Cassazione Civile, Sez. 6, 06 ottobre 2022, n. 29060 - Malattia professionale


 

 

Presidente: ESPOSITO LUCIA
Relatore: PONTERIO CARLA Data pubblicazione: 06/10/2022
 

 

Rilevato che:
1. La Corte d'Appello di Firenze ha accolto l’appello dell’Inail e, in riforma della pronuncia di primo grado, ha respinto la domanda proposta da A.L., di riconoscimento della natura professionale della malattia denunciata nel marzo 2016 (quadro patologico interessante il rachide dorso - lombo – sacrale) e riconoscimento dei postumi permanenti da unificare a quelli già riconosciuti dall'Istituto, nella misura del 12%, per l’infortunio sul lavoro subito nell’aprile del 2014 con conseguenze lesive sempre al rachide lombare.
2. La Corte territoriale ha dato atto che il Tribunale, recependo le conclusioni del c.t.u., aveva qualificato le lesioni al rachide denunciate nel 2016 come malattia professionale tabellata alla voce n. 77 della nuova tabella delle malattie professionali nell'Industria, relativa a "ernia discale lombare", riferita alle "lavorazioni di movimentazione manuale dei carichi in modo non occasionale in assenza di ausili specifici'', lavorazioni che secondo il c.t.u. erano state svolte in modo continuativo dal 1996 al 2016, con movimentazione manuale di carichi non occasionali, intervallate solo da pochi anni di attività di autista.
3. I giudici di appello hanno ritenuto che mancassero le necessarie allegazioni e prove, di cui era onerato il lavoratore, sull’impegno manuale richiesto dalle lavorazioni svolte dall’inizio dell’attività lavorativa nel 1996 fino alla domanda amministrativa del 2016; che per il periodo (2014-2016) in cui il A.L. aveva lavorato alle dipendenze del fratello D.L., titolare di una impresa individuale di intonacatura, era stato escluso in sede amministrativa (sulla base del documento di valutazione dei rischi) un sovraccarico biomeccanico del rachide idoneo per intensità e durata a provocare la malattia denunciata e sul punto nessuna deduzione era stata svolta dall’appellato; che pertanto la malattia denunciata non potesse qualificarsi tabellata e che il lavoratore, onerato di provare la natura professionale della stessa, non avesse adempiuto al necessario onere di allegazione e prova.
4. Avverso tale sentenza A.L. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, illustrati da successiva memoria. L’Inail ha resistito con controricorso.
5. La proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell'udienza, ai sensi dell'art. 380 bis cod. proc. civ.
 

Considerato che:
6. Con il primo motivo di ricorso è dedotta violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., in relazione all’art 360, comma 1, n. 3 c.p.c., per errata valutazione delle prove per presunzione, mancata valutazione globale degli indizi, motivazione contraddittoria. Si sostiene che la Corte di merito abbia operato una errata disamina delle prove in atti, apprezzando atomisticamente solo alcuni elementi e omettendo di svolgere una doverosa valutazione complessiva di tutte le allegazioni documentali, senza fornire qualsivoglia spiegazione sul percorso logico giuridico seguito per legittimare la scelta discrezionalmente operata.
7. Con il secondo motivo si denuncia la violazione dell’articolo 360, comma 1, n. 5, c.p.c. per omesso esame della c.t.u. svolta in primo grado dal perito Dott. Piergiovanni Davide, specialista in Medicina Legale, trattandosi di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.
8. Con il terzo motivo si addebita alla sentenza d’appello la violazione e falsa applicazione dell’art. 3, D.P.R. n. 1124 del 1965 e successive modifiche ed integrazioni alla voce n. 77 Ernia discale lombare (M51.2), lettera b) in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1 n. 3, per aver il Collegio territoriale erroneamente valutato gli elementi probatori agli atti ed escluso il nesso causale tra la patologia denunciata dal A.L. e l’esistenza di una presunzione legale di origine professionale dovuta all’adibizione dello stesso ad una lavorazione tabellata.
9. I motivi di ricorso, che possono essere trattati unitariamente per ragioni di connessione logica, sono tutti inammissibili.
10. Le censure non si confrontano con la ratio decidendi della sentenza impugnata che ha ritenuto, anzitutto, non assolto l’onere di allegazione dei fatti costitutivi del diritto azionato, specificamente riguardo all’impegno manuale richiesto dall’attività lavorativa svolta a partire dal 1996 e fino alla domanda amministrativa del 2016; ha ritenuto insufficiente, a tal fine, l’anamnesi lavorativa raccolta dal medico Inail in quanto basata unicamente sul racconto del lavoratore; ha ritenuto, riguardo al periodo 2014-2016 in cui il A.L. aveva lavorato quale dipendenze della ditta del fratello, che vi fossero elementi indiziari tali da far escludere l’esistenza, in quelle occupazioni, di un sovraccarico biomeccanico del rachide idoneo a provocare la malattia denunciata e che sul punto nessuna deduzione fosse stata svolta dall’appellato.
11. Il primo e il terzo motivo di ricorso, se pure veicolati come vizio di violazione di legge, denunciano, peraltro in modo espresso, l’errata valutazione delle prove da parte del Collegio di merito, al di fuori dei limiti in cui ciò e consentito e cioè attraverso la deduzione, ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c., dell’omesso esame di un fatto storico determinato che abbia valenza decisiva, e sia cioè in grado di condurre, ove esaminato, ad un esito diverso della causa.
12. Non ricorre la violazione degli artt. 115, 116 c.p.c., che presuppone, come più volte precisato da questa Corte (cfr. Cass. n. 11892 del 2016; Cass. n. 25029 del 2015; Cass. n. 25216 del 2014), il mancato rispetto delle regole di formazione della prova ed è rinvenibile nelle ipotesi in cui il giudice utilizzi prove non acquisite in atti (art. 115 c.p.c.) o valuti le prove secondo un criterio diverso da quello indicato dall’art. 116 c.p.c., cioè una prova legale secondo prudente apprezzamento o un elemento di prova liberamente valutabile come prova legale; caratteristiche non presenti e neanche allegate nella fattispecie in esame.
13. Neppure è fondata la denuncia di mancato esame della c.t.u. svolta in primo grado atteso che la Corte di merito l’ha presa in esame ma ha rilevato come il perito si fosse basato sull’anamnesi lavorativa raccolta dal medico Inail e ha ritenuto ciò insufficiente a fronte della mancata allegazione e prova in giudizio dei fatti costitutivi del diritto azionato, cioè delle lavorazioni svolte con impegno manuale a partire dal 1996 e fino alla domanda amministrativa.
14. I motivi di ricorso, attraverso la puntuale trascrizione di tutti i documenti e della c.t.u. svolta nel primo grado di giudizio, sollecitano, nella sostanza una inammissibile revisione del ragionamento decisorio, che non può trovare ingresso in questa sede di legittimità.
15. Per le ragioni esposte il ricorso va dichiarato inammissibile.
16. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
17. Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali di cui all’art. 13, comma 1 quater, del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, introdotto dall’art. 1, comma 17, della L. 24 dicembre 2012 n. 228.





P.Q.M.


La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 3.000,00 per compensi professionali, in euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso nell’adunanza camerale del 14.6.2022