Cassazione Civile, Sez. 6, 01 dicembre 2022, n. 35384 - Diritto alla rivalutazione contributiva per esposizione ad amianto. Domanda amministrativa


 

 

Presidente: ESPOSITO LUCIA
Relatore: BELLE' ROBERTO Data pubblicazione: 01/12/2022
 

 

Ritenuto che


1. A.V., A.B.e L.M.Z. hanno agito, unitamente ad altri dipendenti della Fonderghisa s.p.a., al fine di sentir riconoscere, nei confronti dell’INPS, il proprio diritto alla rivalutazione contributiva per esposizione ad amianto, secondo il disposto dell’art. 13, co. 8, L. 257/1992;
2. il Tribunale di Isernia ha dichiarato improponibili i ricorsi, per mancata presentazione della domanda amministrativa, ma la sentenza è stata parzialmente riformata dalla Corte d’Appello di Campobasso, che ha confermato la pronuncia di improponibilità quanto agli odierni ricorrenti, accogliendo invece le domande degli altri litisconsorti;
3. in estrema sintesi e salvo quanto più di dettaglio sarà detto in prosieguo, la Corte territoriale ha ritenuto che, nonostante lo smarrimento delle domande presentate, con un unico protocollo di deposito presso l’INPS e per plurimi dipendenti, dal sindacato FIM – CISL, l’istruttoria svolta consentisse di ritenere che vi fosse stata effettiva presentazione di esse, ma che ciò non potesse valere per gli odierni ricorrenti, stante l’incongruenza riscontrata rispetto a quanto dai medesimi prodotto in causa, con riferimento al fatto che i documenti di identità risultavano di datazione successiva rispetto alla delega al sindacato per l’assistenza in quella pratica;
4. A.V., A.B. e L.M.Z. hanno proposto ricorso per cassazione con tre motivi, resistiti da controricorso dell’INPS;
5. la proposta del relatore è stata comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.;

6. i ricorrenti hanno depositato memoria;

 

Considerato che


1. il primo motivo di ricorso è rubricato come «omessa e\o insufficiente e\o apparente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia» con il richiamo all’art. 132 n. 4 c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c.
2. il motivo è sviluppato, con riferimento al caso di specie, sostenendo che il giudice del merito non avrebbe risposto alle deduzioni difensive svolte e non avrebbe spiegato le ragioni che avrebbero portato a desumere dalla ritenuta incongruenza documentale la mancata proposizione della domanda amministrativa, tutto fondando sulla mera illazione per cui la predetta incongruenza riguardante i documenti di identità avrebbe inficiato la domanda amministrativa e ciò nonostante il documento di identità non sia elemento costitutivo del mandato ad agire al sindacato e nonostante l’INPS non avesse contestato con querela di falso la produzione documentale eseguita;
3. il secondo motivo afferma la «violazione e falsa applicazione di prove decisive in violazione dell’art. 116 c.p.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., contraddittoria motivazione, violazione ed errata applicazione dell’art. 421 c.p.p., in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c.»;
4. il motivo si articola attraverso il rilievo ordine al fatto che la Corte territoriale avrebbe valorizzato per alcune delle parti i documenti e le prove testimoniali raccolte, mentre per gli odierni ricorrenti, sulla base della già denunziata illazione, quei riscontri sarebbero stati trascurati e ciò senza alcuna motivazione al riguardo;
5. sotto un ulteriore profilo i ricorrenti lamentano che non sia stata accolta l’istanza di acquisizione, anche in forza dei poteri officiosi propri del giudice del lavoro, delle risultanze del procedimento penale radicatosi a seguito della denuncia sporta, in ragione delle incongruenze documentali ravvisate, dal giudice di primo grado e tuttavia chiusosi con l’archiviazione per irrilevanza della notizia di reato;
6. i due motivi, stante la loro connessione logica, vanno esaminati congiuntamente;
7. riprendendo quanto già accennato con lo storico di lite, si rileva come sia pacifico che presso l’INPS sia risultato un protocollo da cui emergeva l’avvenuto deposito cumulativo di 59 domande amministrative per i benefici amianto ad opera del sindacato FIM CISL Molise, istanze che però non risultano poi più reperite, per ragioni ignote;
8. la Corte territoriale, sulla base dell’istruttoria svolta, ha ritenuto che l’esistenza di mandati rilasciati dai lavoratori alla sede sindacale per la presentazione di quelle domande o comunque per l’assistenza rispetto alla pratica, corroborata dalla prova testimoniale raccolta in cui il sindacalista aveva confermato il deposito cumulativo di quegli atti, potesse far ritenere raggiunta la prova della presentazione della necessaria istanza amministrativa finalizzata al beneficio poi rivendicato giudizialmente e ciò anche perché l’INPS non aveva contestato che i ricorrenti, sommati agli altri ex dipendenti che avevano affermato di avere presentato la domanda con quelle modalità non corrispondessero a 59;
9. tale ragionamento non è stato invece seguito per gli odierni ricorrenti, in quanto la Corte ha evidenziato come le deleghe sindacali dagli stessi depositate fossero corredate di documenti di riconoscimento rilasciati o rinnovati successivamente alla data portata dalle stesse deleghe, il che faceva sorgere – sostengono i giudici di appello - più di un dubbio circa l’autenticità della produzione;
10. va intanto escluso che quella sopra riportata sia motivazione apparente o intrinsecamente contraddittoria;
11. l’apparenza è esclusa dall’ordine logico dell’argomentazione sopra riportata e tratta direttamente dal provvedimento impugnato;
12. quanto all’asserita contraddittorietà, essa non ricorre, perché la Corte di merito ha ritenuto che i dubbi sorti rispetto alla bontà della delega alla presentazione della domanda, indotti dalla incongruenza della data di essa, in quanto anteriore ai documenti di identità alla stessa allegati, non consentissero di sviluppare il medesimo ragionamento svolto per gli altri ricorrenti sulla base del combinarsi univoco del dato documentale, numerico e testimoniale;
13. tale valutazione costituisce esercizio del potere giudiziale di convincimento rispetto ai dati istruttori che ha portato, a fronte di elementi di dubbiezza suscitati dalle incongruenze documentali ravvisate, ad una conclusione diversa, per insufficienza in tal caso a comportare la maturazione di analogo convincimento, per quanto riguardava gli odierni ricorrenti;
14. del resto non può affermarsi che si tratti di valutazioni intrinsecamente implausibili, in quanto esse sono semplicemente destinate ad attribuire minor portata probatoria, in un giudizio fortemente valutativo e in sé non sindacabile in questa sede perché riguardante un non irrazionale apprezzamento delle prove, al fatto che la data della delega fosse anteriore a quella del documento di identità, evidentemente fornito al fine di asseverare in qualche modo l’autenticità e la paternità di quella stessa delega, e ciò è del tutto assorbente, pur potendosi anche osservare ad abundantiam che il ricorso per cassazione neppure afferma che, in ipotesi ed al fine di indurre più specifici dubbi, quei documenti recassero una datazione intermedia tra il rilascio di quella delega (9.10.2010) e il deposito della domanda amministrativa (28.1.2011);
15. non è poi, come si dice nel ricorso per cassazione, che la Corte territoriale abbia attribuito efficacia di piena prova a quell’incongruenza;
16. essa ha invece ritenuto che, stante anche l’onere probatorio gravante sulla parte tenuta a proporre la domanda amministrativa, gli elementi raccolti – lo si ripete - non fossero, proprio per tale incongruenza, idonei a suffragare quel convincimento, in quanto la conclusione maturata in favore degli altri litisconsorti si era sviluppata su base complessivamente indiziaria, attraverso la combinazione di più elementi istruttori, che però non risultavano tutti parimenti coesistenti, per le ragioni valorizzate dalla Corte rispetto all’attendibilità delle deleghe, con riferimento agli odierni ricorrenti per cassazione;
17. d’altra parte, trattandosi in ipotesi di valorizzare la datazione di una scrittura privata (la delega a favore del sindacato) nei riguardi di un soggetto estraneo (l’INPS) è evidente che non vi era necessità di querela di falso per disconoscere tali effetti, stante il fatto che la scrittura privata – a meno di circostanze particolari che qui non ricorrono – ai sensi dell’art. 2704 c.c. non fa prova sul punto nei riguardi dei terzi;
18. così come non rilevante è dire che la Corte territoriale non abbia considerato che il documento di identità non sarebbe requisito di validità della delega;
19. la Corte ha fatto un diverso ragionamento e cioè ha ritenuto che, associandosi quei documenti a quella delega, restava incerta l’effettiva autenticità di quest’ultima, quanto anche a datazione, il che rende irrilevante la questione sulla ipotetica validità giuridica di essa, di interesse solo qualora tale delega fosse stata ritenuta autentica;
20. non è del resto ammessa in sede di legittimità – lo si ribadisce, anche in riferimento alla prospettata ipotesi che quei documenti andassero intesi come ratifica ex post di quelle deleghe - la mera proposizione coi motivi di una diversa lettura dei dati istruttori, in quanto la loro valutazione è destinata al giudice del merito (C., S.U., 34476/2019; C., S.U., 24148/2013);
21. infine, quanto alla questione sull’esercizio dei poteri istruttori ed all’acquisizione dei documenti riguardanti il procedimento penale, dal ricorso per cassazione si sa soltanto che vi fu archiviazione per «irrilevanza della notizia di reato», ma i contorni esatti restano indefiniti e quindi risulta insondabile il rilievo di quanto ivi accaduto, non potendosi avallare – tanto meno in sede di legittimità - un’istanza meramente esplorativa e dagli esiti incerti (C. 22628/2019);
22. i motivi vanno quindi complessivamente disattesi;
23. il terzo motivo adduce la violazione e\o falsa applicazione dell’art. 152 disp. att. c.p.c. per essersi condannato i ricorrenti al rimborso delle spese in favore dell’INPS pur avendo essi presentato unitamente al ricorso introduttivo apposita documentazione sostitutiva della situazione reddituale ex art. 46 d.p.r. 445/2000;
24. anche tale motivo va disatteso;
25. esso non precisa infatti se quella rilasciata fosse autocertificazione ai fini dell’esenzione dal pagamento della contribuzione unificata o ai fini dell’esenzione dalla condanna alle spese, trattandosi di fattispecie diverse, anche quanto a limiti di reddito (inferiori o pari a due volte il c.d. reddito imponibile, per l’esenzione dalla condanna alle spese secondo quanto previsto dall’art. 152 disp. att. c.p.c.; inferiori o pari a tre volte tale reddito, nell’altro caso, ai sensi dell’art. 9, co. 1-bis, d.p.r. 115/2002) ed a presupposti specifici (dovendo contenere la dichiarazione di esenzione per le spese anche l’impegno formale a comunicare le eventuali future variazioni dei redditi a venire);
26. con la memoria i ricorrenti hanno del resto affermato di avere rilasciato «apposita dichiarazione sostitutiva della situazione reddituale ex artt. 46 DPR n. 445/2000, per cui in tutti i detti gradi del giudizio, compreso quello attuale, è stato esonerato dal pagamento del contributo unificato, e in particolare, per il giudizio che ci occupa, solo onerati di pagare il Contributo integrativo fisso di € 200,00 art. 13 co. 2 bis T.U. per di spese di giustizia», ovverosia proprio la dichiarazione per l’esenzione dal contributo e non quella per l’esenzione dal rimborso delle spese di soccombenza alla controparte che, come detto, sono cose diverse, sia quanto a misura del reddito (necessariamente inferiore nel caso che qui interessa rispetto a quello rilevante per la dichiarazione che si assume essere stata fatta), sia quanto a requisiti (impegno a comunicare le variazioni);

27. alla reiezione del ricorso segue la regolazione secondo soccombenza delle spese di lite del giudizio di legittimità;

 

P.Q.M.
 



La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento in favore della controparte delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 3.000,00 per compensi ed euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali in misura del 15 % ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.p.r. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.

Roma, così deciso nella camera di consiglio del 22.9.2022.