Cassazione Penale, Sez. 4, 13 gennaio 2023, n. 930 - Morte per contatto elettrico indiretto durante i lavori di ristrutturazione di una chiesa. Responsabilità del titolare della ditta appaltante, del datore di lavoro e del preposto


Presidente: PICCIALLI PATRIZIA Relatore: RANALDI ALESSANDRO
Data Udienza: 03/11/2022

 

 

Fatto




1. Con sentenza del 1.4.2021, la Corte di appello di Venezia ha confermato la sentenza del Tribunale di Belluno che aveva dichiarato A.L., F.C. e M.M. responsabili del reato di omicidio colposo del lavoratore L.D..

2. La vicenda è stata ricostruita - in sintesi - come segue dai giudici di merito. Il giorno 26.9.2014 il L.D., operaio dipendente della ditta Edilgroup di F.C. , si trovava intento ad eseguire alcuni lavori sulla chiesa arcipretale di San Nicolò, sottoposta a lavori di ristrutturazione. La Edilgroup era subappaltatrice dell'impresa A.L. Costruzioni S.r.l. e stava realizzando lavori di restauro e di risanamento conservativo della copertura della chiesa. Attorno alla chiesa era presente un ponteggio allestito dalla società Altedil. Quel giorno il L.D., unitamente al collega C.D., aveva iniziato a lavorare sin dalla mattina. Verso le ore 11.00 il L.D. si recava sulla falda nord del tetto della chiesa per terminare la posa in opera del telo barriera vapore. Invece di salire tramite l'apposita scaletta di accesso al ponteggio, situata in prossimità dell'ingresso principale, era salito sul ponteggio lato strada, sopra l'ingresso secondario della chiesa. Per portarsi sul posto di lavoro doveva portarsi da un ponteggio all'altro, per cui era passato con la testa sotto il traverso alto del ponteggio alla sua destra; così facendo, si era messo a cavalcioni sul traverso basso e, spingendo con il petto contro il complesso fune e cavo verso l'esterno del ponteggio, aveva provocato lo stacco della fune di acciaio del ponteggio e, contemporaneamente, il contatto elettrico tra la fune di acciaio e i conduttori nudi della linea luce. In tale situazione, il corpo dell'operaio aveva chiuso il circuito elettrico tra fune di acciaio e ponteggio, rimanendo vittima di un contatto elettrico indiretto, a causa del quale il suo corpo era stato percorso da una corrente elettrica di entità e durata tali da provocare un arresto cardio-respiratorio acuto. Il corpo dell'operaio era venuto in contatto con il cavo elettrico aereo che risultava alimentato da un quadro elettrico installato nel garage della canonica della chiesa, posto a servizio dell'impianto di illuminazione della chiesa stessa. Il decesso era avvenuto in seguito ad una insufficienza cardio-respiratoria dovuta ad elettrocuzione.


3. La Corte di appello ha confermato l'impostazione del primo giudice, ritenendo la responsabilità dei suddetti imputati, secondo le considerazioni di seguito sinteticamente riportate.

A.L. , quale titolare della ditta appaltante A.L. Costruzioni S.r.l., non aveva valutato in quali condizioni di sicurezza lavorassero i lavoratori del subappalto e non aveva considerato che la Edilgroup, nel suo POS, aveva omesso di considerare il rischio derivante da possibili contatti elettrici; spettava a lui valutare le condizioni di sicurezza in cui i lavori affidati venivano eseguiti e verificare se fossero applicate le previsioni e le disposizioni del PSC: non avendolo fatto, la sua omissione era all'origine della catena causale che aveva determinato l'evento.
F.C. , quale datrice di lavoro dell'infortunato, non aveva provveduto affinché i suoi dipendenti fossero salvaguardati dai rischi di natura elettrica, ad esempio proteggendo i cavi con tubi "corrugati", già usati in precedenza, o prescrivendo di lavorare mantenendo una distanza di sicurezza dai cavi; la predetta avrebbe potuto e dovuto sospendere i lavori in presenza di quella linea elettrica in pessime condizioni.
M.M. , preposto della Edilgroup, era la persona che quella mattina aveva incaricato il L.D. di portare a termine il lavoro sul tetto; aveva l'obbligo di segnalare i rischi riscontrati al datore di lavoro; essendo anche responsabile del servizio di prevenzione e protezione, aveva un obbligo rafforzato di conoscere e segnalare la necessità di proteggere i cavi.

4. Avverso tale sentenza hanno proposto ricorsi per cassazione gli imputati di seguito indicati, a mezzo dei rispettivi difensori.

5. F.C. e M.M. lamentano quanto segue.
I) Violazione di legge nella individuazione della F.C. quale titolare di una posizione di garanzia rispetto all'evento.
Si contesta l'affermazione della Corte di merito, secondo cui la F.C. avrebbe dovuto effettuare "una iniziale ricognizione dello stato dei luoghi una volta predisposti i ponteggi" per avvedersi del cavo elettrico pericoloso. Il rischio da elettrocuzione era stato valutato dal POS della Edilgroup ma in relazione alle specifiche lavorazioni della ditta. Il cantiere non era stato predisposto dalla subappaltatrice bensì dalla appaltatrice A.L. Costruzioni. La sentenza impugnata non ha correttamente individuato il titolare della posizione di garanzia, posto che il soggetto infortunato non si trovava nel luogo in cui doveva svolgere le lavorazioni ma lo stava raggiungendo da una posizione non prevista e disagevole, visto che doveva scavalcare il ponteggio, trattandosi di due ponteggi diversi. Il rischio concretizzatosi quindi non afferiva ad una area di competenza della F.C. o del preposto M.M., trattandosi di un rischio generico afferente ad un'area del cantiere estranea alle lavorazioni della subappaltatrice, come tale regolato dal PSC.
II) Violazione di legge e vizio di motivazione, travisamento della prova con riferimento alla prevedibilità dell'evento dannoso in concreto, in relazione alla condotta del lavoratore.
Si denuncia l'erroneità del giudizio di prevedibilità affermato in sentenza, in relazione al tragitto del lavoratore, partendo dal presupposto che per raggiungere il posto di lavoro gli operai sarebbero stati costretti a scendere e a risalire per tre piani attraverso la scaletta regolare che partiva dalla strada. In realtà, è pacifico, come affermato dall'Ispettore Spisal (Curto Patrizia) che la linea elettrica attraversava la strada collegando il fabbricato della canonica alla chiesa, passando tra due parti di ponteggio distinti. Il teste C.D. ha dichiarato che sul secondo ponteggio (quello di provenienza) non andava svolta alcuna lavorazione, per cui il L.D. aveva probabilmente deciso di salire dal secondo ponteggio solo per non passare vicino alle persone partecipanti ad un funerale. Non sono stati indicati concreti elementi sulla base dei quali la F.C. avrebbe dovuto prevedere l'accesso del lavoratore al ponteggio di competenza non tramite la scala ma scavalcando dal secondo ponteggio, estraneo alle lavorazioni dell'operaio.
III) Violazione di legge e vizio di motivazione, per violazione del criterio dell'oltre ogni ragionevole dubbio e travisamento della prova con riferimento alla prevedibilità dell'evento dannoso in concreto, in relazione alla conoscibilità dello stato di degrado del cavo.
Si deduce che, diversamente da quanto ritenuto in sentenza, i consulenti tecnici escussi hanno riferito che dal cantiere non era visibile lo stato di deterioramento del cavo elettrico, posto che "la parte grossa del degrado era nella zona centrale del cavo sospeso 7 metri e mezzo", inoltre "la zona con isolamento deteriorato non era raggiungibile" (dichiarazioni perito Arato). Il teste R., che ha montato il ponteggio, ha dichiarato di aver lui stesso toccato il cavo in questione senza alcuna conseguenza. Non si può, quindi, affermare che il deterioramento del cavo fosse così evidente da rendere prevedibile il rischio ed esigibile l'attivazione da parte della F.C. a "pretendere" l'applicazione delle misure di sicurezza. In ogni caso non può dirsi superato il vaglio dell'oltre ogni ragionevole dubbio. Conclusione valida anche per il M.M..
IV) Violazione di legge per errata applicazione dell'art. 117 d.lgs. n. 81/2008 con riguardo alla posizione di M.M. .
Si contesta che la sola presenza di una linea elettrica comporti ex se l'applicazione dell'art. 117 cit., atteso che le "parti attive" non protette non coincidono con il cavo elettrico, visto che, come dichiarato dall'ing. Arato, le norme sui rischi dell'elettrocuzione fanno riferimento alle linee elettriche con i conduttori nudi, mentre la conduttura in questione era formata da cavi a doppio isolamento con isolamento esterno in neoprene. Ne discende che il M.M. non avrebbe dovuto segnalare al datore di lavoro il cavo solo in quanto presente sul cantiere.
V) Violazione di legge e difetto di motivazione, per omesso esame del motivo di appello relativo alla mancata applicazione del principio di affidamento.
Si deduce che con il sesto motivo di appello la difesa aveva evidenziato l'illogicità della sentenza di primo grado che, condannando la F.C. ed il M.M., aveva mandato assolto il coimputato D., legale rappresentante della società Altaedil che aveva montato il ponteggio in presenza del cavo. Il Tribunale aveva sul punto valorizzato le dichiarazioni rese dal teste R., dipendente del D., secondo cui quest'ultimo gli aveva detto che non era necessario coprire la linea in quanto sulla stessa non vi era tensione, informazione avuta, a detta del D., dal coordinatore per la sicurezza, A.DB.. Il principio di affidamento applicato per il coimputato deve valere anche per la F.C., non potendosi ritenere ragionevolmente prevedibile il comportamento imprudente del Coordinatore della sicurezza. La Corte di appello ha eluso il problema, ritenendo che l'imputata avrebbe invocato il principio di affidamento in relazione alla previsione nel PSC delle misure precauzionali. In realtà, la difesa ha fatto riferimento ad un previo intervento di verifica da parte del coordinatore per la sicurezza e alle indicazioni che il medesimo ha dato all'impresa che stava montando il ponteggio rispetto al fatto che la linea fosse priva di tensione.
VI) Violazione di legge per errata applicazione dei criteri di ascrivibilità dell'evento dannoso al garante in caso di colpa omissiva.
Si deduce che quand'anche la F.C. avesse effettuato la ricognizione al momento della predisposizione dei ponteggi nel luglio del 2014 e preteso (tramite il CSE, dalla committenza) la messa fuori tensione del cavo, non vi è prova - oltre ogni ragionevole dubbio - che l'evento del 24 settembre non si sarebbe verificato, posto che la messa fuori tensione del cavo era già stata comunicata dal CSE e confermata dal teste R..

6. A.L. lamenta quanto segue.
I) Violazione di legge e vizio di motivazione, per utilizzazione di una prova inesistente.
Si censura l'affermazione della Corte di appello secondo la quale il ponteggio sarebbe stato un "unicum" che, per economia o imprevidenza costruttiva, procedeva a spigolo a causa della rientranza dell'edificio. In realtà, dalle fotografie si evince che il piano di calpestio del primo ponteggio (quello percorso dalla vittima) era del tutto separato ed autonomo rispetto al piano di calpestio del secondo ponteggio. L'unico punto di prossimità fra i due ponteggi, aventi i piani di calpestio sfasati fra loro, era costituito dagli spigoli. Il cavo elettrico passava lungo la direttrice frapposta fra i due spigoli dei due ponteggi, senza attraversare le zone di lavoro. Il lavoratore L.D., per portarsi nell'altro ponteggio, non utilizzava l'accesso specificamente previsto e realizzato a tale scopo ma oltrepassava le barre trasversali poste quale barriera contro il passaggio da un ponteggio all'altro. La sentenza impugnata, per giungere a confermare la responsabilità del A.L., ha erroneamente descritto il ponteggio come un'entità unica così realizzata per imprevidenza ed economia, degradando la condotta del lavoratore a mera occasione contro le evidenze tecniche raggiunte nel corso del giudizio.
II) Analogo vizio di illegittimità della sentenza impugnata si deduce per quanto esposto al riguardo del differenziale (cd. salvavita) e alla sua tipologia. E' stato accertato in primo grado che il differenziale presente nel quadro elettrico in assistenza alla linea luce chiesa, fino a qualche giorno prima dell'infortunio, aveva una soglia di intervento a 30 m. Il tecnico Dall'Asen, collaboratore del parroco, sostituì il vecchio differenziale con uno che aveva una soglia di intervento a 300 mA, vale a dire dieci volte superiore, senza neanche collegarlo al quadro elettrico. La Corte di appello, nonostante le evidenze probatorie, ha affermato che anche il preesistente differenziale sarebbe stato tarato su 300 mA, poiché altrimenti " l'impianto della chiesa non poteva funzionare". Assunto illogico e congetturale. In realtà, la modifica del differenziale, intervenuta nell'immediatezza del fatto e senza che nessuno ne fosse stato messo a parte, ha avuto un'efficacia causale determinante nella causazione dell'evento mortale.
III) Violazione di legge e vizio di motivazione in tema di nesso causale fra omissioni ed evento.
Si deduce che la condotta del lavoratore non era certamente prevedibile, posto che vi era una struttura appositamente dedicata all'accesso al luogo di lavoro, né prevenibile, posto che il superamento laterale del ponteggio era appositamente ostacolato dalla presenza di barre trasversali al fine di evitare il passaggio. Ne discende l'interruzione del nesso causale fra le contestate violazioni antinfortunistiche e l'evento, stante la condotta imprevedibile e anomala del lavoratore.
Si osserva, inoltre, che l'esistenza di un differenziale da 30 mA avrebbe impedito l'evento tanto quanto la protezione meccanica. Trattasi di un problema di causalità cumulativa non tenuto in debita considerazione nella sentenza impugnata, la quale ha solo valorizzato la presenza, nel volume del ponteggio, di una linea elettrica usurata e pericolosa. Va anche considerato che dopo l'incidente i tecnici constatarono che nonostante l'attivazione dell'interruttore collocato all'interno della canonica il quadro elettrico non si riattivò, e che qualche settimana prima dell'evento era stato constatato che il cavo era inerte ed innocuo durante le operazioni di montaggio del ponteggio. Situazione inspiegabile che affligge la stessa logicità delle argomentazioni offerte dai giudici di merito.
IV) Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza della colpa in capo al A.L..
Si espone che, sulla base di quanto accertato, i tubi corrugati non furono installati a protezione del cavo nella consapevolezza che lo stesso fosse elettricamente inerte e tale condizione inoffensiva fu effettivamente constatata dall'operaio R. all'atto dell'installazione della rete di protezione del ponteggio, allorché toccava il cavo elettrico senza riportare alcuna conseguenza. Quel cavo risultava protetto da una guaina in neoprene che a sua volta racchiudeva i singoli conduttori a loro volta isolati. Pertanto, non si può rimproverare al A.L. di essersi completamente disinteressato, sin dall'inizio, delle condizioni dei cavi elettrici. Il rischio si è concretizzato solo a fronte di un comportamento dell'infortunato totalmente eccentrico ed abnorme, per aver utilizzato il cavo come base di appoggio durante il transito da un ponteggio all'altro. L'istruttoria non ha accertato se gli interventi sul quadro elettrico posto all'interno della canonica fossero state rese note alle maestranze presenti in cantiere. Le ragioni di assoluzione del D. valgono anche per il A.L., avendo costui fatto legittimo affidamento in merito a quanto riferitogli dal CSE A.DB.. In cantiere, inoltre, vi era costantemente presente il preposto P.O., al quale spettava il controllo assiduo delle condizioni del cantiere.

 

Diritto




l. I ricorsi proposti sono infondati e vanno, pertanto, rigettati.

2. Innanzitutto, va evidenziato che nel caso di c.d. "doppia conforme" le motivazioni della sentenza di primo grado e di appello, fondendosi, si integrano a vicenda, confluendo in un risultato organico ed inscindibile al quale occorre in ogni caso fare riferimento per giudicare della congruità della motivazione. La Corte territoriale ha, invero, fornito adeguata spiegazione del ragionamento posto a base della propria sentenza, procedendo alla coerente e corretta disamina di ogni questione di fatto e di diritto. Sul punto, va ricordato che il controllo del giudice di legittimità sui vizi della motivazione attiene alla coerenza strutturale della decisione, di cui si saggia la oggettiva tenuta sotto il profilo logico argomentativo, restando preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti (tra le varie, cfr. Sez. 4, n. 31224 del 16/06/2016). Ancora, la giurisprudenza ha affermato che l'illogicità della motivazione, per essere apprezzabile come vizio denunciabile, deve essere evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile ictu oculi, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purché - come nel caso in esame - siano spiegate in modo logico e adeguato le ragioni del convincimento (cfr. Sez. 3, n. 35397 del 20/6/2007; Sez. Unite n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794). Più di recente è stato ribadito come ai sensi di quanto disposto dall'art. 606 cod. proc. pen., comma 1, lett. e), il controllo di legittimità sulla motivazione non attiene né alla ricostruzione dei fatti né all'apprezzamento del giudice di merito, ma è circoscritto alla verifica che il testo dell'atto impugnato risponda a due requisiti che lo rendono insindacabile: a) l'esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato;
b) l'assenza di difetto o contraddittorietà della motivazione o di illogicità evidenti, ossia la congruenza delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento (cfr. Sez. 2, n. 21644 del 13/2/2013, Badagliacca, Rv. 255542). Il sindacato demandato a questa Corte sulle ragioni giustificative della decisione ha dunque, per esplicita scelta legislativa, un orizzonte circoscritto. Non c'è, in altri termini, la possibilità di andare a verificare se la motivazione corrisponda alle acquisizioni processuali. Il giudice di legittimità non può procedere ad una rinnovata valutazione dei fatti ovvero ad una rivalutazione del contenuto delle prove acquisite, trattandosi di apprezzamenti riservati in via esclusiva al giudice del merito. Non va, infine, pretermesso che, in tema di motivi di ricorso per cassazione, il vizio di travisamento della prova, desumibile dal testo del provvedimento impugnato o da altri atti del processo purché specificamente indicati dal ricorrente, è ravvisabile ed efficace solo se l'errore accertato sia idoneo a disarticolare l'intero ragionamento probatorio, rendendo illogica la motivazione per la essenziale forza dimostrativa del dato processuale/probatorio, fermi restando il limite del "devolutum" in caso di cosiddetta "doppia conforme" e l'intangibilità della valutazione nel merito del risultato probatorio (cfr. Sez. 6, Sentenza n. 5146 del 16/01/2014, Del Gaudio, Rv. 258774); ipotesi che, nella specie, deve escludersi.

3. Ciò posto, giova rammentare che, nell'ambito della sicurezza sul lavoro, emerge la centralità del concetto di rischio, in un contesto preposto a governare ed evitare i pericoli connessi al fatto che l'uomo si inserisce in un apparato disseminato di insidie. Rispetto ad ogni area di rischio esistono distinte sfere di responsabilità che quel rischio sono chiamate a governare; il "garante" è il soggetto che gestisce il rischio e, quindi, colui al quale deve essere imputato, sul piano oggettivo, l'illecito, qualora l'evento si sia prodotto nell'ambito della sua sfera gestoria. Proprio nell'ambito in parola (quello della sicurezza sul lavoro) il d.lgs. n. 81 del 2008 (così come la precedente normativa in esso trasfusa) consente di individuare la genesi e la conformazione della posizione di garanzia, e, conseguentemente, la responsabilità gestoria che, in ipotesi di condotte colpose, può fondare la responsabilità penale.

4. Ebbene, contrariamente a quanto sostenuto nei motivi di ricorso sintetizzati nella narrativa in fatto, i giudici di merito hanno sviluppato un percorso motivazionale congruo, logico e corretto in diritto, mediante il quale sono state ravvisate, previa individuazione delle aree di rischio delimitanti la posizione di garanzia dei ricorrenti, le specifiche condotte colpose dei ricorrenti, causative dell'evento mortale oggetto del giudizio.

5. Le sentenze di merito hanno logicamente delineato l'area di rischio che doveva essere gestita dagli odierni ricorrenti, con particolare riferimento al ponteggio che, unitariamente considerato, era indubbiamente collocato in prossimità di linea elettrica con parti attive non protette e a distanza inferiore ai limiti di cui all'allegato XI del d.lgs. n. 81/2008.

6. Quanto al A.L., costui era il titolare della ditta appaltatrice affidataria dei lavori (A.L. Costruzioni S.r.l.), e sullo stesso gravavano gli obblighi di cui all'art. 97 del d.lgs. n. 81, che gli imponevano di verificare, tra le altre cose, anche l'applicazione delle disposizioni e delle prescrizioni del piano di sicurezza e coordinamento. Inoltre, il datore di lavoro dell'impresa affidataria, avendo subappaltato parte dei lavori, era tenuto a adottare i comportamenti previsti dall'art. 26 d.lgs . n. 81, che come noto prescrive precisi obblighi di cooperazione all'attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi sul lavoro, imponendo il coordinamento di interventi di protezione e prevenzione dai rischi cui sono esposti lavoratori, informandosi reciprocamente anche al fine di eliminare rischi interferenziali tra i lavori delle diverse imprese coinvolte nell'esecuzione dell'opera.
Nella specie, è risultato dimostrato che il subappalto alla Edil Group non era stato totale, visto che la ditta del A.L. aveva subappaltato solo una parte dei lavori di ristrutturazione del tetto rispetto all'intero piano di esecuzione delle opere di restauro da eseguire, sicché la A.L. aveva mantenuto una posizione di ingerenza nella esecuzione dei lavori.
E' stato accertato che il A.L. non ebbe a verificare la permanenza in cantiere delle prescrizioni previste dal piano di sicurezza e coordinamento in merito alla protezione adeguata del cavo aereo con tubi corrugati; conseguentemente, i giudici di merito hanno plausibilmente affermato che se il A.L. avesse effettuato tale verifica, si sarebbe accorto che i tubi corrugati, in origine installati, non erano stati più riposizionati, circostanza che lo avrebbe dovuto indurre a sospendere i lavori o ordinarne l'immediata ricollocazione. Del resto, è stato appurato che la linea che alimentava il cavo luce della chiesa era sicuramente in tensione al momento dell'incidente, per cui non assume rilevanza la circostanza che in alcune occasioni la stessa linea si fosse dimostrata inerte: il cavo aereo doveva comunque essere messo in sicurezza a tutela dei lavoratori, come previsto dal piano di sicurezza e coordinamento.

7. Gli specifici motivi dedotti dalla difesa del A.L. sono privi di pregio.
7.1. Quanto al primo motivo, si osserva che il vizio motivazionale dedotto - secondo cui la Corte di appello avrebbe erroneamente affermato che il ponteggio dove si svolgevano i lavori era un "unicum", e non, invece, due distinti ponteggi - non assume valore decisivo: anche ammesso l'errore, è indubbio che i ponteggi, comunque contigui, dovevano essere messi in sicurezza da linee elettriche ivi esistenti.
7.2. Il secondo motivo, in merito alla presenza del differenziale e alla sua tipologia, risulta parimenti privo di rilevanza nell'economia della decisione, posto che, sul piano causale, assume valore equivalente - rispetto alla denunciata modifica del differenziale - la mancata adozione delle previste misure di sicurezza per il cavo elettrico deteriorato (protezione con tubi corrugati e/o allontanamento del cavo dal ponteggio).
7.3. Con il terzo motivo, il ricorrente deduce che la condotta del lavoratore non era prevedibile e che, comunque, l'esistenza di un differenziale da 30 mA avrebbe impedito l'evento tanto quanto la protezione meccanica.
Il rilievo, prospettato in maniera generica quanto alla prevedibilità, è infondato quanto al nesso causale: anche ammesso che la sostituzione del differenziale abbia contribuito a causare l'evento, è indubbio che la mancata messa in sicurezza del cavo (che avrebbe dovuto essere coperto, disattivato o distanziato dal ponteggio) ebbe a costituire il fattore causativo principale dell'evento.
7.4. Con il quarto motivo il ricorrente insiste nel sostenere che i tubi corrugati non furono installati a protezione del cavo nella consapevolezza che lo stesso fosse elettricamente inerte.
La censura è in fatto e reiterativa di analoga doglianza proposta in sede di merito, rispetto alla quale la Corte territoriale ha fornito una risposta adeguata, come tale insindacabile in questa sede, nel senso che la specifica posizione di garanzia del A.L., quale titolare della ditta appaltatrice e responsabile della sicurezza del cantiere, gli imponeva di verificare in prima persona la persistente pericolosità del cavo e comunque di adottare le misure precauzionali previste dal piano di sicurezza e coordinamento, fra cui la copertura del cavo con un tubo corrugato.

8. Quanto alla posizione di F.C. e M.M., rispettivamente datore di lavoro e preposto (oltre che responsabile del servizio di prevenzione e protezione) della ditta alle cui dipendenze lavorava il soggetto deceduto, si deve qui ribadire che i giudici di merito hanno adeguatamente individuato i profili colposi ad essi ascritti, causativi dell'evento mortale.
È indubbio che gli stessi non hanno verificato in concreto i requisiti di sicurezza del cantiere dove è avvenuto l'incidente, caratterizzato da un ponteggio (o da due ponteggi distinti ma contigui, poco importa) ove passava a distanza pericolosamente ravvicinata una linea elettrica rivelatasi fatale per la persona offesa. Sotto questo profilo, la sentenza del Tribunale ha correttamente richiamato le disposizioni di cui agli artt. 83 e 117 d.lgs. n. 81/2008, che vietano l'esecuzione di lavori non elettrici (come nel caso) in vicinanza di linee elettriche, con necessità, in tali casi, di adottare precise precauzioni, quali: la messa fuori tensione della linea e la messa in sicurezza delle parti attive o il posizionamento di ostacoli rigidi idonei ad impedire l'avvicinamento a parti attive. Anche la F.C., quale datore di lavoro, nonché il preposto M.M., dovevano adottare tutte le misure necessarie (anche ai sensi dell'art. 26 del decreto n. 81) affinché i lavoratori fossero salvaguardati da tutti i rischi di natura elettrica presenti in cantiere, in qualsiasi modo gli stessi potessero concretizzarsi. Ciò non è stato fatto, ed è stato appurato che il cavo elettrico in questione penetrava nell'area del ponteggio e nell'area del cantiere, si appoggiava su un montante del ponteggio e si poneva a ridosso dei luoghi in cui dovevano essere svolte le lavorazioni subappaltate alla Edil Group.

9. Gli specifici motivi dedotti dalla difesa di F.C. e M.M. non possono trovare accoglimento.
9.1. Il primo motivo non considera che la ricognizione dello stato dei luoghi da parte del datore di lavoro del soggetto deceduto era comunque dovuta, così come dal preposto presente in cantiere. I ponteggi erano comunque contigui e non poteva ritenersi imprevedibile che il lavoratore potesse, per qualsiasi motivo, passare nella zona dove poi si è verificato l'incidente. Resta il fatto che la linea elettrica era pericolosamente vicina al ponteggio e doveva essere disattivata o comunque protetta. Sotto questo profilo, non si può sostenere, come fanno i ricorrenti, che il rischio concretizzatosi non afferiva ad una area di competenza della F.C. o del preposto M.M., trattandosi comunque di un rischio afferente alla complessiva area di cantiere ove dovevano essere eseguiti i lavori. Sotto questo profilo, si deve qui ribadire che, in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, gli obblighi di osservanza delle norme antinfortunistiche, con specifico riferimento all'esecuzione di lavori in subappalto all'interno di un unico cantiere edile predisposto dall'appaltatore, grava su tutti coloro che esercitano i lavori e, quindi, anche sul subappaltatore interessato all'esecuzione di un'opera parziale e specialistica, il quale ha l'onere di riscontrare ed accertare la sicurezza dei luoghi di lavoro, sebbene l'organizzazione del cantiere sia direttamente riconducibile all'appaltatore, che non cessa di essere titolare dei poteri direttivi generali (Sez. 3, n. 19505 del 26/03/2013, Rv. 254993 - 01).
9.2. Il secondo motivo, che contesta la prevedibilità dell'evento dannoso in concreto, è destituito di fondamento, per le stesse ragioni dianzi già rappresentate: la contiguità dei ponteggi - contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti - rendeva tutt'altro che imprevedibile la possibilità che il lavoratore potesse, per qualsiasi motivo, passare nella zona dove poi si è verificato l'incidente; ed è indubbio che quella linea elettrica, pericolosamente vicina al ponteggio, doveva comunque essere messa in sicurezza.
9.3. Il terzo motivo sviluppa doglianze di merito, come tali inammissibili, e comunque prive di rilevanza ai fini della decisione, poiché è indiscutibile, alla luce di quanto accertato in sede di merito, che il cavo elettrico causativo dell'evento mortale avrebbe dovuto essere protetto e messo in sicurezza, come previsto dal piano di sicurezza e di coordinamento, mentre ciò non fu fatto.
9.4. Il quarto motivo è infondato, atteso che l'art. 117 d.lgs. n. 81/2008 parla anche di linee "non sufficientemente protette", per cui non sussiste la violazione di legge denunciata, essendo stato accertato, in sede di merito, che la protezione del cavo era usurata.
9.5. Il quinto motivo, con cui si invoca il principio di affidamento applicato al coimputato D., sollecita una non consentita rivalutazione dei fatti, richiamando le dichiarazioni rese dal teste R., dipendente del D., secondo cui quest'ultimo gli aveva detto che non era necessario coprire la linea in quanto sulla stessa non vi era tensione, secondo quanto riferitogli dal coordinatore per la sicurezza, A.DB..
È evidente l'inammissibilità della doglianza, non essendo questa la sede deputata a stabilire se la F.C. avesse, in qualche modo, appreso dal A.DB. che la linea era priva di tensione, a fronte degli obblighi di legge ad essa imposti quale datore di lavoro garante della protezione e sicurezza dei dipendenti sul luogo di lavoro.
9.6. Anche il sesto motivo sviluppa una non consentita censura di merito, fra l'altro formulata in via del tutto ipotetica, pretendendosi da questa Corte una valutazione in ordine all'incidenza causale connessa ad un eventuale comportamento scrupoloso da parte della F.C. in sede di verifica delle condizioni di lavoro.

10. Al rigetto dei ricorsi consegue per legge la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
 


P.Q.M.
 



Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Così deciso il 3 novembre 2022