Cassazione Penale, Sez. 4, 13 gennaio 2023, n. 927 - Lavoratore in nero urta con un'asta di alluminio una linea elettrica. Responsabilità del legale rappresentante dell'impresa edile capogruppo di una ATI e del CSE


 

 

Presidente: PICCIALLI PATRIZIA Relatore: D'ANDREA ALESSANDRO
Data Udienza: 28/09/2022
 

Fatto




1. Con sentenza del 10 giugno 2021 la Corte di appello di Napoli, in parziale riforma della pronuncia del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere del 18 settembre 2019, ha disposto - per quanto di specifico interesse in questa sede - l'assoluzione di M.P., per non aver commesso il fatto, dal reato di falso contestatogli al capo B) e la riduzione della pena inflittagli per il delitto sub A), previa concessione delle circostanze attenuanti generiche in regime di equivalenza alle contestate aggravanti, nella misura di anni uno e mesi sei di reclusione, al contempo riducendo la pena emessa nei confronti di P.L. in quella di anni uno di reclusione.
1.1. I suddetti imputati sono stati ritenuti responsabili del delitto di cui agli artt. 113, 43, comma 1 ultima parte, e 589, commi 1 e 2, cod. pen., per avere, in cooperazione colposa tra loro, nella rispettiva qualità di: legale rappresentante della impresa edile M.P., società capogruppo di un'associazione temporanea di imprese (A.T.I.) appaltatrice dei lavori di ampliamento del cimitero di Villa Literno, consistenti nella costruzione di nuovi loculi cimiteriali, nonché datore di lavoro di V.R. (M.P.); coordinatore in fase di esecuzione del piano di sicurezza e coordinamento, nominato dalle imprese facenti parte dell'indicata A.T.I. (P.L.); per colpa consistita in negligenza, imprudenza ed imperizia e nella specifica violazione di norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, cagionato il decesso di V.R. - operaio assunto "in nero" da M.P. - che, intento ad allestire un ponteggio per effettuare dei lavori in quota all'interno del suddetto cimitero, aveva urtato con un'asta di alluminio, usualmente adoperata per livellare il calcestruzzo dell'impalcato dei loculi, una sovrastante linea elettrica a media tensione, rispetto alla quale non era posto a distanza di sicurezza, per l'effetto rimanendo folgorato da una scarica elettrica che lo aveva fatto cadere da un'altezza di circa 3,5 metri, provocandone il decesso.

2. Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione, con due distinti atti, M.P. e P.L..
2.1. M.P. ha dedotto sei motivi di doglianza, con il primo dei quali ha eccepito inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 192, 530,533 cod. proc. pen. e 589 cod. pen., oltre a contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla ricostruzione fattuale posta a base del riconoscimento della sua responsabilità penale, in considerazione dell'omessa valutazione di decisive emergenze probatorie - in particolare afferenti alla ritenuta erronea violazione delle norme poste a tutela della sicurezza dei lavoratori, posto che il calcolo sul mancato rispetto della distanza di sicurezza tra il piano di lavoro e le linee elettriche aeree (pari a mt. 3,5, secondo la previsione dell'art. 117 d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81) sarebbe stato effettuato in modo incongruo e non corretto da parte del perito, peraltro solo sulla base di fotografie a loro volta fotografate - oltre a motivazione apparente in ordine a deduzioni espresse in note difensive depositate in udienza - riguardanti l'assenza dell'asta metallica sui luoghi di lavoro (come confermato dal teste Z.) e la palese incertezza delle conclusioni rese dal perito Fuschetti in ordine alla possibilità che tale asta avesse effettivamente toccato i fili elettrici - del tutto disattese dai giudici di appello, inopinatamente appiattitisi sui contenuti della sentenza di primo grado.
Con la seconda doglianza il ricorrente ha lamentato inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 192, 530, 533 cod. proc. pen. e 589 cod. pen., oltre ad apparenza di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza della sua colpevolezza "al di là di ogni ragionevole dubbio", non risultando adeguatamente comprovato l'avvenuto decesso per folgorazione del V.R., atteso che, ove l'asta metallica avesse effettivamente attinto i cavi elettrici, essa - diversamente da quanto avvenuto - si sarebbe dovuta fondere.
Con la terza censura sono stati dedotti inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 192, 530, 533 cod. proc. pen. e 589 cod. pen., oltre ad apparenza di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza della sua colpevolezza "al di là di ogni ragionevole dubbio", non essendovi stata nessuna verifica in ordine alla abnormità ed imprevedibilità del comportamento tenuto dal V.R., ovvero della ricorrenza di evenienze accidentali che potessero aver interrotto il nesso di causa esistente tra la sua condotta e l'evento mortale.
Sarebbero, in particolare, apodittiche e non conformi alle emergenze probatorie le motivazioni con cui la Corte territoriale ha ritenuto l'intervenuta violazione di norme antinfortunistiche da parte del ricorrente, che mai avrebbe autorizzato l'utilizzo di un'asta metallica, peraltro risultando ampiamente comprovato che nel giorno del sinistro era stato previsto solo l'allestimento di un ponteggio per l'effettuazione di successivi lavori in quota in sicurezza.
Il tragico evento, pertanto, sarebbe avvenuto solo in conseguenza di un comportamento estemporaneo ed imprevedibile tenuto dalla vittima, tale da interrompere il nesso eziologico sussistente tra la condotta contestata al M.P. e la verificazione del decesso del V.R..
Con il quarto motivo sono stati lamentati inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 539 e 600 co\ proc. pen., oltre ad apparente motivazione in ordine alla ritenuta insussistenza dei presupposti per disporre la invocata sospensione della esecutività della provvisionale fissata in primo grado. Al ricorrente, infatti, sarebbe stata applicata una confisca di prevenzione, apparendo, di conseguenza, illogico l'effettuato richiamo da parte dei giudici di secondo grado alla sua ritenuta impossidenza.
Con la quinta censura il M.P. ha eccepito inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 62-bis, 132 e 133 cod. pen., nonché apparenza di motivazione in ordine alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche in giudizio di prevalenza sulle contestate aggravanti, oltre ad apparenza o mancanza grafica di motivazione con riguardo all'omessa irrogazione della inflitta pena nei minimi edittali.
Con la sesta doglianza, infine, il ricorrente ha dedotto inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 163 cod. pen. e 125 cod. proc. pen., oltre a mancanza grafica o apparenza di motivazione in ordine alla mancata concessione della sospensione condizionale della pena.
2.2. P.L. ha eccepito, invece, sette motivi di doglianza, con il primo dei quali ha lamentato difetto di motivazione in relazione alla ritenuta responsabilità dell'imputato conseguente al fatto di aver consentito che l'asta metallica - che avrebbe causato la morte del V.R. - fosse stata abitualmente utilizzata in cantiere, oltre a non aver impedito l'impiego di un lavoratore non assunto regolarmente.
A dire del ricorrente, infatti, nessuna responsabilità graverebbe a suo carico in ordine alle suddette condotte, atteso che, per come evidenziato nella stessa sentenza impugnata, l'asta metallica non era prevista dal piano di sicurezza e coordinamento (PSC) né era stata inserita negli elenchi degli attrezzi forniti per il cantiere, per cui non era stata messa effettivamente a disposizione dei lavoratori. Le contrarie argomentazioni dedotte dai giudici di merito scaturirebbero da motivazioni contraddittorie, del tutto insufficienti a dimostrare il ritenuto abituale utilizzo dell'asta - peraltro smentito dalle contrarie dichiarazioni rese dal teste Z. -, nel caso di specie avvenuto solo in virtù di un'estemporanea ed eccentrica decisione presa in quel frangente dalla vittima.
Con la seconda censura il P.L. ha dedotto travisamento della prova in ordine alle dichiarazioni rese dal teste T..
Le propalazioni da quest'ultimo espresse, infatti, non avrebbero offerto elementi utili a far ritenere l'abitualità dell'uso dell'asta metallica - come invece affermato dalla Corte territoriale in sentenza - ma, al contrario, avrebbero consentito di accertare la mancata presenza di un bastone metallico sui luoghi, di certo non utilizzato dalla vittima in occasione del sinistro:
Con il terzo motivo è stato eccepito travisamento della prova in relazione all'individuazione dell'autore del piano operativo di sicurezza e della mancata valenza attribuita al piano di sicurezza e coordinamento.
Deduce, infatti, il ricorrente che, anche sotto tali profili, nessuna responsabilità potrebbe essere ascritta a suo carico, considerato che il piano di sicurezza e coordinamento (PSC) sarebbe stato redatto nel settembre 2007 da parte di un altro professionista, mentre il piano operativo di sicurezza (POS) sarebbe stato predisposto il 22 febbraio 2010, sempre a firma di un altro soggetto, al solo fine di indicare un nuovo direttore tecnico del cantiere e responsabile dei lavoratori per la sicurezza, senza apportare modifica alcuna al precedente piano di sicurezza e coordinamento (PSC).
Con la quarta doglianza il P.L. ha lamentato travisamento della prova in ordine alle conclusioni rese dal perito Fuschetti, che non avrebbe saputo indicare - diversamente da quanto riportato in sentenza - se il segno di colore scuro tipo ruggine presente sull'asta metallica potesse essere stato determinato da una bruciatura, quale punto di contatto con la sovrastante linea elettrica.
Con il quinto motivo è stata dedotta contraddittorietà della motivazione in relazione agli obblighi incombenti sul titolare di una posizione di garanzia rispetto alle norme sulla sicurezza dei lavoratori.
Il ricorrente, infatti, per come evincibile dalle risultanze probatorie in atti, avrebbe svolto una costante supervisione sui lavori, e ciò, diversamente da quanto ritenuto dalla Corte di merito, avrebbe dovuto escludere la configurazione di ogni sua responsabilità penale.
Con la sesta censura il P.L. ha eccepito - conformemente alla prima doglianza espressa dal M.P. - illogicità della motivazione in relazione alle effettive misurazioni relative ai ponteggi e agli strumenti di lavoro utilizzati.
Tali ultimi, infatti, misuravano solo 80 cm. e il ponteggio era posto a mt. 3,80 da terra, per cui vi era stato il concreto rispetto delle norme poste a garanzie dei lavoratori, sussistendo una distanza tra il piano di lavoro e le linee elettriche, posizionate a mt. 8,33 da terra, pari a 4,53 mt. - ben maggiore di quella minima prevista di 3,50 mt..
Con l'ultima doglianza è stata dedotta, infine, mancata assunzione di prova decisiva, costituita da una nuova perizia sull'asta metallica .
La difesa, infatti, aveva avanzato richiesta di espletamento di una nuova perizia in appello - volta ad accertare, in concreto, se il contatto tra l'asta metallica e i fili elettrici fosse stata l'effettiva causa del decesso del V.R. - invece inopinatamente rigettata dai giudici di secondo grado in virtù di una decisione erronea ed immotivata.

3. Il Procuratore generale ha rassegnato conclusioni scritte, cor. cui ha chiesto l'annullamento della sentenza impugnata nei confronti di M.P.  limitatamente alla sospensione condizionale della pena, con rinvio per nuovo giudizio sul punto, nel resto invocando la declaratoria di inammissibilità dei proposti ricorsi.

 

Diritto




1. I proposti ricorsi non sono fondati, per cui gli stessi devono essere rigettati.

2. In primo luogo privi di fondamento sono i motivi dedotti dal M.P. nelle sue prime tre censure, nonché dal P.L. in seno al proprio ricorso, in quanto tutti, di fatto, afferenti alla ricostruzione della dinamica dell'incidente, all'interpretazione delle prove assunte e alla riferibilità dell'evento a condotte imputabili ai ricorrenti, e cioè a questioni non passibili di valutazione in questa sede di legittimità.
In tema di sindacato del vizio di motivazione, infatti, il compito della Corte di cassazione non è quello di sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici di merito in ordine all'affidabilità delle fonti di prova, bensì quello di stabilire se questi ultimi abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se abbiano fornito una corretta interpretazione di essi - dando esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti - e se abbiano esattamente applicato le regole della logica nello sviluppo delle argomentazion: che hanno giustificato la scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre (così, tra le tante, Sez. U, n. 930 del 13/12/1995, dep. 1996, Clarke, Rv, 203428-01).
Esula, quindi, dai poteri della Corte di legittimità la rilettura della ricostruzione storica dei fatti posti a fondamento della decisione di merito, dovendo l'illogicità del discorso giustificativo, quale vizio di legittimità denunciabile mediante ricorso per cassazione, essere di macroscopica evidenza (cfr. Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794-01; Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone e altri, Rv. 207944-01).
Sono precluse al giudice di legittimità, pertanto, la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (cfr., fra i molteplici arresti in tal senso: Sez. 6, n. 5465 del 0:11/2020, dep. 2021, F., Rv . 2 01; Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, Musso, Rv. 265482-01; Sez. 1, n. 42369 del 16/11/2006, De Vita, Rv. 235507-01). E', conseguentemente, sottratta al sindacato di legittimità la valutazione con cui il giudice di merito esponga, con motivazione logica e congrua, le ragioni del proprio convincimento.

3. Ebbene, nel caso di specie può senz'altro ritenersi che la Corte territoriale abbia fornito una chiara rappresentazione degli elementi di fatto considerati nella propria decisione, oltre che della modalità maggiormente plausibile in cui è da ritenersi l'evento mortale si sia verificato.
Conseguentemente prive di pregio sono le suddette censure, in quanto finalizzate unicamente a determinare una rivalutazione del materiale probatorio raccolto in sede di merito, proponendone una lettura alternativa volta ad ottenere un esonero da responsabilità circa la verificazione dell'evento delittuoso. E' noto, in proposito, come il principio dell'"oltre ogni ragionevole dubbio" non possa essere utilizzato, nel giudizio di legittimità, per valorizzare e rendere decisiva la duplicità di ricostruzioni alternative del medesimo fatto emerse in sede di merito su segnalazione della difesa, se tale duplicità sia stata oggetto di puntuale e motivata disamina - come invero accaduto nel caso di specie - da parte del giudice di appello (così, tra le altre, Sez . 1, n. 53512 del 11/07/2014, Gurgone, Rv. 261600-01).

4. In applicazione degli indicati principi, allora, risultano certamente prive di pregio le censure relative alla ritenuta assenza sui luoghi di lavoro dell'asta metallica ed alla conseguente impossibilità che essa avesse effettivamente toccato i fili elettrici (primo motivo di ricorso del M.P.) ovvero che tale asta non fosse abitualmente utilizzata in cantiere, in quanto non prevista dal piano di sicurezza e coordinamento tanto da non essere inserita negli elenchi degli attrezzi forniti per il cantiere (primi due motivi di ricorso del P.L.), trattandosi, per l'appunto, di diverse valutazioni inerenti alle emergenze probatorie acquisite, rispetto alle quali la Corte di merito ha offerto un'antitetica ricostruzione dei fatti del tutto logica e congrua, espressa con motivazione non emendabile in questa sede di legittimità.
E' stato diffusamente esplicato, in particolare, come tale asta fosse, invece, utilizzata dai lavoratori per livellare l'intonaco, e come di essa fosse stato effettivamente dotato il V.R. per espletare le mansioni affidategli.
Ed infatti, alla stregua di quanto congruamente rappresentato dalla Corte territoriale, «come si evince chiaramente dal rinvenimento in loco dell'asta metallica, dalla denuncia di infortunio effettuata dal M.P. e dalle dichiarazioni del teste T., l'uso dell'asta in metallo per livellare il cemento non era sconosciuta agli imputati, in quanto era un attrezzo che, sebbene effettivamente non inserito negli elenchi degli attrezzi forniti per il cantiere, era utilizzato da giorni dagli operai proprio per livellare più agevolmente l'intonaco posto sui loculi».
D'altro canto, per come ancora adeguatamente esplicato in sentenza, era stato lo stesso M.P. a precisare, in sede di denuncia del sinistro, che l'operaio aveva toccato distrattamente cavi dell'alta tensione con un'asta di alluminio lunga circa quattro metri.

5. Le superiori emergenze fattuali, alla stregua di quanto logicamente considerato dai giudici di appello, sono tali da consentire, poi, di escludere che la morte del V.R. - diversamente da quanto dedotto dal M.P. (terzo motivo di ricorso) - possa essere stata eziologicamente determinata da una condotta abnorme della vittima, conseguente ad un'azione lavorativa del tutto estemporanea e non prevista.
La Corte di merito, infatti, ha adeguatamente esplicato come la circostanza che nel giorno dell'incidente non fosse prevista alcuna attività di livellamento dell'intonaco non potesse escludere che il V.R. avesse comunque, in quel momento, la disponibilità dell'asta metallica, essendo stato, peraltro, esplicato dai testi escussi come il previsto spostamento di tale strumento dai loculi contigui, di fatto, imponesse che l'asta dovesse essere maneggiata proprio in quel giorno.
D'altro canto, è stato reiteratamente osservato che il datore di lavoro, destinatario delle norme antinfortunistiche, è esonerato da responsabilità solo quando, diversamente dal caso di specie, la condotta del dipendente sia abnorme, dovendosi definire tale il comportamento imprudente del lavoratore che sia stato posto in essere da quest'ultimo del tutto autonomamente e in un ambito estraneo alle mansioni affidategli - e, pertanto, al di fuori di ogni prevedibilità per il datore di lavoro - o rientri nelle mansioni che gli sono proprie ma sia consistito in qualcosa radicalmente, ontologicamente, lontano dalle ipotizzabili e, quindi, prevedibili, imprudenti scelte del lavoratore nella esecuzione del lavoro (così, tra le tante, Sez. 4, n. 40164 del 03/06/2004, Giustiniani, Rv. 229594-01).

6. Sono, ancora, infondati i motivi con cui è stato ritenuto, sotto vari profili, che il decesso del V.R. non fosse avvenuto per folgorazione, in particolare a ciò ostandovi il fatto che ove l'asta metallica avesse effettivamente attinto i cavi elettrici si sarebbe dovuta fondere (secondo motivo-di ricorso del M.P.),
peraltro neanche essendovi certezza in ordine al fatto che il segno di colore tipo ruggine presente sull'asta metallica fosse stato determinato da una bruciatura (quarto motivo di ricorso del P.L.). Tali incertezze avrebbero dovuto, conseguentemente, indurre all' espletamento di una nuova perizia in appello - volta ad accertare se il contatto tra l'asta metallica e i fili elettrici fosse stata l'effettiva causa del decesso del V.R. - invece del tutto inopinatamente non espletata dai giudici di secondo grado (settimo motivo di ricorso del P.L.).
Orbene, il Collegio rileva come, rispetto alle superiori doglianze, la Corte di merito abbia contrariamente ritenuto, con argomentazioni logiche e adeguate, che, sulla scorta delle emergenze probatorie acquisite, «è stato accertato senza ombra di dubbio - e la circostanza non forma oggetto di obiezioni - che il decesso è avvenuto per folgorazione. La circostanza emerge chiaramente dalla perizia autoptica e dai rilievi anche dei segni di bruciatura sugli abiti del V.R. e sul corpo». Tale esito non sarebbe, pertanto, altrimenti spiegabile se non con il fatto che la vittima avesse subito una folgorazione dai cavi di media tensione posti sul cantiere, per averli toccati utilizzando un oggetto metallico.
Oltre al citato segno di ruggine presente sull'asta - comunque compatibile con l'intervenuta bruciatura - la Corte territoriale ha, altresì, conferito significativa evidenza al fatto che vi fosse la presenza di segni di scintille sul corpo della vittima, in particolare risultanti da buchi nel pantalone e nelle scarpe, nonché dalla presenza di fori «nella parte del palmo tra pollice e indice, chiaramente segno - come chiarito nella perizia autoptica - che l'imputato aveva in mano il corpo di metallo che gli ha causato la folgorazione».
La concludenza dei superiori assunti e la compiutezza del materiale probatorio acquisito ha indotto, del tutto consequenzialmente, la Corte di appello ad escludere la necessità di provvedere all'invocata rinnovazione della perizia, ad espressione di una valutazione discrezionale che, in quanto resa con argomentazione pienamente logica, non può essere sottoposta al vaglio di questo Collegio.

7. Neppure fondata è la censura con cui i ricorrenti hanno eccepito (primo motivo di ricorso del M.P. e sesto motivo del P.L.) l'illogicità della motivazione resa in relazione alle effettive misurazioni relative ai ponteggi e agli strumenti di lavoro utilizzati.
Con essa, infatti, è stata proposta solo un'ulteriore diversa ricostruzione fattuale invero smentita dalle emergenze acquisite nel giudizio di merito, diffusamente dimostrative di come, nella specie, fosse stata perpetrata la violazione di norme poste a tutela della sicurezza dei lavoratori, ed in particolare della previsione di cui all'art. 117 d.lgs. n. 81 del 2008, di regolamentazione delle distanze di sicurezza in caso di svolgimento di lavori in prossimità di linee elettriche.

8. Del pari non fondate sono, poi, le doglianze con cui il P.L. ha inteso eludere il riconoscimento della sua responsabilità penale sia affermando che il piano di sicurezza e coordinamento non sarebbe stato da lui redatto e che il piano operativo di sicurezza non avrebbe avuto nessuna significativa incidenza (terzo motivo di ricorso), sia ritenendo di aver costantemente svolto la supervisione sui lavori (quinto motivo di ricorso), apparendo, di contro, congruamente espletato il processo motivazionale con cui la Corte di merito ha, invece, ritenuto di riconoscere, con argomentazioni prive di ogni illogicità, la responsabilità penale dell'imputato.
E' stato diffusamente evidenziato, infatti, come il P.L. avesse contribuito causalmente al decesso del V.R., in particolare per: essere rimasto totalmente inerte pur a fronte di diverse irregolarità presenti nel cantiere; non aver segnalato all'operaio che stava svolgendo attività lavorativa in carenza di regolare contratto di assunzione; non aver evidenziato i notevoli rischi connessi allo svolgimento di lavori in prossimità di cavi aerei dell'elettricità. Ancor più chiaramente, è stata individuata come condotta omissiva eziologicamente correlata alla verificazione del mortale incidente la circostanza che il P.L., nella posizione di garanzia ricoperta, non si fosse adoperato «per segnalare al datore l'utilizzo di uno strumento metallico non presente nel Piano, ma nei fatti utilizzato quotidianamente dagli operai che, fino a dodici giorni prima il decesso del V.R., era stato utilizzato per completare l'impermeabilizzazione dei loculi lato est, come risulta dal suo ultimo sopralluogo effettuato in cantiere».

9. Neanche accoglibile è la censura con cui il M.P. ha eccepito (quarto motivo di ricorso) l'erroneità della decisione con cui la Corte territoriale ha ritenuto di non disporre, in carenza dei relativi presupposti, la sospensione dell'esecutività della provvisionale impostagli.
L'istituto della provvisionale è disciplinato sulla scia della previsione dell'art. 278, comma 2, cod. proc. civ., ed anche in sede penale, ai fini della liquidazione della provvisionale, non è necessaria la prova dell'ammontare del danno, ma è sufficiente la certezza della sua sussistenza sino all'ammontare della somma liquidata (Sez. 6, n. 39542 del 22/03/2016, Fronti, Rv. 268110-01). Elementi essenziali della disciplina sono, pertanto, la richiesta di parte, non potendosi il giudice esprimere di ufficio, nonché la presenza di una sentenza di condanna generica che richiede l'accertamento di un reato per il quale non è stata compiutamente raggiunta la prova in ordine all'entità del risarcimento, ma soltanto la sua certezza sino all'ammontare della provvisionale. La condanna al pagamento della provvisionale, inoltre, è immediatamente esecutiva ex lege, in ossequio a quanto previsto espressamente dall'art. 540, comma 2, cod. proc. pen.
Orbene, nel caso di specie la Corte di appello si è limitata ad osservare come non vi fosse la ricorrenza di gravi motivi idonei a sospendere l'esecutività della provvisionale, in particolar modo affermando che non vi fosse la prova «di impossidenze al di là del sequestro per la misura di prevenzione effettuato in separato provvedimento».
Di contro, la difesa del ricorrente non ha congruamente specificato le ragioni per cui sarebbe stato necessario sospendere la provvisionale ex art. 600, ultimo comma, cod. proc. pen., consentita solo nella ricorrenza di gravi motivi.
Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, infatti, ai fini dell'accoglimento della richiesta di sospensione dell'esecuzione della condanna civile al pagamento di una provvisionale è necessaria la ricorrenza di un pregiudizio eccessivo per il debitore, che può consistere nella distruzione di un bene non reintegrabile ovvero, se si tratta di somme di denaro, nel nocumento derivante dal palese stato di insolvibilità del destinatario della provvisionale, tale da rendere impossibile o altamente difficoltoso il recupero di quanto pagato, nel caso di modifica della condanna (cfr., in questi termini: Sez. 5, n. 19351 del 18/12/2017, dep. 2018, Zambrelli, Rv. 273202-01; Sez. 4, n. 28589 del 02/02/2016, Masini, Rv. 267819-01; Sez. 6, n. 9091 del 23/11/2012, dep. 2013, Morzenti, Rv. 255999-01).

10. E', poi, infondata la censura con cui il M.P. ha lamentato (quinto motivo di ricorso) il mancato riconoscimento in suo favore delle circostanze attenuanti generiche in regime di prevalenza sulle contestate aggravanti, oltre all'omesso contenimento del trattamento sanzionatorio entro i previsti limiti edittali.
10.1. Risulta, infatti, adeguata e logica, nonché priva di vizio alcuno, la motivazione con cui il giudice di secondo grado ha deciso di concedere le circostanze attenuanti generiche solo in termini di equivalenza rispetto alle contestate aggravanti, dando rilievo alla circostanza che l'imputato, sia pur dopo la verificazione dell'evento, aveva «ammesso i fatti dichiarandoli nel documento infortuni all'INAIL specificando la causa dell'infortunio nei confronti del V.R., successivamente assunto ».
Trattasi di decisione attinente al merito, che, a fronte di una motivazione congruamente e logicamente espressa, non può essere oggetto di censura da parte di questo giudice di legittimità.

10 .2 . Stesso giudizio deve essere espresso, poi, con riguardo alla ritenuta carenza motivazionale in ordine all'omesso contenimento della pena nei minimi edittali, osservato che la relativa doglianza risulta formulata in termini generici e che una specifica motivazione in merito ai criteri seguiti dal giudice nella determinazione della pena si richiede solo nel caso in cui la sanzione sia quantificata in misura prossima al massimo edittale o comunque superiore alla media, risultando insindacabile, in quanto riservata al giudice di merito, la scelta implicitamente basata sui criteri di cui all'art. 133 cod. pen. di irrogare una pena
- come nel caso di specie - in misura media o prossima al minimo edittale (così, tra le altre: Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, Mastro, Rv. 271243-01; Sez. 4, n. 27959 del 18/06/2013, Pasquali, Rv. 258356-01; Sez. 2, n. 28852 del 08/05/2013, Taurasi, Rv. 256464-01; Sez. 4, n. 21294 del 20/03/2013,
Serratore, Rv. 256197-01).


11. Del tutto priva di fondamento, infine, è la doglianza con cui il M.P. (sesto motivo di ricorso) ha eccepito violazione di legge e carenza di motivazione in ordine alla mancata concessione in suo favore del beneficio della sospensione condizionale della pena.
Trattasi, infatti, di censura per la prima volta introdotta in questa sede di legittimità, non essendo stata richiesta la sospensione condizionale della pena, con motivo espresso e specifico, nell'atto di appello.
Trova, allora, applicazione, in termini troncanti, il principio, reiteratamente affermato da questa Corte di legittimità, per cui non sono deducibili con il ricorso per cassazione questioni che non abbiano costituito oggetto di motivi di gravame, dovendosi evitare il rischio che in sede di legittimità sia annullato il provvedimento impugnato con riferimento ad un punto della decisione rispetto al quale si configura "a priori" un inevitabile difetto di motivazione per essere stato intenzionalmente sottratto alla cognizione del giudice di appello (così, tra le altre: Sez. 2, n. 29707 del 08/03/2017, Galdi, Rv. 270316-01; Sez. 2, n. 13826 del 17/02/2017, Bolognese, Rv. 269745-01; Sez. 5, n. 28514 del 23/04/2013, Graziali, Rv. 255577-01).

12. Entrambi i ricorsi devono, in conclusione, essere rigettati, con conseguente condanna dei ricorrenti, a norma dell'art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali.
M.P. e P.L. devono, altresì, essere condannati in solido alla rifusione delle spese sostenute dalle parti civili Omissis nel presente giudizio di legittimità, da liquidarsi in euro 4.800,00, oltre accessori come per legge.

 

P. Q. M.
 



Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali nonché in solido alla rifusione delle spese sostenute dalle parti civili Omissis in questo giudizio di legittimità, che liquida in euro 4.800,00 (quattromilaottocento), oltre accessori come per legge.
Così deciso in Roma il 28 settembre 2022