Cassazione Civile, Sez. Lav., 02 dicembre 2022, n. 35499 - Patema d'animo sofferto dalla lavoratrice della Costa concordia. Risarcimento del danno non patrimoniale



Presidente Raimondi – Relatore Garri

 

Rilevato che:

1. La Corte di appello di Genova ha confermato la sentenza del Tribunale della stessa città che decidendo sul ricorso proposto da M.S.I. nei confronti di Cruise Ships Catering and Services International N. V. e Costa Crociere s.p.a. aveva condannato le convenute al pagamento in suo favore della somma di Euro 20.893,50 oltre interessi e rivalutazione dalla sentenza al saldo a titolo di risarcimento del danno subito a seguito del naufragio della m/n (omissis) ed al rimborso della somma di Euro 1.176,00 per spese mediche rigettando le altre domande sulla quale la M.S. era imbarcata quale addetta ai servizi di cabina.

2. La Corte territoriale ha rammentato che il danno morale rivendicato dalla ricorrente, a titolo di risarcimento delle sofferenze patite in conseguenza del naufragio, era stato considerato dal primo giudice che aveva proceduto ad una personalizzazione del danno applicando le Tabelle di Milano, che nel calcolo del punto già comprendono il danno per sofferenze morali, aumentandolo nella misura massima consentita del 50% di tal che non vi erano elementi per poter riconoscere una ulteriore maggiorazione. Con riguardo al danno da lesione del diritto alla libertà e del diritto alla dignità la Corte di merito ha evidenziato che tale danno non era stato neppure prospettato nel ricorso di primo grado e che comunque la prospettazione in appello era generica sicché non era possibile fondare su di essa il diritto ad un ulteriore ed autonomo risarcimento del danno non patrimoniale.

3. Per la cassazione della sentenza ha proposto tempestivo ricorso M.S.I. affidato a sei motivi ed illustrato da memoria. Cruise Ships Catering and Services International N. V. e Costa Crociere s.p.a. hanno resistito con tempestivi controricorsi ed hanno depositato memorie illustrative.

 

Considerato che:

4. Con il primo motivo di ricorso parte ricorrente, deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 2056,1226 e 1223 c.c., censura la sentenza impugnata per avere, in sintesi, ritenuto che la liquidazione del danno sulla base della massima personalizzazione prevista dalle tabelle predisposte dal Tribunale di Milano operata dal giudice di primo grado, ristorasse l'intero danno sofferto dalla lavoratrice; al contrario, secondo

parte ricorrente, la liquidazione operata non teneva conto del pregiudizio subito dalla lavoratrice, esterno al danno non patrimoniale connesso alla diminuzione dell'integrità psico fisica, rappresentato dal coinvolgimento nel naufragio della nave (omissis) e dalla connessa sofferenza legata al protratto timore, per diverse ore, per la propria sopravvivenza.

5. Con il secondo motivo, deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 2059,2056,1226 e 1223 c.c., censura la sentenza impugnata per avere, nell'ambito del complessivo risarcimento attribuito alla lavoratrice, quantificato la componente ascritta al danno non patrimoniale cd. morale, in Euro 4.689,50, somma che assume non corrispondente alla concreta gravità ed incidenza del pregiudizio sofferto; in particolare evidenzia che le tabelle milanesi tengono conto, con effetti fortemente diminuenti, dell'età del soggetto danneggiato laddove quest'ultima non era destinata ad assumere in concreto alcuna rilevanza nella valutazione del danno scaturente dal coinvolgimento in un evento drammatico e straordinario come il naufragio.

6. Con il terzo motivo di ricorso, deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 2059 e 2087 c.c. e dell'art. 185 c.p., censura la sentenza impugnata per avere limitato il risarcimento del danno non patrimoniale al pregiudizio alla salute e non anche all'ulteriore danno connesso al fatto di essere la lavoratrice rimasta vittima di un grave reato e di avere subito la compressione dei propri diritti inviolabili della persona - ulteriori rispetto a quello alla salute - di cui agli artt. 2 e 4 Cost..

7. Con il quarto motivo deduce nullità della sentenza e del procedimento per violazione e falsa applicazione dell'art. 132 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c.. Denunzia, in sintesi, apparenza di motivazione per avere il giudice di appello da un lato riconosciuto che il danno liquidato comprendeva anche la sofferenza patita legata al naufragio e dall'altro ancorato l'entità del risarcimento all'entità delle lesioni personali. Il giudice di merito avrebbe dovuto fornire adeguata motivazione in ordine alla natura integralmente satisfattiva del danno liquidato sulla base di tabelle milanesi.

8. Con il quinto motivo di ricorso deduce error in procedendo per violazione degli artt. 414 e 437 c.p.c. nonché degli artt. 112 e 115 c.p.c.; censura la sentenza impugnata per avere ritenuto che il riferimento alla lesione al diritto di libertà e alla dignità personale sarebbe stato formulato solo in secondo grado e per avere affermato la genericità delle deduzioni di primo grado in punto di danno morale; assume, mediante richiami al contenuto del ricorso introduttivo, che la errata interpretazione delle domande aveva determinato violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato ed evidenzia che i fatti dedotti in domanda non erano stati specificamente contestati dalle controparti; irrilevante la mancata denunzia in prime cure dell'avvenuta lesione della propria dignità personale posto che stante il rilievo penale degli eventi alla base della domanda, la risarcibilità del danno ad essi connesso doveva considerarsi pacifica ai sensi dell'art. 2059 c.c. e art. 185 c.p.; sussistevano quindi presupposti per la richiesta di autonomo risarcimento ex art. 2059 c.c..

9. Con il sesto motivo deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 2697,2727 e 2729 c.c. nonché degli artt. 115 e 116 c.p.c. censurando la sentenza impugnata per avere respinto la domanda di risarcimento dell'ulteriore danno in quanto ritenuta generica; il giudice di appello non aveva considerato che le allegazioni difensive della ricorrente non erano state contestate per cui dovevano ritenersi provate ed inoltre, alcune, da ritenersi notorie ai sensi dell'art. 115 c.p.c. per il rilievo avuto negli organi di stampa del naufragio della società.

10. I motivi possono essere esaminati congiuntamente, per connessione, in quanto tutti intesi a denunziare, sotto vari profili, il mancato riconoscimento del danno non patrimoniale, asseritamente ulteriore rispetto a quello attribuito dal giudice di appello, danno collegato al patema connesso al coinvolgimento nella tragica vicenda del naufragio della motonave (omissis) della Costa Crociere s.p.a..

10.1. La Corte di merito ha motivato il rigetto dell'appello della lavoratrice mediante richiamo a proprio precedente. In esso si dava atto che il giudice di primo grado aveva tenuto conto della innegabile gravità e drammaticità dei fatti concedendo in sede di liquidazione del danno biologico la massima personalizzazione prevista dalle tabelle milanesi.

Tanto valeva a risarcire il paterna d'animo per gli avvenimenti nei quali la lavoratrice era rimasta coinvolta; la deduzione del pregiudizio connesso al diritto alla libertà ed alla dignità era tardiva in quanto formulata solo in sede di appello, mentre in primo grado parte ricorrente si era limitata a chiedere il risarcimento del danno alla salute e del danno morale connesso all'esperienza vissuta ed alle conseguenze che ne erano derivate, in termini del tutto generici, inidonei a configurare un'autonoma voce di danno non patrimoniale.

10.2. Tanto premesso, rileva il Collegio che questa Corte ha già esaminato le censure oggetto del presente ricorso in relazione ad altre controversie relative a dipendenti in servizio sulla (omissis) al momento del naufragio (cfr. Cass. 31358, 31367, 31583 e 35015 del 2021) e in questo giudizio non sono prospettate ragioni per discostarsi da quelle decisioni.

10.3. Deve essere esaminata con priorità la censura sviluppata con il quarto motivo di ricorso, che denunzia apparenza di motivazione, che, ove accolta, avrebbe carattere dirimente, e la si è però ritenuta condivisibilmente infondata sul rilievo che la Corte di merito è chiara nell'affermare che il danno collegato al "paterna d'animo" connesso al coinvolgimento nel grave naufragio della motonave (omissis) era stato ristorato attraverso la personalizzazione nella misura massima del danno biologico e che ulteriori e diverse voci di danno non patrimoniale non avevano costituito oggetto di rituale e tempestiva allegazione.

10.4. Il quinto motivo di ricorso, che denunzia un error in procedendo ed il cui esame è logicamente successivo a quello del quarto motivo, quinto motivo, con il quale si sostiene che la errata interpretazione della originaria domanda da parte del giudice di appello aveva comportato la violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, è inammissibile per difetto di specificità. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, qualora si assuma che la inesatta interpretazione della domanda abbia determinato un vizio riconducibile ad error in procedendo del giudice di merito (Cass. n. 11103 del 2020, n. 25259 del 2017, n. 12022 del 2003), il giudice di legittimità non deve limitare la propria cognizione all'esame della sufficienza e logicità della motivazione con cui il giudice di merito ha vagliato la questione, ma è investito del potere di esaminare direttamente gli atti ed i documenti sui quali il ricorso si fonda, purché la censura sia stata proposta dal ricorrente in conformità alle regole fissate al riguardo dal codice di rito ed oggi quindi, in particolare, in conformità alle prescrizioni dettate dall'art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4 (cfr. tra le altre, Cass. Sez. Un. 8077 del 2012, Cass. n. 25308 del 2014, n. 8069 del 2016). Parte ricorrente non ha assolto a tale onere in quanto la tecnica di redazione del ricorso per cassazione, caratterizzata dalla trascrizione solo di alcune frasi o brevi periodi della originaria domanda, riferiti alle deduzioni e richieste connesse al pregiudizio denunziato, trascrizione alternata a considerazioni valutative della parte ricorrente, impedisce al Collegio di avere adeguata contezza dell'apparato allegatorio della originaria domanda in relazione all'ulteriore pregiudizio del quale si denunzia il mancato ristoro, alle conclusioni formulate a riguardo e all'articolazioni dei mezzi istruttori destinate a sostenerle; nè a tal fine può farsi utile riferimento alla parte che nella illustrazione del motivo è dedicata alla analitica trascrizione delle circostanze dedotte in ricorso relative al naufragio - circostanze che si assumono non contestate da controparte - in quanto non è chiarita la cornice giuridica nella quale le stesse dovevano essere inquadrate in funzione della domanda proposta. In particolare, premesso che tali circostanze fattuali si configurano come astrattamente idonee a fondare anche la domanda di risarcimento del danno alla salute, costituiva onere dell'odierna parte ricorrente, onere in concreto non assolto, dimostrare che tale compendio di allegazioni era destinato a sorreggere anche la domanda di danno morale connesso al pregiudizio derivante ex se dal coinvolgimento nel tragico naufragio della motonave (omissis).

10.5. Le ulteriori censure articolate sono infondate alla luce della giurisprudenza di questa Corte alla quale si ritiene di dare continuità. Va rammentato che le Sezioni Unite di questa Corte, con le sentenze nn. 26972 e 26975 dell'11.11.2008, hanno posto in rilievo il carattere unitario del danno non patrimoniale, quale categoria giuridica distinta da quella del danno patrimoniale, incasellando in essa, al fine di evitare duplicazioni risarcitorie, tutte le diverse "voci" elaborate dalla dottrina e dalla giurisprudenza (danno estetico, danno esistenziale, danno alla vita di relazione, ecc.) che non richiedono uno specifico ed autonomo statuto risarcitorio (inteso come metodologia dei criteri liquidatori per equivalente), ma possono venire in considerazione solo in sede di adeguamento del risarcimento al caso specifico, attraverso il meccanismo della cd. personalizzazione; si è affermato che, in tema di liquidazione del danno non patrimoniale, ai fini della c.d. "personalizzazione" del danno forfettariamente individuato (in termini monetari) attraverso i meccanismi tabellari cui la sentenza abbia fatto riferimento (e che devono ritenersi destinati alla riparazione delle conseguenze "ordinarie" inerenti ai pregiudizi che qualunque vittima di lesioni analoghe normalmente subirebbe), spetta al giudice far emergere e valorizzare, dandone espressamente conto in motivazione in coerenza alle risultanze argomentative e probatorie obiettivamente emerse ad esito del dibattito processuale, specifiche circostanze di fatto, peculiari al caso sottoposto ad esame, che valgano a superare le conseguenze "ordinarie" già previste e compensate dalla liquidazione forfettizzata assicurata dalle previsioni tabellari; da queste ultime distinguendosi siccome legate all'irripetibile singolarità dell'esperienza di vita individuale nella specie considerata, caratterizzata da aspetti legati alle dinamiche emotive della vita interiore o all'uso del corpo e alla valorizzazione dei relativi aspetti funzionali, di per sé tali da presentare obiettive e riconoscibili ragioni di apprezzamento...meritevoli di tradursi in una differente (più ricca e, dunque, individualizzata) considerazione in termini monetari, rispetto a quanto suole compiersi in assenza di dette peculiarità (v. Cass. n. 21939 del 2017, n. 27482 del 2018, n. 10912 del 2018, n. 2788 del 2019). Riguardo al danno morale soggettivo, si è affermato che esso costituisce una voce di pregiudizio non patrimoniale, ricollegabile alla violazione di un interesse costituzionalmente tutelato, ontologicamente distinta dal danno biologico e dal danno nei suoi aspetti dinamico relazionali, con la conseguenza che va risarcito autonomamente, ove provato, senza che ciò comporti alcuna duplicazione (v. Cass. n. 24075 del 2017; n. 901 del 2018).

10.6. È compito del giudice di merito, una volta identificata la situazione soggettiva protetta a livello costituzionale, "rigorosamente valutare, sul piano della prova, tanto l'aspetto interiore del danno (c.d. danno morale), quanto il suo impatto modificativo in pejus con la vita quotidiana (il danno c.d. esistenziale, o danno alla vita di relazione, da intendersi quale danno dinamico-relazionale), atteso che oggetto dell'accertamento e della quantificazione del danno risarcibile - alla luce dell'insegnamento della Corte costituzionale (sentenza n. 235 del 2014) e del recente intervento del legislatore (artt. 138 e 139 C.d.A., come modificati dalla legge annuale per il Mercato e la Concorrenza del 4 agosto 2017 n. 124) - è la sofferenza umana conseguente alla lesione di un diritto costituzionalmente protetto, la quale, nella sua realtà naturalistica, si può connotare in concreto di entrambi tali aspetti essenziali, costituenti danni diversi e, perciò, autonomamente risarcibili, ma solo se provati caso per caso con tutti i mezzi di prova normativamente previsti" (Cass. n. 901 del 2018 cit.; v. anche Cass. n. 23469 del 2018; n. 11851 del 2015). In coerenza con tale linea si è escluso che costituisca duplicazione la congiunta attribuzione del "danno biologico" e di una ulteriore somma a titolo di risarcimento dei pregiudizi che non hanno fondamento medico-legale, perché non aventi base organica ed estranei alla determinazione medico-legale del grado di percentuale di invalidità permanente, rappresentati dalla sofferenza interiore (quali, ad esempio, il dolore dell'animo, la vergogna, la disistima di sé, la paura, la disperazione). Ne deriva che, ove sia dedotta e provata l'esistenza di uno di tali pregiudizi non aventi base medico-legale, essi dovranno formare oggetto di separata valutazione e liquidazione (v. Cass. n. 7513 del 2018; n. 4878 del 2019).

10.7. Poste tali premesse, deve ritenersi, in relazione al caso di specie, che la Corte di merito si sia attenuta ai principi appena richiamati avendo mostrato di prendere in considerazione in sede di determinazione del risarcimento del danno, specificamente "il patema d'animo" vale a dire il turbamento psichico scaturito dal pericoloso incidente nel quale l'originaria ricorrente era rimasta coinvolta.

10.8. La Corte di merito ha quindi riconosciuto e liquidato il danno morale soggettivo quale autonoma voce di pregiudizio non patrimoniale e il dato della avvenuta liquidazione di tale danno morale attraverso la massima personalizzazione prevista dalle Tabelle milanesi, in quanto utilizzato come parametro ai fini della valutazione equitativa, non fa venir meno la conformità della decisione ai principi sopra enunciati.

10.9. Da tanto deriva che le censure mosse dall'attuale ricorrente si rivelano infondate, là dove presuppongono il mancato riconoscimento del danno morale, e inammissibili nella parte in cui mirano in sostanza a criticare la misura della liquidazione del danno morale, che si assume non adeguatamente parametrata al carattere catastrofale dell'incidente in cui la predetta è stata coinvolta, anche rispetto a quanto riconosciuto come provvisionale alle parti civili costituite nel giudizio penale.

10.10. La valutazione equitativa del danno, in quanto inevitabilmente caratterizzata da un certo grado di approssimatività, è suscettibile di rilievi in sede di legittimità, sotto il profilo del vizio della motivazione, solo se difetti totalmente di giustificazione o si discosti sensibilmente dai dati di comune esperienza, o sia fondata su criteri incongrui rispetto al caso concreto o radicalmente contraddittori, ovvero se l'esito della loro applicazione risulti particolarmente sproporzionato per eccesso o per difetto (v. Cass. n. 1529 del 2010; n. 13153 del 2017); questa Corte ha considerato viziata la motivazione della sentenza che, nell'effettuare la liquidazione equitativa del danno morale, non si riferisca alla gravità del fatto, alle condizioni soggettive della persona, all'entità della sofferenza e del turbamento d'animo, in quanto la stessa si pone al di fuori del fondamento e dei limiti di cui all'art. 1226 c.c. così da rendere impossibile il controllo dell'"iter" logico seguito dal giudice di merito nella relativa quantificazione (Cass. n. 21087 del 2015).

10.11. Tali carenze non sono riscontrabili nella sentenza impugnata che, facendo propria la pronuncia sul punto del primo giudice, ha esplicitato il criterio di liquidazione adottato, giudicando la massima personalizzazione applicata adeguata a ristorare il patema d'animo sofferto dalla ricorrente nella tragica esperienza del naufragio, giungendo ad una somma non irrisoria e non avulsa dai canoni di comune esperienza. Non appare illogico nè incongruo parametrare l'entità del turbamento psichico transitorio vissuto nei momenti del naufragio alla massima gravità delle conseguenze sulle dinamiche relazionali e sul fare areddituale del soggetto, indotte dal danno biologico permanente sofferto.

11. In base alle considerazioni che precedono il ricorso deve essere respinto. Le spese di lite sono regolate secondo il criterio della soccombenza, con liquidazione come in dispositivo. Sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

P.Q.M.



La Corte rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio che liquida in favore di ciascuna delle parti costituite in Euro 2.000,00 per compensi professionali, Euro 200,00 per esborsi, 15% per spese forfetarie oltre agli accessori dovuti per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell'art. 13, comma 1 bis, citato D.P.R., se dovuto.