Cassazione Civile, Sez. Lav., 27 ottobre 2022, n. 31853 - Lavori di costruzione, manutenzione e smantellamento di elettrodotti e mansioni usuranti. Risarcimento dei danni. Rigetto


 

Presidente: ESPOSITO LUCIA
Relatore: CINQUE GUGLIELMO
Data pubblicazione: 27/10/2022
 

 

Rilevato che


1. Il Tribunale di Avezzano, con la pronuncia n. 376 del 2017, ha respinto la domanda proposta da M.F. (che aveva già ottenuto il riconoscimento dell'origine professionale in ambito INAIL della malattia professionale con un danno biologico del 14%) nei confronti dell'ENEL Distribuzione spa, di cui era stato dipendente dall'l.7.1975 al 31.12.2003, con la chiamata in causa della Compagnia assicurativa Generali Italia spa, volta all'accertamento e alla declaratoria di responsabilità contrattuale e/o extracontrattuale della società nella causazione dei danni biologici, morali, patrimoniali e non, ed esistenziali a lui causati dall'essere stato addetto, quale elettricista e autista di mezzi speciali nelle squadre addette ai lavori di costruzione, manutenzione e smantellamento di elettrodotti di media e bassa tensione, all'esecuzione di mansioni usuranti, comportanti la movimentazione manuale dei carichi, sovraccarico biomeccanico degli arti, vibrazioni meccaniche, posture incongrue e coatte, senza che parte datoriale fornisse idonea tutela per i suddetti rischi, operasse una loro corretta valutazione e impartisse la formazione specifica a prevenirli.
2. Sul gravame del lavoratore la Corte di appello di L'Aquila, con la sentenza n. 797 del 2019, ha confermato la suddetta pronuncia.
3. A fondamento della decisione i giudici di seconde cure, in sintesi, hanno evidenziato che: a) nel ricorso introduttivo della lite il lavoratore aveva chiesto il risarcimento del danno differenziale, in relazione alla patologia connessa alla riconosciuta malattia professionale costituita da "discoartrosi del tratto lombosacrale del rachide, discopatia a livello LS-S1, protrusione discale L4-L5, spondiloartrosi LS-51, stenosi del canale vertebrale nel tratto L3-S1, segni strumentali di radicolopatia L3-S1 destra"; b) solo in epoca successiva al ricorso introduttivo aveva prodotto, quale atti sopravenuti, la documentazione afferente il riconoscimento di una diversa malattia professionale "gonartrosi tricompartimentale e degenerazione del menisco interno e tendinosi del tendine rotuleo"; c) l'oggetto del presente giudizio non poteva essere ampliato fino a ricomprendervi la anzidetta patologia che esulava dall'originaria domanda;
d) la decorrenza della prescrizione decennale, in ordine al riconoscimento del danno subito dal lavoratore ex art. 2087 cc, andava individuata nel momento in cui il danno si era manifestato, divenendo oggettivamente percepibile e riconoscibile, e non dal momento cli un successivo aggravamento; e) nel caso in esame, la patologia denunciata dal M.F. all'INAIL nel novembre 2008 si era manifestata nel 1996, mentre il successivo referto del dicembre del 1999 aveva rilevato un mero aggravamento della preesistente patologia; f) il dies a quo, in particolare, andava fissato al giugno 1996, allorquando vi era stata una prescrizione medica di esonero, prima temporaneo e poi definitivo, dal sollevamento di carichi pesanti e da mansioni comportanti sollecitazioni del rachide; g) conseguiva la intervenuta prescrizione decennale in relazione al giudizio instaurato con ricorso depositato in data 24.1.2014; h) la lettera inviata l'11.11.2008 era irrilevante perché inviata oltre il decennio e comunque perché inidonea a costituire in mora o a diffidare l'azienda al risarcimento dei danni.
4. Avverso la decisione di secondo grado proponeva ricorso per cassazione M.F. affidato a sette motivi, cui hanno resistito con controricorso l'e-distribuzione spa e la Generali Italia spa.
5. Le parti hanno depositato memorie.
 

 

Considerato che

1. I motivi possono essere così sintetizzati.
2. Con il primo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell'art. 360 co. 1 n. 3 cpc, la violazione o falsa applicazione degli artt. 2934 e 2935 cc, in relazione all'art. 2697 cc, per avere la Corte distrettuale applicato in maniera erronea i principi di diritto in tema di decorrenza della prescrizione, nonché in tema di onere e valutazione della prova, avendo scorrettamente ritenuto che tale prescrizione decorresse dal rilascio del certificato medico del P.O. di Popoli e dal curriculum aziendale.
3. Con il secondo motivo si eccepisce, ex art. 360 co. 1 n. 4 cpc, la nullità della sentenza e del procedimento per violazione degli artt. 112, 115, 116, 167 e 132 n. 4 cpc e degli artt. 1218 e 2697 cc e dell'art. 111 Cost., per avere desunto la prescrizione da un documento non dedotto dalle parti e dichiarata cessata la condotta illecita nel 1996, nonostante fosse pacifica e non contestata la sua prosecuzione fino al 2003, violando i principi della domanda, del contraddittorio e della disponibilità delle prove.
4. Con il terzo motivo si obietta, ex art. 360 co. 1 11. 4 cpc, la nullità della sentenza e del procedimento per violazione degli artt. 112, 115,116 e 132 n. 4 cpc, per motivazione inesistente e/o apparente sulla parte principale della domanda (la proseguita condotta illecita fino alla cessazione del rapporto del 2003), nonché per motivazione manifestamente contraddittoria in relazione ai principi di legittimità che affermava avere applicato.
5. Con il quarto motivo si censura, ex art. 360 co. 1 n. 4 cpc, la nullità della sentenza e del procedimento per violazione degli artt. 112, 115 e 116 cpc e degli artt. 1218 e 2697 cc e dell'art. 111 Cost., per avere la Corte distrettuale apoditticamente dedotto l'esonero prima "temporaneo" e poi "definitivo" dalle attività incriminate a partire dal 1997, travisando il senso letterale dei documenti che evidenziano univocamente la loro prosecuzione fino al 2003, smentiti anche dalle prove orali.
6. Con il quinto motivo il ricorrente lamenta, ex art. 360 co. 1 n. 3 cpc, la violazione o falsa applicazione dell'art. 2729 cc, in relazione all'art. 2697 cc, per avere la sentenza impuqnata erroneamente desunto la conoscenza o conoscibilità della rapportabilità causale del danno di una circostanza (rilascio del certificato del P.O. di Popoli) non avente carattere di gravità, precisione e concordanza.
7. Con il sesto motivo il ricorrente si duole, ex art. 360 co. 1 n. 5 cpc, dell'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio costituito dall'avvenuta prosecuzione dell'attività lavorativa presso l'azienda datrice di lavoro fino ad agosto 2003.
8. Con il settimo motivo si deduce, ex art. 360 co. 1 n. 3 cpc, la violazione o falsa applicazione dell'art. 2943 co. 4 cc, per avere la sentenza impugnata errato nel non considerare interruttiva della prescrizione la lettera raccomandata dell'11.11.2008 inviata all'ENEL.
9. Per ragioni di pregiudizialità logico-giuridica deve essere esaminato preliminarmente il settimo motivo, concernente la lettera di messa in mora dell'11.11.2008 inviata all'ENEL dall'odierno ricorrente e, secondo il suo assunto, idonea ad interrompere la prescrizione.
10. Il motivo è inammissibile.
11. Invero, oltre a difettare di specificità perché nella articolazione della doglianza non è riportato l'intero testo della missiva non consentendo, pertanto, a questa Corte una analisi d'insieme e complessiva del contenuto della nota -e ciò per evitare il rischio di un soggettivismo interpretativo da parte del giudice nella individuazione di quali parti di essa siano rilevanti in relazione alla formulazione della censura- va ribadito il principio affermato in sede di legittimità (per tutte Cass. n. 11416/2018) secondo il quale, in tema di interpretazione di un atto di costituzione in mora, la sua natura di atto giuridico in senso stretto (nonché recettizio) non consente l'applicabilità diretta ed immediata dei principi sui vizi del volere e della capacità dettati in tema di atti negoziali, ma legittima il ricorso, in via analoç1ica, alle regole di ermeneutica, in quanto compatibili, de,91i atti negoziali stessi, con la conseguenza che tale attività interpretativa si traduce in un'indagine di fatto istituzionalmente affidata al giudice di merito, censurabile in sede di legittimità nei soli casi di inadeguatezza della motivazione - tale, cioè, da non consentire la ricostruzione dell' "iter" logico seguito dal giudice per giungere all'attribuzione di un certo contenuto (e di una certa significazione) all'atto in esame - ovvero di inosservanza delle norme ermeneutiche compatibili con gli atti giuridici in senso stretto: vizi, questi, non ravvisabili nella motivazione della gravata sentenza.
12. Ciò detto, e venendo allo scrutinio degli altri motivi, che per la loro interferenza possono essere esaminati congiuntamente, deve rilevarsi che gli stessi presentano profili di infondatezza e di inammissibilità.
13. Il principio di diritto da cui muovere è quello indicato nella sentenza di questa Corte (Cass. n. 7272/2011), ripreso poi da altre pronunce (tra cui Cass. n. 9318/2018), ove è stato statuito che la prescrizione del diritto al risarcimento del danno alla salute patito dal lavoratore in conseguenza della mancata adozione da parte del datore di adeguate misure di sicurezza delle condizioni di lavoro, ai sensi dall'art. 2087 cod. civ., decorre dal momento in cui il danno si è manifestato, divenendo oggettivamente percepibile e riconoscibile solo ove l'illecito sia istantaneo, ossia si esaurisca in un tempo definito, ancorché abbia effetti permanenti, mentre ove, l'illecito sia permanente e si sia perciò protratto nel tempo, il termine prescrizionale inizia a decorrere al momento della definitiva cessazione della condotta inadempiente.
14. La Corte distrettuale si è adeguata a tale principio ritenendo, con una indagine di fatto adeguatamente e logicamente motivata, da un lato, che fin dal giugno 1996 il danno ingiustamente subito dal lavoratore a carico del rachide lombosacrale nonché la sua possibile origine professionale erano già oggettivamente riconoscibili e percepibili; dall'altro, evidenziando che, in sostanza, in considerazione di quanto riportato nelle prescrizioni mediche del settembre 1996 e del settembre 1997 (queste ultime a seguito di visita disposta dalla datrice di lavoro), limitative dei compiti assegnati connessi alle mansioni di elettricista provetto di nucleo di distribuzione, non era stata fornita la prova che l'illecito si fosse protratto fino al dicembre 2003; correttamente, pertanto, è stato rilevato il conseguente decorso del termine della prescrizione decennale con riguardo all'epoca di instaurazione del giudizio di primo grado avvenuto in data 24.1.2014.
15. Per completezza deve, infine, sottolinearsi che inammissibile è la asserita violazione dell'art 2697 cod. civ. che si ha, tecnicamente, solo nell'ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l'onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era gravata in applicazione di detta norma, non anche quando, a seguito di una incongrua valutazione delle acquisizioni istruttorie, abbia ritenuto erroneamente che la parte onercita avesse assolto tale onere, poiché in questo caso vi è un erroneo apprezzamento sull'esito della prova, sindacabile in sede di legittimità solo per il vizio di cui all'art. 360, n. 5, cpc (Cass. n. 17313/2020).
16. Le censure articolate ex art. 360 n. 5 cpc incontrano, però, il limite sia della cd. "doppia conforme di cui all'art. 348 ter u.c. cpc, limitatamente agli stessi fatti decisi in modo conforme dai giudici di merito, sia perché deve, in ogni caso, precisarsi che l'art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., riformulato dall'art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv. in I. n. 134 del 2012, ha introdotto nell'ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all'omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione t1·a le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia): nella fattispecie, invece, i fatti storici denunciati risultano esaminati e valutati dalla Corte territoriale in modo, però, differente da quello prospettato da parte ricorrente.
17. In tema di ricorso per cassazione, poi, una censura relativa alla violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma solo se si alleghi che quest'ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d'ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione (Cass. n. 27000/2016; Cass. n. 13960/2014): ipotesi, queste, non ravvisabili nel caso in esame.
18. Inoltre, l'omesso esame di elementi istruttori non integra di per sé il vizio di omesso esame di un fatto decisivo se i fatti storici, come detto nel caso in esame, sono stati comunque presi in considerazione (Cass. n. 19881/2014; Cass. n. 27415/2018) avendo la Corte territoriale motivato, adeguatamente, tanto sul fatto che la riconoscibilità e la percepibilità del danno doveva farsi risalire al giugno 1996, quanto sul disposto esonero dagli anni 1996/1997 di quelle modalità di svolgimento delle prestazioni lavorative ritenute pregiudizievoli, in particolare la movimentazione manuale di carichi pesanti e le posture incongrue che non consentivano di ritenere che la condotta illecita si fosse protratta fino al dicembre 2003.
19. Relativamente a tale meccanismo decisorio, non è ravvisabile alcun vizio del ragionamento presuntivo posto a base della decisione in quanto, nella prova per presunzioni, ai sensi degli artt. 2727 e 2729 cc, non occorre che tra il fatto noto e quello ignoto sussista un legame di assoluta ed esclusiva necessità causale, essendo sufficiente che dal fatto noto sia desumibile univocamente quello ignoto, alla stregua di un giudizio di probabilità basato sull'id quod plerumque accidit, sicché il giudice può trarre il suo libero convincimento dall'apprezzamento discrezionale degli elementi indiziari prescelti, purché dotati dei requisiti legali della gravità, precisione e concordanza (Cass. n. 1163/2020).
20. Va ribadito, solo per completezza, che la valutazione delle risultanze delle prove ed il giudizio sull'attendibilità dei testi, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, il quale è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili, senza essere tenuto ad un'esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti (Cass. n. 16467/2017).
21. Alla stregua di quanto esposto, il ricorso deve essere rigettato.
22. Al rigetto segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, in favore di ciascun controricorrente, che si liquidano come da dispositivo.
23. Ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo.
 

PQM


La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore di ciascun controricorrente, delle spese del presente giudizio che liquida in euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell'Adunanza camerale, il 22 giugno 2022