Cassazione Penale, Sez. 4, 08 giugno 2022, n. 22164 - Investimento nell'area di carico/scarico di materiale tramite carrelli elevatori. Responsabilità del datore di lavoro e del lavoratore alla guida

 


 

Presidente: PICCIALLI PATRIZIA
Relatore: PEZZELLA VINCENZO
Data Udienza: 03/05/2022
 

 

Fatto


1. La Corte di Appello di Venezia con sentenza dell'11/3/2021, ha confermato la sentenza con cui il 10/10/2019, all'esito di dibattimento svolto nelle forme del rito ordinario, il Tribunale di Treviso aveva dichiarato S.G. e P.A. responsabili del delitto loro ascritto e, concesse ad entrambi le circostanze attenuanti generiche, li aveva condannati, colla concessione dei doppi benefici di legge, alla pena di mesi sei di reclusione ciascuno, oltre al pagamento delle spese processuali, disponendo la trasmissione di copia della sentenza all'INAIL di Conegliano, per quanto di competenza dell'Ente.
Gli imputati erano stati tratti a giudizio per rispondere, nella specifica qualifica e funzione rivestita all'interno della ditta "Finiture Livenza di S.G.", dell'incidente patito in data 16/5/2014, all'interno dell'azienda stessa, da M.J. che aveva riportato lesioni giudicate guaribili in giorni 90.
Agli imputati venivano contestati profili di colpa generica (imprudenza, negligenza ed imperizia) nonché la violazione di specifiche norme tese alla prevenzione dagli infortuni sul lavoro.
In particolare, S.G., quale titolare della ditta individuale, veniva accusato di aver omesso, nel documento di valutazione dei rischi, di analizzare i rischi per la sicurezza degli addetti durante le operazioni di carico/scarico del materiale tramite carrelli elevatori, omettendo di adottare le misure tecniche e procedurali necessarie per l'eliminazione del rischio di investimento - art. 28 D.lgs 81/08; P.A., invece, quale dipendente della ditta, doveva rispondere della violazione dell'art. 20 D.lgs. 81/08; entrambi per avere cagionato, lesioni personali gravi a M.J., trasportatore autonomo di materiale metallico per conto della Finiture Livenza di S.G..
In particolare, P.A. mentre era intento alla conduzione del carrello elevatore ometteva di prestare adeguata attenzione alla presenza di operatori a piedi così investendo da tergo M.J. mentre stava predisponendo il proprio automezzo per lo scarico del materiale ivi trasportato (scarico per il quale operava il carrello elevatore).

2. Avverso tale provvedimento hanno proposto ricorso per Cassazione, a mezzo del proprio comune difensore di fiducia, con un unico ricorso, S.G. e P.A., deducendo, quale unico motivo, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall'art. 173, co. 1, disp. att., cod. proc. pen. la violazione degli artt. 590, 41 co, 2 cod. pen. e 20 D.lgs. 81/08 nonché vizio motivazionale in punto di affermazione di responsabilità.

In relazione alla posizione dello S.G., si rileva che la Corte distrettuale ha affermato che se le prescrizioni di sicurezza imposte dalla SPISAL, successivamente all'incidente, fossero state adottate prima del 16/5/2014 l'evento non si sarebbe verificato. Si obietta, però, che tali prescrizioni, assolutamente generiche, prevedono esclusivamente che il carrello elevatore non possa operare prima che l'operatore a terra abbia terminato le proprie mansioni.
Pertanto, alla luce della successiva affermazione contenuta nella stessa sentenza sull'ingresso del M.J. nella zona di manovra, avvenuto solo dopo che il carrello elevatore aveva cominciato ad operare, senza autorizzazione del manovratore e senza avvisarlo, l'addebito di responsabilità a carico dello S.G. risulterebbe illogico e contraddittorio.
Si lamenta che la ritenuta responsabilità dell'evento addebitata allo S.G., per avere omesso di valutare i rischi per la sicurezza degli addetti alle operazioni di scarico del materiale con i carrelli elevatori, è fondata sul presupposto errato che il M.J. si trovasse nella zona di manovra prima che il carrello iniziasse ad operare.
Le motivazioni poste a fondamento del giudizio di responsabilità poggiano, a detta del ricorrente, su presupposti errati e contraddittori, come si rileva dalla ricostruzione operata, nella stessa sentenza impugnata, mentre in realtà il comportamento del danneggiato avrebbe dovuto essere considerato abnorme perché del tutto esorbitante e imprevedibile, avendo posto in essere una condotta che per la sua stranezza e imprevedibilità, si è posta al di fuori di ogni possibilità di controllo da parte del responsabile della sicurezza.


Ci si duole, poi, in relazione alla posizione dell'altro imputato, P.A., dell'inesistenza di motivazione sulla sussistenza della responsabilità penale.
Il P.A. sarebbe stato ritenuto colpevole, a detta del ricorrente, unicamente per non aver prestato la dovuta attenzione alla presenza del M.J., ritenendo l'assenza di qualsiasi anomalia nel comportamento di quest'ultimo.
La stessa Corte distrettuale ha evidenziato in premessa che oggetto del gravame non era la ricostruzione della dinamica dei fatti ma la non corretta valutazione della condotta del danneggiato.
Vengono quindi riportate le dichiarazioni testimoniali rese nel processo per evidenziare la contraddittorietà del giudizio di responsabilità a carico del P.A., a fronte della ritenuta pacifica dimostrazione della condotta del M.J. che era entrato nella zona di manovra, dopo che erano iniziate le manovre di scarico e il P.A. aveva rivolto le spalle al camion, decidendo di infilarsi nel piccolo spazio tra i due veicoli per chiudere la sponda del camion che ancora stava sollevando rimanendo schiacciato tra i due mezzi.

Chiedono, pertanto, l'annullamento della sentenza impugnata con ogni conseguente statuizione.

3. Nei termini di legge hanno rassegnato le proprie conclusioni scritte per l'udienza senza discussione orale (art. 23 co. 8 d.l. 137/2020 conv. dalla L. n. 176/2020, come prarcç:ato ex art. 16 d.l. 228/21 conv. con modif. dalla 1.15/22), il P.G., che ha chiesto dichiararsi l'inammissibilità del ricorso, e l'Avv. Victor Rampazzo nell'interesse di entrambi i ricorrenti, che ha insistito per l'accoglimento dei ricorsi.
 

Diritto


1. Ritiene il Collegio che i motivi siano inammissibili in quanto i ricorrenti, non senza evocare in larga misura censure in fatto non proponibili in questa sede, si è nella sostanza limitato a riprodurre le stesse questioni già devolute in appello, e da quei giudici puntualmente esaminate e disattese con motivazione del tutto coerente e adeguata, senza in alcun mode sottoporle ad autonoma e argomentata confutazione. Ed è ormai pacifica acquisizione della giurisprudenza di questa Suprema Corte come debba essere ritenuto inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che riproducono le medesime ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici. La mancanza di specificità del motivo, infatti, va valutata e ritenuta non solo per la sua genericità, intesa come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell'impugnazione, dal momento che quest'ultima non può ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità che conduce, a norma dell'art. 591 comma 1, lett. c) cod. proc. pen., alla inammissibilità della impugnazione (in tal senso sez. 2, n. 29108 del 15/7/2011, Cannavacciuolo non mass.; conf. Sez. 5, n. 28011 del 15/2/2013, Sammarco, Rv. 255568; Sez. 4, n. 18826 del 9/2/2012, Pezzo, Rv. 253849; Sez. 2, n. 19951 del 15/5/2008, Lo Piccolo , Rv. 240109; Sez. 4, n. 34270 del 3/7/2007, Scicchitano, Rv. 236945; Sez. 1, :·1 . 39598 del 30/9/2004, Burzotta, Rv. 230634; Sez. 4, n. 15497 del 22/2/2002, Palma, Rv. 221693). E, ancora di recente, questa Corte di legittimità ha ribadito come sia inammissibile il ricorso per cassazione fondato sugli stessi motivi proposti con l'appello e motivatamente respinti in secondo grado, sia per l'insindacabilità delle valutazioni di merito adeguatamente e logicamente motivate, sia per la genericità delle doglianze che, così prospettate, solo apparentemente denunciano un errore logico o giuridico determinato (Sez. 3, n. 44882 del 18/7/2014, Carialo e altri, Rv. 260608).

3. I ricorsi, in concreto, non si confrontano adeguatamente con la motivazione della sentenza impugnata, che appare logica e congrua, nonché corretta in punto di diritto, e pertanto immune da vizi di legittimità.
La Corte territoriale aveva già chiaramente confutato, nel provvedimento impugnato la tesi oggi riproposta del comportamento abnorme del lavoratore infortunato.
Va evidenziato che siamo di fronte ad una doppia conforme affermazione di responsabilità e, pertanto, le motivazioni della pronuncia di primo grado e di quella di appello, fondendosi, si integrano a vicenda, confluendo in un risultato organico ed inscindibile del quale occorre in ogni caso fare riferimento per giudicare della congruità della motivazione, tanto più ove i giudici dell'appello abbiano esaminato le censure con criteri omogenei a quelli usati dal giudice di primo grado e con frequenti riferimento alle determinazioni ivi prese ed ai passaggi logico-giuridici della decisione, di guisa che le motivazioni delle sentenze dei due gradi di merito costituiscano una sola entità (confronta l'univoca giurisprudenza di legittimità di questa Corte: per tutte Sez. 2 n. 34891 del 16/5/2013, Vecchia, Rv. 256096; conf. Sez. 3, n. 13926 del 1/12/2011, dep. 2012, Valerio, Rv. 252615: Sez. 2, n. 1309 del 22111/1993, dep. 1994, Albergarne ed altri, Rv. 197250).
Soprattutto a fronte di atti d'appello che, come nel caso in esame, appaiono generici e privi di un reale confronto critico con la sentenza di primo grado, nella motivazione della sentenza il giudice del gravame di merito non era tenuto a compiere un'analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti e a prendere in esame dettagliatamente tutte le risultanze processuali, essendo invece sufficiente che, anche attraverso una loro valutazione globale, spiegasse, in modo logico e adeguato - e lo ha fatto - le ragioni del suo convincimento, dimostrando di aver tenuto presente ogni fatto decisivo.
Ne consegue che debbono considerarsi implicitamente disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata (cfr. Sez. 6, n. 49970 del 19/10/2012, Muià ed altri, Rv.254107; conf Sez. 6, n. 34532 del 22/06/2021, Depretis Rv. 281935).
La motivazione della sentenza di appello è del tutto congrua, in altri termini, se il giudice d'appello abbia confutato gli argomenti che costituiscono l'"ossatura" dello schema difensivo dell'imputato, e non una per una tutte le deduzioni difensive della parte, ben potendo in tale opera, richiamare alcuni passaggi dell'iter argomentativo della decisione di primo grado, quando appaia evidente che tali motivazioni corrispondano anche alla propria soluzione alle questioni prospettate dalla parte (così si era espressa sul punto sez. 6, n. 1307 del 26/9/2002, dep. il 2003, Delva. Rv. 223061) .

Ebbene, da entrambe le sentenze di merito si desume che la condotta della persona offesa ha certamente contribuito a determinare la causazione del fatto, ma il sistema della sicurezza all'epoca esistente in azienda presentava tutta una serie di criticità, rilevate nella relazione SPISAL, che lo rendeva inadeguato al fine di tutelare il lavoratore anche dagli infortuni derivanti da sua colpa, dovendo il datore di lavoro evitare l'instaurarsi da parte degli stessi destinatari delle direttive di sicurezza di prassi di lavoro non corrette e, per tale ragione, foriere di pericoli (cfr. ex multis Sez. 4 n. 10265/2017).

4. Ricorda la sentenza impugnata che all'esito dell'istruttoria dibattimentale consistita nella audizione di testimoni e nell'acquisizione di produzione documentale il giudice di prime cure affermato la penale responsabilità degli imputati in ordine al delitto loro ha scritto sulla base delle seguenti considerazioni: 1. la dinamica dell'infortunio, che ebbe a causare lo schiacciamento della persona offesa M.J. contro la sponda del camion, da costui condotto e fermo nella zona positivamente dedicata allo scarico carico di merci nell'impresa finiture Livenza gestita dall'imputato S.G., da parte di altro veicolo muletto, condotto dal dipendente coimputato P.A., che abbia collidere contro tale persona con la parte posteriore di tale mezzo muletto, ed in piena violazione delle norme di sicurezza e delle prescrizioni di legge; 2. l'assenza di opportune e idonee indicazioni in tale luogo area di carico scarico su dove non potessero transitare nè fermarsi i pedoni, indicazioni che solo dopo l'evento considerato vennero poste ed evidenziate con opportuna ed efficace segnaletica; 3. la mancata osservanza/rispetto delle regole/prescrizioni impartite sulla base di pur previsto rischio, non adeguatamente protetto, e soprattutto la mancanza di loro attenta osservanza e corrispondente sorveglianza da parte del responsabile della ditta Finiture Livenza, risultando, come visto, consentito al M.J. di trovarsi non certo all'interno dell'apposita cabina di attesa predisposta in apposita e distinta zona, bensì proprio nei pressi del camion da costui recato in detta azienda per tali operazioni; 4. la mancanza della minima attenzione, da parte di P.A., anche delle normali regole di attenzione e prudenza nelle eseguita manovra posta in essere senza alcun riguardo possibile presenza di persone appiedate.

Sulla scorta di tali evidenze il giudice di prime cure concludeva nel senso che "...se le pur previste ed indicate modalità di sicurezza fossero state osservate pretese dai due imputati nei rispettivi ruoli e funzioni-posizioni di garanzia, l'infortunio sarebbe stato evitato." In appello la linea difensiva di entrambi gli imputati era stata che l'evento lesivo accaduto a M.J. dovesse attribuirsi, esclusivamente alla colpa dello stesso, che avrebbe posto in essere un comportamento del tutto imprevisto ed imprevedibile, esorbitante da ogni criterio di valutazione del rischio inerente all'attività che, in quel momento stava svolgendo P.A. nell'adempimento delle sue mansioni. Vi sarebbe stata, quindi,  e il tema è stato riproposto in questa sede, un'interruzione del nesso causale tra quanto riferibile alla condotta dei singoli imputati è l'evento.
Ebbene, la corte territoriale, con motivazione logica e congrua, oltre che corretta in punto di diritto - e pertanto immune dalle proposte censure di legittimità - , non si è sottratta al confronto con i motivi di gravame sul punto, ma li ha argomentata mente confutati, sul rilievo, quanto allo S.G., che l'attività di P.G. svolta dallo spisal subito dopo il fatto " ha accertato... che non erano presenti misure di prevenzione e protezione atte a garantire l'incolumità dei lavoratori a terra con presenza di carrelli elevatori in movimento nell'area magazzino" e che " nello specifico le norme generali di comportamento affisse all'ingresso del magazzino ricevimento merci non prevedevano l'allontanamento del personale a terra durante la movimentazione del carrello elevatore né una procedura specifica da attuare per le operazioni di carico/ scarico con intervento dell'autotrasportatore a terra per spostamento telone e apertura/chiusura sponde.

Nell'area magazzino non vi era segnaletica orizzontale e verticale di sicurezza in quanto il rischio non era stato valutato. Proprio per tale omissione - ricorda la sentenza impugnata - lo spisal ha elevato la contravvenzione p.e.p. dall'art. 28 co. 2 lett. a) del d.lgs. 81/08 nei confronti di S.G. per aver omesso "... di valutare tutti i rischi per la sicurezza dei lavoratori durante le operazioni di carico/scarico di materiali da fornitori esterni con utilizzo di carrelli elevatori e non ha preso le misure tecniche procedurali atte a eliminare/ridurre per quanto possibile il rischio di investimento".
Nell' elevare la contravvenzione, lo spisal prescriveva a S.G. che "nel caso in cui la presenza di lavoratori a piedi nell'area di carico/scarico si renda necessaria per la buona esecuzione dei lavori (vedi fornitura commessa a sponda di materiale pallettizzato da scaricare, spostamento telone ecc.) dovranno , essere prese misure appropriate atte a garantire l'incolumità dei lavoratori a piedi Durante la movimentazione del materiale il carrello elevatore dovrà operare solo quando il lavoratore a piedi avrà terminato le proprie mansioni e si troverà in una zona sicura".
Queste prescrizioni - rileva la corte di merito - sono successivamente osservato da "Finiture Livenza".
Logica appare pertanto la conclusione, che vuole essere di tutta evidenza, che se le misure indicate dallo spisal, in particolare con riferimento a quelle appena​ viste​ in cui la presenza di lavoratori a piedi nell'area di carico/scarico si renda necessaria per la buona esecuzione dei lavori fossero state presenti alla data del 16/5/2014, incidente non si sarebbe verificato.
Ed invero, ricorda ancora la corte territoriale, le misure adottate dopo l'incidente, prevedono che l'autista che accede nell'area della Finiture Livenza durante la fase di carico/scarico deve rimanere sempre sul proprio mezzo o, in alternativa, presso la zona sicura indicate dal ufficio accettazione/spedizione e che può scendere dal mezzo o avvicinarsi per il solo tempo necessario alla verifica dei carico e operazioni correlate, solo nelle aree inerenti le operazioni di carico/scarico e nel momento in cui muletto è a debita distanza (oltre 4mt).
5. il giudice del gravame del merito ha già risposto esaurientemente che quanto accaduto a M.J. non è un fatto imprevisto e imprevedibile che esorbita dalle attività della prevenzione del rischio. E lo dimostra proprio il fatto che le misure adottate successivamente al fatto dalla Finitura Livenza ricomprendono espressamente l'ipotesi fattuale che ha originato l'incidente. Questa corte di legittimità ha da tempo chiarito che il datore di lavoro e in generale il destinatario dell'obbligo di adottare le misure di prevenzione è esonerato da responsabilità solo quando il comportamento del dipendente sia abnorme, dovendo definire tale il comportamento imprudente del lavoratore che sia stato posto in essere del tutto autonomamente e in un ambito estraneo alle mansioni affidategli -e pertanto al di fuori di ogni prevedibilità per il datore di lavoro- o rientri nelle mansioni che gli sono proprie ma sia consistito in qualcosa radicalmente, ontologicamente, lontano dalle ipotizzabili e, quindi, prevedibili, imprudenti scelte del lavoratori nella esecuzione del lavoro (vedasi sul punto Sez.4, n. 7188 del 10.1.2019 rv. 272222). Costante giurisprudenza di legittimità, ha inoltre affermato il principio che, in tema di infortuni sul lavoro, il datore di lavoro, in quanto titolare di una posizione di garanzia in ordine all'incolumità fisica dei lavoratori, ha il dovere di accertarsi del rispetto dei presidi antinfortunistici vigilando sulla sussistenza e persistenza delle condizioni di sicurezza ed esigendo dagli stessi lavoratori l'osservanza delle regole di cautela, sicchè la sua responsabilità può essere esclusa per causa sopravvenuta solo in virtù di un comportamento del lavoratore avente i caratteri del l'eccezionalità, dell'abnormità e, comunque, dell'esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo ed alle precise direttive organizzative ricevute, connotandosi come del tutto imprevedibile o inopinabile (così ex multis sez. 4 37986 del 27.6.2012 rv 254365 che, in applicazione del principio di cui in massima ha ritenuto immune da censure la decisione con cui il giudice di merito ha affermato la responsabilità in ordine al reato di cui all'art. 590, comma terzo, cod.pen. - dell'imputato legale rappresentante di una sas, per non avere adeguatamente informato il lavoratore, il quale aveva ingerito del detersivo contenuto in una bottiglia non contrassegnata, ritenendo trattarsi di acqua minerale; conf. Sez. 4 n. 3787 del 17.10.2014 dep. 2015 Bonelli RV 261946 in un caso in cui la Corte ha ritenuto non abnorme il comportamento del lavoratore che, per l'esecuzione di lavori di verniciatura, aveva impiegato la scala doppia invece di affrontare un trabattello pur esistente in cantiere).

Inoltre, è altrettanto pacifico che non vale ad escludere la responsabilità del datore di lavoro il comportamento negligente del lavoratore infortunato che abbia dato occasione all'evento quando questo sia da ricondurre comunque all'insufficienza di quelle cautele che, se adottate, sarebbero valse a neutralizzare proprio il rischio derivante dal richiamato comportamento imprudente (così questa Sez 4 n. 7364 del 14.1.2014 Scarselli, RV 259321 relativamente ad una fattispecie relativa alle lesioni "da caduta" riportate da un lavoratore nel corso di lavorazioni in alta quota, in relazione alla quale la corte ha ritenuto configurarlo la responsabilità del datore di lavoro che non aveva predisposto un idonea impalcatura - "trabattello" - nonostante il lavoratore avesse concorso all'evento, non facendo uso dei tiranti di sicurezza).
non è configurabile, in altri termini, la responsabilità ovvero la corresponsabilità del lavoratore per l'infortunio occorsogli allorquando il sistema della sicurezza approntato dal datore di lavoro presenti delle evidenti criticità, atteso che le disposizioni antinfortunistiche perseguono il fine di tutelare il lavoratore anche dagli infortuni derivanti da sua colpa dovendo il datore di lavoro dominare ed evitare l'instaurarsi da parte degli stessi destinatari delle direttive di sicurezza di prassi di lavoro non corrette e per tale ragione foriere di pericoli (Sez. 4, n. 22813 del 21.4.2015 Palazzolo Rv 263497). Ciò perchè il datore di lavoro quale responsabile della sicurezza gravato non solo dell'obbligo di predisporre le misure antinfortunistiche, ma anche di sorvegliare continuamente la loro adozione da parte degli eventuali preposti e dei lavoratori, in quanto, in virtù della generale disposizione di cui di cui all'art. 2087 cod.civ., egli è costituito garante dell'incolumità fisica dei prestatori di lavoro (vedasi anche questa Sez. 4 n. 4361 del 21.10.2014 dep. 2015 Ottino RV 263200). E, qualora sussista la possibilità di ricorrere a plurime misure di prevenzione di eventi dannosi, il datore di lavoro è tenuto ad adottare il sistema antinfortunistico sul cui utilizzo incida meno la scelta discrezionale del lavoratore al fine di garantire il maggior livello di sicurezza possibile Sez. 4 n. 4325 del 27.10.2015 dep 2016 Zappala ed altro Rv 265942).
Di rilievo anche il dictum di Sez. 4 n 5007 del 28.11.2018 dep. 2019, Musso, Rv. 275017 che ribadisce che la condotta esorbitante ed imprevedibilmente colposa del lavoratore idonea ad escludere il nesso causale, non è solo quella che il datore di lavoro esorbita dalle mansioni affidate al lavoratore ma anche quella che nell'ambito delle stesse, attiva un rischio eccentrico od esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia (in quel caso la corte di legittimità ha ritenuto esente da censure la sentenza che aveva escluso la responsabilità del datore di lavoro per le lesioni riportate da un lavoratore che, per sbloccare una leva necessaria al funzionamento di una macchina utensile aveva introdotto una mano all'interno della macchina stessa anziché utilizzare l'apposito palanchino di cui era stato dotato).

Ribadendo il concetto di "rischio eccentrico" altra recente pronuncia (Sez. 4 n. 27871 del 20/3/2019) ha puntualizzato che, perché possa ritenersi che il comportamento negligente, imprudente e imperito del lavoratore, pur tenuto in esplicazione delle mansioni allo stesso affidate, costituisca concretizzazione di un "rischio eccentrico" con esclusione della responsabilità del garante, è necessario che questi abbia posto in essere anche le cautele che sono finalizzate proprio alla disciplina e governo del rischio di comportamento imprudente, così che solo in questo caso, l'evento verificatosi potrà essere ricondotto alla negligenza del lavoratore, piuttosto che al comportamento del garante (si trattava di un caso di omicidio colposo, in cui la Corte ha ritenuto esente da censure la sentenza che aveva affermato la responsabilità del datore di lavoro in quanto La mancata attuazione delle prescrizioni contenute nel POS e la mancata informazione del lavoratore avevano determinato l'assenza delle cautele volte a governare anche il rischio di imprudente esecuzione dei compiti assegnati al lavoratore infortunato).
Ebbene, nel caso di specie, come correttamente rilevato dai giudici di merito, il comportamento di M. rientrava a pieno titolo nell'espletamento della tipica attività produttiva delle Finiture Livenza e di chi, come l'autotrasportatore infortunato, si avvale di tale attività.

6. Per quanto concerne P.A., la Corte territoriale, così come già il giudice di primo grado, rileva che allo stesso è stata elevata la contravvenzione di cui all'articolo 20 comma 2 lettera ) del D.lgs. 81/2008 perché "...non prestava adeguata attenzione alla presenza del Sig. M.J., investendolo nell'area di carico/scarico del magazzino mentre lo stesso stava predisponendo l'automezzo allo scarico del materiale dell'automezzo".
A fronte della contestazione della mancata contravvenzione, lo Spisal prescriveva, come si legge in sentenza, che "... durante l'utilizzo del carrello elevatore occorre prestare la massima attenzione alla presenza di lavoratori a piedi nell'area di carico/scarico. Le manovre del mezzo dovranno svolgersi esclusivamente dopo la conclusione delle operazioni svolte dal personale a terra e con la continua e reciproca comunicazione verbale delle operazioni previste per il carico/scarico e spostamento materiali". P.A. - si ricorda in sentenza - ha pagato la sanzione amministrativa irrogatagli.
Ribadito quanto già esposto analizzando la posizione di S.G. sul comportamento di M.J., che non può definirsi anomalo, esorbitante, tale da escludere il nesso di causalità, per i giudici di appello deve concludersi, anche per P.A., per la sussistenza della penale responsabilità, poiché egli non ha prestato la dovuta attenzione alla presenza terra di M.J. e non vi è stata con lo stesso comunicazione verbale delle operazioni previste per il carico e lo scarico delle merci e lo spostamento dei materiali.
La Corte territoriale, pertanto, come già il giudice di prime cure, individua in modo netto il profilo di colpa generica, come pure quello di colpa specifica, addebitabile al carrellista. E priva di aporie logiche appare la conclusione che, ove alla data dell'incidente fossero state adottate tutte quelle misure di prevenzione degli infortuni indicate dallo Spisal dopo l'incidente, e che effettivamente vennero adottate, e ove P. avesse operato secondo quanto la sua mansione di carrellista gli imponeva, nell'osservanza delle idonee misure di prevenzione, l'incidente a M.J. non si sarebbe verificato.
I motivi dedotti, dunque, non paiono idonei a scalfire l'impianto motivazionale della sentenza impugnata, in cui la Corte territoriale affronta con argomentazione esaustive e logicamente plausibili le questioni propostele.

7. Essendo i ricorsi inammissibili e, a norma dell'art. 616 cod.proc.pen., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost.  sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000 ciascuno in favore della cassa delle ammende. Così deciso in Roma il 3 maggio 2022