Categoria: Cassazione civile
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Cassazione Civile, Sez. 2, 02 settembre 2022, n. 25890 - Contratto di vendita del macchinario non conforme a normativa di sicurezza


 

 

Presidente: DI VIRGILIO ROSA MARIA Relatore: CASADONTE ANNAMARIA
Data pubblicazione: 02/09/2022
 

 

Fatto

 

-la società RF Celada s.p.a. con ricorso notificato il 31/7/2017 ha impugnato per cassazione la sentenza notificata il 5/6/2017 con cui la corte d’appello di Milano, in accoglimento del gravame proposto dalla società Zucchelli snc di Zucchelli Mario & C., ha respinto la di lei domanda di adempimento del contratto di vendita della macchina per elettroerosione Sodick mediante pagamento del residuo prezzo di euro 170.000,00, dichiarando la nullità del contratto per violazione di norme imperative di legge quali quelle sulla sicurezza del lavoro;
-in particolare, Celada aveva convenuto in giudizio avanti al tribunale di Monza la società Zucchelli chiedendo il pagamento del residuo prezzo della macchina vendutale e la convenuta aveva eccepito la presenza di vizi e chiesto in via riconvenzionale il risarcimento per i danni;
-l’adito tribunale monzese aveva accolto la domanda dell’attrice Celada e parzialmente anche quella riconvenzionale accertando la presenza di vizi, sia pure non redibitori, quantificati nella misura di euro 11.500,00;
-proposto gravame da parte della Zucchelli, la corte d’appello ha dichiarato d’ufficio la nullità del contratto di vendita per essere il macchinario ed in particolare gli schemi elettrici affetti da vizi sostanziali accertati in sede di atp; il bene venduto era risultato altresì privo di certificazione di conformità alla direttiva Ce di settore (direttiva 97/37/Ce ) e non era neppure conforme alla norme tecniche applicabili (EN 12957:2003 e EN 60204-1:2006) così come al disposto dell’art. 23 d.lgs. 81/2008 (che vieta la fabbricazione, la vendita il noleggio e la concessione in uso di attrezzature di lavoro, dispositivi di protezione individuali ed impianti non rispondenti alle disposizioni legislative e regolamentari vigenti in materia di salute e sicurezza sul lavoro);
-la cassazione della sentenza d’appello è chiesta dalla società Celada con ricorso affidato a cinque motivi, illustrati da memoria, cui resiste Zucchelli con controricorso;
 

Considerato che:
-con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, comma 1, n.4, cod. proc. civ., la violazione dell’art. 101, comma 2, cod. proc. civ. per avere la corte d’appello posto a fondamento della sua decisione la questione della nullità del contratto rilevata d’ufficio senza previamente sottoporla alle parti assegnando loro i termini di cui all’art. 101, comma 2, cod. proc. civ.;
-assume la ricorrente che nonostante la tardività della domanda di risoluzione proposta dalla società Zucchelli solo in sede di precisazione delle conclusioni, di eccezione di inadempimento sollevata in sede di repliche ex art. 190 cod. proc. civ., la corte d’appello ha ritenuto di rilevare d’ufficio la questione della nullità del contratto intercorso fra le parti, senza assegnare alle parti il termine di cui all’art. 101 , comma 2, cod. proc. civ.;
-con il secondo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 99,112,101 116 cod. proc. civ., art. 3 art. 111 Cost., per avere la corte d’appello ritenuto che l’appello incidentale condizionato (all’accoglimento anche parziale dell’appello principale) spiegato da Celada nei confronti della domanda riconvenzionale proposta da Zucchelli di risarcimento dei danni dal deprezzamento e maggiori oneri subiti in conseguenza della mancata restituzione della macchina, era assorbito dalla preliminare declaratoria di nullità del contratto;
-con il terzo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, comma 1, n.3 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 1176 e 1227, comma 2, cod. civ., per non avere la corte d’appello tenuto in considerazione il comportamento ispirato a buona fede della Celada posto a fondamento della domanda di adempimento illegittimamente respinta dalla corte d’appello conformemente alla prospettazione dell’appellante Zucchelli;
-con il quarto motivo si deduce, in relazione all’art. 360, comma 1, n.3, cod. proc.civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 91 comma 1, cod. proc. civ., per non avere la corte d’appello considerato che il processo aveva avuto causa nel comportamento tenuto dalla società Zucchelli fuori dal processo, già stigmatizzato nel precedente motivo e tale da far ritenere illegittima la pronunciata condanna dell’appellante incidentale, odierna ricorrente, alle spese di lite di entrambi i gradi di giudizio;
- con il quinto motivo si deduce, in relazione all’art. 360, comma 1, n.3, cod. proc. civ., la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 91 comma 1, e 92, comma 2, cod. proc. civ. per la mancata applicazione della compensazione delle spese di lite;
- ciò premesso, il primo motivo di ricorso è infondato;
-la Corte ha chiarito l’obbligo del giudice di provocare il contraddittorio sulle questioni rilevabili d'ufficio per tutto il corso del processo, compreso l’appello;
-detto obbligo trova il suo diacronico fondamento normativo nel combinato disposto delle norme di cui agli artt. 183 comma 6 , 101, comma 2, cod. proc. civ. e nell’art. 111 Cost.;
-l'intervento legislativo del 2009, con la nuova formulazione dell'art. 101, comma 2, cod. proc. civ. non consente più dubbi in proposito (cfr. Cass.Sez. Un. 26243/2014);
-tuttavia, come rilevato dalla corte territoriale, nel caso di specie non vi è stato rilievo ufficioso della nullità del contratto bensì eccezione dell’appellante Zucchelli per essere l’oggetto contrario a norme imperative (cfr. pag. 18 dell’atto di citazione in appello terzultimo cpv. e pag. 9 della sentenza impugnata);
- il rigetto del primo motivo con l’effetto di ritenere legittima la declaratoria di nullità del contratto , assorbe la decisione sugli altri motivi, e cioè sul ritenuto assorbimento dell’appello incidentale condizionato nonchè sulle spese di lite come disposte dalla corte d’appello;
-il ricorso è dunque rigettato e, in applicazione del principio della soccombenza, la ricorrente è tenuta alla rifusione delle spese di lite nella misura liquidata in dispositivo;
-sussistono i presupposti processuali per il versamento - ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115 -, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l'impugnazione, se dovuto.


P.Q.M.


La Corte rigetta il primo motivo del ricorso, assorbiti gli altri, condanna la ricorrente alla rifusione delle spese di lite e liquidate in euro 7800,00 per compensi ed euro 200,00 per esborsi, oltre 15% per rimborso spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater del d.p.r. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso a Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sez.