Categoria: Cassazione civile
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Cassazione Civile, Sez. 6, 05 agosto 2022, n. 24375 - Mesotelioma sarcomatoso variante transizionale. Nesso causale


 

 

Presidente: ESPOSITO LUCIA
Relatore: PONTERIO CARLA Data pubblicazione: 05/08/2022
 

 

Rilevato che:
1. La Corte d'Appello di Napoli ha respinto l’appello proposto dagli eredi di S.A., confermando la pronuncia di primo grado con cui era stata rigettata la domanda di condanna della Ansaldobreda s.p.a. al pagamento del danno differenziale da malattia professionale (Mesotelioma sarcomatoso variante transizionale), diagnosticata nel settembre del 2014 e riconosciuta dall’Inail come invalidante nella misura dell’80%.
2. La Corte territoriale ha dato atto che S.A. aveva lavorato presso la Solfer di Pozzuoli dall’1.10.1967 all’11.1.1977 con le mansioni di allestitore. Ha ritenuto “corretta la decisione del tribunale che con riferimento al caso di specie ha rilevato che il lungo lasso temporale intercorso (tra) la cessazione del rapporto alle dipendenze della convenuta (gennaio 1977) e la documentata insorgenza della malattia (intorno al 2014), unitamente alla circostanza delle avvenute prestazioni lavorative da parte dell'istante in favore di altra società per la quale è stata svolta una bonifica ad opera di una ditta specializzata nella rimozione di amianto (come dedotto e documentato v. doc. 22 e 23 in produzione da parte resistente e non specificamente contestato dal ricorrente), preclude l'accertamento del collegamento causale tra malattia (e successivo decesso) del de cuius, e le condizioni di lavoro alle dipendenze della società convenuta in giudizio […] pur non dubitandosi della possibile lunga durata del periodo di latenza della malattia in esame”. Ha giudicato inammissibile, perché esplorativa, la richiesta di consulenza medico legale, poiché non consentirebbe di raggiungere la prova dell'origine professionale della patologia e in particolare della sua riconducibilità all'esposizione ad amianto presso la società convenuta, con il necessario grado di probabilità qualificata.
3. Avverso tale sentenza gli eredi di S.A. hanno proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi. La Ansaldobrera s.p.a. ha resistito con controricorso.
4. La proposta del relatore è stata comunicata alla parte, unitamente al decreto di fissazione dell'udienza, ai sensi dell'art. 380 bis cod. proc. civ.

Considerato che:

5. Con il primo motivo di ricorso è dedotta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ., nullità della sentenza per erronea, contraddittoria e insufficiente motivazione in ordine a un fatto decisivo della controversia: travisamento della prova.
6. Si premette che la decisione d’appello ha ritenuto mancante la prova del nesso causale tra l’attività lavorativa svolta alle dipendenze della Solfer e il decesso, per un duplice ordine di ragioni: il lungo intervallo di tempo tra la cessazione dell’attività presso quel datore di lavoro e la manifestazione della malattia (37 anni) e il fatto che l’S.A. aveva lavorato medio tempore presso un’altra società ove era stata eseguita una bonifica dall’amianto ad opera di una ditta specializzata. Si sostiene che il primo argomento sia smentito dalle conoscenze scientifiche, di cui la stessa sentenza d’appello dà atto, sul lungo periodo di latenza tra l’esposizione all’amianto e la comparsa della patologia; che il secondo argomento poggi su una circostanza non vera e non dimostrata dalla società appellata, avendo i giudici di merito travisato il contenuto dei documenti 22 e 23 prodotti dalla società, costituiti dalla copia di due pagine tratte dal sito web della NewTecnoService s.a.s., con conseguente illogicità della motivazione
7. Con il secondo motivo è dedotta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ., nullità della sentenza per erronea, contraddittoria e insufficiente motivazione in ordine a un fatto decisivo della controversia nonché violazione o falsa applicazione degli artt. 1223, 1225, 2043 e 2087 cod. civ., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ.
8. Si denuncia la contraddittorietà della motivazione per avere la sentenza impugnata, da un lato, affermato: “è pacifico il nesso causale - come riconosciuto dall’Inail – tra l’attività lavorativa e la malattia denunciata e pertanto il lavoratore ha agito ex art. 2087 c.c. per l’affermazione della responsabilità del datore di lavoro che non ha garantito le necessarie condizioni di sicurezza” e dall’altro non ammesso la c.t.u. poiché “non consentirebbe di raggiungere la dimostrazione dell’origine professionale della patologia dell’S.A. (ed in particolare della riconducibilità all’esposizione ad amianto presso la società convenuta…) con il necessario grado di probabilità qualificata idonea […] a tradurre la conclusione probabilistica in certezza giuridica”. Si assume inoltre che la Corte di merito non avrebbe adottato, ai fini della ricostruzione del nesso causale, il criterio della causalità adeguata.
9. Il ricorso è fondato e deve trovare accoglimento.
10. Le Sezioni unite di questa Corte (Cass. SS.UU. nn. 8053 e 8054 del 2014) hanno sancito come l'anomalia motivazionale, implicante una violazione di legge costituzionalmente rilevante, integri un error in procedendo che comporta la nullità della sentenza nel caso di "mancanza assoluta di motivi sotto l'aspetto materiale e grafico", di "motivazione apparente", di "contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili", di "motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile" (sulla nozione di "motivazione apparente" o di "motivazione perplessa e incomprensibile" v. anche Cass. SS.UU. n. 22232 del 2016; Cass. SS.UU. n. 16599 del 2016).
11. Si è specificamente ritenuta denunciabile in cassazione, in seguito alla riformulazione dell'art. 360, comma 1, n. 5), c.p.c., l'anomalia motivazionale che si concretizza nel "contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili", quale ipotesi che non rende percepibile l'iter logico seguito per la formazione del convincimento e, di conseguenza, non consente alcun effettivo controllo sull'esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice. (Cass. n. 12096 del 2020; n. 17196 del 2020).
12. La motivazione della sentenza impugnata incorre nel vizio radicale appena descritto a causa delle plurime affermazioni in essa contenute e che risultano logicamente non conciliabili.
13. La sentenza d’appello ha considerato “pacifico il nesso causale - come riconosciuto dall’Inail – tra l’attività lavorativa e la malattia denunciata” (pag. 3 della sentenza), senza tuttavia specificare quale attività lavorativa si ponesse come fattore causale o concausale della malattia denunciata; nello stesso tempo ha ritenuto precluso l’accertamento del nesso causale tra la malattia (e il successivo decesso) dell’S.A. e le condizioni di lavoro presso la società convenuta in giudizio; ha poi spiegato come tale preclusione derivasse da due fattori: il lungo lasso di tempo intercorso tra la cessazione del rapporto di lavoro dell’S.A. con la Solfer e l’insorgenza della malattia nonché il rilievo che l’S.A. avesse lavorato medio tempore alle dipendenze di altre società.
14. In contraddizione logica con quanto finora riportato, la sentenza d’appello ha riconosciuto come nota in campo scientifico la lunga durata del periodo di latenza della malattia in esame, il che renderebbe privo di rilievo ostativo il lungo intervallo temporale tra la cessazione dell’attività alle dipendenze della Solfer e l’insorgenza della patologia che ha causa il decesso del lavoratore.
15. La Corte di merito ha considerato ulteriore elemento ostativo all’accertamento del nesso causale tra l’attività di lavoro per la Solfer e la patologia diagnosticata la circostanza del lavoro svolto dall’S.A. medio tempore alle dipendenze di un’altra società presso la quale una ditta specializzata ha svolto attività di rimozione di amianto. Non ha tuttavia supportato tale conclusione con l’affermazione (e la preventiva indagine) sul ruolo causale autonomo dell’attività svolta presso terzi rispetto all’insorgenza della patologia, essendo pacifico che, in materia di infortuni sul lavoro e malattie professionali, trovi applicazione la regola contenuta nell'art. 41 cod. pen., per cui il rapporto causale tra evento e danno è governato dal principio dell'equivalenza delle condizioni, secondo il quale va riconosciuta l'efficienza causale ad ogni antecedente che abbia contribuito, anche in maniera indiretta e remota, alla produzione dell'evento, salvo che il nesso eziologico sia interrotto dalla sopravvenienza di un fattore sufficiente da solo a produrre l'evento, tale da far degradare le cause antecedenti a semplici occasioni (Cass. n. 38123 del 2021; n. 13954 del 2014).
16. La motivazione della sentenza impugnata, a causa delle affermazioni logicamente inconciliabili sopra riportate, non consente di comprendere e ricostruire l’iter logico seguito per la formazione del convincimento e deve, per tale ragione, essere cassata, con rinvio della controversia alla medesima Corte d’appello, in diversa composizione, che provvederà ad un nuovo esame della fattispecie, oltre che alla regolazione delle spese del giudizio di legittimità.
 


P.Q.M.
 

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso nell’adunanza camerale del 31.3.2022