Categoria: Cassazione penale
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Cassazione Penale, Sez. 3, 04 agosto 2022, n. 30690 - Modifica del dispositivo di segnalazione luminosa del carrello elevatore: mancanza di formazione e prassi non conformi 


 

Presidente: RAMACCI LUCA
Relatore: GAI EMANUELA Data Udienza: 23/06/2022
 

 

Fatto


1. Il Tribunale di Ancona, con sentenza del 23 novembre 2016, ha condannato B.G., alla pena di € 3.200,00 di ammenda, perché ritenuto responsabile del reato di cui all’art. 71, comma 4 lett. a) punto 1, e 87, comma 2 lett. c) d.lgs n. 81 del 2008, perché quale datore di lavoro, titolare della ditta individuale DEMA di B.G., non controllava che l'attrezzatura, denominata carrello elevatore Detas Robustus tipo SE15, venisse utilizzata in conformità delle istruzioni d'uso, in particolare non impediva che sulla suddetta attrezzatura venisse coperto il dispositivo di segnalazione luminosa. In Fabriano il 23 novembre 2017
2. Avverso la sentenza il difensore dell’imputato ha proposto ricorso per cassazione deducendo i seguenti motivi.
- Violazione di cui all'art. 606 comma 1, lett. b) ed e) cod.proc.pen. in relazione all'affermazione della responsabilità. Il Tribunale avrebbe ritenuto la responsabilità del ricorrente su base oggettiva. La finalità del decreto legislativo n. 81 del 2008 è quella di prevenire o quantomeno contenere gli infortuni sul lavoro, detta normativa pone il datore di lavoro, principale destinatario delle norme antinfortunistiche, in una posizione di garanzia nei confronti dei suoi dipendenti e sottoposti, ma da ciò non può in alcun modo derivare una responsabilità oggettiva in capo allo stesso. Il Tribunale avrebbe ritenuto responsabile il ricorrente nonostante fosse emerso l'atto del tutto abnorme del lavoratore che aveva manomesso il macchinario in questione, e da ciò avrebbe tratto in via oggettiva la responsabilità penale per la violazione della norma antinfortunistica.
- Violazione di cui all'art. 606 comma 1, lett. e) cod.proc.pen. in relazione al travisamento della prova, segnatamente della testimonianza del lavoratore che aveva ammesso di avere manomesso il macchinario in quell'unica occasione nella quale era avvenuto l'infortunio.
- Violazione di cui all'art. 606 comma 1, lett. e) cod.proc.pen. in relazione alla violazione del principio di colpevolezza, assenza di giudizio controfattuale tra la violazione della norma antinfortunistica e l'evento. Il Tribunale non avrebbe considerato la formazione dei dipendenti e la impossibilità del controllo da parte dello stesso sulle modalità di utilizzo dell'attrezzatura nello specifico caso.

3. Il Procuratore Generale ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

 

Diritto



4. Il ricorso è inammissibile.

I motivi di ricorso, che possono essere trattati congiuntamente, sono, in parte, diretti a richiedere una diversa valutazione delle prove e segnatamente una diversa valutazione delle testimonianze secondo cui la manomissione del segnale luminoso del carrello elevatore sarebbe stata eseguita dal lavoratore S. la cui condotta non sarebbe stata prevedibile, e, dall'altra, sono manifestamente infondati nella parte in cui censurano, secondo la prospettazione difensiva, l'affermazione di responsabilità in via oggettiva ed in assenza di rimprovero a titolo di colpa in capo al ricorrente che aveva adempiuto gli obblighi di formazione dei lavoratori.
5. In tema di reati colposi, la giurisprudenza di legittimità ha precisato che l'obbligo di prevenzione gravante sul datore di lavoro non è limitato al solo rispetto delle norme tecniche, ma richiede anche l'adozione di ogni ulteriore accortezza necessaria ad evitare i rischi di nocumento per i lavoratori, purché ciò sia concretamente specificato in regole che descrivono con precisione il comportamento da tenere per evitare il verificarsi dell'evento (Sez. 4, n. 5273 del 21/09/2016, Ferrentino e altri, Rv. 270380).
La responsabilità per colpa, infatti, non fonda unicamente sulla titolarità di una posizione gestoria del rischio, come affermato da Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014, Espenhahn e altri, ma presuppone l'esistenza - e la necessità di dare applicazione nel caso concreto a - delle regole aventi specifica funzione cautelare, perché esse indicano quali misure devono essere adottate per impedire che l'evento temuto si verifichi (Sez. 4, n. 12478 del 19/11/2015, Barberi e altri, Rv. 267813). Dovere di diligenza e regola cautelare si integrano definendo nel dettaglio il concreto e specifico comportamento doveroso e ciò assicura che non si venga chiamati a rispondere penalmente per la sola titolarità della posizione e pertanto a titolo di responsabilità oggettiva.
6. La sentenza, invero, dopo aver enunciato gli obblighi ricadenti sul datore di lavoro, ex art. 71 comma 4 D.lgs. 81/2018, rileva, quanto all'obbligo di formazione e informazione dei dipendenti in ordine al corretto uso dei macchinari e delle norme di prevenzione, che il ricorrente non aveva allegato alcunchè, né fornito alcuna documentazione attestante l'informazione e la formazione dei dipendenti, né ha allegato di avere delegato terzi all'uopo, e, considerato che il B.G. era il titolare di una ditta individuale e che, stando alle testimonianze, il medesimo era sempre presente in azienda (cfr. pag. 6), e che tenuto conto delle contestazioni non vi era nesso di causalità tra la violazione della norma cautelare e l'infortunio occorso al dipendente, ha tratto la prova della contestazione mossa ritenendo dimostrata la carenza informativa sul corretto utilizzo dell'attrezzatura e della tolleranza del medesimo di prassi non conformi al corretto utilizzo dell'attrezzatura in questione, che era stata modificata nella parte del dispositivo di segnalazione luminosa il quale era stato ricoperto.
La responsabilità penale è stata congruamente argomentata ed è fondata su rimprovero a titolo di colpa.
Il comportamento anomalo del dipendente non esclude la violazione dell'obbligo di vigilanza in capo al B.G. considerata la sua presenza nella ditta.
A fronte di tale apparato argomentativo, esclusa in quanto manifestamente infondata, la doglianza che si appunta sulla ritenuta affermazione a titolo di responsabilità oggettiva, il ricorrente, pur denunciando il vizio di motivazione e di violazione di legge, chiede espressamente l'assoluzione dell'imputato, il che non è consentito in questa sede.
7. Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile e alla declaratoria di inammissibilità - non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa delle ricorrenti (Corte Cost. 7-13 giugno 2000, n. 186) - consegue l'onere delle spese del procedimento, nonché quello del versamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma, equitativamente fissata, di€ 3.000,00.
 

P.Q.M.


Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 23/06/2022