Cassazione Penale, Sez. 4, 23 novembre 2022, n. 44545 - Subappalto dei lavori di scarico delle tubazioni ad un'impresa non specializzata e infortunio mortale. Responsabilità del datore di lavoro e del capo cantiere dell'impresa affidataria  dei lavori


 

 

Presidente: FERRANTI DONATELLA Relatore: DAWAN DANIELA
Data Udienza: 20/09/2022
 

 

Fatto




1. La Corte di appello di Roma ha confermato l'affermazione di responsabilità pronunciata dal Tribunale di Latina nei confronti di C.P. e A.M. per il reato di cui all'art. 589, comma 2, cod. pen. perché, in cooperazione colposa tra di loro, nelle qualità e sulla base delle condotte di seguito specificate, cagionavano per imperizia, imprudenza e negligenza e con violazione delle norme sulla sicurezza e prevenzione degli infortuni sul lavoro, la morte di A.R., dipendente della società "Sistema Trasporti Piccola Società Cooperativa" a r.l. (sub-affidataria nell'esecuzione dell'appalto di seguito indicato). Questi, dopo aver trasportato presso un cantiere allestito sul litorale di Terracina dalla "Società Italiana Dragaggi s.p.a." (affidataria di opera pubblica per la realizzazione di lavori di ricostruzione, difesa e manutenzione dei litorali laziali) quattro tubi metallici del peso di circa 6 tonnellate ciascuno, mentre si occupava - insieme a C.A.G. - dell'attività di scarico dei suddetti tubi dall'autoarticolato, rimaneva schiacciato da uno di questi, riportando gravi lesioni (trauma pelvico; shock emorragico) che ne determinavano la morte, intervenuta per acuta insufficienza cardiorespiratoria. La Corte territoriale ha altresì confermato, rispetto agli anzidetti due imputati, le statuizioni civili in favore delle parti civili T.F., R. L., R. A. e R. M..
1.2. C.P., nella qualità di amministratore unico della "Società Italiana Dragaggi s.p.a.", in relazione alle violazioni dell'art. 4, commi 1 e 2, d.lgs. n. 626/1994, in relazione all'art. 9, comma 1, lett. c­ bis, d.lgs. n. 494/1996, per aver omesso di valutare e, quindi, di elaborare il relativo documento, i rischi cui erano esposti i lavoratori addetti alla fase dello scarico delle tubazioni metalliche dagli autoarticolati, con individuazione di mezzi, attrezzature e modalità operative atte a garantire l'incolumità dei lavoratori stessi.
1.3. A.M., nella qualità di capo-cantiere e delegato dal C.P. per l'esecuzione delle opere appaltate alla "Società Italiana Dragaggi s.p.a.", in relazione alle violazioni dell'art. 35 d.lgs. n. 626/1994 e per colpa in vigilando per aver messo a disposizione dei lavoratori dipendenti un mezzo (Pala gommata Fiat Hitachi W190, attrezzata con forca) non adeguato al lavoro da svolgere e non idoneo ai fini della sicurezza, in considerazione delle dimensioni delle tubazioni da movimentare (diametro mt. 0,90, lunghezza mt. 12), in quanto privo di dispositivi - tipo pinze di presa serraggio idraulico - che impedissero l'oscillazione delle tubazioni anzidette, dispositivi invero previsti nel Piano Operativo di Sicurezza, nonché per avere omesso di vigilare affinché la fase dello scarico delle tubazioni fosse eseguita dalla società "Special Transport s.r.l. " e/o "Nezzi s.r.l." (società subappaltatrici della "Società Italiana Dragaggi" per lo scarico delle tubazioni) e non da operatore non formato della società "Tradescari s.r .l. " (sub-appaltatrice per la diversa fase della fornitura e posa in opera di materiale di cava) e per aver omesso di nominare un sostituto in grado di esercitare l'attività di vigilanza nel momento in cui si allontanava dal cantiere.

2. La vicenda. Con verbale di licitazione privata del 18/03/2005, la Regione Lazio appaltava alla "Società Italiana Dragaggi" (detta Sidra), il lavoro di difesa e ricostruzione del litorale pontino e manutenzione straordinaria dei litorali laziali. I lavori prevedevano la realizzazione di scogliere con materiale lapideo di grossa pezzatura e l'apporto di sabbia sulle spiagge da ricostruire mediante il prelievo, da apposite cave autorizzate nei fondali marini, di sabbia la quale era veicolata sull'arenile mediante un sistema di pompaggio idraulico, attuato con delle draghe e attraverso una conduttura sottomarina e di grosse dimensioni, costituita da un sistema di tubi saldati tra loro delle dimensioni delle anzidette dimensioni. Per la complessità dell'opera, la ditta appaltatrice Sidra aveva subappaltato i lavori di fornitura e di posa in opera del pietrame necessario alla realizzazione della scogliera alla società "Tradescari s.r.l.", la quale, a sua volta, commissionava il trasporto dal porto di Napoli al cantiere di Terracina dei tubi metallici di dragaggio, necessari alla costruzione della condotta sottomarina, alla società "Nord Est Group s.r.l.", che subappaltava il trasporto alla società "Amendola s.r.l." di Nocera Inferiore, la quale commissionava il trasporto alla Sistemi Trasporti Piccola Società Cooperativa a.r.l., la quale designava A.R. alla conduzione dell'autoarticolato per il trasporto delle tubazioni dal porto di Napoli a Terracina. La Sidra, dal canto suo, commissionava alla ditta "Special Transport" una autogru da 60 tonnellate per lo scarico di tubi dai camion presso il cantiere di Terracina a partire dal 3 gennaio 2006 sino al completamento dei lavori. La Sidra, inoltre, commissionava alla società "Tradescari s.r.l." il nolo di una pala gommata per la movimentazione a terra dei tubi scaricati dall'autoarticolato. L'autogru veniva messa a disposizione dalla "Tradescari s.r.l.", unitamente al conducente, L.G..

2.1. Il 10 gennaio 2006, l'autoarticolato condotto da A.R. giungeva, carico dei tubi metallici, presso il cantiere di Terracina, ove ad attenderlo si trovava a C.A.G. , operaio addetto della Sidra . Durante la fase preliminare allo scarico dei tubi, il telone di copertura dei tubi si bloccava, divenendo così impossibile operare lo scarico degli stessi dall'alto mediante l'utilizzo della autogru, appositamente noleggiata dalla "Tradescari s.r.l." alla Sidra. Il A.R. e il C.A.G., allora, tentavano ugualmente di scaricare le tubazioni metalliche, facendo uso improprio della pala gommata, che avrebbe invece dovuto essere adibita alla movimentazione a terra dei tubi, una volta scaricati dall'auto articolato. Il C.A.G. si poneva alla guida della pala gommata, tentando di agganciare i tubi con le forche di cui era dotato il mezzo, mentre il A.R. si posizionava sul cassone dell'autoarticolato per coadiuvare il primo nelle operazioni di aggancio e scarico dei tubi metallici. Nel tentare di agganciare la prima delle quattro tubazioni presenti sull'autoarticolato, il tubo urtava il piantone anteriore dello stesso e immediatamente dopo, a causa del contraccolpo, urtava quello posteriore, schiacciando il lavoratore A.R. che si trovava sull'autoarticolato. Questi veniva immediatamente elitrasportato all'ospedale di Latina ove decedeva nel pomeriggio dello stesso giorno.

3. I Giudici di merito avevano, in particolare, rilevato come, dall'esame degli atti acquisiti, emergessero carenze del Piano operativo di sicurezza redatto dalla ditta esecutrice Sidra giacché nulla prevedeva sulla fase lavorativa dello scarico delle tubazioni dagli autoarticolati e, quindi, non erano stati presi in considerazione i rischi relativi alla menzionata fase lavorativa. Si accertava, altresì, che C.A.G. , colui che si metteva alla guida della pala gommata priva di un sistema di serraggio idraulico, per scaricare lateralmente rispetto all'autoarticolato i tubi, era stato assunto dalla "Tradescari" soltanto il giorno prima dell'evento da parte della figlia, C.A.G., titolare della ditta, ed era stato inviato sul cantiere senza alcuna preventiva formazione ed informazione circa i rischi presenti sul luogo di lavoro e i corretti comportamenti da seguire per non danneggiare se stesso e gli altri lavoratori. L'A.M. veniva ritenuto responsabile di non aver vigilato sulla fase di scarico delle tubature, perché si era allontanato dal cantiere senza nominare un sostituto ed aveva omesso di verificare che la procedura venisse effettuata dalle società all'uopo incaricate e fosse svolta con macchinari idonei e funzionanti. In sostanza, i Giudici di merito, pur dando atto che la condotta dei due lavoratori, C.A.G. e A.R., era stata imprudente, negligente ed imperita, reputavano che la verificazione dell'infortunio non fosse esclusivamente riconducibile al loro comportamento colposo, giacché l'evento letale costituiva il risultato di una serie di violazioni di norme cautelari, da parte del datore di lavoro: l'omessa previsione della fase di scarico delle tubature nei piani di sicurezza della stazione appaltante e della ditta esecutrice dei lavori; la mancata vigilanza della fase di scarico da parte del capo cantiere; la mancata formazione ed informazione del lavoratore C.A.G., il quale non era addetto allo scaricamento delle tubazioni, essendo egli dipendente della "Tradescari s.r.l.", subappaltatrice per la costruzione delle scogliere.

4. L'avv. Vincenzo Dresda, difensore di fiducia di entrambi gli imputati, articola due distinti atti di ricorso con cui solleva due motivi identici per entrambi gli imputati, di talché unica sarà la loro illustrazione.

5. Due i motivi a sostegno del ricorso del C.P..
5.1. Con il primo motivo, si deduce assenza di motivazione sul punto relativo alla comparazione delle attenuanti generiche con l'aggravante ex art. 589, comma 2, cod. pen. e al trattamento sanzionatorio, oggetto del quinto motivo di appello per C.P., del terzo per A.M.. Con essi, si lamentava il mancato riconoscimento con giudizio di prevalenza rispetto alla anzidetta aggravante delle attenuanti generiche e, comunque, ci si doleva del trattamento sanzionatorio di cui si chiedeva la riduzione, ciò in considerazione dell'accertata circostanza del concorso di colpa della vittima e di altro imputato, C.A.G.. Si rappresentava come il ricorrente avesse avuto un ruolo del tutto marginale nella causazione dell'evento. Già nella parte introduttiva della sentenza, la Corte distrettuale ometteva, tuttavia, di indicare il motivo relativo al trattamento sanzionatorio e alle circostanze attenuanti generiche, limitandosi, nella susseguente parte motiva, ad illustrare le ragioni che giustificavano la conferma del giudizio di responsabilità.
5.2. Con il secondo motivo, si deduce carenza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in punto di mancata ripartizione delle percentuali di responsabilità. Già il primo giudice aveva omesso di quantificare le percentuali di responsabilità di coloro che avevano concorso a causare l'evento, considerato altresì che era risultato accertato che questo fosse stato causato dal concorso prevalente di altro imputato, C.A.G. , nonché della stessa vittima.

6. In data 24/08/2022 è pervenuta, da parte dell'avv. Alessandro Vecchio, difensore del responsabile civile "Tradescari s.r.l.", memoria, corredata di allegati, con cui si comunica la chiusura del fallimento della predetta società.
In data 13/09/2022, è pervenuta memoria dell'avv. Vincenzo Dresda, difensore degli imputati.

7. Il Procuratore generale ha concluso per l'inammissibilità dei ricorsi.


 

Diritto




1. I ricorsi sono inammissibili.

2. Quanto al primo motivo, giova ricordare che l'omesso esame di un motivo di appello non dà luogo a un difetto di motivazione rilevante, a norma dell'art. 606 cod. proc. pen., né determina l'incompletezza della motivazione della sentenza, allorché, pur in mancanza di espressa disamina, il motivo proposto debba considerarsi implicitamente disatteso, in quanto incompatibile con la struttura e con l'impianto della motivazione.
Costituisce infatti ius receptum, nella giurisprudenza di legittimità, il principio secondo il quale la sentenza di merito non deve necessariamente contenere una specifica analisi di tutte le deduzioni delle parti, essendo sufficiente che, anche attraverso una valutazione globale di quelle deduzioni, il giudice spieghi, in modo logico e adeguato, le ragioni del convincimento, dimostrando che ogni elemento decisivo è stato tenuto presente, sì da potersi considerare implicitamente disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata (Sez. 4, n. 26660 del 13/05/2011, Caruso e altro, Rv. 250900 -01). Il giudice di merito, per giustificare la decisione, non deve dunque prendere in esame tutte le tematiche prospettate e le argomentazioni formulate dalle parti ma solo quelle ritenute essenziali per la formazione del suo convincimento, dovendosi considerare implicitamente disattese, alla stregua della struttura argomentativa della sentenza, le prospettazioni di parte non menzionate. In sede di legittimità, quindi, non è censurabile una sentenza per il suo silenzio su una specifica deduzione formulata con il gravame, allorché la stessa debba considerarsi disattesa sulla base della motivazione della sentenza, complessivamente considerata. Per la validità della decisione, non è pertanto necessario che il giudice di merito elabori, nella motivazione, una specifica ed esplicita confutazione della tesi difensiva disattesa, essendo sufficiente, per escludere il ricorrere del vizio di mancanza di motivazione, che il discorso giustificativo segua un itinerario argomentativo che conduca implicitamente alla reiezione della deduzione difensiva (Sez. 4, n. 1149 del 24/10/2005, Mirabilia, Rv. 233187 - 01). Sicché, ove il provvedimento indichi, con adeguatezza e logicità, quali circostanze ed emergenze processuali si siano rese determinanti per la formazione del convincimento del giudice, sì da consentire l'individuazione dell'iter logico­ giuridico seguito per addivenire alla statuizione adottata, non vi è luogo per la prospettabilità del vizio di preterizione (Sez. 2, n. 29434 del 19/05/2004, Candiano ed altri, Rv. 229220 - 01).
Deve, inoltre, evidenziarsi che, nel caso di specie, i motivi di appello sul punto - terzo per A.M. e quinto per C.P. - si appalesano talmente generici e privi della necessaria specificità, per le quali ben può dirsi che la Corte territoriale abbia implicitamente risposto agli stessi, laddove ha puntualmente richiamato i profili di responsabilità colposa degli imputati. Quanto al C.P., la sentenza impugnata - correttamente richiamati i principi che sovrintendono alla delega degli obblighi di prevenzione, assicurazione e sorveglianza, gravanti sul datore di lavoro - ha ritenuto che, nell'ipotesi in disamina, difettassero i requisiti richiesti per la delega di funzioni, poiché la delega conferita dal C.P. all'A.M. era particolarmente ampia ed indeterminata, giacché non riferita a specifici settori del lavoro e, come tale, non idonea a dar luogo ad una successione del secondo nella posizione di garanzia del datore di lavoro, il quale non può ritenersi liberato dall'obbligo su di lui incombente di valutare i rischi per la sicurezza dei lavoratori connessi allo scarico dei materiali. Con riguardo all'A.M., la Corte di merito, richiamata la posizione di garanzia del capo cantiere, concorrente con quella del datore di lavoro, in relazione al dovere di segnalare situazioni di pericolo per l'incolumità dei lavoratori ed impedire prassi lavorative contra legem, ha osservato che l'A.M. si è reso responsabile dell'omessa segnalazione al proprio datore di lavoro e alle imprese subappaltatrici all'esecuzione dello scarico dei tubi metallici che l'attività di scarico dei tubi sarebbe stata svolta da un'impresa non specializzata nello scarico dei materiali, come la "Tradescari", la quale doveva occuparsi soltanto della movimentazione a terra delle tubazioni per la loro successiva lavorazione, atteso che le imprese subappaltatrici per lo scarico dei materiali erano formalmente la "Special Transport" e la "Nezzi". Il capo cantiere, si legge ancora in sentenza, non poteva certamente dirsi ignaro del fatto che l'attività lavorativa in questione fosse stata subappaltata dalla "Sidra" a due imprese specializzate, avendo egli, tra l'altro, una delega alla organizzazione del lavoro pure in materia civile. In particolare, si rimprovera all'A.M. di non avere segnalato la situazione di incompetenza tecnica ad operare dell'impresa "Tradescari", alla quale erano stati di fatto subappaltati i lavori di scarico oltre a quelli di movimentazione a terra dei tubi, e di essersi mostrato quiescente rispetto alla scelta tecnica e giuridica operata dal datore di lavoro di avvalersi, per la delicata fase di scarico dei materiali, di una ditta non specializzata, quale la "Tradescari" . In questa scelta congruamente la Corte di appello ravvisa il nucleo della sua colpa, affermando che, se il lavoro fosse stato compiuto da dipendenti specializzati in materia di scarico, con ragionevole probabilità, l'evento non si sarebbe verificato. In sostanza, la Corte di appello rileva che l'atteggiamento inerte ed omissivo dell'A.M. rispetto all'affidamento in subappalto dei lavori di scarico delle tubazioni ad un'impresa non specializzata, rappresenta la manifestazione concreta, a valle, della delibera adottata dall'amministratore dell'impresa appaltatrice, il C.P., che aveva affidato, di fatto, contro ogni criterio di competenza e di ragionevolezza, i lavori di scarico alla predetta "Tradescari" anziché alle ditte specializzate alle quali erano stati formalmente subappaltati i lavori di trasporto e scarico della tubazioni. Il C.P. fu, dunque, colui che «deliberò scientemente di non avvalersi di imprese specializzate nei trasporti speciali nello scarico... cosicché il preposto al cantiere A.M. si uniformò acriticamente a detta scelta imprenditoriale, affidando alla Tradescari e alla Piccola cooperativa di cui era dipendente il A.R. l'intera operazione, per di più assentandosi dal cantiere senza nominare un sostituto che vigilasse ed intervenisse ad impedire che fossero attuate delle prassi di scaricamento improprie e lasciando all'iniziativa di personale non specializzato di scegliere le modalità di scaricamento in presenza di un'avaria dell'autocarro».
Nella specie, dunque, il Giudice di appello ha comunque implicitamente valutato la congruità della pena irrogata agli imputati, avendo illustrato in maniera adeguato la citata gravità dei fatti.

3. Parimenti inammissibile anche il secondo motivo dei ricorsi, giacché inconferente ed eccentrico rispetto alla decisione di merito. I Giudici di merito, pur rimarcando comportamenti imprudenti della vittima e dell'altro lavoratore, C.A.G., non hanno mai affermato, nel dispositivo delle rispettive sentenze, un loro concorso di colpa. Peraltro, essendo stati gli imputati condannati al risarcimento dei danni in favore delle parti civili costituite da liquidarsi in sede civile, la questione prospettata nell'odierno ricorso potrà eventualmente essere rimessa al giudice civile.

4. Alla dichiarazione di inammissibilità dei ricorsi segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende, nonché alla rifusione delle spese di costituzione delle parti civili T.F., R. L., R. A., R. M. nel presente giudizio di legittimità che vanno liquidate in complessivi euro 4800,00 oltre accessori come per legge.

 

P.Q.M.
 



Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende nonché alla rifusione delle spese di costituzione delle parti civili T.F., R. L., R. A., R. M. nel presente giudizio di legittimità che liquida in complessivi euro 4800,00 oltre accessori come per legge.
Così deciso il 20 settembre 2022