Tribunale di Brescia, Sez. Lav., 17 novembre 2022, n. 153 - Vaccinazioni anti SARS-CoV-2. Esclusione da tali obblighi del personale che svolge attività lavorativa con contratti esterni






Ordinanza del 17 novembre 2022 del Tribunale di Brescia nel procedimento civile promosso da S.F. contro A.S.S.T. degli S.C. di B..




Salute (Tutela della) - Profilassi internazionale - Vaccinazioni anti SARS-CoV-2 - Previsione di obblighi vaccinali per il personale che svolge a qualsiasi titolo la propria attività lavorativa nelle strutture di cui all'art. 8-ter del d.lgs. n. 502 del 1992 (nel caso di specie: dipendente di azienda socio sanitaria territoriale inquadrata come impiegata assistente amministrativa) - Esclusione da tali obblighi del personale che svolge attività lavorativa con contratti esterni - Previsione che la vaccinazione costituisce requisito essenziale per lo svolgimento delle attività lavorative da parte dei soggetti obbligati.

- Decreto-legge 1° aprile 2021, n. 44 (Misure urgenti per il contenimento dell'epidemia da COVID-19, in materia di vaccinazioni anti SARS-CoV-2, di giustizia e di concorsi pubblici), convertito, con modificazioni, nella legge 28 maggio 2021, n. 76, art. 4-ter, commi 1, lettera c), e 2, come modificato (recte: inserito) dall'art. 2 del decreto-legge 26 novembre 2021, n. 172 (Misure urgenti per il contenimento dell'epidemia da COVID-19 e per lo svolgimento in sicurezza delle attività economiche e sociali), convertito, con modificazioni, nella legge 21 gennaio 2022, n. 3.

(GU n.1 del 4-1-2023 )


 





TRIBUNALE ORDINARIO DI BRESCIA

lavoro, previdenza ed assistenza obbligatoria

 

 

 

Il Giudice del lavoro dott. Mariarosa Pipponzi, a scioglimento della riserva assunta all’udienza del 7 novembre 2022 ha pronunciato la seguente ordinanza di rimessione alla Corte costituzionale nel ricorso ex art. 414 del codice di procedura civile promosso da F. S. ( ... ), rappresentata, assistita e difesa dall’avv. Antonio Carbonelli (c.f. CRB NTN 64E05 B1R7I - fax 030 2479628 - pec Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. - e.mail carbonelli.antonio@libero. it), ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in via Aldo Moro, 48 - 25124 Brescia - ricorrente;
Contro A.S.S.T. degli S.C. di B., (c.f. 03775110988), con sede legale in Brescia, Piazzale ... in persona del direttore generale e legale rappresentante pro tempore, dott. M. L., rappresentata e difesa nel presente giudizio dall’avv. Paola Nebel del foro di Brescia, (c.f. NBLPLA69A52B15 elettivamente domiciliata presso lo studio in Brescia, P.le Spedali Civili n. 1, pec Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. - resistente;
 

 

Premesso che:
F. S., dipendente a tempo indeterminato della A.S.S.T. S. C. di B. con qualifica di impiegata assistente amministrativa inquadrata nel livello C ed addetta al servizio UOC risorse umane ufficio rilevazione presenze, ha riferito che lo stabile dove prestava la sua attività di lavoro era sito in ... Via ... e non all’interno dell’ospedale e che aveva lavorato in smart working dal ... sino al ... ;
la ricorrente ha dichiarato di non aver adempiuto all’obbligo vaccinale e di essere stata, di conseguenza, sospesa dal ... in applicazione del disposto dell’art. 4-ter del decreto-legge 1° aprile 2021 n. 44 conv. dalla legge 28 maggio 2021 n. 76 come modificato dall’art. 2 del decreto-legge del 26 novembre 2021, n. 172 conv. con modificazioni dalla legge 21 gennaio 2022;
la ricorrente ha eccepito l’illegittimità dell’obbligo vaccinale sotto vari profili richiamando il contenuto di precedenti ordinanze di rinvio alla Corte costituzionale;
F. S., ha sostenuto, in particolare, che la normativa in base alla quale era stato previsto l’obbligo vaccinale fosse in contrasto con i principi posti dagli articoli 1, 3 e 4 della Costituzione in quanto imponeva un obbligo indiscriminato di vaccinazione per tutto il personale delle strutture di cui all’art. 8-ter del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 per qualsivoglia attività e non consentiva neppure, al personale inadempiente all’obbligo di vaccinazione, di svolgere le proprie mansioni mediante il ricorso al lavoro a distanza; F. S. ha evidenziato, al riguardo, che la sua sospensione dal servizio era irragionevole in quanto aveva lavorato in smart working dal ... circostanza che impediva qualsiasi tipo di contagio e che dimostrava come la misura adottata dal legislatore fosse sproporzionata rispetto all’obiettivo da conseguire, sottolineando che, invece, il personale delle società esterne che presta servizio presso l’ospedale per mansioni di accettazione amministrativa o di servizio mensa e che era in contatto sia con il pubblico sia con gli alimenti da somministrare ai pazienti ricoverati, non era soggetto all’obbligo vaccinale;
parte ricorrente rilevava, altresì, che le disposizioni in materia di obbligo vaccinale dovevano essere disapplicate dal giudice in quanto erano in contrasto con il regolamento UE 953/2021 che al considerando n. 36 recita «È necessario evitare la discriminazione diretta o indiretta di persone che non sono vaccinate, per esempio per motivi medici, o perché hanno scelto di non essere vaccinate» nonché con il regolamento UE 536/2014 sulle sperimentazioni cliniche, entrambi direttamente applicabili;
la ricorrente ha concluso chiedendo, previa declaratoria dell’illegittimità del provvedimento di sospensione, sia la riammissione in servizio sia il pagamento della retribuzione perduta sia il versamento della contribuzione previdenziale dalla data della sospensione sino alla riammissione in servizio;
si è tempestivamente costituita in giudizio la A.S.S.T. degli S.C. di B. contestando in fatto che l’attività della ricorrente fosse prestata al di fuori della struttura ospedaliera e sottolineando che la prestazione lavorativa in forma di lavoro agile, pur consentita a tutti i dipendenti dell’UOC risorse umane, è strutturata in modo che i dipendenti, a turno, svolgano il lavoro anche in presenza. Ha quindi replicato in modo analitico ai rilievi di parte ricorrente rilevando che le norme in esame erano indenni da censure di costituzionalità e che la normativa europea invocata dalla lavoratrice disciplinava soltanto i limiti e le condizioni per la circolazione delle persone tra gli Stati, ma nulla prevedeva per le materie di diritto interno che restavano attribuite alla discrezionalità degli Stati;



OSSERVA

L’art. 4-ter, comma 1, lettera c) e comma 2 del decreto-legge n. 44/2021 conv. dalla legge 28 maggio 2021, n. 76 con le modifiche introdotte dal decreto-legge n. 172/2021 conv. con modificazioni dalla legge 21 gennaio 2022, n. 3, nella parte in cui prevede l’obbligo vaccinale per il personale che svolge «a qualsiasi titolo la propria attività lavorativa nelle strutture di cui all’art. 8-ter del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502» pone dubbi di compatibilità con gli articoli 3 e 4 della Costituzione, sotto il profilo della disparità di trattamento (rispetto a coloro che operano nelle medesime strutture con contratti esterni), della irragionevolezza e sproporzionalità e della lesione del diritto al lavoro e pertanto tale questione va rimessa alla Corte costituzionale.

Quanto alla rilevanza
F. S. è dipendente della A.S.S.T. degli S.C. di B. a tempo pieno ed indeterminato e quindi è soggetto tenuto ad adempiere l’obbligo vaccinale, ma non si è sottoposta al ciclo vaccinale ed è stata sospesa dall’attività lavorativa dal ...; la lavoratrice ha contestato la sospensione ed ha offerto di continuare a rendere la prestazione, di natura amministrativa e senza contatto con i pazienti della struttura, anche da distanza come in precedenza previsto dalla stessa parte convenuta quale misura atta a prevenire il contagio da virus Sars cov2 (ved. allegato 4 fascicolo ricorrente);
la sua sospensione dal servizio è cessata con decorrenza dal ... con l’entrata in vigore del decreto-legge 31 ottobre 2022, n. 162;
la ricorrente agisce per ottenere, previa declaratoria dell’illegittimità della disposta sospensione in conseguenza della dedotta illegittimità dell’obbligo vaccinale previsto a suo carico, oltre alla riammissione in servizio (nelle more intervenuta) anche il pagamento di una somma pari agli emolumenti perduti nel periodo di sospensione.
Ciò premesso, ritiene questo giudice che la locuzione utilizzata dall’art. 4-ter, comma 1, lettera c) e comma 2 decreto-legge n. 44/2021 conv. dalla legge 28 maggio 2021, n. 76 con le modifiche introdotte dal decreto-legge n. 172/2021 conv. con modificazioni dalla legge 21 gennaio 2022, n. 3 non consente di riconoscere alla lavoratrice gli importi rivendicati quale conseguenza della dedotta illegittimità dell’obbligo vaccinale e della conseguente sospen- sione dall’attività lavorativa ed essendo norma speciale non pare percorribile la strada dell’interpretazione costituzionalmente orientata sulla base degli articoli 3 e 4 della Costituzione. Infatti l’obbligo imposto al giudice remittente di vagliare, prima di sollevare la questione di legittimità costituzionale, la percorribilità di tutte le ipotesi ermeneutiche astrattamente possibili per attribuire alla norma un significato non incompatibile con i principi costituzionali incontra il limite invalicabile costituito dalla formulazione letterale della disposizione. Modificando l’originaria formulazione del decreto-legge n. 44\2021 conv. dalla legge 28 maggio 2021 ed estendo l’obbligo vaccinale a coloro che «a qualsiasi titolo» svolgano attività lavorativa nelle strutture di cui all’art. 8-ter del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, ad esclusione di coloro che prestino la loro attività lavorativa «con contratti esterni», il legislatore ha esplicitato la chiara volontà di porre la nuova disciplina in rapporto di discontinuità con quella precedente e di impedire a coloro che non abbiano ritenuto di sottoporsi all’obbligo vaccinale (e non siano esenti o differiti o appunto lavoratori con contratti esterni) di espletare qualsiasi attività nell’ambito della struttura a prescindere dalla concreta sussistenza di contatti con pazienti o con utenti in genere o con colleghi e quindi dall’effettiva possibilità di contagiare e\o di essere contagiati. Sicché la sopravvenuta modificazione della disciplina legislativa preclude a questo giudicante ogni possibilità di un’in- terpretazione in contrasto con la formulazione letterale.
Per quanto riguarda, invece, la possibilità di disapplicazione per contrasto con i citati regolamenti comunitari è sufficiente evidenziare che la materia degli obblighi vaccinali non costituisce in sé oggetto di una disciplina dell’Unione e rispetto ad essa ogni Stato mantiene nell’ordinamento interno ampio margine di autonomia, come si ricava dalla adozione di misure differenziate tra gli Stati membri in merito alla previsione di vaccinazioni obbligatorie. Peraltro, nel caso di specie, parte ricorrente ha invocato l’applicazione diretta di un regolamento che disciplina soltanto i limiti e le condizioni per la circolazione delle persone tra gli Stati, ma non incide sull’obbligo vaccinale la cui introduzione o meno rientra nella discrezionalità degli Stati, con conseguente impossibilità di ravvisare gli estremi per una diretta applicazione del regolamento UE 953/2021.
Alla luce di tutto ciò, si deve dunque ritenere che il presente procedimento non possa essere definito indipen- dentemente dalla risoluzione della questione di legittimità costituzionale relativa all’art. 4-ter, comma 1, lettera c) e comma 2 del decreto-legge n. 44/2021, conv. dalla legge 28 maggio 2021, n. 76, introdotto dall’art. 2 del decreto-legge n. 172/2021, conv. dalla legge 21 gennaio 2022, n. 3 nella parte in cui pone la vaccinazione quale requisito essenziale per lo svolgimento «a qualsiasi titolo» di attività lavorativa nell’ambito delle strutture ivi indicate per i lavoratori che non espletino i loro compiti con contratti esterni.
Quanto alla non manifesta infondatezza L’estensione dell’obbligo vaccinale - in origine previsto per gli esercenti le professioni sanitarie e per il personale sanitario e testualmente finalizzato «alla tutela della salute pubblica» e per mantenere «adeguate condizioni di sicurezza nell’erogazione delle prestazioni di cura e assistenza» - è stato introdotto dall’art. 2 del decreto-legge n. 172/2021, conv. dalla legge 21 gennaio 2022, n. 3 «per la prevenzione dell’infezione da SARS-CoV-2» e quindi per evitare \ limitare il contagio nell’ambito delle strutture di cui all’art. 8-ter del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, ma è stato totalmente escluso per i soggetti che vi espletino attività lavorativa in virtù di contratti esterni.
Pertanto si dubita che l’art. 4-ter, comma 1, lettera c) e comma 2 del sopra citato decreto sia contrario all’art. 3 della Costituzione nella parte in cui, in relazione a soggetti ugualmente non vaccinati, consente solamente a coloro che operano all’interno della struttura ma con contratti esterni di espletare attività lavorativa, escludendola in modo assoluto per tutti gli altri. Ciò in quanto tale disposizione appare in contrasto con il principio della ragionevolezza, corollario del principio di eguaglianza sostanziale di cui all’art. 3 comma secondo dalla Costituzione in quanto il diverso trattamento fra coloro che non hanno adempiuto all’obbligo vaccinale sulla base della mera titolarità del soggetto con cui il con- tratto è stato stipulato (con la struttura o con soggetti esterni alla struttura) non ha, all’evidenza, alcuna attinenza con l’esigenza di prevenire l’infezione da Sars Cov-2 nell’ambiente di lavoro essendo palese che non sia rinvenibile alcuna differenza circa la possibilità di contagiare o di essere contagiati da parte di soggetti tutti egualmente non vaccinati.
Quanto ai lavoratori che non espletano la loro attività con contratti esterni, non appare coerente con la finalità dichiarata della norma in esame - la prevenzione dell’infezione da SARS COV-2- attribuire la natura di requisito essenziale all’assolvimento dell’obbligo vaccinale in relazione a qualsiasi attività lavorativa che sia possibile svolgere nella struttura, ivi comprese appunto quelle che, come nel caso di specie, sia possibile espletare e vengano in concreto svolte anche dai soggetti vaccinati con modalità di lavoro agile e quindi anche nei casi in cui la finalità della norma può essere realizzata a prescindere dall’assolvimento dell’obbligo vaccinale: chi lavora a distanza non contagia e non può contagiare e non crea problemi di sicurezza nei luoghi di lavoro.
Questo giudice non ignora che in attuazione della direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, il decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 216 consente differenze di trattamento «dovute a caratteristiche connesse» anche «alle convinzioni personali», quali indubbiamente sono quelle dei lavoratori che non hanno accettato di sottoporsi alla vaccinazione, «qualora, per la natura dell’attività lavorativa o per il contesto in cui essa viene espletata, si tratti di caratteristiche che costituiscono un requisito essenziale e determinante ai fini dello svolgimento dell’attività medesima.» (art. 3 citata disposizione).
Ebbene, dalla lettura della norma della cui costituzionalità si dubita, si evince che il requisito della vaccinazione non si giustifica avendo riguardo al contesto in cui l’attività lavorativa viene esercitata posto che, nel medesimo conte- sto (appunto le strutture di cui all’art. 8-ter del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502) possono espletare attività lavorativa i soggetti con contratti esterni anche se non vaccinati. Né è possibile rinvenire elementi che lo giustifichino «per la natura dell’attività lavorativa», stante il generico riferimento all’attività lavorativa del soggetto non vaccinato e quindi a qualsiasi attività lavorativa.
Nel ritenere la vaccinazione requisito essenziale per lo svolgimento di qualsiasi attività lavorativa nell’ambito delle strutture di cui all’art. 8-ter del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 senza alcuna considerazione per la tipologia delle mansioni e per le modalità con cui la prestazione viene resa lo Stato viene meno al compito di rendere effettivo il diritto al lavoro (ex art. 4 della Costituzione) ed introduce una misura che si espone al dubbio di rivelarsi eccessivamente sbilanciata e sproporzionata, ad eccessivo detrimento del valore della dignità umana stante la compressione assoluta del diritto al lavoro per un lungo periodo di tempo e comunque anche oltre il termine dello stato di emergenza e solo per alcuni lavoratori. Né la temporaneità della misura interdittiva adottata dal legislatore è idonea di per sé a giustificare il sacrificio totale degli interessi antagonisti atteso che la stessa è in grado di produrre effetti gravemente pregiudizievoli per siffatta categoria di lavoratori, privati di ogni possibilità di svolgere attività lavorativa, vieppiù alla luce della disposta proroga che è venuta meno solo di recente con l’introduzione del decreto-legge 162\2022.
Questo giudice non dubita che il legislatore nella sua discrezionalità possa aggravare gli effetti dell’accertamento della violazione di un obbligo, ma deve comunque individuare degli specifici presupposti che siano idonei a giustificare detto aggravamento. Tali presupposti non risultano individuati atteso che, rispetto alla disciplina previgente, lo scopo primario che la norma intende perseguire, ossia quello della tutela della salute pubblica in una situazione emergenziale epidemiologia mediate la garanzia dell’accesso alle cure, alle prestazioni sanitarie in genere in condizioni di sicurezza, è rimasto sostanzialmente immutato. Così come sono immutate le esigenze connesse alla tutela della sicurezza negli ambienti di lavoro. Tale modifica con la quale si sospende dal lavoro e dall’intera retribuzione il lavoratore che non intende vaccinarsi (anche se non svolge attività connesse alla cura ed all’assistenza delle persone), senza prevedere alcuna soluzione alternativa (neppure quella del mantenimento del lavoro a distanza persino nei casi in cui tale modalità fosse già stata prevista dal datore di lavoro) appare, quindi, del tutto irragionevole e certamente sproporzionata allo scopo che la normativa si prefigge. (Corte costituzionale 25 luglio 2022, n. 188).



 

 

P.Q.M.
 

 


Visto l’art. 134 della Costituzione e l’art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87;
Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale, per contrasto con il dettato degli articoli 3 e 4 della Costituzione dell’art. 4-ter, comma 1, lettera c) e comma 2 del decreto-legge n. 44/2021, conv. dalla legge 28 maggio 2021, n. 76, per come modificato dall’art. 2 del decreto-legge n. 172/2021, conv. dalla legge 21 gennaio 2022, n. 3 nella parte in cui impone la vaccinazione quale requisito essenziale, «per il personale che svolge a qualsiasi titolo la propria attività lavorativa nelle strutture di cui all’art. 8-ter del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502»;
Sospende il presente procedimento;
Ordina la immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;
Dispone che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza venga notificata al Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata ai presidenti delle due Camere del Parlamento.
Così deciso in Brescia il 16 novembre 2022
Il Giudice del lavoro: PIPPONZI