Categoria: Cassazione penale
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Cassazione Penale, Sez. 4, 27 ottobre 2022, n. 40589 - Caduta mortale durante i lavori di riparazione del pluviale utilizzando una scala presa in prestito. Responsabilità del committente e nessun comportamento abnorme della vittima


 

 

 

Presidente: FERRANTI DONATELLA Relatore: RICCI ANNA LUISA ANGELA
Data Udienza: 05/10/2022
 

Fatto




1. La Corte d'appello di Napoli ha confermato la sentenza del Giudice Udienza Preliminare Tribunale di Nola con cui F.A.T., in qualità di committente, era stato condannato per il delitto di cui all'art. 589 cod. pen. aggravato dalla violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro, ai danni di D.K..
Il processo ha ad oggetto un infortunio sul lavoro, ricostruito nelle sentenze di merito conformi nel modo seguente.
F.A.T., in qualità di proprietario di un capannone occupato da due ditte, Alama Colorificio e Faemat, aveva dato incarico a D.V. di effettuare lavori edili ed in particolare la riparazione della pluviale prospicente la parete interna divisoria fra le due ditte. D.V. ed il figlio D.K. si erano recati presso il capannone e, tramite una scala presa in prestito da un dipendente della ditta Alma Colorificio, erano saliti sul tetto: D.K. dall'altezza di 8,20 metri era precipitato dal colmo del tetto, impattando contro le lastre in pvc della copertura della locale officina sottostante ed era poi rovinato al suolo decedendo sul colpo.
Gli addebiti di colpa specifica per l'imputato erano stati individuati nella violazione degli artt. 90 comma 9 Dlgs 9 aprile 2008 n. 81 per aver affidato i lavori di riparazione al D.V. senza avere prima verificato l'idoneità tecnico­ professionale dell'impresa (a D.V., datore di lavoro giudicato separatamente, erano stati contestati, quali addebiti di colpa, la violazione degli art t . 96, 111 e 115 Dlg 81/2008 per non aver effettuato la valutazione del rischio e per non aver dotato il lavoratore degli idonei sistemi di protezione, quali imbracatura ed altre misure).

2. Avverso la sentenza d'appello ha proposto ricorso l'imputato con proprio difensore, formulando un unico motivo con cui ha dedotto la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza del nesso di causa fra la condotta colposa dell'imputato e l'evento. Il ricorrente lamenta che la Corte non avrebbe tenuto conto che la condotta del lavoratore deceduto, il quale si era allontanato dal luogo di lavoro commissionato e di sua iniziativa era salito sul tetto per poi cadere sulla lastra in pvc, era abnorme imprevedibile ed irrazionale ed in quanto tale valeva a escludere il nesso di causalità.

3. Il Procuratore generale, in persona del sostituto Francesca Ceroni, ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.


 

Diritto




1. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile in quanto manifestamente infondato il motivo, incentrato sul mancato riconoscimento della natura abnorme del comportamento del lavoratore.

2. Il difensore ha riproposto con il ricorso le stesse censure già fatta valere in sede di impugnazione e non si è confrontato con le argomentazioni della Corte di Appello, pienamente conformi ai principi elaborati in materia dalla corte di legittimità.

3. La Corte di Appello ha ritenuto provato che i lavori erano stati affidati in economia da F.A.T. a D.V., persona, che pur non essendo titolare di alcuna ditta, era conosciuto in paese per essere dedito alla esecuzione di lavori edili e che F.A.T., pur essendo consapevole che i lavori dovevano essere eseguiti in quota in quanto vi erano delle infiltrazioni, non si era preoccupato di verificare la capacità tecnica del commissionario. I giudici hanno ricordato che:
- il committente è titolare di una posizione di garanzia idonea a fondare la sua responsabilità sia in relazione alla scelta dell'impresa sia in relazione al mancato controllo dell'adozione da parte dell'appaltatore delle misure generali di tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro;
- la condotta del lavoratore non era stata causa unica dell'evento.
Sotto tale ultimo profilo, in replica al motivo di impugnazione secondo cui la vittima si era volontariamente allontanata dal luogo di lavoro ed era salita sul tetto, benché non interessato dall'intervento, la Corte ha ribadito quanto emerso dall'istruttoria ed in particolare dalla deposizione del teste P. presente ai fatti, ovvero che D.V. e D.K. erano saliti insieme sul tetto, tramite una scala di fortuna, per compiere dei lavori che rientravano nella tipologia di quelli che dovevano essere compiuti, non potendosi ipotizzare alcuna logica ragione per cui la vittima avesse deciso di salire sul tetto se non quella di provvedere alla riparazione commissionata dall'imputato.

4. Così ricostruiti i fatti, attraverso una motivazione aderente ai dati richiamati e non illogica, non vi sono margini per qualificare, nel caso di specie abnorme la condotta del lavoratore.
E' noto, infatti, che, pur essendo passati a seguito dell'introduzione del d.lgs 19 settembre 1994 n. 626 e poi, del Dlgs 9 aprile 2008 n. 81 dal principio «dell'ontologica irrilevanza della condotta colposa del lavoratore» al concetto di «area di rischio» che il datore di lavoro è chiamato a valutare in via preventiva, resta in ogni caso fermo il principio secondo cui non può esservi alcun esonero di responsabilità all'interno dell'area di rischio, nella quale si colloca l'obbligo datoriale di assicurare condizioni di sicurezza appropriate anche in rapporto a possibili comportamenti trascurati del lavoratore (sez. 4, n. 21587 del 23.3.2007, Pelosi, Rv. 236721). All'interno dell'area di rischio considerata, quindi, deve ribadirsi il principio per il quale la condotta del lavoratore può ritenersi abnorme e idonea ad escludere il nesso di causalità tra la condotta del datore di lavoro e l'evento lesivo, non tanto ove sia imprevedibile, quanto, piuttosto, ove sia tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia (sez. 4 n. 15124 del 13712/2016, dep. 2017, Gerosa e altri, Rv. 269603; sez. 4 n. 5007 del 28/11/2018, dep. 2019, PMT e Musso Paolo, rv. 275017), oppure ove sia stata posta in essere del tutto autonomamente e in un ambito estraneo alle mansioni affidategli e, come tale, al di fuori di ogni prevedibilità da parte del datore di lavoro, oppure vi rientri, ma si sia tradotta in qualcosa che, radicalmente quanto ontologicamente, sia lontano dalle ipotizzabili e, quindi, prevedibili, imprudenti scelte del lavoratore nella esecuzione del lavoro (sez. 4 n. 7188 del 10/01/2018, Bozzi, Rv. 272222).
Nel caso in esame la condotta del lavoratore infortunatosi è stata posta in essere nell'ambito delle mansioni a lui affidate e non ha attivato un rischio eccentrico, rispetto alla sfera governata dal titolare della posizione di garanzia: il lavoratore, insieme al datore di lavoro e padre, era salito sul tetto da dove era caduto per effettuare una riparazione commissionata dal ricorrente con le modalità e nella situazione già descritta.

5. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.

 

P.Q.M.
 



Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al pagamento della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende
Deciso il 5 ottobre 2022