Categoria: Cassazione penale
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Cassazione Penale, Sez. 4, 09 agosto 2022, n. 30795 - Cedimento della tavola del ponteggio e caduta del manovale durante la sostituzione di alcune tegole sul tetto della masseria del datore di lavoro


 

 

Presidente: DOVERE SALVATORE
Relatore: CIRESE MARINA Data Udienza: 13/04/2022
 

 

Fatto



1. Con sentenza in data 30 dicembre 2020 la Corte d'appello di Lecce ha confermato la sentenza di primo grado emessa dal Tribunale di Lecce in data 29.3.2017 che aveva condannato R.G. alla pena di mesi tre di reclusione oltre al risarcimento del danno in favore della parte civile in quanto ritenuto responsabile del reato di cui agli artt. 590, comma 3, c o d. p en . e 112 d.lgs. 9 aprile 2008 n. 81 per avere per negligenza, imperizia, inosservanza delle norme sulla sicurezza del lavoro, in qualità di legale rappresentante della Erre Restauri Soc. a r.l. cagionato al suo dipendente T.L., operaio edile, lesioni consistite nella frattura del bacino, di tibia e perone destri ed emorragia retroperitoneale con pericolo di vita.
Le sentenze di merito hanno così ricostruito il fatto: in data 13.12.2013 T.L. si trovava presso la masseria di R.G., suo datore di lavoro, da cui era stato incaricato di sostituire alcune tegole del tetto di una piccola costruzione posta all'esterno dell'abitazione ivi esistente. A tal fine era stato messo in opera un ponteggio costituito da elementi in ferro e da una sola tavola in legno che all'arrivo del T.L. era già presente. Dopo aver provveduto a completare i lavori di sostituzione delle tegole sul lato destro della costruzione , mentre si stava accingendo ad iniziarli sull'altro lato, nel camminare sulla tavola del ponteggio, questa si era spezzata facendolo precipitare da un'altezza di circa m. 1 ,90.
In occasione del sopralluogo effettuato il giorno dopo, venivano rinvenuti due tronconi della tavola in legno spezzata che, giustapposti in coincidenza dei rispettivi margini di rottura, combaciavano perfettamente; inoltre il materiale ligneo di cui era costituita la tavola risultava in precarie condizioni di tenuta ed il troncone di destra presentava anche una profonda fenditura longitudinale.
Acquisiti il piano operativo di sicurezza e la documentazione afferente l'organigramma aziendale si evinceva che il T.L. era regolarmente assunto dalla Erre Restauri società cooperativa e che amministratore della stessa era il R.G..
Il referto dell'ospedale di Casarano rilasciato al T.L. in data 13.12.2013 attestava una diagnosi di "shock traumatico. Infarcimento emorragico retro peritoneale da frattura del bacino in pz. con frattura scomposta di tibia e perone dx" con codice di dimissione "rosso ­ molto critico " tanto da imporre il ricovero in reparto di degenza.
Le sentenze di merito hanno fondato il giudizio di colpevolezza dell'imputato sul fatto che R.G. fosse amministratore unico e quindi titolare della posizione di garanzia, che alla data del fatto il TL. lavorava nel cantiere in contrada Messeri di Taurisano, che i ponteggi sono opere provvisionali, cioè strutture di servizio di tipo temporaneo non facenti parte integrante della costruzione ma allestiti o impiegati per la realizzazione, la manutenzione ed il recupero di opere edilizie e che il R.G. aveva violato le prescrizioni antinfortunistiche di cui all'art. 112, d.lgs. n. 81 del 2008.
2. Avverso la sentenza d'appello ricorre l'imputato, a mezzo del difensore, affidandosi a sei motivi di ricorso.
Con il primo motivo rubricato "Vizio di motivazione per travisamento della prova ai sensi dell'art. 606 comma l, lett. e) cod. proc. pen. in relazione agli artt. 583 e 590 comma 3 cod. pen." deduce l'illogicità della motivazione della sentenza impugnata avendo il giudice di merito fondato il proprio convincimento su una prova che non è emersa dall'istruttoria dibattimentale ovvero quella di una malattia superiore ai 40 giorni, unica idonea a classificare le lesioni come gravi e quindi procedibili d'ufficio.
Con il secondo motivo rubricato "Inosservanza ed erronea applicazione della legge penale ai sensi dell'art. 606 comma l, lett. b) cod. proc. pen. in relazione agli artt. 583 e 590 comma 3 e comma 6 cod. pen." deduce che, in mancanza di documentazione medica attestante l'entità delle lesioni e la durata della malattia della vittima dell'infortunio, difetta allo stato la prova del superamento dei 40 giorni necessario ai sensi dell'art. 583 cod. pen. affinché una lesione possa essere classificata come grave, avendo peraltro il giudice condannato l'imputato in assenza della condizione di procedibilità.
Con il terzo motivo rubricato "Contraddittorietà nonché manifesta illogicità della motivazione ai sensi dell'art. 606 comma l, lett. e) cod. proc. pen. con riferimento alla credibilità della persona offesa" deduce che il giudice di appello non ha motivato in ordine alla contraddittorietà delle dichiarazioni rese dal T.L. in ordine al soggetto che gli aveva commissionato i lavori avendo indicato più volte Vito R.G..
Con il quarto motivo rubricato "Manifesta illogicità della motivazione e, in alcuni punti, carenza di motivazione ex art. 606 comma l, lett. e) cod. proc. pen. con riferimento alla abnormità del comportamento tenuto dal lavoratore" deduce che il giudice di appello nella ricostruzione della dinamica del sinistro ha ricondotto in maniera illogica ed erronea la responsabilità dello stesso alla condotta colposa dell'imputato escludendo senza alcuna valida ragione l'iniziativa autonoma del lavoratore integrante un comportamento abnorme.
Con il quinto motivo rubricato "Inosservanza ed erronea applicazione della legge penale ai sensi del\' art. 606 comma l, lett. b) cod. proc. pen. in relazione agli artt. 40, 41 comma 2 e 590 cod. pen." deduce che il giudice d'appello ha violato le norme di legge in tema di causalità in quanto la condotta del lavoratore è da ritenersi abnorme.
Con il sesto motivo rubricato "Manifesta illogicità della motivazione art. 606 comma l, lett. e) cod. proc. pen. con riferimento alla valutazione della condizione di vetustà del corpo del reato" deduce che il giudice di appello con riferimento alla tavola di legno ha affermato apoditticamente che "non può dubitarsi delle già originarie precarie condizioni di tenuta della tavola.." ritenendo quindi superflua l'indagine/analisi scientifica sul legno. Inoltre la sentenza impugnata non dava alcun peso alle dichiarazioni rese da V.R. il quale aveva riferito che la tavola de qua era stata acquistata da poco tempo.
3. Il Procuratore generale ha concluso per il rigetto del ricorso.
L'imputato ha depositato memoria con cui chiede dichiararsi, in subordine, non doversi procedere per intervenuta prescrizione del reato.
 

Diritto



1.1. I primi due motivi di ricorso, da valutarsi congiuntamente, in quanto afferenti alla medesima questione della insussistenza della prova circa la durata della malattia, sono manifestamente infondati.
Il ricorrente lamenta che difetterebbe la prova della durata e della entità delle lesioni nonché la loro riferibilità al fatto descritto nel capo di imputazione.
A riguardo la sentenza impugnata ha ritenuto che sulla scorta delle indicazioni anche temporali e della entità delle lesioni traumatiche "non può dubitarsi che si sia trattato di lesioni gravi, ovvero di fatto dal quale è derivata una incapacità di attendere alle proprie occupazioni per un tempo superiore ai quaranta giorni (così come del resto già riconosciuto dal primo giudice nel fare riferimento alla pena prevista).
Per giungere a tale conclusione la sentenza impugnata rileva che il Tomo aveva riportato fratture scomposte, che era entrato al Pronto Soccorso con codice "giallo-mediamente critico" e ne era uscito con codice "rosso-molto critico" tanto da imporre il suo ricovero nel reparto di ortopedia, dove veniva operato in data 24.12.2013, e poi in data 8.1.2014 in quello di chirurgia.
Ebbene, partendo da tali dati certi, alla luce del patrimonio di conoscenze acquisite e divenute comuni in relazione all'attuale periodo storico/scientifico, correttamente la Corte territoriale ha inferito mediante procedimento logico-deduttivo, motivando adeguatamente sul punto, che le lesioni in questione non possono ritenersi guaribili in un arco temporale inferiore ai quaranta giorni, proprio tenuto conto della loro natura e degli interventi richiesti.
Né comunque il ricorrente nel proporre la censura si è confrontato con la motivazione con cui la Corte territoriale ha esplicitamente risposto alla doglianza già proposta come motivo di appello.

2.2.. Il terzo motivo è manifestamente infondato.

Va premesso che in tema di motivi di ricorso per cassazione, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo, sicché sono inammissibili tutte le doglianze che "attaccano" la persuasività, l'inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell'attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento (vedi tra le altre Sez. 2, n. 9106 del 12.2.2021, Caradonna, Rv. 280747).
Nella specie il ricorrente censura la sentenza impugnata per avere fornito una motivazione contraddittoria e manifestamente illogica in ordine all'attendibilità della persona offesa T.L. alla luce delle risultanze dibattimentali.
Ebbene, dalla lettura della sentenza emerge che a fronte delle specifiche censure della difesa dell'imputato, il giudice di appello si è diffusamente soffermato ( pgg. 7-8 sentenza) sulla testimonianza della persona offesa T.L., di cui era stata posta in discussione la credibilità, esaminando i punti salienti della sua deposizione, di cui peraltro nel corpo della sentenza sono riportati ampi stralci con particolare riferimento all'individuazione del soggetto che lo aveva incaricato di effettuare i lavori ovvero R.G.. Il ragionamento seguito dalla Corte appare logico, consequenziale, scevro da salti logici, non evidenziandosi pertanto il vizio motivatorio denunciato che sembra, viceversa, surrettiziamente sollecitare una diversa valutazione della prova, preclusa in sede di legittimità.
3.3. Il quarto ed il quinto motivo, da valutarsi congiuntamente in quanto afferenti alla medesima questione, riguardante il comportamento asseritamente abnorme ed esorbitante del T.L., sono del pari manifestamente infondati.

Va premesso che secondo costante giurisprudenza di legittimità, in tema di infortuni sul lavoro, il datore di lavoro, in quanto titolare di una posizione di garanzia in ordine all'incolumità fisica dei lavoratori, ha il dovere di accertarsi del rispetto dei presidi antinfortunistici vigilando sulla sussistenza e persistenza delle condizioni di sicurezza ed esigendo dagli stessi lavoratori l'osservanza delle regole di cautela, sicché la sua responsabilità può essere esclusa, per causa sopravvenuta, solo in virtù di un comportamento del lavoratore avente i caratteri dell'eccezionalità, dell'abnormità e, comunque, dell'esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo ed alle precise direttive organizzative ricevute, connotandosi come del tutto imprevedibile o inopinabile (così, ex multis, Sez. 4 n. 37986 del 27/6/2012, Battafarano, Rv. 254365; Sez. 4, n. 3787 del 17/10/2014 dep. il 2015, Bonelli Rv. 261946).

Di rilievo anche il dictum di Sez. 4 n. 5007 del 28/11/2018 dep. il 2019, Musso, Rv. 275017 che ribadisce che la condotta esorbitante ed imprevedibilmente colposa del lavoratore, idonea ad escludere il nesso causale, non è solo quella che esorbita dalle mansioni affidate al lavoratore, ma anche quella che, nell'ambito delle stesse, attiva un rischio eccentrico od esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia (in quel caso la Corte di legittimità ha ritenuto esente da censure la sentenza che aveva escluso la responsabilità del datore di lavoro per le lesioni riportate da un lavoratore che, per sbloccare una leva necessaria al funzionamento di una macchina utensile, aveva introdotto una mano all'interno della macchina stessa anziché utilizzare l'apposito palanchino di cui era stato dotato).

Ribadendo il concetto di "rischio eccentrico" altra recente pronuncia (Sez. 4 n. 27871 del 20/3/2019, Simeone, Rv. 276242) ha puntualizzato che, perché possa ritenersi che il comportamento negligente, imprudente e imperito del lavoratore, pur tenuto in esplicazione delle mansioni allo stesso affidate, costituisca concretizzazione di un "rischio eccentrico", con esclusione della responsabilità del garante, è necessario che questi abbia posto in essere anche le cautele che sono finalizzate proprio alla disciplina e governo del rischio di comportamento imprudente, così che, solo in questo caso, l'evento verificatosi potrà essere ricondotto alla negligenza del lavoratore, piuttosto che al comportamento del garante.

Ebbene, nel caso di specie, correttamente la Corte territoriale, ha ritenuto che il comportamento del T.L. rientrasse a pieno titolo nell'espletamento della tipica attività lavorativa di manovale cui lo stesso era preposto presso la Erre Restauri Soc. Coop. a.r.l. essendosi verificato l'infortunio allorché il T.L. era stato incaricato da R.G. di sostituire alcune tegole della masseria del fratello V.R...

4.4. Inammissibile è il sesto motivo di ricorso.
La censura dedotta sub specie di motivazione manifestamente illogica involge specificamente l'iter logico-argomentativo adottato dalla Corte di merito che, con riferimento alla tavola di legno che si è spezzata facendo cadere la persona offesa, ha affermato che "non può dubitarsi, dunque, delle già originarie precarie condizioni di tenuta della tavola donde al riguardo la superfluità delle indagini/ analisi scientifiche sul legno che la difesa la menta essere mancate".
In altri termini si contesta che alla luce delle risultanze probatorie si sia ritenuto superfluo accertare mediante consulenza tecnica lo stato di vetustà della tavole di legno.
Ebbene, dalla lettura della sentenza impugnata, si evince che non emerge alcuna disarticolazione o frattura logica nel ragionamento seguito dalla Corte di merito tra premesse e conclusioni ma la doglianza sembra, invece, attingere la valutazione operata dalla Corte in ordine al dato della vetustà della tavola di legno, a sua volta desunto dalle prove testimoniali e documentali assunte nel giudizio di primo grado, e che tipicamente afferisce alla valutazione di merito.
Pertanto nessun vizio motivazionale emerge dalla sentenza impugnata nei termini rappresentati.
Per le considerazioni svolte il ricorso, palesemente infondato, va dichiarato inammissibile.

Consegue, per il disposto dell'art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che si determina equitativamente in € 3000,00.

 

P.Q.M.
 


dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 13.4.2022