Cassazione Civile, Sez. 6, 07 ottobre 2022, n. 29304 - Infortunio sul lavoro e criterio di personalizzazione del danno 


 

Presidente: ESPOSITO LUCIA
Relatore: PONTERIO CARLA Data pubblicazione: 07/10/2022
 

Rilevato che:
1. La Corte d'Appello di Milano, in parziale accoglimento dell’appello proposto da Costruzioni R.A. e figlia s.n.c., ha rideterminato in euro 333.804,19 il risarcimento del danno in favore di D.G. per l’infortunio sul lavoro occorso il 20.9.2013, ritenendo che, al fine della liquidazione del danno biologico permanente, si dovesse fare riferimento all’età della vittima al momento di cessazione dell’invalidità temporanea, e non all’età al momento del sinistro. Ha confermato la sentenza di primo grado nella parte in cui ha riconosciuto l’esclusiva responsabilità datoriale nella causazione dell’incidente nonché i presupposti per la personalizzazione del danno non patrimoniale e per il risarcimento del danno patrimoniale.
2. Avverso tale sentenza la Costruzioni R.A. e figlia s.n.c. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi. D.G. ha resistito con controricorso. La Unipolsai Assicurazioni s.p.a. non ha svolto difese.
3. La proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell'udienza, ai sensi dell'art. 380 bis c.p.c.
4. Costruzioni R.A. e figlia s.n.c. e D.G. hanno depositato memoria, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.
 

Considerato che:
5. Con il primo motivo del ricorso è dedotta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 1123, 1226, 2056, 2059 e 2727 cod. civ., per avere la Corte di merito riconosciuto una personalizzazione del danno non patrimoniale nella misura massima consentita (25%) dalle tabelle milanesi, in assenza di circostanze idonee a giustificarla e in violazione dei principi dettati dalla giurisprudenza di legittimità.
6. Si sostiene che, in caso di danno permanente alla salute, la misura standard del risarcimento prevista dalla legge o dal criterio equitativo uniforme adottato dal giudice di merito possa essere aumentata solo in presenza di conseguenze dannose del tutto anomale e assolutamente peculiari. Il criterio di personalizzazione del danno è finalizzato alla considerazione delle specificità del caso concreto, dal punto di vista dinamico relazionale, e quindi alla valorizzazione delle circostanze eccezionali e specifiche che la vittima della lesione abbia subito. Al contrario, le conseguenze ordinarie secondo l'id quod plerumque accidit, che qualunque vittima della stessa età e con la medesima invalidità non potrebbe non subire, sono già ricomprese nel pregiudizio espresso dal grado percentuale di invalidità permanente. Nella sentenza impugnata non si è tenuto in debito conto l'entità del danno riconosciuto al lavoratore pari al 50%, a cui è inevitabilmente correlata una più incisiva lesione dinamico relazionale. È evidente che chi si trovi ad avere una lesione tale da determinare una percentuale di invalidità del 50% non potrà “praticare con la stessa frequenza, intensità ed autonomia”, alcune attività sportive e, più in generale, ogni hobby dinamico, e ciò costituisce una conseguenza normale del danno. Le stesse considerazioni valgono per le implicazioni dinamico-relazionali della impossibilità di svolgimento dell'attività lavorativa di muratore, dovendosi, al riguardo, tenere conto che il D.G. svolgeva l'attività di muratore part-time e pertanto l'incidenza che egli ha subito nella sfera relazionale è, a parità di lesione, probabilmente inferiore rispetto a chi esercitava tale professione a tempo pieno. Devono infine considerarsi comprese nelle conseguenze ordinarie risarcite ad una persona con un danno paragonabile a quello subito dal D.G. i riflessi negativi sulla vita di relazione dovuti ai “vistosi esiti cicatriziali riportati e alla necessità di uso di protesi nel movimento”.
7. Con il secondo motivo è denunciata, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 1123, 1226, 2056, 2059 e 2727 cod. civ., in quanto la sentenza impugnata, ai fini della personalizzazione del danno, ha omesso di esaminare documenti fondamentali e le deduzioni istruttorie relative: alla nuova mansione offerta al D.G. dalla società datrice di lavoro; al carattere part time del contratto di lavoro in vigore tra le parti; al lavoro di allevatore di bestiame svolto dal D.G.; allo stato psicologico del medesimo come accertato dal c.t.u.; allo svolgimento da parte del lavoratore di attività ludiche, come escursioni in montagna, documentate dalle fotografie allegate.
8. Il primo motivo di ricorso è infondato.
9. Nella giurisprudenza di questa Corte è costante l’affermazione secondo cui, in tema di liquidazione del danno non patrimoniale, ai fini della c.d. "personalizzazione" del danno forfettariamente individuato (in termini monetari) attraverso i meccanismi tabellari cui la sentenza abbia fatto riferimento (e che devono ritenersi destinati alla riparazione delle conseguenze "ordinarie" inerenti ai pregiudizi che qualunque vittima di lesioni analoghe normalmente subirebbe), spetta al giudice far emergere e valorizzare, dandone espressamente conto in motivazione in coerenza alle risultanze argomentative e probatorie obiettivamente emerse ad esito del dibattito processuale, specifiche circostanze di fatto, peculiari al caso sottoposto ad esame, che valgano a superare le conseguenze "ordinarie" già previste e compensate dalla liquidazione forfettizzata assicurata dalle previsioni tabellari; da queste ultime distinguendosi siccome legate all'irripetibile singolarità dell'esperienza di vita individuale nella specie considerata, caratterizzata da aspetti legati alle dinamiche emotive della vita interiore o all'uso del corpo e alla valorizzazione dei relativi aspetti funzionali, di per sé tali da presentare obiettive e riconoscibili ragioni di apprezzamento (in un'ottica che, ovviamente, superi la dimensione "economicistica" dello scambio di prestazioni), meritevoli di tradursi in una differente (più ricca e, dunque, individualizzata) considerazione in termini monetari, rispetto a quanto suole compiersi in assenza di dette peculiarità (v. Cass. n. 21939 del 2017; v. anche Cass. n. 27482 del 2018; n. 2799 del 2019).
10. Nella fattispecie in esame, la Corte d’appello ha applicato le disposizioni denunciate in modo conforme ai principi appena richiamati, dando espressamente conto in motivazione di una serie di elementi di fatto, peculiari al caso esaminato, di per sé tali da presentare obiettive e riconoscibili ragioni di apprezzamento al fine della personalizzazione del danno non patrimoniale. Tra questi la “necessità di reiterati interventi chirurgici e prolungati trattamenti fisioterapici”, che hanno reso particolarmente penoso il periodo di cura e riabilitazione, la presenza di “vistosi esiti cicatriziali […] e la necessità di uso di protesi nel movimento (la c.d. molla di Codevilla)”, non costituenti conseguenze “normali” di ogni invalidità del 50% e giudicati idonei, in una persona ancora giovane come il D.G., ad acuire i riflessi negativi dell’invalidità sulla vita di relazione e sulla percezione di sé.
11. Il secondo motivo di ricorso è inammissibile in quanto, pur denunciando un errore di diritto, censura nella sostanza la selezione e valutazione del materiale probatorio e il ragionamento decisorio dei giudici di merito, operazione non consentita in questa sede di legittimità, se non nei ristretti limiti di cui all’art. 360 n. 5 cod. proc. civ.. A tal fine, come illustrato dalle Sezioni Unite di questa Corte (sentenza n. 8053 del 2014), rileva l’omesso esame di un fatto, inteso in senso storico fenomenico, e di portata decisiva ai fini della decisione, mentre le critiche formulate nel motivo di ricorso in esame attengono all’omesso esame di plurimi documenti e deduzioni istruttorie, nessuno dei quali, evidentemente, avente valore decisivo rispetto all’esito della lite.
12. Per le ragioni esposte il ricorso deve essere respinto.
13. La regolazione delle spese segue il criterio di soccombenza.
14. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
 

P.Q.M.


La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità che liquida in € 5.000,00 per compensi professionali, € 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso nell’adunanza camerale del 26.5.2022