Cassazione Civile, Sez. Unite, 29 settembre 2022, n. 28429 - Esercizio della professione sanitaria di fisioterapista nonostante l'inadempimento all'obbligo vaccinale. Conflitto negativo di giurisdizione


 

Presidente: VIRGILIO BIAGIO
Relatore: VINCENTI ENZO Data pubblicazione: 29/09/2022
 

 

Fatto


1. – Il Tribunale amministrativo regionale per le Marche, con ordinanza resa pubblica l’11 aprile 2022, ha sollevato, ai sensi dell’art. 11, comma 3, c.p.a., conflitto negativo di giurisdizione avverso l’ordinanza del Tribunale di Ancona del 12 gennaio 2022, con la quale il giudice ordinario, adito ex art. 700 c.p.c., ha dichiarato il proprio difetto di giurisdizione nella controversia promossa da M.U., fisioterapista libero professionista, contro l’Azienda Sanitaria Unica Regionale delle Marche (di seguito anche solo ASUR) e l’Ordine dei tecnici sanitari di radiologia medica e delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione di Ancona, Ascoli Piceno, Fermo e Macerata (di seguito anche solo l’Ordine), avente ad oggetto i provvedimenti con cui detto Ordine lo ha sospeso dall’esercizio della professione sanitario per mancata ottemperanza all’obbligo vaccinale introdotto dall’art. 4 del d.l. 1° aprile 2021, n. 44, convertito, con modificazioni, nella legge 28 maggio 2021, n. 76.
2. – In punto di fatto emerge dagli atti di causa (ricorso ex art. 700 c.p.c., ricorso al T.A.R. per le Marche e ordinanze innanzi richiamate) che:
a) l’8 giugno 2021 l’M.U. riceveva dall’ASUR l’invito alla vaccinazione obbligatoria; b) il 9 settembre 2021 il sanitario chiedeva informazioni sulla pratica della vaccinazione al fine di poter esprimere un consenso informato e il successivo 10 settembre l’ASUR inviava soltanto un sollecito alla vaccinazione; c) il 26 ottobre 2021 l’ASUR, rilevando che l’M.U. non aveva provveduto ad ottemperare all’obbligo vaccinale, comunicava che avrebbe inoltrato la notizia all’Ordine; d) il 3 novembre 2021 l’Ordine comunicava all’M.U. la sospensione dall’esercizio della professione, che reiterava il successivo 14 novembre 2021; e) il 15 settembre 2021 l’ASUR invitava l’M.U. a “consultare una serie di link per avere informazioni sui vaccini”; f) con ricorso d’urgenza, ex art. 700 c.p.c., al Tribunale di Ancona, in funzione di giudice del lavoro, l’M.U. chiedeva che fosse dichiarata “l’illegittimità e/o nullità e/o invalidità dei provvedimenti di sospensione dell’Ordine” con i quali gli era stato “inibito temporaneamente di svolgere l’esercizio della sua professione”, provvedimenti dei quali chiedeva la revoca; g) il Tribunale adito, con ordinanza del 12 gennaio 2022, rigettava il ricorso, dichiarando il proprio difetto di giurisdizione in favore del giudice amministrativo; h) l’M.U. riassumeva il giudizio innanzi al T.A.R. per le Marche ed ivi impugnava gli anzidetti “provvedimenti di sospensione”, chiedendone l’annullamento sulla scorta delle medesime doglianze fatte valere davanti al giudice ordinario e reiterando la richiesta di revoca della sospensione dall’esercizio della professione.
3. – In punto di diritto, il T.A.R. per le Marche, con l’ordinanza dell’11 aprile 2022, ha (in sintesi) osservato che: a) il ricorrente ha appuntato le proprie censure, essenzialmente, contro la previsione dell’obbligo vaccinale dell’art. 4, comma 1, del d.l. n. 44 del 2021 (norma applicabile ratione temporis nella presente controversia), reputando gli atti adottati dall’ASUR e dall’Ordine soltanto mera applicazione della norma primaria; b) lo stesso ricorrente, nell’impugnare i provvedimenti di sospensione adottati dall’Ordine, ha agito «primariamente a tutela del diritto alla salute, inteso nella sua accezione “pura” (ossia come diritto assoluto non comprimibile dal legislatore …), e in via immediatamente gradata [a tutela del] diritto a svolgere la propria attività lavorativa libero professionale (il che gli è impedito dalla sospensione derivante dal mancato adempimento dell’obbligo vaccinale)»; c) la decisione del Tribunale di Ancona, sul difetto di giurisdizione del giudice ordinario, si fonda, essenzialmente, sull’adesione all’orientamento fatto proprio da una parte della giurisprudenza amministrativa (tra le altre, Cons. Stato, sentenza n. 8454/2021) secondo cui l’atto di accertamento dell’ottemperanza da parte del sanitario dell’obbligo vaccinale ex art. 4, comma 1, del d.l. n. 44 del 2021 (norma applicabile ratione temporis nella presente controversia) – al quale consegue, come effetto automatico, la sospensione dall’esercizio della professione ad opera dell’Ordine competente - inerisce ad “uno specifico segmento procedimentale propriamente amministrativo e pubblicistico diretto ad accertare, mediante l’esercizio di un potere discrezionale ed autoritativo, se il sanitario abbia ricevuto o meno la somministrazione del vaccino contro il SARS-CoV-2”; d) un siffatto orientamento non è condivisibile, difettando, invece, la giurisdizione del giudice amministrativo, in quanto: d.1.) l’obbligo vaccinale “è previsto immediatamente dalla legge” e il “successivo complesso procedimento delineato dalla norma non è finalizzato a rendere effettivo l’obbligo”, bensì “a fare emergere in maniera chiara e inequivocabile l’inottemperanza da parte del sanitario” all’obbligo stesso, le cui conseguenze “non discendono dall’atto di accertamento ma dai successivi provvedimenti del datore di lavoro e del Consiglio dell’Ordine”; d.2) il diritto alla salute, a tutela del quale il ricorrente agisce (essendo anche il diritto all’autodeterminazione evocato in funzione della tutela della salute), è diritto fondamentale il quale, “nella sua componente oppositiva, che rileva nella specie, non può essere compresso e come tale degradato da provvedimenti amministrativi”, là dove, peraltro, “nessun provvedimento amministrativo autoritativo e come tale idoneo ad incidere sulle posizioni soggettive … è stato previsto dalla norma”, la quale “si esprime in termini di invito e di accertamento”
– e, dunque, non affidando alle Aziende Sanitarie “alcun potere, né vincolato, né discrezionale” -, derivando il vulnus al diritto alla salute, nei termini prospettati dal ricorrente, dalla stessa norma di legge; d.3) ad analoga conclusione si giunge anche considerando la prospettiva dell’azione giudiziale avverso la “sanzione per la mancata sottoposizione alla vaccinazione”, la cui cognizione, nel caso dei sanitari liberi professionisti, spetterebbe comunque alla Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie, di cui al d.lgs. C.p.S. n. 233 del 1946, siccome competente a decidere (non solo sui provvedimenti disciplinari, ma anche) sulla materia (di cui all’art. 3, comma 1, lett. a, del citato d.lgs. C.p.S.) della “iscrizione dei professionisti all’Ordine nel rispettivo albo”; d.4) l’art. 4, comma 1, del d.l. n. 44/2021 ha, infatti, “introdotto un nuovo requisito indispensabile per il legittimo esercizio delle professioni sanitarie e di interesse sanitario, il quale si aggiunge a quelli già esistenti negli ordinamenti di settore”, così da impattare “frontalmente sul diritto al lavoro”; d.5) “le controversie relative all’accertamento della sussistenza dei requisiti di legge per l’esercizio di libere professioni sono di competenza della A.G.O. o, se previsto dalla normativa di settore, di organismi paragiurisdizionali”, come l’anzidetta Commissione, verso la quale il legislatore, con la novella recata dal d.l. n. 172 del 2021, ha inteso “dirottare le controversie scaturenti dall’accertamento dell’obbligo di inosservanza” vaccinale, avendo modificato l’iter procedurale, “affidando per intero la competenza a gestire la fase di accertamento agli Ordini professionali”; d.6) né, infine, rileva ai fini di radicare la giurisdizione dinanzi al giudice amministrativo “l’argomento secondo cui … si correrebbe il rischio per controversie del tutto identiche (in quanto aventi tutte ad oggetto la procedura di cui all’art. 4 del D.L. 44/2021) siano portate all’attenzione due plessi giurisdizionali”, trattandosi, invero, di uno “scenario, per quanto non auspicabile in linea di principio, non inedito … nell’ordinamento italiano”.
4. – Il pubblico ministero ha depositato le proprie conclusioni scritte, ai sensi dell’art. 380 ter c.p.c., chiedendo che sia dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario.
 

 

Diritto


1. – Il sollevato conflitto di giurisdizione deve essere risolto, per le ragioni di seguito illustrate, con la declaratoria di giurisdizione del giudice ordinario.

2. – Occorre dare contezza, anzitutto, dell’assetto normativo rilevante ai fini della decisione.
2.1. - In ragione della sospensione dell’M.U. dall’esercizio della libera professione sanitaria di fisioterapista comunicatagli nelle date del 3 e 14 novembre 2021, nella presente controversia trova applicazione, ratione temporis, l’originaria disposizione di cui all’art. 4 del decreto- legge 1° aprile 2021, n. 44, convertito, con modificazioni, nella legge 28 maggio 2021, n. 76.
“(A)l fine di tutelare la salute pubblica e mantenere adeguate condizioni di sicurezza nell’erogazione delle prestazioni di cura e assistenza”, il comma 1 dell’art. 4 (per quanto specificamente interessa in questa sede) ha imposto agli esercenti le professioni sanitarie che svolgono la loro attività nelle strutture sanitarie, sociosanitarie e socio- assistenziali, pubbliche e private, nelle farmacie, nelle parafarmacie e negli studi professionali, l’obbligo della vaccinazione per la prevenzione dell’infezione da SARS-CoV-2 sino al 31 dicembre 2021.
Il termine di efficacia della misura è stato, poi, prorogato più volte, tramite disposizioni novellatrici del citato art. 4; dapprima, di sei mesi a decorrere dal 15 dicembre 2021 [ad opera dell’art. 1, comma 1, lett. b), del d.l. n. 172 del 2021, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 3 del 2022] e, quindi, sino al 31 dicembre 2022 [in forza dell’art. 8, comma 1, lett. a), del d.l. n. 24 del 2022, convertito, con modificazioni, nella legge n. 52 del 2022].
Lo stesso comma 1 dell’art. 4 dispone che la “vaccinazione costituisce requisito essenziale per l’esercizio della professione”.
L’esenzione dalla vaccinazione obbligatoria o il suo differimento può aversi soltanto “in caso in caso di accertato pericolo per la salute, in relazione a specifiche condizioni cliniche documentate, attestate dal medico di medicina generale” (art. 4, comma 2).
La disposizione è stata, poi, modificata dal citato d.l. n. 76 del 2021, essendo consentita anche al medico vaccinatore l’attestazione delle condizioni di esenzione dall’obbligo vaccinale e richiedendosi che questa avvenga comunque nel “rispetto delle circolari del Ministero della salute in materia di esenzione dalla vaccinazione anti SARS-CoV-2”.
L’art. 4, dal comma 3 al comma 7, ha, quindi, previsto una articolata scansione procedimentale volta a regolare le modalità operative dell’obbligo vaccinale e a verificarne l’adempimento.
In sintesi: a) entro cinque giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge ciascun Ordine professionale territoriale competente è tenuto a trasmettere l’elenco degli iscritti, con l’indicazione del luogo di rispettiva residenza, alla regione o alla provincia autonoma in cui ha sede (comma 3); b) entro dieci giorni dalla data di ricezione degli elenchi, le regioni e le province autonome, per il tramite dei servizi informativi vaccinali, verificano lo stato vaccinale di ciascuno dei soggetti rientranti negli elenchi (comma 4); c) se dai sistemi informativi vaccinali non risulta l’effettuazione della vaccinazione anti SARSCoV-2 o la presentazione della richiesta di vaccinazione nelle modalità stabilite nell’ambito della campagna vaccinale in atto, la regione o la provincia autonoma, nel rispetto delle disposizioni in materia di protezione dei dati personali, segnala immediatamente all’ASL di residenza i nominativi dei soggetti che non risultano vaccinati (comma 4); d) ricevuta la segnalazione, l’ASL di residenza invita l’interessato a produrre, entro cinque giorni dalla ricezione dell’invito, la documentazione comprovante l’effettuazione della vaccinazione o l’omissione o il differimento della stessa ai sensi del comma 2, ovvero la presentazione della richiesta di vaccinazione o l’insussistenza dei presupposti per l’obbligo vaccinale di cui al comma 1 (comma 5); e) in caso di mancata presentazione della anzidetta documentazione, l’ASL deve invitare formalmente l’interessato a sottoporsi alla somministrazione del vaccino anti SARS-CoV-2, indicando le modalità e i termini entro i quali adempiere all’obbligo vaccinale (comma 5); f) in caso di presentazione di documentazione attestante la richiesta di vaccinazione, l’ASL deve invitare l’interessato a trasmettere, non oltre tre giorni dalla somministrazione, la certificazione attestante l’adempimento all’obbligo vaccinale (comma 5); g) una volta decorsi i termini per l’attestazione dell’adempimento dell’obbligo vaccinale, l’ASL competente “accerta l’inosservanza dell’obbligo vaccinale e, previa acquisizione delle ulteriori eventuali informazioni presso le autorità competenti, ne dà immediata comunicazione scritta all’interessato, al datore di lavoro e all’Ordine professionale di appartenenza” (comma 6);
h) “(l)’adozione dell’atto di accertamento da parte dell’azienda sanitaria locale determina la sospensione dal diritto di svolgere prestazioni o mansioni che implicano contatti interpersonali o comportano, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio da SARS-CoV-2” (comma 6); i) “(l)a sospensione di cui al comma 6 è comunicata immediatamente all’interessato dall’Ordine professionale di appartenenza” (comma 7).
Il comma 9 dell’art. 4 ha, quindi, disposto che la “sospensione di cui al comma 6 mantiene efficacia fino all’assolvimento dell’obbligo vaccinale o, in mancanza, fino al completamento del piano vaccinale nazionale e comunque non oltre il 31 dicembre 2021” (termine, anche questo, prorogato da ultimo sino al 31 dicembre 2022 dal d.l. n. 24 del 2022).
2.2. - Giova, peraltro, rammentare che la scansione di termini e modalità di accertamento dell’(in)adempimento dell’obbligo vaccinale delineata dalla formulazione originaria dell’art. 4 del d.l. n. 44 del 2021 è stata oggetto di modificazioni ad opera della normativa novellatrice, di cui all’art. 1, comma 1, lett. b, del d.l. n. 172 del 2021, convertito, con modificazioni, nella legge n. 3 del 2022.
In particolare, sono stati rimessi all’Ordine professionale territorialmente competente – e, dunque, non più alle regioni e, poi, alle aziende sanitarie locali - i compiti: di verifica del possesso delle certificazioni verdi COVID-19 (tramite Piattaforma nazionale-DGC); di invito all’interessato a presentare la documentazione attestante l’effettuazione della vaccinazione (anche con riferimento alla dose di richiamo) o la richiesta di vaccinazione ovvero ancora la documentazione attestante le condizioni di esenzione o l’insussistenza dei presupposti dell’obbligo vaccinale; di accertamento del “mancato adempimento dell’obbligo vaccinale”.
Inoltre, il novellato comma 4 dell’art. 4, proprio nel disporre che “(l)’atto di accertamento dell’inadempimento dell’obbligo vaccinale è adottato da parte dell’Ordine professionale territorialmente competente, all’esito delle verifiche di cui al comma 3”, ha precisato che tale atto “ha natura dichiarativa e non disciplinare, determina l’immediata sospensione dall’esercizio delle professioni sanitarie ed è annotato nel relativo Albo professionale”.
3. - La delibazione che queste Sezioni Unite sono tenute a compiere in punto di riparto di giurisdizione è orientata dal criterio del c.d. petitum sostanziale, ossia dall’esame della intrinseca natura della posizione dedotta in giudizio (ossia la causa petendi) dall’M.U. con la causa promossa dinanzi al giudice civile e, poi, riassunta davanti al T.A.R. per le Marche, da individuarsi in base ai fatti allegati ed al rapporto giuridico del quale detti fatti costituiscono manifestazione (tra le tante, Cass., S.U., 31 luglio 2018, n. 20350; Cass., S.U., 29 aprile 2022, n. 13702).
3.1. – Come emerge dagli atti processuali (cui questa Corte regolatrice ha accesso quale giudice del fatto processuale nelle questioni di giurisdizione), dinanzi ad entrambi i giudici aditi l’M.U. ha chiesto l’annullamento degli atti di sospensione temporanea dall’esercizio della professione sanitaria (di fisioterapista), con conseguente immediata revoca della misura per poter immediatamente riprendere ad esercitare l’attività di fisioterapista.
In coerenza con siffatte conclusioni, l’istante, al fine di conseguire la tutela cautelare rispetto a quella di merito, ha prospettato – con allegazioni di fatto identiche sia in sede civile, che in quella di giudizio amministrativo - che dall’attività professionale trae il proprio sostentamento, dovendo, per l’esercizio dell’attività medesima, sostenere spese mensili fisse (locazione dello studio, utenze, etc.), là dove, poi, la sospensione dal relativo esercizio della professione comporta il rischio di perdere la clientela che necessita di prestazioni fisioterapiche urgenti, con graduale depauperamento dell’avviamento professionale.
L’M.U., a sostegno della pretesa (cautelare e di merito) azionata, ha, quindi, dedotto, dinanzi al Tribunale ordinaria di Ancona, la nullità della sospensione dall’esercizio della professione sanitaria: a) “per impossibilità di adempiere al dettato precettivo della norma” (sostenendo che la ratio legis - ossia la “prevenzione dell’infezione da SARS-CoV-2” – colliderebbe con le caratteristiche dei vaccini, asseritamente privi di efficacia preventiva); b) “per illegittimità dell’obbligo vaccinale in base alla legge di rango superiore” (ossia la normativa, sovranazionale e di rango costituzionale, che “esalta il principio di libertà di decisione della persona”); c) “per violazione di legge: lesione del diritto del sanitario di esprimere un consenso libero ed informato come prevede la legge 22 dicembre 2017 n. 219”.
Le stesse censure hanno, poi, sostanziato i primi tre motivi di ricorso dinanzi al TAR per le Marche, ai quali si sono aggiunti ulteriori due motivi: a) per “violazione art. 12 codice deontologia medica” (in quanto “(n)ell’iter previsto in adempimento dell’obbligo vaccinale, non emerge l’indicazione di alcun medico che abbia prescritto il vaccino”, trattandosi invece di “farmaco soggetto a prescrizione medica che deve avvenire in forma scritta e consegnato in originale”); b) per “(e)ccesso di potere: contraddittorietà fra più atti amministrativi” (ossia “l’illogicità manifesta del sistema costruito ad arte per l’adempimento dell’obbligo vaccinale, atteso che se da una parte l’ordinamento impone la vaccinazione con la minaccia della sospensione, dall’altro impone che il paziente sottoscrive un modulo di consenso libero ed informato, come se la scelta fosse frutto della propria libera volontà”).
3.2. - Dunque, il petitum sostanziale che connota l’azione giudiziaria dell’M.U. dinanzi ad entrambi gli aditi plessi giurisdizionali tende a rivendicare il diritto ad esercitare l’attività (libero-)professionale sanitaria di fisioterapista, nonostante l’imposizione ex lege dell’obbligo vaccinale come “requisito essenziale” per l’esercizio di detta professione, essendo le stesse ragioni poste a sostegno della pretesa revoca della misura della sospensione ex art. 4 del d.l. n. 44 del 2021, per inadempimento all’obbligo vaccinale, rivolte, nella sostanza, direttamente contro le previsioni normative che hanno imposto e regolato detto obbligo, palesandosi le veicolate doglianze come strumentali a far prevalere sull’obbligo ex lege il menzionato diritto al lavoro professionale. In altri termini – come rilevato in modo condivisibile nelle conclusioni scritte del pubblico ministero -, a dare corpo alla causa petendi non è il diritto alla salute o quello a non subire trattamenti sanitari obbligatori”, ovvero ancora il diritto all’autodeterminazione, quali temi di indagine che rimangono “sullo sfondo”, bensì proprio il “diritto all’esercizio di una attività professionale regolamentata”.
Un diritto che – occorre precisare - trova, anch’esso, garanzia a livello costituzionale, sebbene non come indistinta e generale libertà di svolgere qualsiasi attività professionale, bensì tramite norme di principio (artt. 4 e 35 Cost.; e sul piano sovranazionale, l’art. 15 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, che pone in correlazione il “diritto di lavorare” e quello di “esercitare una professione liberamente scelta o accettata”) che non lo sottraggono a condizioni e limiti fissati dal legislatore – tra cui, per l’appunto, i requisiti di accesso alla professione e di mantenimento dello status di (libero) professionista - al fine di tutelare altri interessi parimenti meritevoli di tutela (tra le altre, Corte cost., sentenze: n. 328 del 1998, n. 330 del 1999, n. 441 del 2000, n. 390 del 2006, n. 166 del 2012).
4. – Ciò posto, è da escludere, anzitutto, che la presente controversia debba essere devoluta alla giurisdizione della Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie, giudice speciale - istituito dall’art. 17 del d.lgs. c.p.s. 13 settembre 1946, n. 233, ratificato con la legge 17 aprile 1956, n. 561 (e oggetto di successive plurime modificazioni) – che “decide sui ricorsi ad essa proposti a norma” del citato d.lgs. c.p.s. del 1946, come previsto dall’art. 18 dello stesso decreto.
I ricorsi sui quali ha giurisdizione la Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie sono quelli contro i provvedimenti adottati dal Consiglio direttivo (o dalla commissione di albo) nella materia dell’iscrizione dei professionisti all’Ordine nel rispettivo albo e nella materia disciplinare [art. 3, comma 1, lett. a), e comma 2, lett. a) e c), del d.lgs. c.p.s. n. 233 del 1946].
Le decisioni assunte dalla Commissione centrale sui predetti ricorsi sono, quindi, impugnabili dinanzi a queste Sezioni Unite a norma dell’art. 362 c.p.c. (art. 19 del citato d.lgs. c.p.s.)
4.1. - Nella specie, l’art. 4 del d.l. n. 44 del 2021, nella sua formulazione originaria (applicabile ratione temporis) – diversamente da quanto previsto dal d.l. n. 172 del 2021 - non rimette all’Ordine professionale (e per esso ai suoi organi competenti per materia) l’adozione dell’atto di accertamento dell’inosservanza dell’obbligo vaccinale, bensì soltanto la comunicazione all’interessato della “sospensione dal diritto di svolgere prestazioni” professionali implicanti contatti interpersonali o comportanti il rischio di diffusione del contagio da SARS CoV-2; sospensione che, tuttavia, deriva automaticamente, ex lege (secondo quanto previsto dal comma 6 dello stesso art. 4), dall’accertamento, ad opera della ASL, della inosservanza dell’obbligo vaccinale.
Non vi è, dunque, alcun “provvedimento” dell’Ordine contro il quale l’interessato possa proporre ricorso, come dispone l’art. 3, comma 4, del d.lgs. c.p.s. n. 233 del 1946.
4.2. - Né, in ogni caso, la misura della sospensione dall’esercizio della professione sanitaria di cui all’art. 4 del d.l. n. 44 del 2021 rientra nelle materie su cui insiste la giurisdizione speciale della Commissione centrale.
Come detto, per gli esercenti la professione sanitaria l’essere vaccinati (e, dunque, l’adempimento dell’obbligo vaccinale) è, in base alla legge (art. 4, comma 1, del d.l. n. 44 del 2021), “requisito essenziale per l’esercizio della professione” medesima.
Si tratta di una condizione imposta dalla legge a tutela della salute pubblica e della sicurezza delle cure (in attuazione del principio di solidarietà di cui all’art. 2 della Costituzione, con particolare attenzione alle “categorie più fragili” e ai “soggetti più vulnerabili”: cfr. Cons. Stato, Sez. III, 20 ottobre 2021, n. 7045), che, dunque, opera su un piano oggettivo, a prescindere da connotazioni di disvalore della eventuale condotta inadempiente.
Inoltre, detto “requisito essenziale” attiene all’esercizio della professione e, dunque, al suo svolgimento già consentito dalla previa iscrizione all’albo professionale – svolgimento che, in caso di inadempimento all’obbligo di vaccinazione, rimane solo temporaneamente inibito -, ma non incide sullo status di professionista iscritto all’albo, che persiste come tale.
Non trovano rilievo, pertanto, la materia dell’iscrizione all’albo professionale, né quella disciplinare, là dove, poi, per quest’ultima, la conferma della sua non pertinenza rispetto all’inadempimento dell’obbligo vaccinale si trae anche dallo stesso art. 4, comma 4, del d.l. n. 44 del 2021, come modificato dal d.l. n. 172 del 2021, che ha espressamente qualificato l’atto di accertamento di tale inadempimento come di natura “non disciplinare”.
Qualificazione, questa, che, del resto, assume valenza solo ricognitiva del carattere, deontologicamente neutro, dell’atto di accertamento già previsto dal testo originario dell’art. 4, comma 4, del
d.l. n. 44 del 2021, essendo rimasta immutata la natura dell’obbligo vaccinale quale “requisito essenziale per l’esercizio della professione” e la ratio legis della relativa imposizione, rendendosi quella espressa qualificazione opportuna per aver la novella di cui al d.l. n. 172 del 2021 affidato all’Ordine professionale (e non più alla ASL) la competenza sull’adozione del medesimo.
5. – La giurisdizione spetta, invece, al giudice ordinario, in quanto, alla luce del petitum sostanziale della promossa azione giudiziaria, la situazione di diritto soggettivo rivendicata dall’M.U. – ossia di continuare ad esercitare la professione sanitaria di fisioterapista, nonostante l’inadempimento all’obbligo vaccinale – non è intermediata dal potere amministrativo, ma soffre di limiti e condizioni previste esaustivamente dalla legge; e, del resto, immediatamente e direttamente contro le stesse disposizioni della fonte di rango primario, impositiva di detto obbligo, l’istante rivolge le proprie doglianze di “inefficacia” e di “illegittimità”.
5.1. – Trova, dunque, evidenza – come anche posto in risalto nelle conclusioni scritte del pubblico ministero - la consolidata giurisprudenza di questa Corte regolatrice secondo cui appartiene alla cognizione del giudice ordinario la controversia in cui venga in rilievo un diritto soggettivo nei cui confronti la pubblica amministrazione eserciti un’attività vincolata, dovendo verificare soltanto se sussistano i presupposti predeterminati dalla legge per l’adozione di una determinata misura, e non esercitando, pertanto, alcun potere autoritativo correlato all’esercizio di poteri di natura discrezionale (tra le altre, Cass., S.U., 25 settembre 2017, n. 22254; Cass., S.U., 11 maggio 2018, n. 11576; Cass., S.U., 28 maggio 2020, n. 10089; Cass., S.U., 14 marzo 2022, n. 8188).
In particolare, al fine di cogliere la differenza tra le situazioni, entrambe di carattere sostanziale, di diritto soggettivo ed interesse legittimo – che è pur sempre rilevante e necessaria ai fini del riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo in controversie (come quella in esame) in cui non si verte in ipotesi di giurisdizione esclusiva ex art. 133 c.p.a. –, occorre far riferimento al “dato distintivo per il quale in presenza di un potere discrezionale la situazione giuridica di cui è titolare il soggetto privato è di interesse legittimo” (così Cass., S.U., 27 luglio 2022, n. 23436).
L’interesse legittimo – come ancora precisato dalla citata Cass., S.U., n. 23436 del 2022 (cfr. il relativo § 10) - si differenzia dal diritto soggettivo “per il fatto che l’acquisizione o la conservazione di un determinato bene della vita non è assicurata in modo immediato dalla norma, che tutela appunto in modo diretto l’interesse pubblico, bensì passa attraverso l’esercizio del potere amministrativo.
La norma è attributiva del potere quando conferisce all’autorità amministrativa la potestà di scelta discrezionale in ordine alla disposizione degli interessi e alla fissazione del precetto giuridico.
Se invece il diritto sostanziale è stato fissato dalla legge con la preventiva definizione della gerarchia degli interessi, il rapporto giuridico che viene così instaurato attiene a diritti soggettivi e l’autorità amministrativa può all’occorrenza essere preposta alla vigilanza circa l’osservanza del precetto giuridico o a darvi attuazione.
La norma attributiva del potere offre, in definitiva, al titolare dell’interesse legittimo una tutela strumentale, mediata attraverso l’esercizio del potere, anziché finale, come accade per il diritto soggettivo. Di fronte al potere discrezionale non vi è possibilità di ascrivere in modo immediato e diretto il vantaggio o bene della vita alla sfera giuridica del soggetto privato, ciò che caratterizza, al contrario, la struttura del diritto soggettivo.
Diversa è la situazione, invece, nel caso in cui il potere sia vincolato in tutti i suoi elementi dalla norma giuridica”.
5.2. – Nel caso di specie, nessun potere discrezionale è attribuito alla pubblica amministrazione nella conformazione del diritto all’esercizio della professione sanitaria, il cui svolgimento – e, dunque, il suo pieno dispiegarsi come posizione soggettiva piena e immediatamente tutelabile
- viene sospeso temporaneamente in ipotesi di inadempimento dell’obbligo vaccinale in forza delle previsioni dettagliatamente recate dalla fonte legislativa (art. 4 del d.l. n. 44 del 2021, convertito, con modificazioni, nella legge n. 76 del 2021), le quali (come innanzi illustrato: cfr. § 2.1. che precede e al quale si rinvia integralmente) stabiliscono una scansione procedimentale alla quale la stessa pubblica amministrazione – anzitutto la ASL e, quindi, residualmente (per la comunicazione all’interessato della misura sospensiva) l’Ordine professionale (quale ente pubblico non economico, che agisce come organo sussidiario dello Stato al fine di tutelare gli interessi pubblici connessi all’esercizio professionale: cfr. Corte cost., sent. n. 259 del 2019) – deve soltanto dare mera attuazione.
E’ la legge che, nella specie, ha risolto, di per sé, il conflitto tra gli interessi in gioco, di eminente rilievo costituzionale, dando prevalenza al diritto alla salute (individuale e – soprattutto - collettiva) rispetto a quello al lavoro e, al tempo stesso, dettato termini, modalità ed effetti dell’azione amministrativa, la quale deve esercitarsi, quindi, su un binario che non consente scelte discrezionali espressione del potere pubblico.
La ASL è tenuta unicamente ad accertare il compimento di una fattispecie legale specificamente regolata, ossia che – nei termini stabiliti dalle stesse disposizioni di legge – si sia determinato il “fatto” dell’inadempimento all’obbligo vaccinale e darne, quindi, attestazione e comunicazione (“all’interessato, … e all’Ordine professionale”).
Da tale atto, di mera verifica dell’essersi determinato il “fatto” dell’inadempimento all’obbligo imposto dalla legge – che l’art. 4, comma 4, novellato dal d.l. n. 172 del 2021 qualifica, in coerenza con la morfologia della fattispecie legale implicata (delineata in modo sovrapponibile a quella originariamente regolata dal d.l. n. 44 del 2021, salvo i profili di competenza innanzi rammentati), come di “natura dichiarativa” - discende, in modo automatico e senza alcun apprezzamento discrezionale di sorta, la sospensione del sanitario dall’esercizio della (libera) professione, che l’Ordine è, a sua volta, tenuto a comunicare al proprio iscritto.
Anche là dove la legge consente l’esonero dall’obbligo vaccinale o il suo differimento non trova evidenza l’esercizio del potere autoritativo discrezionale, bensì – come rilevato dal pubblico ministero nelle proprie conclusioni scritte – una “mera discrezionalità tecnica necessaria per riscontrare se sussista o meno l’unica causa codificata di esonero dall’obbligo vaccinale (ide est l’accertato pericolo per la salute)”, la cui certificazione, sollecitata dall’interessato, deve provenire, peraltro, non direttamente dalla medesima amministrazione agente, ma dal medico di medicina generale (e, nella formulazione novellata del comma 2 dell’art. 4 del d.l. n. 44 del 2021, anche dal medico vaccinatore).
E’, dunque, la stessa legge – all’esito del bilanciamento da essa stessa effettuato tra i diritti fondamentali implicati e, come detto, raggiunto in termini di prevalenza del diritto alla salute su quello al lavoro - ad avere assunto su di sé e regolato ogni aspetto riferibile all’attività provvedimentale e autoritativa della pubblica amministrazione incidente sul diritto risultato compresso, non lasciando ad essa margini di discrezionalità nell’esercizio del potere, affatto vincolato rispetto alla posizione di diritto soggettivo vantata dall’M.U., quale esercente la libera professione sanitaria di fisioterapista.
6. - Dunque, pronunciando sul conflitto, deve essere dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario.
Ne consegue la cassazione della pronuncia declinatoria del Tribunale di Ancona.
7. - Non occorre provvedere alla regolamentazione delle spese processuali, trattandosi di conflitto negativo di giurisdizione nel quale le parti non hanno svolto attività difensiva.
 

P.Q.M.


dichiara la giurisdizione del giudice ordinario e cassa la pronuncia declinatoria adottata, con ordinanza del 12 gennaio 2022, dal Tribunale di Ancona, dinanzi al quale rimette le parti.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite