Categoria: Cassazione penale
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Cassazione Penale, Sez. 4, 05 settembre 2022, n. 32436 -  Caduta durante la pulizia degli impalcati e responsabilità del datore di lavoro di fatto e del committente


 

 

Presidente: PICCIALLI PATRIZIA
Relatore: RANALDI ALESSANDRO

 

Fatto


1. Con sentenza del 22.6.2021, la Corte di appello di Roma, per quanto qui rileva, ha confermato la declaratoria di responsabilità di M.M. e  in relazione al reato di lesioni colpose in danno di V.H., aggravato dalla violazione della disciplina per la prevenzione degli infortuni sul lavoro.
L'addebito nei confronti degli imputati è quello di aver colposamente cagionato lesioni gravi all'V.H., salito su un ponteggio di una casa in costruzione, al fine di eseguire lavori di pulizia, privo di mezzi di protezione, per cui, a causa della mancanza della tavola impalcato, il lavoratore cadeva verso l'interno, in una apertura del piano, procurandosi gravi lesioni dalle quali derivava una malattia avente durata superiore a 40 giorni (fatto del 25.3.2014).
La Corte territoriale ha ritenuto la responsabilità del M.M., quale datore di lavoro che aveva assunto "in nero" l'V.H. per l'esecuzione di lavori di pulizia in violazione delle norme in materia antinfortunistica; ha affermato anche la responsabilità del S.S.G., quale soggetto committente dei lavori, affidati alla ditta del M.M. (Edil Sam S.r.l.) in assenza di ogni verifica circa la regolarità dell'impresa stessa e senza vigilare sull'osservanza degli obblighi di sicurezza da parte della ditta appaltatrice.

2. Avverso tale sentenza hanno proposto distinti ricorsi per cassazione difensori degli imputati M.M. e S.S.G..

3. Il ricorso proposto dal M.M. lamenta quanto segue.
I) Violazione di legge e vizio di motivazione, in relazione all'articolo 590 cod. pen., per non avere la Corte d'appello tratto la logica conseguenze che il M.M., quanto al lavoratore infortunato, si era limitato a fare da mero intermediario, non potendo la sua ditta intervenire nel cantiere che era stato sospeso per ordine del direttore dei lavori, per cui i lavori di messa in sicurezza competevano al committente ed il M.M. si era solo limitato a reperire lavoratori occasionali.
II) Violazione di legge e vizio di motivazione, in relazione al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche ed in punto di dosimetria della pena.

4. Il ricorso proposto dal S.S.G. lamenta quanto segue.
I) Nullità della citazione a giudizio dell'imputato in grado di appello, per omessa notifica del decreto di citazione in appello dell'imputato presso il domicilio dichiarato, per essere stato il detto atto notificato presso il difensore di fiducia.
II) Violazione di legge, in relazione agli articoli 40, 590 cod. pen. e 3 d.lgs. n. 494/96, per avere la Corte d'appello rilevato che l'imputato avrebbe dovuto prevedere che la ditta esecutrice sarebbe intervenuta per rimuovere le criticità segnalate dal direttore della sicurezza e avrebbe dovuto prevedere che lo avrebbe fatto arruolando manovalanza a nero; assunto infondato, perché per il committente il cantiere era sospeso e quindi nessuno doveva entrarvi per effettuare lavori di qualsiasi tipo.
III) Vizio di motivazione, in ordine alla ritenuta responsabilità del ricorrente per avere omesso di adottare tutti i provvedimenti di sua competenza e in ordine alla ritenuta sussistenza in capo al medesimo del potere/dovere di attivarsi per impedire l'evento, avuto riguardo alla imprevedibilità della condotta dell'impresa appaltatrice e del lavoratore.

5. Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha concluso per l'inammissibilità dei ricorsi.

 

Diritto
 



1. I ricorsi devono essere dichiarati inammissibili.

2. Entrambi i ricorrenti, non senza evocare in larga misura censure in fatto non proponibili in questa sede, hanno formulato questioni già puntualmente esaminate e disattese dalla Corte di appello, con motivazione del tutto coerente e adeguata, rispetto alla quale, in buona sostanza, i mezzi di impugnazione in esame omettono di confrontarsi, incorrendo in tal modo anche nel vizio di aspecificità.

3. Il ricorso di M.M..
3.1. Il primo motivo - con il quale essenzialmente si afferma che il ricorrente, nella vicenda in esame, si sarebbe limitato ad operare da mero intermediario del committente - è inammissibile in quanto svolge censure che attengono al merito dei fatti accertati, sollecitando una rivalutazione degli stessi che non è consentita in sede di legittimità. Ciò, a fronte di una cd. "doppia conforme" che ha compiutamente e logicamente accertato che fu proprio il M.M. a reclutare "in nero" il lavoratore infortunato, escludendo l'asserito ruolo da intermediario (che fu invece assunto da altro soggetto ingaggiato dal M.M., tale P.N., sentito come testimone, il quale ha confermato) e confermando, invece, insindacabilmente la posizione del ricorrente quale datore di lavoro di fatto dell'infortunato, al quale non venne pacificamente fornito alcun dispositivo di protezione per lavorare sull'impalcato.
3.2. Il secondo motivo - in punto di trattamento sanzionatorio - è parimenti inammissibile, sollecitando una nuova valutazione di merito insindacabile in questa sede, a fronte di una motivazione che ha - non illogicamente - negato al ricorrente le attenuanti generiche ex art. 62-bis cod. pen. in ragione dei precedenti penali a suo carico e avuto riguardo alla riscontrata assenza di resipiscenza da parte del prevenuto; anche la pena è stata legittimamente determinata secondo dettami dell'art. 133 cod. pen., valorizzando adeguatamente la gravità della condotta illecita e l'entità delle lesioni.

4. Il ricorso di S.S.G..
4.1. Il primo motivo - con cui si eccepisce la nullità della citazione a giudizio dell'imputato dinanzi alla Corte territoriale - è inammissibile, trattandosi di nullità pacificamente non dedotta in grado di appello. Si tratta, comunque, di notifica della citazione pacificamente effettuata al difensore di fiducia dell'imputato, sicché nel caso trova applicazione il principio secondo cui la notifica del decreto di citazione a giudizio in luogo diverso dal domicilio dichiarato dall'imputato integra, ove non inidonea a determinare la conoscenza effettiva dell'atto, una nullità solo relativa che resta sanata se non eccepita immediatamente dopo l'accertamento della costituzione delle parti (cfr. Sez. 2, n. 50389- del 27/09/2019, Rv. 277808 - 01).
4.2. I restanti motivi - con cui si prospettano doglianze attinenti alla vicenda fattuale e alla responsabilità del prevenuto - si limitano a svolgere non consentite censure in fatto, da ritenersi comunque manifestamente infondate, poiché la sentenza impugnata fonda - non illogicamente - a carico del ricorrente la prevedibilità del comportamento scorretto del M.M. sulla base della riscontrata mancanza di "professionalità" della ditta appaltatrice, riconducendo al committente la responsabilità dell'infortunio - secondo una argomentata ricostruzione logico-giuridica dei fatti oggetto di apprezzamento - per non avere verificato la regolarità dell'impresa e per non avere adottato i dovuti controlli nonostante fosse a conoscenza delle riscontrate irregolarità in materia di sicurezza da parte della ditta appaltatrice. Tale situazione - secondo i giudici di merito - avrebbe dovuto indurre il committente ad una maggiore attenzione e controllo in ordine alle attività poste in essere nel cantiere. Al riguardo, è stata congruamente ritenuta irrilevante la circostanza che il cantiere fosse stato sospeso, posto che la sospensione era stata disposta proprio per provvedere alla rimozione delle condizioni di insicurezza riscontrate dal coordinatore per l'esecuzione dei lavori (B.O.), tra cui la necessità di provvedere alla pulizia del cantiere, attività - non priva di rischi - che competeva appunto all'appaltatore e su cui il committente avrebbe dovuto vigilare.
4.2.1. Le argomentazioni della sentenza di merito sono in linea con il costante insegnamento della Corte di legittimità secondo cui, in materia di infortuni sul lavoro, in caso di lavori svolti in esecuzione di un contratto di appalto, sussiste la responsabilità del committente che, pur non ingerendosi nella esecuzione dei lavori, abbia omesso di verificare l'idoneità tecnico­ professionale dell'impresa e dei lavoratori autonomi prescelti in relazione anche alla pericolosità dei lavori affidati, poiché l'obbligo di verifica di cui all'art. 90, comma 9, lett. a), d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81, non può risolversi nel solo controllo dell'iscrizione dell'appaltatore nel registro delle imprese, che integra un adempimento di carattere amministrativo (cfr. Sez. 4, n. 28728 del 22/09/2020, Rv. 280049 - 01; Sez. 4, n. 44131 del 15/07/2015, Rv. 264975 - 01), ma esige la verifica, da parte del committente, della struttura organizzativa dell'impresa incaricata e della sua adeguatezza rispetto alla pericolosità dell'opera commissionata; in particolare, in caso di lavori in quota, come nel caso, il committente deve assicurarsi dell'effettiva disponibilità, da parte dell'appaltatore, dei necessari dispositivi di sicurezza (v., per tutte, Sez. 3, n. 35185 del 26/04/2016, Rv. 267744 - 01, ove si ribadisce che il committente ha l'obbligo di verificare l'idoneità tecnico-professionale dell'impresa e dei lavoratori autonomi prescelti in relazione anche alla pericolosità dei lavori affidati).
4.2.2. Nel caso in esame, l'art. 90, comma 9, lett. a), del d.lgs. n. 81 del 2008 è stato, pertanto, correttamente applicato dai giudici di merito. Difatti, nella sentenza impugnata si legge che il S.S.G. aveva omesso ogni verifica circa la regolarità dell'impresa del M.M. e che, inoltre, egli era a conoscenza delle riscontrate irregolarità nel cantiere, alla cui eliminazione era subordinata la ripresa dei lavori, per cui il committente sapeva che la ditta appaltatrice avrebbe dovuto ivi eseguire lavori anche rischiosi, tra cui quello di pulizia degli impalcati, nel corso del quale si era verificato l'infortunio in disamina. È stata, quindi, legittimamente affermata la colpa del committente, avuto riguardo alla omessa vigilanza in ordine all'osservanza degli obblighi di sicurezza da parte del M.M., trattandosi di cantiere le cui impalcature e ponteggi non erano dotati di idonee opere provvisionali atte ad eliminare il pericolo di caduta della persona dall'alto.
4.2.3. Tali argomentazioni sfuggono ai rilievi del ricorrente, in quanto corrette in diritto e immuni da evidenti aporie logiche rilevabili nella presente sede di legittimità.

5. Stante l'inammissibilità dei ricorsi, e non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. sent. n. 186/2000), alla condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria, che si stima equo quantificare nella misura indicata in dispositivo.

 

P.Q.M.
 



Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in data 8 giugno 2022