Categoria: Cassazione penale
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Cassazione Penale, Sez. 4, 19 ottobre 2022, n. 39485 - Cedimento della volta e morte dell'operaio. Nessuna colpa in eligendo nè in vigilando del proprietario dell'immobile e committente dei lavori edili 


 

 

Presidente: PICCIALLI PATRIZIA
Relatore: CENCI DANIELE Data Udienza: 21/09/2022
 

 

Fatto




1. La Corte di appello di Milano l'11 novembre 2020, in riforma integrale della sentenza con cui il G.u.p. del Tribunale di Como il 7 novembre 2019, all'esito del giudizio abbreviato, ha riconosciuto G.B. responsabile dell'omicidio colposo, con violazione della disciplina antinfortunistica, di N.B., fatto commesso il 15 maggio 2017, in conseguenza condannandolo alla pena di giustizia, oltre al risarcimento dei danni alle parti civili, con assegnazione alle stesse di provvisionale, ha assolto l'imputato dalla contestazione, per non avere commesso il fatto, revocando le statuizioni civili.

2. I fatti, in estrema sintesi, come ricostruiti e valutati dai Giudici di merito.
2.1. Il 15 maggio 2017, mentre la ditta "Edil Bellagio" s.n.c. stava svolgendo lavori edili in un cantiere, dopo che la porta di ingresso di un immobile era stata allargata con un martello demolitore per fare spazio all'ingresso di un mini-escavatore cingolato ed il mezzo era entrato, l'operaio dipendente della ditta N.B., alla guida del mini-escavatore, iniziava ad asportare da terra il materiale da scavo quando veniva travolto da sassi e da materiali caduti dall'alto derivanti dal cedimento parziale della sovrastante volta e decedeva.
La causa del crollo è stata individuata sia nell'indebolimento della struttura in ragione delle vibrazioni provocate dal martello demolitore e dal mini­ escavatore sia nella mancanza di previe adeguate opere provvisionali di messa in sicurezza e di sostegno della struttura.
Si è constatata la genericità del piano operativo di sicurezza (acronimo: p.o.s.) e del piano di sicurezza e di coordinamento (acronimo: p.s.c.), quest'ultimo firmato da G.B., proprietario dell'immobile e committente dei lavori.
2.2. Il Tribunale, all'esito dell'abbreviato, ha ritenuto responsabile dell'accaduto, in cooperazione colposa con altri (separatamente giudicati), G.B., come si è detto, proprietario dell'immobile e committente dei lavori di manutenzione straordinaria, ritenuto, in base a prove documentali e testimoniali, a sicura conoscenza della gravissima situazione di degrado dell'immobile, della necessità di opere provvisionali di sostegno dell'immobile e della omissione in concreto delle stesse, oltre che inadempiente all'obbligo di vigilare sull'effettiva esecuzione dell'incarico da parte del coordinatore per l'esecuzione dei lavori.
2.3. La Corte di appello è giunta ad opposte conclusioni, valorizzando le seguenti circostanze:
G.B., privo di cognizioni tecniche, aveva incaricato il geometra T., in possesso dei requisiti professionali, dello svolgimento dell'attività di coordinatore in fase di progettazione e di coordinatore della sicurezza in fase di esecuzione;
l'imputato la mattina dell'incidente si era presentato presso il cantiere chiedendo spiegazioni sui lavori effettuati con il martello demolitore e domandando se i lavori non dovessero iniziare da sopra ma, avendo ricevuto rassicurazioni da parte di L.S. che sarebbe stata messa in sicurezza l'area, si era allontanato;
la mattina presto, al momento dell'arrivo dell'imputato in cantiere, non vi erano situazioni tali da potersi rendere conto visivamente dell'esistenza di una situazione di pericolo;
non vi sarebbe prova sufficiente della effettuazione diretta da parte dell'imputato, prima dell'inizio dei lavori da parte della ditta Edil Bellagio, di lavori di "alleggerimento" della volta, tali da avere - peggiorato la stabilità dell'edificio peggiore, lavori che comunque avrebbero interessato una zona diversa da quella poi crollata.

3. Ricorrono le parti civili omissis, tramite Difensore, per la cassazione della sentenza affidandosi ad un unico, complessivo, motivo con il quale denunziano la nullità della sentenza impugnata per mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione e per la mancanza della necessaria motivazione "rafforzata" della decisione assolutoria, sotto più profili, che di seguito si indicano.
Quanto all'affermazione, contenuta nella sentenza impugnata, che l'imputato G.B. non era a conoscenza dell'inizio dei lavori e che la mattina dell'incidente si è precipitato in cantiere chiedendo agli operai che cosa stessero facendo e se i lavori non dovessero iniziare dall'alto, ricevendo da L.S. rassicurazioni sul fatto che l'area sarebbe stata posta in sicurezza, ritenendo quindi la versione dell'imputato attendibile (pp. 8-9 della sentenza impugnata), in difformità alla valutazione operata sul punto dal Tribunale ( p. 21 ), pur in assenza di dichiarazioni conformi del responsabile dei lavori, L.S., o della figlia dell'imputato, si sottolinea come la moglie dell'imputato, GA.L., ha affermato che in realtà la gru era stata montata due o tre settimane prima dell'infortunio e qualche giorno dopo anche il ponteggio, con la, conseguenza che la famiglia di G.B. abita vicino al cantiere e, dunque, deve avere notato lo stesso.
Quanto all'affermazione della Corte di appello che l'imputato non si sarebbe reso conto visivamente dell'esistenza di una situazione di pericolo imminente nel cantiere (p. 8 della sentenza impugnata, da confrontare con p. 23 di quella di primo grado), i ricorrenti sottolineano che da:l'istruttoria è emerso che quella mattina gli operai stavano allargando la porta di ingresso del locale al piano terra mediante un martello demolitore, attrezzo che produceva forti vibrazioni che si ripercuotevano sull'immobile, situazione estremamente pericolosa, al fine di far entrare un mini-escavatore all'interno, che nel cantiere vi erano anche comuni attrezzi da scavo (badile, piccone, carriola) ma che mancavano attrezzature e materiali, quali tavole di legno o puntelli in ferro, idonei a puntellare la struttura e, quindi, a metterla in sicurezza, sicché risulta inverosimile che L.S. abbia potuto ordinare agli operai di mettere in sicurezza l'area.
Inoltre, la Corte territoriale ha diversamente apprezzato le dichiarazioni del teste Gi.G., operaio che stava lavorando in cantiere quella mattina, e che non ha riferito di avere avuto domande da parte di G.B., che le ha semplicemente salutato.
Mancherebbe la c.d. motivazione rafforzata, la cui necessità, in caso di riforma della decisione di primo grado, deriva da un principio di garanzia di derivazione dell'Unione europea, peraltro recepito dalla giurisprudenza della Corte di cassazione.
La sentenza impugnata, poi, ad avviso dei ricorrenti ha sottovalutato ovvero male inteso quanto riferito dal teste Secondo Ga., che abita vicino al cantiere e che ha detto di avere visto la settimana prima dell'infortunio G.B. entrare nel cantiere e rimuovere per almeno 5 centimetri il pavimento nel locale che era stato adibito a stalla, lavoro propedeutico - si sottolinea - alla prosecuzione dello scavo per circa 30-41) centimetri per realizzare il " vespaio" : ciò, anche in base alle dichiarazioni di G.G., rafforzerebbe la esatta comprensione da parte di G.B. di quanto stavano facendo gli operai la mattina dell'infortunio ossia allargare l'ingresso ed aprire un varco per fare entrare il mini-escavatore che avrebbe proseguito lo scavo.
Quanto al tema dell'intervento autonomo di G.B. sull'edificio, precedente all'inizio dei lavori da parte dell'impresa Edil Bellagio s.n. c., con alleggerimento della volta dell'immobile e conseguente peggioramento della stabilità dello stesso, la Corte di appello sostiene che l'imputato abbia eliminato le parti in legno nella parte posteriore dell'edificio e non in quella anteriore dov'è avvenuto l'infortunio, sicchè ciò non avrebbe influito sulla stabilità della volta nella parte anteriore (p. 10) ma così si traviserebbe - assumono i ricorrenti - il contenuto della deposizione di Secondo G., in ogni caso, trascurando che l'imputato non ha informato la ditta dei lavori dello stesso o su incarico dello stesso eseguiti.
In relazione alla fase lavorativa inerente l'infortunio nel piano operativo di sicurezza (acronimo: p.o.s.) del!a ditta Edil Bellagio non è stata trovata - assumono i ricorrenti - evidenza in ordine agli scavi interni per la realizzazione di sottomurazioni e del vespaio, lavori presenti nel - piano di sicurezza e coordinamento (acronimo: p.s.c.) redatto dal geometra Carlo T., in particolare alle pp. 7 e 57 del documento, seppure in maniera generica, senza indicare il rafforzamento della volta ma comunque indicando espressamente "sbadacchiature", cioè puntelli, per armare le pareti dello scavo: ne consegue che l'imputato, avendo firmato il p.s.c., seppur generico ed inadeguato, e l'allegato computo metrico, era a conoscenza della necessità di messa in sicurezza: tale circostanza di fatto sarebbe stata del tutto ignorata dalla Corte di appello.
Inoltre, l'imputato, ad avviso dei ricorrenti, non avrebbe verificato che il coordinatore per l'esecutore dei lavori vigilasse sulla esecuzione dei lavori che si stavano svolgendo, incarico praticamente omesse da parte del coordinatore.
Si aggiunge che le condizioni di gravissimo degrado dell'immobile e la necessità di opere provvisionali erano certamente conosciuta da G.B., al tempo stesso proprietario e committente delle opere, come già affermato dal Giudice di primo grado (alla p. 23 della sentenza di prirno grado), con passaggio di sicuro rilievo erroneamente trascurato dalla Corte territoriale.
Si chiede, in definitiva, l'annullamento della sentenza impugnata, che avrebbe, tra l'altro, revocato le statuizioni civili senza adeguazta motivazione.

4. Il P.G. della S.C. nelle conclusioni scritte del 9 agosto 2022, da valere quale memoria per l'evenienza di richiesta di discussione orale, ritenuto fondato il ricorso, ne ha chiesto l'accoglimento.

5. Il Difensore, delle parti civili ricorrenti ha tempestivamente domandato la trattazione orale del ricorso.

 

Diritto

 


1.I ricorsi sono infondati e devono essere rigettati, per le seguenti ragioni.


2. Appare opportuno premettere che «Il giudice d'appello, in caso di riforma, in senso assolutorio della sentenza di condanna di primo grado, sulla base di una diversa valutazione del medesimo compendio probatorio, pur non essendo obbligato alla rinnovazione della istruttoria dibattimentale, e tenuto a strutturare la motivazione della propria decisione in maniera rafforzata, dando puntuale ragione delle difformi conclusioni assunte» (Sez. 4, n, 24439 del 16/06/2021, Frigerio Anna Marià vs- Vollero Guido, Rv. 28140.1) e che il giudice d'appello che riformi in senso assolutorio la sentenza di condanna.di di primo grado sulla base del medesimo compendio probatorio, pur non essendo obbligato alla rinnovazione dell'istruzione dibattimentale, è tenuto ad offrire una motivazione puntuale e adeguata che dia razionale giustificazione della difforme decisione adottata, indicando in maniera approfondita e diffusa gli argomenti, specie se di carattere tecnico-scientifico, idonei a confutare le valutazioni del giudice di primo grado» (Sez. 4, n. 2474 del 15/10/2021, dep. 2022.. Masturzo Antonia vs Nappa Luciano, Rv. 282612; entrambe decisioni ;n linea con il principio di diritto fissato da Sez. U, n. 14800 del 21/1272017, dep. 2018, P.G. in prnc. Troise, Rv. 272430, secondo cui «Il giudice d'appello ché riformi in senso assolutorio la sentenza di condanna di primo grado non ha l'obbligo di rinnovare l'istruzione dibattimentale mediante l'esame dei soggetti che hanno reso dichiarazioni ritenute decisive, ma deve offrire una motivazione puntuale e adeguata, che fornisca una razionale giustificazione della difforme conclusione adottata, anche riassumendo, se necessario, la prova dichiarativa decisiva»).
2.1. La sentenza impugnata resiste alle censure mosse dai ricorrenti.
La Corte di appello, infatti, ha puntualmente e logicamente spiegato l'approdo antitetico a quello raggiunto dal Tribunale.
In primo luogo, ha ritenuto che non può ravvisarsi una culpa in eligendo, essendosi il committente, privato proprietario dell'immobile, privo di cognizioni tecniche, rivolto ad impresa - la Edil Bellagio - provvista di adeguate competenze tecniche ed in regola e che ha redatto il piano operativo di sicurezza (acronimo: p.o.s.) ed avendo incaricato dello svolgimento dell'attività di coordinatore in fase di progettazione e di coordinatore della sicurezza in fase di esecuzione il geom. T., in possesso dei requisiti professionali ( p. 7 della sentenza).
Ha, inoltre, valutato, con richiamo di passaggi dell'istruttoria e di pertinente giurisprudenza di legittimità, il p.o.s. e il p.s.c. privo di vizi e di lacune macroscopicamente ravvisabili da parte di soggetto non addetto ai lavori (p. 8 della sentenza)·
La Corte di appello ha, poi, spiegato come non possa ravvisarsi nemmeno una culpa in vigilando, interpretando il fatto storico dell'accesso in cantiere del committente - pacificamente avvenuto la mattina presto prima dell'infortunio - come dettato dallo scrupolo, essendosi G.B., privo di adeguate cognizioni tecniche, allontanato dopo avere ricevuto rassicurazioni dall'amministratore e direttore tecnico per la sicurezza della Edil Bellagio L.S., senza che fossero, comunque emersi evidenti segni di pericolo (pp. 8-9 della decisione impugnata).

Si è anche valorizzata la circostanza che il piano di sicurezza e coordinamento firmato dall'imputato conteneva la espressa previsione che la volta dell'immobile oggetto di lavori straordinari dovesse essere previamente protetta, come affermato dal perito ing. Bardazza (p. 9 della sentenza impugnata).
Si tratta, in ogni caso, di motivazione non illogica e non incongrua, rafforzata rispetto all'apparato giustificativo della sentenza del Tribunale (non dipendendo la profondità del ragionamento volto dal numero delle pagine impiegate), e non adeguatamente aggredita dai ricorsi, che si affidano o ad ipotesi esplorative (assumono in sostanza ricorrenti che, ove fosse stata sentita la figlia dell'imputato ovvero il responsabile dei lavori, L.S., questi avrebbero potuto smentire o confermare la versione difensiva dell'imputato, che, così come prospettata, sarebbe inattendibile) o a generalizzazioni indebite di frammenti dell'istruttoria (avendo il teste G.G. riferito di avere quella mattina solo salutato G.B., ciò, secondo i ricorrenti, dimostrerebbe che l'imputato quella mattina non abbia rivolto domande - ad alcuno dei presenti - sull'andamento dei lavori) ovvero ad ipotesi che sono state gia escluse, con sufficiente motivazione, dalla Corte di appello (la effettuazione di lavori in autonomia da parte dell'imputato, prima dell'affidamento dell'incarico alla ditta, evenienza che la Corte territoriale, alla p. 10, ha ritenuto non tanto insufficientemente provata quanto <<non (...) riscontrata da alcun elemento di indagine»).
2.2. La sentenza impugnata ha, quindi, fatto corretta applicazione dei principi di diritto in tema di responsabilità del committente, che giova sinteticamente richiamare: «In tema di infortuni sul lavoro, a seguito dell'entrata in vigore del D.Lgs. 14 agosto 1996, n. 494, il dovere di sicurezza gravante sul datore di lavoro opera anche in relazione al committente, dal quale non può tuttavia esigersi un controllo pressante, continuo e capillare sull'organizzazione e su/l'andamento dei lavori; ne consegue che, ai fini della configurazione della responsabilità del committente, occorre verificare in concreto quale sia stata l'incidenza della sua condotta nell'eziologia dell'evento, a fronte delle capacità organizzative della ditta scelta per l'esecuzione dei lavori, avuto riguardo alla specificità dei lavori da eseguire, ai criteri seguiti dallo stesso committente per la scelta dell'appaltatore e del prestatore d'opera, alla sua ingerenza nell'esecuzione dei lavori oggetto di appalto o dei contratto di prestazione d'opera, nonché alla agevole ed immediata percepibilità da parte del committente di situazioni di pericolo,> (Sez. 4, n. 44131 del 15/07/2015, Heqimi ed altri, Rv. 264974; nello stesso senso, più recentemente, cfr. Sez. 4, n. 23171 del 09/02/2016, Russo e altro, Rv. 266963; Sez. 3, n. 35185 del 6/04/2016, Marangio, Rv. 267744; Sez. 4, n. 28728 del 22/09/2020, Olivieri, Rv. 280049).
Quanto alla questione della percepibilità o meno di una situazione di pericolo da parte del garante-committente, la Corte territoriale, nel giustificare la decisione liberatoria, si è attenuta al principio di diritto espresso da più precedenti di legittimità, tra i quali:
Sez. 4, n. 5946 del 18/12/2019, dep. 2020, Frusciante, Rv. 278435, secondo cui «In tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, per valutare la responsabilità del committente, in caso di infortunio, occorre verificare in concreto l'incidenza della sua condotta nell'eziologia dell'evento, a fronte delle capacità organizzative della ditta scelta per l'esecuzione dei lavori, avuto riguardo alla specificità dei lavori da eseguire, ai criteri seguiti dallo stesso committente per la scelta dell'appaltatore o del prestatore d'opera, alla sua ingerenza nell'esecuzione dei lavori oggetto di appalto o dei contratto di prestazione d'opera, nonché alla agevole ed immediata percepibilità da parte del committente di situazioni di pericolo. (Fattispecie in cui fa Corte ha annullato la sentenza che aveva riconosciuto la responsabilità di un amministratore di condominio per un infortunio in occasione di lavori edili eseguiti da una ditta appaltatrice, per la sola omessa acquisizione del documento di valutazione dei rischi, senza specificare quale fosse stato il difetto di diligenza nella scelta della ditta né l'effettivo contributo causale della ravvisata condotta omissiva nella realizzazione dell'evento)»;
Sez. 4, n. 7188 dei 10/01/2018, Bozzi, Rv. 272221, secondo cui «In tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, il committente, anche nel caso di subappalto, è titolare di una posizione di garanzia idonea a fondare la sua responsabilità per l'infortunio, sia per la scelta dell'impresa sia in caso di omesso controllo dell'adozione, da parte dell'appaltatore, delle misure generali di tutela della salute e della sicurezza su, luoghi di lavoro, specie nel caso in cui la mancata adozione o l'inadeguatezza delle misure precauzionali sia immediatamente percepibile senza particolari indagini»;
e Sez. 4, n. 27296 del 02/11/2016, dep. 2017, Vettor, Rv. 270100, secondo cui «in tema di infortuni sul lavoro, il dovere di sicurezza gravante sul datore di lavoro opera anche in relazione al committente dal quale non può tuttavia esigersi un controllo pressante, continuo e capillare sull'organizzazione e sull'andamento dei lavori, occorrendo verificare in concreto quale sia stata l'incidenza della sua condotta nell'eziologia dell'evento, a fronte delle capacità organizzative della ditta scelta per l'esecuzione dei lavori, avuto riguardo alla specificità dei lavori da eseguire, ai criteri seguiti dallo stesso committente per la scelta dell'appaltatore o del prestatore d'opera, alla sua ingerenza nell'esecuzione dei lavori oggetto di appalto o del contratto di prestazione d'opera, nonché alla agevole ed immediata percepibilità, da parte del committente, di situazioni di pericolo » .

3. Consegue il rigetto dei ricorsi e la condanna dei ricorrenti, per legge (art. 616 cod. proc. pen.), al pagamento delle spese processuali.


 

P.Q.M.
 



Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Così deciso il 21/09/2022..