• Cantiere Temporaneo e Mobile
  • Infortunio sul Lavoro
  • Lavoratore
  • Formazione, Informazione, Addestramento
  • Dirigente e Preposto
  • Dispositivo di Protezione Individuale
  • Delega di Funzione

Responsabilità di un assistente di cantiere per infortunio occorso a lavoratore precipitato da un immobile in costruzione - Sussiste.

Nel suddetto cantiere era in atto la costruzione del tetto di un edificio e l'operazione dell'infortunato consisteva proprio nello smontaggio di cavalletti collocati al 4 piano considerato che "per potere effettuare l'armatura della gronda occorreva rimuovere i cavalletti del ponteggio ed installare, come protezione anticaduta sostitutiva, dei parapetti costituiti da tubi innocenti (foto n. 2); tra la fase di smontaggio dei cavalletti ed il montaggio di tubi innocenti, il piano di calpestio del ponteggio era completamente sprovvisto di protezioni contro la caduta ...."; 

"Dal sopralluogo, dunque, emergeva che l'operazione eseguita dal giovane lavoratore straniero era di quelle ad elevato rischio di caduta, in quanto tale particolarmente presidiata dalla normativa vigente in materia di montaggio/smontaggio/trasformazione di ponteggi che, nel caso di specie, risultava ampiamente disattesa sotto molteplici profili:

in primo luogo, la predetta operazione doveva essere eseguita sotto la sorveglianza di un preposto ex art. 36 quater comma 6 D.Lgs 626/94 e da personale adeguatamente formato ex art. 43 comma 5 lett. a) D.Lgs 626/94, laddove si accertava non solo il totale isolamento dell'operaio infortunato, che risultava per giunta non dotato di padronanza della lingua italiana, ma emergeva addirittura che lo stesso era stato "assunto" dalla B. (il corsivo è imposto dall'accertata mancanza di titolarità di permesso di soggiorno in capo all'infortunato e dalla conseguente irregolarità/illiceità del relativo impiego da parte del datore di lavoro) soltanto due giorni prima dell'infortunio (come da libro matricola), se non addirittura lo stesso giorno dell'infortunio, come affermato da entrambi i fratelli K.;

in secondo luogo, la mancanza di impalcati di protezione o di parapetti imponeva - trattandosi di lavoro che esponeva a rischi da caduta dall'alto - l'uso di idonea cintura di sicurezza collegata a una fune di trattenuta, ai sensi dell'
art. 10 Dpr 164/56, circostanza smentita dai fatti posto che il dispositivo anticaduta (la cintura di sicurezza di cui alla fotografia n. 8) trovato effettivamente vicino al luogo di lavoro del giovane Ko. risultava però certamente non utilizzato dall'infortunato giacché, prima di tutto, in concreto materialmente non utilizzabile per l'accertata mancanza di un punto di ancoraggio sul ponteggio (cfr. fotogr. n. 6) e, in ogni caso, difficilmente utilizzabile senza una specifica preparazione di formazione e informazione dell'operaio sul relativo impiego trattandosi di DPI di III categoria, in quanto tale di non agevole uso e, pertanto, presidiato da sanzione ai sensi dell'art. 43 comma 5 lett. a) D.Lgs 626/94 per l'ipotesi di mancata adeguata informazione/formazione del lavoratore.

Sulla base delle violazioni accertate, gli operanti elevavano le relative contravvenzioni contestando al legale rappresentante della "B. S.p.A." l'inosservanza dell'art. 36 quater comma 6 D.Lgs 626/94 per non avere adeguatamente formato il lavoratore K.S. in ordine all'attività di montaggio/smontaggio/trasformazione di ponteggi e l'art. 43 comma 5 lett. a) D.Lgs 626/94, per non avere adeguatamente addestrato Kr.Sh. all'utilizzo di un Dpi di III categoria nonché contestando al P. in qualità di "responsabile del cantiere" ed al Q. quale "assistente del cantiere" la violazione dell'art. 10 Dpr 164/56 per non avere imposto a K.S. l'utilizzo della cintura di sicurezza e per l'assenza nell'area di lavoro di un punto di ancoraggio e l'art. 36 quater comma 6 D.Lgs 626/94 per non avere curato che K.S. eseguisse i lavori di smontaggio del ponteggio sotto la sorveglianza di un preposto. "
 
L'imputato Q. già all'atto di intervento dell'Ufficiale si era qualificato "assistente di cantiere" e appariva, all'evidenza, a conoscenza del cantiere e delle caratteristiche di gestione dello stesso nonché, di fatto, in grado di far eseguire le direttive che, eventualmente impartite dal responsabile del cantiere (indicato dallo stesso Q. nel P.A.), devono essere curate dal suo assistente sia in caso di assenza del primo, come appunto verificato dagli uff. di P.G. nella vicenda in esame (accertando l'effettiva assenza del Pu., peraltro confermata dallo stesso Q.), sia per l'accertata mancanza - all'epoca del fatto - di una formale designazione all'interno dell'organizzazione del lavoro del cantiere di una "figura specificamente destinatario degli obblighi in materia prevenzionale".
 
Emergeva pertanto che, in base alla programmazione delle opere quotidiane, era lo stesso Qu. che non solo impartiva di volta in volta gli ordini relativi sia alla zona del cantiere dove lavorare sia alle modalità esecutive dei lavori stessi, ma che anche vigilava sull'impiego da parte dei lavoratori in questione dei dispositivi di protezione, sia pure - ancora una volta - soltanto limitatamente ai "suoi muratori"

E' dunque pienamente logica l'attribuzione al Q., in termini di certezza, dei doveri di tutela in materia di sicurezza dei lavoratori e dei luoghi di lavoro, a prescindere dal suo inquadramento nell'organigramma aziendale;

L'univoco orientamento della Corte di Cassazione, infatti, consente di ritenere che "In materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, la posizione di garanzia può sorgere a prescindere da un atto formale di investitura, attraverso il quale vengano dal titolare dell'impresa delegate le funzioni, essendo sufficiente alla individuazione del portatore di essa l'evidenza della sua collocazione verticistica nell'organizzazione del lavoro".

"L'unica condotta idonea ad esonerarlo da responsabilità penale sarebbe stata quella di informare contemporaneamente il preposto o altro responsabile del cantiere o qualunque altro dipendente eventualmente incaricato della prevenzione degli infortuni e sicurezza sui luoghi di lavoro affinché vigilasse sulla corretta esecuzione dell'operazione in questione;"


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE DI MONZA

SEZIONE PENALE

Innanzi al Tribunale di Monza - in composizione monocratica - in persona del giudice dott.ssa Rosaria Pastore,

alla pubblica udienza in data 16 dicembre 2009 ha pronunziato mediante lettura del solo dispositivo la seguente

SENTENZA

nei confronti di: Q.V., nato (omissis); residente a Casorate Primo in via (omissis); Domicilio eletto presso lo studio del difensore, Avv. M.M., a Milano in Corso (omissis); (come da dichiarazione all'ud. dib. 29/6/2009);

Libero - Presente

Difensore di Fiducia: M.M. del foro di Milano.

Imputato

Unitamente a B.F. e P.A. (posizioni stralciate e separatamente definite), del reato p. e p. dall'art. 590/3 co. c.p. per avere:

Br. nella qualità di legale rappresentante della "B. S.p.A.", Pu. di responsabile del cantiere ove ebbe a verificarsi l'infortunio, Qu. di assistente del cantiere ove ebbe a verificarsi l'infortunio, per colpa consistita in imprudenza, negligenza ed inosservanza delle norme sulla prevenzione antinfortunistica, violando in particolare:

Br., l'art. 36 quater comma 6 D.Lgs 626/94, per non avere adeguatamente formato il lavoratore K.S. in ordine all'attività di montaggio/smontaggio/trasformazione di ponteggi;

B., l'art. 43 comma 5 lett. a) D.Lgs 626/94, per non avere adeguatamente addestrato Kr.Sk. all'utilizzo di un Dpi di III categoria;

P. e Q., l'art. 10 Dpr 164/56, per non avere imposto a K.S. l'utilizzo della cintura di sicurezza e per l'assenza nell'area di lavoro di un punto di ancoraggio;

P. e Q., l'art. 36 quater comma 6 D.Lgs 626/94, per non avere curato che K.S. eseguisse i lavori di smontaggio del ponteggio sotto la sorveglianza di un preposto, cagionando al citato lavoratore, che cadeva al suolo da un'altezza di circa otto metri, lesioni personali guarite in tempo superiore a gg.


 
FattoDiritto

Con decreto emesso in data 16/6/2008 dal PM in sede, Q.V. veniva tratto a giudizio unitamente a B.F. e a P.A. per rispondere del reato in epigrafe indicato; alla prima udienza dibattimentale l'odierno giudicabile avanzava tempestiva richiesta di definizione del processo con rito Abbreviato "condizionato" a produzione documentale mentre il coimputato P. avanzava richiesta di "patteggiamento" e la coimputata Br. operava la scelta del rito ordinario per cui, stralciate le relative posizioni, si procedeva all'acquisizione sia del fascicolo delle indagini preliminari che dei documenti introdotti dalla difesa Q. per la prosecuzione del giudizio nei confronti di quest'ultimo; la valutazione degli atti rendeva necessaria un'integrazione probatoria in ordine all'accertamento della qualità di "assistente di cantiere" attribuita al Q. per cui, proceduto all'esame di uno degli U.P.G. accertatori delle violazioni e all'esame dell'imputato (su sua richiesta) all'esito le parti hanno concluso come da separato verbale e come riportato in epigrafe.

Delineata per estrema sintesi l'attività processuale espletata nel corso del giudizio, occorre quindi illustrare il fatto - reato ascritto all'imputato come lo stesso risulta emerso dalle fonti di prova sopra indicate, dandosi atto che dai rilievi di indagine e dall'espletata escussione testimoniale nonché dall'esame dell'imputato è risultato quanto segue:

in data (omissis) l'ufficiale di P.G. P.G., tecnico della prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro presso il servizio ASL (omissis) di Monza, veniva richiesto (dal Servizio di Pronto Soccorso dove veniva ricoverato l'infortunato) di eseguire sopralluogo presso il cantiere edile aperto nell'area dell'Ospedale "N." di Monza dove era in costruzione un edificio destinato a reparto ospedaliero per malattie infettive e dove, alle ore 14,30 dello stesso giorno, si era verificato un infortunio;

l'incidente riguardava un cittadino Ko., identificato nel diciassettenne K.S., precipitato dall'immobile in costruzione e ricoverato con diagnosi di "trauma cranico commotivo da caduta" presso lo stesso Ospedale S. di Monza;
il P., unitamente all'altro uff. di P.G. R.M., si recava sul luogo dell'infortunio alle ore 15,30 dello stesso giorno ed accertava che il committente dei lavori, individuato nell'Azienda Ospedaliera di Monza, aveva incaricato l'impresa edile "Br." - con sede legale a Napoli - per la realizzazione dell'immobile cui ineriva il cantiere in questione;
verificava inoltre che sulla costruzione, già ultimata in altezza con un'estensione di 4 piani, era installato lungo tutto il perimetro verticale un ponteggio che presentava alcune inadeguatezze, oggetto poi di specifica contestazione con relativi verbali di "ispezione/prescrizione" che venivano elevati a carico dei singoli destinatari con successivi e separati atti;
il predetto Uff. di P.G. accertava altresì che al "momento dell'infortunio in cantiere, come figure professionali con funzioni direttive, erano presenti il geometra Vl.Qu. con funzione di capocantiere mentre il responsabile di cantiere ing. An.Pi. si era trattenuto la sola mattinata" (così il verbale di "inchiesta infortunio" n. 40/2006 a firma degli UPG P./R.).

Il sopralluogo risultava unico elemento per la ricostruzione dell'incidente attesa l'assenza di testimoni dell'accaduto e la mancanza di riferimenti da parte dello stesso operaio infortunato che, sentito successivamente, dichiarava di non ricordare nulla delle modalità dell'incidente e nemmeno del tipo di lavorazione che stava svolgendo, limitando le proprie dichiarazioni ad alcune informazioni circa il paese di provenienza, le circostanze delle sue generali condizioni di permanenza nel territorio dello Stato e l'epoca di "assunzione";
le sole più specifiche informazioni provenivano dal fratello dell'infortunato, identificato in K.B. (operaio edile da almeno dieci anni e, in particolare, dipendente della ditta "B." dal settembre 2006), che svolgeva attività lavorativa nel medesimo cantiere e dichiarava agli operanti di avere visto, mentre si trovava al 4 piano dell'immobile in costruzione, il fratello S. "... che stava facendo la pulizia del solaio rimuovendo del legname";
tali dichiarazioni venivano immediatamente riscontrate dagli uff. di P.G. attraverso i rilievi oggettivi del sopralluogo che consentivano la ricostruzione dell'incidente nei seguenti termini (da ritenere pacificamente acquisiti non venendo confutati nemmeno dalla prospettazione difensiva):

"... al momento dell'infortunio il K.S. si trovava sul penultimo piano di calpestio del ponteggio (corrispondente al 4 piano del fabbricato) e stava eseguendo lo smontaggio di alcuni cavalletti. Le tracce di sangue, alcuni oggetti di lavoro personali ed un cavalletto presenti sul luogo della caduta (pianerottolo della scala di sicurezza esterna ..., in costruzione ....) confermano tale ipotesi ..." (cfr. citato verbale n. 40/2006 alle pagg. 3, 4 e 5 con allegate fotografie del cantiere nn. 2, 3, 4 e 5);
più specificamente, dal verbale di inchiesta infortunio emergeva che nel cantiere era in atto la costruzione del tetto dell'edificio in costruzione e che l'operazione dell'infortunato consisteva proprio nello smontaggio di cavalletti collocati al 4 piano considerato che "per potere effettuare l'armatura della gronda occorreva rimuovere i cavalletti del ponteggio ed installare, come protezione anticaduta sostitutiva, dei parapetti costituiti da tubi innocenti (foto n. 2); tra la fase di smontaggio dei cavalletti ed il montaggio di tubi innocenti, il piano di calpestio del ponteggio era completamente sprovvisto di protezioni contro la caduta ....";
poiché "l'operazione di smontaggio dei cavalletti consiste nello sfilare l'elemento dalla sede di incastro (foto n. 6) senza l'utilizzo di nessun attrezzo ma con la sola forza fisica, forza da applicare che varia in funzione dell'attrito presente nelle due sedi e causato dall'usura, la forza di strappo può comportare uno sbilanciamento per l'operatore con conseguente perdita dell'equilibrio, K.S., mentre operava per lo smontaggio dei cavalletti, ha evidentemente perso l'equilibrio e, trovandosi su di un piano non protetto da parapetti (foto n. 7) e non indossando un dispositivo anticaduta, è precipitato al suolo da un'altezza di circa 8 metri ..." (così cit. verb. n. 40/2006).

Dal sopralluogo, dunque, emergeva che l'operazione eseguita dal giovane lavoratore straniero era di quelle ad elevato rischio di caduta, in quanto tale particolarmente presidiata dalla normativa vigente in materia di montaggio/smontaggio/trasformazione di ponteggi che, nel caso di specie, risultava ampiamente disattesa sotto molteplici profili:

in primo luogo, la predetta operazione doveva essere eseguita sotto la sorveglianza di un preposto ex art. 36 quater comma 6 D.Lgs 626/94 e da personale adeguatamente formato ex art. 43 comma 5 lett. a) D.Lgs 626/94, laddove si accertava non solo il totale isolamento dell'operaio infortunato, che risultava per giunta non dotato di padronanza della lingua italiana, ma emergeva addirittura che lo stesso era stato "assunto" dalla B. (il corsivo è imposto dall'accertata mancanza di titolarità di permesso di soggiorno in capo all'infortunato e dalla conseguente irregolarità/illiceità del relativo impiego da parte del datore di lavoro) soltanto due giorni prima dell'infortunio (come da libro matricola), se non addirittura lo stesso giorno dell'infortunio, come affermato da entrambi i fratelli K.;

in secondo luogo, la mancanza di impalcati di protezione o di parapetti imponeva - trattandosi di lavoro che esponeva a rischi da caduta dall'alto - l'uso di idonea cintura di sicurezza collegata a una fune di trattenuta, ai sensi dell'art. 10 Dpr 164/56, circostanza smentita dai fatti posto che il dispositivo anticaduta (la cintura di sicurezza di cui alla fotografia n. 8) trovato effettivamente vicino al luogo di lavoro del giovane Ko. risultava però certamente non utilizzato dall'infortunato giacché, prima di tutto, in concreto materialmente non utilizzabile per l'accertata mancanza di un punto di ancoraggio sul ponteggio (cfr. fotogr. n. 6) e, in ogni caso, difficilmente utilizzabile senza una specifica preparazione di formazione e informazione dell'operaio sul relativo impiego trattandosi di DPI di III categoria, in quanto tale di non agevole uso e, pertanto, presidiato da sanzione ai sensi dell'art. 43 comma 5 lett. a) D.Lgs 626/94 per l'ipotesi di mancata adeguata informazione/formazione del lavoratore.

Sulla base delle violazioni accertate, gli operanti elevavano le relative contravvenzioni contestando al legale rappresentante della "B. S.p.A." l'inosservanza dell'art. 36 quater comma 6 D.Lgs 626/94 per non avere adeguatamente formato il lavoratore K.S. in ordine all'attività di montaggio/smontaggio/trasformazione di ponteggi e l'art. 43 comma 5 lett. a) D.Lgs 626/94, per non avere adeguatamente addestrato Kr.Sh. all'utilizzo di un Dpi di III categoria nonché contestando al P. in qualità di "responsabile del cantiere" ed al Q. quale "assistente del cantiere" la violazione dell'art. 10 Dpr 164/56 per non avere imposto a K.S. l'utilizzo della cintura di sicurezza e per l'assenza nell'area di lavoro di un punto di ancoraggio e l'art. 36 quater comma 6 D.Lgs 626/94 per non avere curato che K.S. eseguisse i lavori di smontaggio del ponteggio sotto la sorveglianza di un preposto.

La documentazione clinico/ospedaliera acquisita dalla ASL (omissis) evidenziava conseguenze lesive a carico dell'infortunato assolutamente compatibili con le modalità dell'incidente emergendo dal referto rilasciato il (omissis) dal Servizio di Pronto Soccorso dell'Ospedale Sa. di Monza un "trauma cranico" da "caduta in cantiere" giudicato con "prognosi riservata" e conseguente ricovero in reparto di "neurorianimazione" dove veniva riscontrata "una rima di frattura della teca cranica temporale e frontale dx" con "quadro clinico di grave compromissione dello stato di coscienza" e ricovero in "terapia intensiva neurochirurgica";
la dimissione ospedaliera veniva eseguita in data del (omissis) con lettera che evidenziava: "obiettività neurologica di completo recupero della coscienza senza deficit neurologici focali ..... ed ulteriore riduzione dimensionale della piccola raccolta subdurale", nonché conteneva prescrizione sia di ulteriore controllo ("Tac encefalo tra 10 giorni e successiva visita neurochirurgica") sia di "adeguato periodo di riposo domiciliare ... ed eventuale ciclo di training deambulatorio come da indicazione Fisiatrica" (cfr. documentazione citata, trasmessa dal Comm.to di P.S. di Monza con nota del (omissis)); seguiva la certificazione INAIL "di continuità inabilità" attestante la prognosi di ulteriori "36 gg. dal (omissis) di inabilità assoluta al lavoro" (cfr. citato "certificato medico INAIL" datato (omissis), in atti).

La deposizione testimoniale dell'U.P.G. P.G. all'ud. del (omissis) - che è risultata di piena conferma di tutti i rilievi emersi dal sopralluogo in ordine alle modalità dell'infortunio come sopra dettagliatamente illustrate, non confutate nemmeno dalla difesa dell'imputato - veniva disposta in relazione alla necessità di precisazione della qualità dell'odierno imputato che, indicata nel verbale di inchiesta infortunio in quella di "assistente di cantiere" con "funzione di capocantiere" appariva abbisognevole di precisazioni come, peraltro, richiesto dallo stesso P.M. nel corso delle indagini preliminari con nota del (omissis) cui la ASL (omissis) replicava con raccomandata n. 35429 del (omissis) nei seguenti termini:

"... gli scriventi hanno ritenuto opportuno attribuire delle responsabilità ai sigg. P.A. e Q.V. in quanto, anche se non formalmente nominati dal datore di lavoro, svolgevano di fatto rispettivamente le funzioni di responsabile di cantiere e di capocantiere in quanto in possesso di requisiti e capacità professionali atte a potere espletare il ruolo della sicurezza all'interno del cantiere", e ciò, dopo avere premesso che "all'interno dell'organizzazione del lavoro del cantiere non è stata formalmente designata nessuna figura destinataria di obblighi in materia prevenzionale" (cfr. citata nota ASL (omissis) 35429 in atti).

Orbene, il teste P., nel ribadire l'accertato possesso in capo all'odierno imputato delle predette capacità professionali in relazione alla titolarità di formali requisiti per lo svolgimento di compiti di sicurezza all'interno del cantiere (trattandosi di geometra assunto dall'impresa con mansioni di "impiegato tecnico") precisava quanto segue:

di avere trovato, sul posto ed il giorno dell'infortunio, soltanto l'odierno imputato Q.V. che, presentatosi all'Uff. di P.G. come "assistente di cantiere ..., capocantiere" e dopo avere riferito agli uff. di P.G. che il "responsabile di cantiere" era invece il P.A., in quel momento assente, accompagnava i due pubblici ufficiali durante tutto il sopralluogo;
di avere seguito il Q. per tutto il cantiere facendosi dall'imputato illustrare sia le caratteristiche delle opere in corso di esecuzione sia il luogo preciso dell'avvenuto infortunio ed apprendendo proprio dal Q. il nome dell'operaio infortunato, il periodo di lavoro di quest'ultimo presso l'impresa B., il ponteggio preciso da cui lo stesso era precipitato ed il compito che stava svolgendo, consistente nella trasformazione del ponteggio collocato al quarto piano dell'edificio in costruzione, con la sola incertezza in ordine al soggetto che avesse materialmente incaricato l'infortunato dell'operazione di smontaggio in questione: "il problema è che non si riesce a capire chi gli aveva detto di andare lì sopra ...;
di avere successivamente accertato presso l'impresa edile "B." la mancanza, all'epoca, di eventuali deleghe per la sicurezza e prevenzioni infortuni ritenendo pertanto il Q. destinatario delle norme in concreto violate sulla base del "libro matricola" e dell'organigramma che lo indicavano come assunto con mansioni di "impiegato tecnico" nonché sulla base della qualifica con cui lo stesso imputato si presentava agli U.P.G. al momento del sopralluogo, tutti elementi univocamente significativi della funzione di capocantiere:

"quando uno viene nominato impiegato tecnico vuol dire che ha delle conoscenze superiori rispetto al manovale e che può seguire i lavori .... di capocantiere ..., chi gestisce il cantiere deve sapere sia come deve essere fatto il lavoro, ma anche le previsionali, deve dire ...., se manca l'elmetto: "Metti l'elmetto" ...lo deve imporre ...." (così il verb. trascriz. dichiaraz. teste P. a ud. 29/6/2009).

Il teste, dunque, ribadiva di avere individuato nell'odierno imputato il destinatario della contestazione delle relative violazioni sia perché lo stesso Q. si era qualificato "assistente di cantiere" all'atto dell'intervento dell'uff. di P.G. sia perché appariva, all'evidenza, a conoscenza del cantiere e delle caratteristiche di gestione dello stesso nonché, di fatto, in grado di far eseguire le direttive che, eventualmente impartite dal responsabile del cantiere (indicato dallo stesso Q. nel P.A.), devono essere curate dal suo assistente sia in caso di assenza del primo, come appunto verificato dagli uff. di P.G. nella vicenda in esame (accertando l'effettiva assenza del Pu., peraltro confermata dallo stesso Q.), sia per l'accertata mancanza - all'epoca del fatto - di una formale designazione all'interno dell'organizzazione del lavoro del cantiere di una "figura specificamente destinatario degli obblighi in materia prevenzionale".

Emergeva, infatti, dalla documentazione successivamente prodotta dalla difesa che l'impresa edile aveva provveduto alla nomina di un "addetto al servizio di prevenzione e protezione dai rischi soltanto in epoca successiva all'infortunio in esame, come da lettera di nomina datata (omissis) sottoscritta dal rappresentante legale dell'impresa "B. S.p.A." e, per accettazione, da tale D.V., a riprova della mancanza - fino a quel momento e all'epoca dell'infortunio occorso all'operaio straniero, minorenne e irregolare sul territorio - di una figura specificamente delegata al controllo del rispetto della normativa di sicurezza a tutela dei lavoratori (cfr. le dettagliate prescrizioni ivi elencate: "stabilire il programma di informazione e formazione delle maestranze ..., segnalare immediatamente qualunque inadempienza o inesattezza in materia di sicurezza ..., vigilare sulle maestranze alfine di verificare che le stesse utilizzino correttamente i dpi ..., preoccuparsi dell'approvvigionamento e della consegna dei DPI agli operai ...., sovrintendere all'installazione ed alla manutenzione dei dispositivi di prevenzione e protezione dai rischi ..." e simili);
nella medesima data (omissis), quindi sempre in epoca successiva all'infortunio, risultava scritta la lettera di "nomina a direttore tecnico del cantiere" con cui l'impresa "B. S.p.A." conferiva espressamente a tale M.G. "tutti i poteri in ordine alla conduzione dei lavori ed alla eventuale sottoscrizione degli atti contabili, organizzazione tecnica" (cfr. produz. dif. imp. a ud. 29/6/2009).

Sul punto specifico oggetto degli approfondimenti testimoniali, infine, nessuna informazione proveniva dall'operaio infortunato e nemmeno dal fratello, presente in cantiere ma non all'incidente, emergendo soltanto quanto segue:

che il K.S. dichiarava di essere stato assunto lo stesso giorno dell'infortunio, di non avere mai svolto in precedenza lavori in cantiere edile né qualsiasi altro lavoro, di non conservare alcun ricordo dell'incidente ma solo "vagamente" di stare svolgendo "dei lavori di pulizia";

il fratello K.B. dichiarava di lavorare nel campo dell'edilizia da almeno dieci anni e presso l'impresa B. dal settembre (omissis) mentre il fratello infortunato non aveva mai svolto in precedenza lavori di edilizia ed era stata assunto proprio il giorno dell'infortunio, di essersi trovato lui stesso il giorno dell'incidente "sul solaio del IV piano nello stabile in costruzione" quando sentiva "urlare una persona" e, affacciatosi dal ponteggio e visto un operaio "caduto sul pianerottolo della scala esterna", si accorgeva che si trattava del fratello Sh. privo di sensi, di averlo soccorso portandolo a terra aiutato da un altro fratello presente in cantiere e provvedendo a richiedere l'intervento di ambulanza;

il teste dichiarava di avere visto l'infortunato mentre "stava facendo la pulizia del solaio rimuovendo del legname" e di non sapere come mai il fratello si fosse recato sul ponteggio per togliere i cavalletti non sapendo "chi gli ha ordinato da fare quel lavoro" (cfr. verbali di "s.i.t." allegate al cit. verbale di inchiesta infortunio n. 40/2006).

A fronte della ricostruzione dell'infortunio fin qui illustrata, e come emergente dalle risultanze processuali sopra riportate, la prospettazione difensiva dell'imputato Q.V. è stata incentrata sulla confutazione delle accuse di condotta colposa per disconoscimento della contestata qualifica di "assistente del cantiere" indicata dagli uff. di P.G. nel verbale di sopralluogo, recepita dal P.M. nel capo di imputazione e ribadita nel corso del giudizio da uno dei pubbl. uff. accertatori delle violazioni, in particolare sostenendo quanto segue:

di non avere impartito alcun ordine di trasformazione del ponteggio all'infortunato né a qualsiasi altro operaio essendo i propri compiti limitati a quelli di "capocantiere tecnico" con ciò dovendosi intendere, secondo il Q., la personale responsabilità per la sola realizzazione pratica dei "disegni tecnici" dallo stesso redatti senza alcuna implicazione, cioè, di poteri o doveri in ordine alla sicurezza del cantiere ed alla tutela dei lavoratori;

l'imputato precisava infatti che "la funzione di impiegato tecnico è praticamente guardare la qualità, fare eseguire i lavori del disegno, metterli in opera, vedere se la qualità è buona, è questo, non è assolutamente quella di fare antinfortunistica, io non sono addestrato, non ho fatto il corso, non so mettermi una cintura, non saprei farla mettere ad altri ....";

tuttavia, dopo tale ampia premessa di esclusione da qualsivoglia compito di direzione dei lavori, il Q. non negava di "dare ordini agli operai su come fare ..." le relative lavorazioni sia pure limitando gli ordini "Solo a quello" e circoscrivendo la finalità degli stessi alla sola necessità di "... trasferire tutto quello che è disegnato, misure, altezze, tutto quello, sul fabbricato, sul solaio, tramezze e tutto, pilastro e non pilastro, perché c'è una certa tecnica da eseguire, le piombature, allineamenti, riquadri ..." e precisando altresì, al fine evidente di comporre la palese contraddizione tra la sopra riportata premessa e la presente descrizione dei compiti in concreto svolti, di limitare gli ordini di esecuzione ai "miei operai" e non ad altri.

Alla reiterata richiesta di spiegazione della qualificazione degli operai sopra indicata il Q. specificava che per "miei operai" intendeva quelli adibiti alla costruzione dei "tramezzi interni, divisori..." di sua stretta competenza tecnica, "quelli che io davo disposizioni a lavorare. .. Opere in muratura, eh! Ecco perché dico "i miei" ..." (pagg. 45 - 48) indicandoli dunque, inizialmente, nei soli "muratori" -".... I miei, cioè i muratori, esatto ..., perché io sono caposquadra. ....." (pag. 48) - con esclusione dei soli "carpentieri ...., pontisti ..." e simili, asseritamente dipendenti dagli ordini del Pu., successivamente indicandoli comunque in quei lavoratori che componevano, di volta in volta, la squadra che doveva mettere in opera i disegni e non disconoscendo infine, nel corso dell'esame, la personale direzione anche dei "carpentieri", qualora coinvolti nella realizzazione dei disegni tecnici in questione, compreso il fratello del giovane straniero infortunato, il K.B. "carpentiere" anche lui: "era un carpentiere, anche bravo tra l'altro ..." (cfr. rispettivamente pagg. 50 e 53);

emergeva pertanto che, in base alla programmazione delle opere quotidiane, era lo stesso Qu. che non solo impartiva di volta in volta gli ordini relativi sia alla zona del cantiere dove lavorare sia alle modalità esecutive dei lavori stessi, ma che anche vigilava sull'impiego da parte dei lavoratori in questione dei dispositivi di protezione, sia pure - ancora una volta - soltanto limitatamente ai "suoi muratori":
e infatti, alla domanda: ".... se vedeva che l'operaio non aveva le scarpe antinfortunistiche, non aveva il casco se doveva metterlo in quel frangente, non utilizzava i dispositivi personali di protezione ..., lei che potere aveva - se ce l'aveva - e che cosa poteva fare?", l'imputato - dopo avere affermato che in tali condizioni gli operai "non entravano neanche in cantiere ...", lasciando così intendere l'estrema severità nel controllo scrupoloso dell'impiego dei Dpi - aggiungeva:

"Beh, per quello che riguarda i miei operai, li controllavo io, perché erano sempre a piano terra, erano tavolati ....", ed alla specifica domanda sulla titolarità o meno del potere/dovere di "impartire la distribuzione del lavoro quotidiano", l'imputato rispondeva "Beh, praticamente, per quello che riguarda il mio lavoro (im)partivo io, altri lavori era Pu. ...." (cfr. pag. 47);

il Q. dichiarava inoltre:

- di ignorare il soggetto che aveva impartito all'infortunato l'ordine di recarsi al IV piano per la trasformazione dei ponteggi avendo appreso dei lavori da eseguire in quell'area del cantiere soltanto successivamente al fatto (pag. 51),

- di sapere, tuttavia, che il lavoro da eseguire in quella zona riguardava una "gronda", opera di carpenteria e muratura che riconosceva essere certamente di sua competenza - rectius: opera decisa dal "disegno" tecnico da lui stesso redatto - ma che l'esecuzione della stessa presupponeva la preliminare trasformazione del ponteggio preesistente, adempimento non di sua competenza e per il quale perciò non era in grado di riferire da chi l'infortunato avesse ricevuto l'incarico di provvedere così come del tutto estraneo alle sue specifiche competenze era il controllo dell'adozione dei dpi: "Allora, carpenteria riguarda me, il ponteggio non riguarda me ... la mia squadra era esente, cioè non usava le cinture di sicurezza, perché non aveva bisogno, ecco perché!..." (pagg. 54 - 55 - 56);

- di ricordare l'assenza; al momento dell'infortunio, del P. che, generalmente poco presente in cantiere - "... non mi rendevo conto dei suoi spostamenti, prendeva e andava via ..." (pag. 43) - anche in occasione dell'incidente in danno del K. si era allontanato senza rientrare neppure successivamente alla pausa/pranzo, dopo essere stato in cantiere solo il mattino e soltanto fino alle ore 11.00 - 11.30 circa;

- di ignorare l'esistenza di un'eventuale delega - anche solo informale e provvisoria - della direzione del cantiere da parte del P. ad altro soggetto durante tali improvvise assenze, disconoscendo una propria responsabilità in tal senso ma pur non negando di avere l'autorità sia per "organizzare gli operai" (sebbene sempre nell'ambito del "piano lavorativo" quotidianamente stabilito dal P., nella qualità di "direttore di cantiere, mio superiore ..., un settimo livello ....") sia per imporre loro precisi orari di lavoro:

"Giudice: .... Stabiliva lei ogni giorno i lavori da eseguire in base al disegno tecnico, stabiliva la squadra da chi e come doveva essere composta?" - Imp. Q.: "Certo"; Giudice: ... perché, li sceglieva lei?" - Imp. Q.: "E si ..."; Giudice: "in base alle competenze?" - Imp. Q.: "Sì, sì" (pag. 57); ... Giudice: "... quando c'era da chiudere il cantiere chi lo chiudeva? "-Imp. Q.: il gruista che faceva anche da magazziniere e poi P. .... alle cinque .... si chiudeva .... "; Giudice: "..., ma se l'operaio alle quattro e mezza incominciava già che se ne voleva andare, chi lo riprendeva?" - Imp. Q.:" Va beh, scusi, "le quattro e mezza mi sembra un po' presto", glielo dicevo, no? ...."(pag. 65).

L'imputato, infine, precisava di essere stato assunto dall'impresa edile "B. S.p.A." con mansioni di capocantiere tecnico, inquadrato al VI livello del CCNL per le imprese edili, soltanto nell'ottobre 2006 e soltanto per un periodo di prova di tre mesi che, per giunta, si era concluso con il licenziamento per mancato superamento della prova (come, rispettivamente, da lettera di assunzione datata 27 settembre 2006 e da lettera di licenziamento del 31/1/2007, allegate alla memoria difensiva del 23/11/2007 in atti) ed attribuiva al P. la "direzione totale del cantiere" specificandone la mansioni di coordinamento dei lavori e dunque la superiorità gerarchica:

"... Sono responsabile ma ho un capo .... Io ero responsabile della qualità, ma ho un capo a cui riferire, poi avevamo dei contatti; lui era quello preposto alle assunzioni o meno, ricevere le squadre, guardare se - siccome erano tanti extracomunitari - se avevano tutti i permessi di soggiorno .... Girare al mattino se erano tutti presenti o meno ... P. praticamente era il controllo della selezione .... Anche la lavorazione ... lui mi diceva: "No, guarda, non fare quello, perché è più urgente questo", ipotesi no? ..., gli operai, più o meno mi dice: "questi sono i muratori, questi sono i carpentieri ... dopo io me li gestivo, perché è logico così ..." (pagg. 58 e segg. del verb. trascriz. esame imp. ud. 29/6/2009).

Orbene, tutto ciò premesso in fatto e come emerso dall'espletata attività processuale, non v'è alcun dubbio che quanto fin qui evidenziato integri obiettivo riscontro all'ipotesi accusatoria consentendo altresì un giudizio di assoluta attendibilità dei riferimenti provenienti dalla persona offesa (per quanto limitatissimi) e dai testimoni K.B. e P.G. delle cui verosimili dichiarazioni non v'è alcun motivo di dubitare tenuto conto sia del tenore delle dichiarazioni dagli stessi rese in quanto precise, dettagliate, coerenti, mai contraddittorie e scevre da acrimonia o animosità nei confronti dell'imputato (quelle dell'infortunato e del fratello di questi), sia dei riscontri oggettivi sopra illustrati, idonei questi ultimi - tanto in relazione alle emergenze medico/ospedaliere quanto con riferimento ai sopralluoghi ed ai rilievi eseguiti dai tecnici/ASL - ad escludere la plausibilità e verosimiglianza di qualsivoglia ulteriore prospettazione dei fatti diversa da quella oggetto dell'imputazione;
va sottolineato, peraltro, come la ricostruzione delle modalità esecutive dell'infortunio non abbiano costituito oggetto di dubbio nemmeno nella versione difensiva dall'imputato così come nessun dubbio, inoltre, è emerso quanto alla ravvisabilità del nesso eziologico fra le modalità esecutive dell'evento e le lesioni riportate dall'infortunato K.S. attesa la compatibilità fra la ricostruzione dell'infortunio e la natura e l'entità delle lesioni nonché le zone corporee interessate (si rimanda alla certificazione medico - ospedaliera sopra già illustrata, anche questa pacificamente acquisita agli atti).

L'aspetto processuale che, invece, costituisce oggetto di confutazione difensiva è quello relativo all'insussistenza di qualsivoglia profilo colposo in generale e di qualsivoglia responsabilità per carica formale a carico dell'odierno giudicabile, giacché si sostiene l'assoluta inesigibilità a carico dell'odierno giudicabile di qualsivoglia obbligo in materia di sicurezza dei lavoratori, e ciò per due diversi aspetti:

uno meramente formale, collegato all'assenza di cariche sociali o di espresse deleghe/procure in materia di vigilanza, e l'altro fattuale non essendo emersa prova che l'imputato conoscesse le modalità esecutive in concreto adottate dall'operaio infortunato la cui iniziativa è da attribuirsi ad ordini evidentemente impartitigli da altri, sostenendosi in buona sostanza l'assoluta "estraneità" dell'odierno giudicabile a qualsivoglia dovere di vigilanza nei confronti del lavoratore infortunato trattandosi, a tutto voler concedere, di operaio addetto all'esecuzione di una lavorazione sottoposta alla direzione dell'originario coimputato Pu. e, pertanto, sottratta alla competenza del Q.

Le predette argomentazioni difensive non possono venire accolte basandosi le stesse su una evidente ed insuperabile contraddizione in termini rispetto all'operazione compiuta, e infatti:

da un lato, e con riferimento alla asserita "estraneità", si vuole prospettare la lavorazione eseguita dall'infortunato come un'opera rientrante nell'ambito di controllo del direttore responsabile del cantiere, il P., per la sua specifica competenza sugli operai "carpentieri e pontisti" laddove dal Qu. dipendevano più che altro i soli "muratori", e ciò nonostante lo stesso imputato abbia dovuto riconoscere che l'organizzazione degli operai e la formazione delle relative "squadre", con la conseguente dipendenza di queste dagli ordini del P. o del Q., non rispondeva alla rigida divisione di competenze fra i due ma solo alle esigenze di lavorazione delle opere edili da eseguire quotidianamente, non disdegnando perciò lo stesso Q. di impartire ordini di lavorazione non solo ai "suoi" muratori ma anche ai carpentieri quando ciò fosse stato reso necessario dalle concrete esigenze di lavorazione, per tal modo configurando come ordinaria la sua relazione con tutte le maestranze;

ma c'è di più: lo stesso Q. non ha negato di provvedere comunque al controllo dell'osservanza dell'adozione dei dpi da parte degli operai che, chiamati a mettere in pratica i "disegni tecnici" da lui stesso redatti, si trovavano di volta in volta - e in concreto - sottoposti alla sua direzione durante l'esecuzione delle opere;

pertanto, la prospettazione difensiva vuole contraddittoriamente liquidare tutta la cautela esecutiva, da un lato, con l'apodittica affermazione di "estraneità" dei doveri di tutela della sicurezza dei lavoratori rispetto alla propria carica formale e, dall'altro lato, con una rigida separazione di competenze circa la "direzione" delle varie squadre di operai che non solo non trova alcuna giustificazione ma è addirittura risultata smentita dallo stesso imputato;

va peraltro rilevato come il Q. non ignorasse l'assenza del P. al momento dell'infortunio - che, anzi, gli era ben nota per la abituale ingiustificata "precarietà" di presenza in cantiere del predetto Pu. - né ignorasse l'inesperienza dell'infortunato o, comunque, la presenza dello stesso in cantiere da soli due giorni, trattandosi di un giovanissimo lavoratore straniero (addirittura minorenne) fratello di uno dei migliori operai dipendenti dell'impresa B. (il K.B. di cui il Q. apprezzava capacità e diligenza e che stava lavorando proprio in quel cantiere sin dall'inizio) non apparendo credibile che, in tale contesto di conoscenze, l'imputato ignorasse proprio l'assoluta inesperienza dell'infortunato (per giunta incaricato di un'operazione estremamente pericolosa senza essere stato minimamente informato dei rischi e dei presidi antinfortunistici) e persino la provenienza dell'incarico (ignoranza quest'ultima resa ancora più inverosimile laddove si consideri che il giovanissimo operaio in questione stava eseguendo un'operazione preliminare alla lavorazione di specifica competenza proprio del Q., vale a dire la trasformazione del ponteggio per consentire i lavori di sostituzione della "gronda" alla squadra di operai comandata proprio dal Q.).

Pertanto, se anche si volesse escludere la ravvisabilità di una "culpa in eligendo" - così accreditando la prospettazione difensiva dell'incarico di lavorazione imposto all'infortunato dal P., o comunque non dal Q. - senz'altro emergono però gli estremi della "culpa in vigilando" avendo l'imputato omesso di controllare le modalità esecutive dell'operazione in concreto adottate dall'infortunato, in particolare trascurando di imporgli l'utilizzo della cintura di sicurezza - previa verifica dell'esistenza di un punto di ancoraggio della stessa - e di garantirgli la sorveglianza di un preposto durante l'esecuzione dell'operazione di smontaggio e trasformazione del ponteggio;

nel caso di specie, da un lato risulta accertata l'assenza - ingiustificata e nota al Q. - del P. quale responsabile del cantiere e dall'altro risulta accertata non solo la presenza del Q. al momento dell'infortunio ma anche la sua peculiare qualità di "assistente del cantiere" (come dallo stesso indicato agli UPG all'atto del sopralluogo) o di "capo cantiere tecnico" (per stessa ammissione dell'imputato e come emergente dalla lettera di assunzione), mancando invece la prova di una delega espressamente e formalmente conferita ad un preposto con pienezza di poteri ed autonomia decisionale e particolare competenza, tali cioè da consentire al delegato di subentrare nella posizione di garanzia che fa capo al datore di lavoro (delega che, come sopra già rilevato, non esisteva all'epoca dell'infortunio in esame e che veniva finalmente conferita dall'impresa edile soltanto dopo 24 giorni dall'infortunio occorso al lavoratore minorenne);

ne deriva l'attribuzione al Q., in termini di certezza, dei doveri di tutela in materia di sicurezza dei lavoratori e dei luoghi di lavoro, a prescindere dal suo inquadramento nell'organigramma aziendale;

l'univoco orientamento della Corte di Cassazione, infatti, consente di ritenere che "In materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, la posizione di garanzia può sorgere a prescindere da un atto formale di investitura, attraverso il quale vengano dal titolare dell'impresa delegate le funzioni, essendo sufficiente alla individuazione del portatore di essa l'evidenza della sua collocazione verticistica nell'organizzazione del lavoro" (Cass. pen., sez. IV, sent. del 16/6/2004 n. 40169 - Ob. ed altri -);

orbene, se si considera che il predetto principio risulta affermato dalla Suprema Corte con la citata pronuncia dettata per una fattispecie in cui l'imputato era "da poco in pensione" e che, ciò nonostante, "continuava ad essere costantemente presente in cantiere dove continuava a dare disposizioni in ordine alla divisione del lavoro tra gli operai", non può che discenderne analoga conclusione di responsabilità penale in relazione al caso di specie dove l'odierno imputato, a prescindere dalla carica formale rivestita o meno e dalla sua dipendenza gerarchica dal P., impartiva, per sua stessa ammissione, disposizioni in ordine all'organizzazione quotidiana del lavoro ed alla distribuzione fra gli operai delle singole lavorazioni da eseguire, sia pure coordinandosi con la superiore autonomia decisionale del P. ma, in buona sostanza, a tale necessità di coordinamento riducendosi l'asserita inferiorità gerarchica del Q. posto che, in assenza del responsabile del cantiere (abitudine, come accertato, frequente se non addirittura quotidiana), l'odierno giudicabile esercitava poteri di controllo sull'orario di lavoro degli operai e persino sull'adozione dei mezzi di protezione personale.

Alla luce di tali risultanze processuali, e conseguenti considerazioni, non può non ritenersi l'assoluta irrilevanza non solo della mancanza in capo all'odierno giudicabile di una carica formale di investitura della posizione di garanzia ma anche della sua mancanza di conoscenza delle modalità esecutive dell'operazione asseritamente da altri demandate all'operaio infortunato posto che il Q. aveva competenza specifica proprio in materia di "capo cantiere tecnico", addetto cioè alla direzione della realizzazione pratica dei disegni tecnici - dallo stesso redatti - mediante l'organizzazione del lavoro dallo stesso assegnato agli operai e dallo stesso diretti, sebbene in coordinamento con il P. (al momento assente e della cui assenza il Q. era ben consapevole).

Ne deriva che non può venire esclusa la responsabilità dell'odierno giudicabile - tutt'al più in concorso con altri come effettivamente originariamente contestato - perché, essendo state accertate la qualifica e le mansioni del Q. come fin qui descritte nonché l'assenza del responsabile del cantiere al momento dell'infortunio, l'unica condotta idonea ad esonerarlo da responsabilità penale sarebbe stata quella di informare contemporaneamente il preposto o altro responsabile del cantiere o qualunque altro dipendente eventualmente incaricato della prevenzione degli infortuni e sicurezza sui luoghi di lavoro affinché vigilasse sulla corretta esecuzione dell'operazione in questione;

in mancanza di questa comunicazione al preposto - come di fatto accertato atteso che nessun teste ha indicato l'esistenza di mi preposto né questa figura emerge dagli atti e dalla documentazione difensiva (da cui, anzi, risulta il contrario) e nemmeno viene indicata dall'imputato - incombeva al Q.V. l'obbligo di occuparsi personalmente della vigilanza del metodo da adottare per l'esecuzione dell'operazione di trasformazione del ponteggio e anzi, ancor prima, l'obbligo di imporre all'operaio l'uso della cintura di sicurezza;

peraltro, proprio la natura estremamente pericolosa di simile operazione e l'affidamento della stessa ad un giovanissimo lavoratore - minorenne e per giunta straniero ed assunto in cantiere soltanto da due giorni (se non addirittura il giorno stesso dell'incidente) - avrebbe dovuto comportare particolare attenzione e maggiore diligenza nel verificare l'idoneità e adeguatezza delle attrezzature a tal uopo utilizzate non potendo per tali profili affidarsi alla circostanza, peraltro meramente asserita dall'imputato, della provenienza da terzi dell'ordine di eseguire proprio quella lavorazione, attesa l'assenza del responsabile del cantiere - presunto autore della disposizione - e della conoscenza di tale assenza da parte del Q.

Tutto ciò considerato, in fatto e in diritto, deve ritenersi dimostrato con assoluta certezza come la condotta illecita oggetto di contestazione sia azione da ricondurre alla condotta dell'odierno imputato in forza della qualità di soggetto destinatario delle norme sulla prevenzione degli infortuni così come ritenuta e specificata già nel capo di imputazione, con la conseguente responsabilità penale per l'infortunio determinato dalla loro violazione, emergendo in concreto la titolarità in capo alla persona del Q.V. degli obblighi relativi alle incombenze direttamente inerenti all'adozione e sorveglianza delle misure di prevenzione;

sotto tale profilo e a soli fini di completezza si riporta l'univoco orientamento giurisprudenziale secondo cui l'assistente edile deve intervenire per far cessare in concreto una pericolosa modalità di esecuzione dell'opera, essendo soggetto sussidiariamente tenuto all'osservanza ed alla attuazione dei provvedimenti cautelativi già predisposti dall'imprenditore o dal direttore dei lavori, posto che all'assistente edile incombe il dovere di sorveglianza degli sviluppi delle opere (che è appunto la funzione rivendicata proprio dall'imputato, sia pure con la maliziosa distinzione dei "settori" di intervento e di rispettiva competenza fra "muratori" e "carpentieri" che, come emerso dalle risultanze processuali, è risultata smentita in fatto e dalle stesse contraddittorie dichiarazioni difensive).

Quanto al trattamento sanzionatorio cui in concreto l'imputato deve essere sottoposto, va sottolineato come il precedente penale emergente dal certificato in atti sia di ostacolo alla concessione delle circostanze attenuanti generiche in ragione della specificità, della gravita e dell'epoca di commissione di quel reato (non risalente nel tempo), trattandosi di patteggiamento per omicidio colposo in cooperazione ex artt. 113 - 589 c.p. e 36 - 37 Dpr 164/56 giudicato con sentenza ex art. 444 c.p.p. del 10/12/2004;

per cui, osservati altresì i criteri di cui all'art. 133 e 133 bis c.p. e ritenuta la gravità del fatto per cui si procede, in ragione dell'intensità del grado della colpa e della gravità delle conseguenze lesive in danno del soggetto passivo, pena equa stimasi quella di Mesi 2 di reclusione, così determinata:

Pena Base = Mesi 3 di reclusione, ridotta all'inflitto per effetto del rito Abbreviato; consegue per legge la condanna al pagamento delle spese processuali.

Il precedente penale non osta alla sostituzione della pena detentiva, richiesta ex artt. 53 e segg. Legge 689/81, per cui se ne dispone la sostituzione con la corrispondente sanzione pecuniaria pari ad Euro 2.280,00 di multa.

P.Q.M.

Visti gli artt. 533, 535 c.p.p. in relazione agli art. 438 e segg. c.p.p.

Dichiara Qu.Vl. colpevole del reato ascrittogli e - già operata la riduzione per effetto del rito Abbreviato - lo condanna alla pena di Mesi 2 di reclusione oltre al pagamento delle spese processuali.

Sostituisce la pena detentiva con la corrispondente sanzione pecuniaria pari ad Euro 2.280,00 di multa.

Motivazione Riservata entro gg. 90.

Così deciso Monza il 16 dicembre 2009.

Depositata in Cancelleria il 26 gennaio 2010.