., di per sé sola sufficiente a determinare l’evento, consistita nel non aver informato immediatamente, in violazione della previsione del POS, il datore di lavoro, ovvero l’imputato, del rinvenimento del cavo elettrico e ancora più nell’aver dato disposizione agli operai fra cui E. di intervenire su detto cavo.

3. Il Procuratore generale, in persona del sostituto G. R., ha chiesto il rigetto del ricorso.

Diritto



1. Il ricorso è inammissibile, in quanto i motivi sono manifestamente infondati.

2. La Corte di Appello è pervenuta alla affermazione della responsabilità dell’imputato, aderendo alla ricostruzione del tragico evento operata nella sentenza di primo grado, sulla scorta, fra l’altro delle risultanze di una perizia.

Sulla base di tale ricostruzione, ha ritenuto accertato che:

– il giorno prima dell’incidente si era verificato un guasto dovuto ad un contatto fra la benna dell’escavatore ed il cavo che aveva determinato una modesta dispersione di corrente elettrica nel terreno;

– V.L.C., presente in cantiere nel momento in cui era stato scoperto il cavo interrato, aveva rassicurato i lavoratori, sostenendo, infondatamente, che si trattava di una linea elettrica non più attiva;

– l’ulteriore attività di scavo, che aveva comportato la rimozione della terra caduta sopra il cavo, aveva provocato un indebolimento della sua struttura: il telo apposto dagli operai non era stato idoneo ad assicurare una schermatura completa;

– il giorno dell’infortunio E., nel tentativo di cucire con un filo di ferro la guaina di corrugato posta, aveva toccato con il suo corpo il cavo, oppure vi era stato un cedimento del cavo stesso, ossia una esplosione con corto a terra con conseguente evaporazione dell’isolante e scarico dell’energia attraverso gli oggetti metallici utilizzati dall’operaio;

– l’imputato, essendo l’area di scavo compresa in un centro urbano, avrebbe dovuto prevedere la presenza nel sottosuolo dei manufatti delle opere di urbanizzazione secondaria e approntare di conseguenza un POS adeguato che contenesse anche le cautele da adottare in tale possibile evenienza.

La Corte di Appello, indi, ha ravvisato in capo all’imputato il profilo di colpa consistito nell’aver approntato un piano operativo di sicurezza manifestamente carente sotto il profilo dell’accertamento della presenza dei rischi connessi all’attività e all’ambiente e nel non avere, una volta scoperto il cavo elettrico interrato, sospeso immediatamente i lavori fino alla messa in sicurezza del cantiere.

3. Quanto al primo motivo, si deve premettere che sono estranei alla natura del sindacato di legittimità l’apprezzamento e la valutazione del significato degli elementi probatori attinenti al merito, che non possono essere apprezzati dalla Corte di cassazione se non nei limiti in cui risulti viziato il percorso giustificativo sulla loro capacità dimostrativa e che sono precluse al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (cfr. sez. 6 n. 47204 del 7/10/2015, Musso, Rv. 265482).

3.1 Nella sentenza impugnata i giudici, nel replicare alla censura, riproposta in questa sede, secondo cui il perito avrebbe fondato la ricostruzione su un dato di fatto non accertato, ovvero sul fatto che il giorno precedente all’infortunio il cavo elettrico era stato danneggiato dalla benna dell’escavatore, hanno dato atto del compendio probatorio da cui era emersa la circostanza. Invero il tecnico dello S. D.B. aveva spiegato di aver rinvenuto al momento dell’intervento dopo l’infortunio il cavo in tensione, ossia sospeso, e fessurato nel punto in cui era stato sottoposto a trazione, dopo la rimozione della terra di supporto; lo stesso tecnico aveva anche riferito che il giorno precedente l’infortuno, nel mentre erano in corso i lavori di scavo, l’Enel aveva registrato un calo di tensione nell’area alimentata dalla conduttura elettrica, e, posto che non erano emerse altre differenti cause, tale calo doveva necessariamente imputarsi all’impatto della benna dell’escavatore. Anche il consulente tecnico del Pubblico Ministero, Ing M., aveva evidenziato che il cavo era stato danneggiato nell’involucro di protezione, come dimostrato dal fatto che due dei cinque tegoli che lo reggevano non erano stati rinvenuti, in quanto danneggiati durante l’escavazione e verosimilmente asportati insieme alla terra di risulta e poi dispersi. Il dipendente della ditta di escavazioni, B., aveva riferito che non gli era stata prospettata la possibile presenza nell’ara da scavare di cavi elettrici, sicché era verosimile -hanno rilevato i giudici- che egli avesse proceduto come se nel sottosuolo non vi fosse nulla, se non la terra, e avesse quindi manovrato la benna senza alcuna cautela. Infine, il fatto che i lavoratori dell’Impresa C. srl, fra cui il lavoratore deceduto, avessero ricevuto l’ordine di rivestire il cavo emerso a seguito della escavazione significava già di per sé che il cavo era stato danneggiato e lasciato in una condizione di precaria e pericolosa condizione di tensione in quanto non appoggiato a terra. La motivazione della Corte di appello in ordine a tale profilo è, dunque, esaustiva e coerente con le risultanze istruttorie e non è contraddetta dalla deposizione del teste L. valorizzata da ricorrente al fine di dimostrare che l’ipotizzato danneggiamento in realtà non vi era stato. Infatti, detto teste si era limitato ad affermare che a seguito del rinvenimento della conduttura elettrica gli operai avevano cercato di «fare attenzione» e di scavare «di lato, sotto e sopra», in modo da non danneggiarla e, richiesto di riferire come fosse il cavo al termine della giornata di lavoro, aveva, dapprima, risposto che era intatto e, successivamente, aveva precisato che, in qualità di autista, egli non era stato sempre presente in loco e che quindi non poteva sapere se fosse stato o meno toccato.

3.2. La ricostruzione operata dalla Corte di appello, dunque, è analitica e perfettamente coerente con il compendio probatorio, sicché non si ravvisano i vizi lamentati dal ricorrente, né sotto il profilo della carenza della motivazione, né sotto il profilo della violazione di legge.

4. Quanto al secondo motivo, i rilievi del ricorrente si incentrano sulla ritenuta inadeguatezza del POS redatto dall’imputato e sulla ritenuta sussistenza del nesso di causalità fra gli addebiti di colpa e l’evento mortale, a fronte della condotta del preposto, padre dell’imputato, che, in quanto di per sé sola sufficiente a determinare l’evento, avrebbe interrotto la sequenza causale.

4.1. Sotto il primo profilo si osserva che il piano operativo di sicurezza, ovvero il documento che il datore di lavoro dell’impresa esecutrice dei lavori in campo edile redige per ogni singolo cantiere, costituisce uno strumento di prevenzione dei rischi connessi allo svolgimento dell’attività e, pertanto, deve contenere disposizioni specifiche in relazione alle diverse attività che vengono svolte nel luogo di lavoro (Sez. 3, n. 28136 del 13/07/2012 non massimata). Il POS rappresenta, nei cantieri edili, il documento di valutazione del rischio e deve contenere, fra l’altro, come previsto nell’allegato XV D.Lgs n. 81/2008, l’individuazione delle misure preventive e protettive, integrative rispetto a quelle contenute nel PSC quando previsto, adottate in relazione ai rischi connessi alle lavorazioni. Il contenuto minimo del POS, dunque, deve essere parametrato in relazione alle specificità delle attività oggetto del cantiere, al tipo di attrezzature usate ed alle caratteristiche dell’area in cui il cantiere insiste.

Nel caso in esame i giudici hanno rilevato che, trovandosi il cantiere in un ambiente urbanizzato caratterizzato dalla presenza di numerose abitazioni, la presenza della linea elettrica era evenienza prevedibile e che, conseguentemente, il piano operativo di sicurezza avrebbe dovuto indagare tale rischio e prevedere, per l’ipotesi del rinvenimento di linee elettriche, la sospensione dei lavori e l’immediata comunicazione da parte dei dipendenti al datore di lavoro della evenienza. La previsione contenuta nel POS, ovvero l’obbligo di evidenziare situazioni fuori norma o di possibile pericolo, era insufficiente, in quanto generica e non calibrata sui rischi concreti collegati all’attività esercitata (scavi nel sottosuolo) e soprattutto all’ambiente in cui l’attività era esercitata (area urbanizzata ove era prevedibile la presenza sotto il suolo di condutture), stante anche l’obbligo, previsto dall’art. 117 D.lgs n. 81/2008 di adottare in caso di lavori in prossimità di linee elettriche attive, le precauzioni ivi prescritte. D’altronde la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che, in materia di prevenzione infortuni sul lavoro, maggiore è la pericolosità intrinseca dell’attività esercitata in concreto, maggiori devono essere la diligenza e la perizia nel precostituire condizioni idonee a ridurre quanto più possibile il rischio consentito, poiché la soglia della prevedibilità degli eventi dannosi è più alta di quanto non lo sia rispetto allo svolgimento di attività comuni (Sez. 4, n. 7661 del 17/11/2005, dep.2006, Gnesi, Rv. 233396).

A fronte di una motivazione congrua e soprattutto coerente con la normativa relativa alla prevenzione infortuni nei cantieri edili così come delineata, le censure del ricorrente appaiono generiche e non valgono a intaccare il percorso argormentativo dei giudici di merito.

4.2. Sotto il secondo profilo, si ricorda che ai fini dell’apprezzamento dell’eventuale interruzione del nesso causale tra la condotta e l’evento, il concetto di causa sopravvenuta di cui all’art. 41, comma 2, cod. pen si riferisce al caso di un processo causale del tutto autonomo, ovvero se pure non completamente avulso dall’antecedente, tuttavia sufficiente a determinare l’evento (ex plurimis, Sez. 4, n. 10626 del 19/02/2013, Morgando, Rv. 256391) e caratterizzato da imprevedibilità (Sez. 4, n. 6215 del 10/12/2009, dep.2010, Pappadà, Rv. 246421). La Corte di appello in applicazione di tale principio ha ritenuto sussistente il nesso di causa fra la condotta colposa dell’imputato e l’evento, con un ragionamento immune da censure. Da un lato, infatti, laddove il POS avesse contenuto la previsione specifica delle cautele da attuare nel caso di rinvenimento della linea elettrica, prima fra tutte la sospensione dell’attività e l’immediata comunicazione al datore di lavoro, l’evento non si sarebbe verificato, dall’altro, la condotta del preposto presente in cantiere, che aveva dato mandato a E. di ricoprire la conduttura con un corrugato, non poteva valere ad integrare una serie causale autonoma, tale da interrompere il nesso di causa, in quanto era stata la totale inadeguatezza del POS a innescare la sequenza causale e a consentire al preposto di agire nel modo anzidetto.

5. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.


Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.