Cassazione Civile, Sez. 6, 19 gennaio 2023, n. 1568 - Schiacciamento del piede nel cantiere ferroviario. "Difficile" ricostruzione dei fatti 


 

Presidente: DORONZO ADRIANA Relatore: PICCONE VALERIA
Data pubblicazione: 19/01/2023
 

Rilevato che
Con ricorso presentato davanti al giudice del lavoro di Bologna, W.A.N. aveva dichiarato di aver subito un infortunio sul lavoro in data 13/5/2014 mentre lavorava alle dipendenze della Gi Group S.P.A. in un cantiere ferroviario di Fidenza di proprietà della società Costruzioni Linee Ferroviarie S.P.A.
In particolare, il ricorrente riferiva che, attenendosi alle direttive del capo cantiere, mentre provvedeva a sollevare manualmente un macchinario del peso di 500 kg circa, in quanto l'idonea attrezzatura meccanica necessaria per il suo sollevamento non era prontamente reperibile, aveva subito lo schiacciamento del piede al di sotto del macchinario stesso, procurandosi una ferita lacero­ contusa alla caviglia destra.
Chiedeva, quindi, la condanna per danni conseguenti all'infortunio sia nei confronti di Gi Group che di CLF quale proprietaria e custode del cantiere nel quale si sarebbe realizzato l'infortunio del ricorrente, nonché dell'Inail nel caso di accertamento di una percentuale di invalidità superiore rispetto quella determinata dall'istituto.
Il giudice, nel respingere la domanda, ha ritenuto la stessa sfornita di prova, alla luce anche della difficoltà di ricostruire l'accaduto, essendo stata intentata l'azione a quattro anni di distanza dai fatti descritti, denunciato il fatto nove giorni dopo l'accaduto e nell'impossibilità di rintracciare l'unico testimone oculare, rilevando, altresì, che anche la valutazione espressa dall'INAIL non era stata oggetto di contestazione.
Con sentenza n. 544 del 2021, la Corte d'appello di Bologna, nel confermare la decisione di primo grado, ha ritenuto, in particolare, che nessuno dei testi escussi avesse assistito all'evento e che risultasse incontestato che in sede di accesso al PS in data 22.05.14 l'appellante aveva dichiarato l'esistenza di una noxa extralavorativa;
in relazione alla richiesta rimessione della causa in istruttoria al primo giudice - fondata anche sulle difficoltà di reperire e quindi di escutere il testimone residuo - la Corte ha ritenuto il procedimento sufficientemente istruito, valutate le predette risultanze documentali e le deposizioni già raccolte, escludendo che fosse stata raggiunta la prova di una omissione da parte della datrice di lavoro di una cautela doverosa, né dell'allegato evento infortunistico, non risultando, peraltro, specificatamente censurata la valutazione dell'Inail stesso, operata in tema di postumi permanenti o temporanei.
Per la cassazione della sentenza propone ricorso assistito da memoria W.A.N. affidandolo a due motivi.
Resistono, con controricorso, l'Inail e, con controricorso assistito da memoria, GI Group S.p.A.;
è stata comunicata la proposta del giudice relatore unitamente al decreto di fissazione dell'adunanza in camera di consiglio.

 

Considerato che
Con il primo motivo di ricorso si censura la decisione impugnata allegandosi l'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti ai sensi dell'art. 360, coma 1, n. 5, cod. proc. civ..
Si sostiene che il Giudice abbia omesso di valutare un fatto determinante che ha avuto come conseguenza un errore nella motivazione, per aver la Corte d'Appello, così come il Giudice di primo grado, utilizzato esclusivamente le dichiarazioni di testi che non avevano assistito al sinistro oggetto della controversia, omettendo di considerare alcuni fatti storici decisivi che sarebbero potuti risultare dalla testimonianza del sig. E.T.K., già ammessa in primo grado ma non assunta.
Con il secondo motivo di ricorso si allega la violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ.
In particolare, si afferma che la testimonianza resa in data 09.11.2018 dal teste P. non fosse stata correttamente valutata nei precedenti gradi di giudizio di merito, anche alla luce del principio del libero convincimento del giudice, poiché detto teste aveva dichiarato: "io il giorno dell'infortunio del ricorrente non ero presente sul luogo dei fatti. A me l'incidente è stato riferito dopo tanto tempo, non so chi fosse il capo squadra".
Allo stesso modo si insiste sulla erronea valutazione della dichiarazione resa nella medesima udienza dal teste B. il quale aveva altresì riferito che, pur non essendo presente sul posto, aveva appreso da altro collega dell'accadimento descritto.
Entrambi i motivi sono inammissibili.
Va rilevato, infatti, con riferimento alla dedotta violazione dell'art. 360, co. 1, n. 5 cod. proc. civ., che si verte nell'ambito di una valutazione di fatto, totalmente sottratta al sindacato di legittimità, in quanto, in seguito alla riformulazione dell'art. 360, comma 1, n. 5 del cod. proc. civ., al di fuori dell'omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, il controllo del vizio di legittimità rimane circoscritto alla sola verifica della esistenza del requisito motivazionale nel suo contenuto "minimo costituzionale" richiesto dall'art. 111, comma 6, Cost. ed individuato "in negativo" dalla consolidata giurisprudenza della Corte -formatasi in materia di ricorso straordinario- in relazione alle note ipotesi (mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale; motivazione apparente; manifesta cd irriducibile contraddittorietà; motivazione perplessa od incomprensibile) che si convertono nella violazione dell'art. 132, comma 2, n. 4), c.p.c. e che determinano la nullità della sentenza per carenza assoluta del prescritto requisito di validità (fra le più recenti, Cass. n. 13428 del 2020; Cass. n. 23940 del 2017);
nella specie, non solo parte ricorrente non deduce l'omessa valutazione di un fatto storico ma appunta le proprie censure su aspetti valutativi dell'iter motivazionale, concernenti la asseritamente erronea valutazione di materiale istruttorio.
Invero, l'art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., nella formulazione risultante dalle modifiche introdotte dal d.l. n. 83 del 2012, conv. dalla 1. n. 143 del 2012, prevede l' " omesso esame" come riferito ad "un fatto decisivo per il giudizio" ossia ad un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico - naturalistico, non assimilabile in alcun modo a "questioni" o "argomentazioni" che, pertanto, risultano irrilevanti, con conseguente inammissibilità delle censure irritualmente formulate ( cfr., in questi termini, fra le più recenti, Cass.n. 2268 del 2022);
in particolare, ha rilevato questa Corte (V. Cass. n. 8584 del 2022) che l'art. 360, comma 1 n. 5, c.p.c., come riformulato dall'art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv. con mod. dalla 1. n. 134 del 2012, consente di censurare l'omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, nozione nel cui ambito non è inquadrabile per es. un documento (nella specie si trattava della consulenza tecnica d'ufficio recepita dal giudice) risolvendosi la critica che ad esso nell'esposizione di mere argomentazioni difensive contro un elemento istruttorio;
nella giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. n. 12609 del 2021) si evidenzia la centralità del riferimento ad un fatto storico (principale o secondario), precisandosi che l'omesso esame di elementi istruttori, in quanto tale, non integra l'omesso esame circa un fatto decisivo previsto dalla norma, quando il fatto storico rappresentato sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché questi non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie astrattamente rilevanti (Cass., sez. un., n. 19881 del 2014);
va poi rilevato, quanto ai principi vigenti in tema di «doppia conforme», ai sensi dell'art. 348 ter, commi 4 e 5, c.p.c., che l'inammissibilità della censura di omesso esame di fatti decisivi cx art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., opera non solo quando la decisione di secondo grado è interamente corrispondente a quella di primo grado, ma anche quando le due statuizioni siano fondate sul medesimo iter logico-argomentativo in relazione ai fatti principali oggetto della causa, non ostandovi che il giudice di appello abbia aggiunto argomenti ulteriori per rafforzare o precisare la statuizione già assunta dal primo giudice (Cfr., sul punto, Cass. n. 7724 del 2022).
Quanto al secondo motivo, la dedotta violazione dell'art. 115 cod. proc. civ. non è ravvisabile nella mera circostanza che il giudice di merito abbia valutato le prove proposte dalle parti attribuendo maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, ma soltanto nel caso in cui il giudice abbia giudicato sulla base di prove non introdotte dalle parti e disposte di sua iniziativa al di fuori dei casi in cui gli sia riconosciuto un potere officioso di disposizione del mezzo probatorio (v. cx aliis Cass., Sez. Un., 5 agosto 2016, n. 16598; Cass. 10 giugno 2016, n. 11892), mentre la violazione dell'art. 116 cod. proc. civ. è configurabile solo allorché il giudice apprezzi liberamente una prova legale, oppure si ritenga vincolato da una prova liberamente apprezzabile (Cass., Sez. Un., n. 11892/2016 cit.; Cass. 19 giugno 2014, n. 13960; Cass. 20 dicembre 2007, n. 26965), situazioni queste non sussistenti nel caso in esame.
In particolare, va rilevato che, in sede di ricorso per cassazione, una questione di violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma, rispettivamente, solo allorché si alleghi che quest'ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte di ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, clementi di prova soggetti, invece, a valutazione (cfr. Cass. 27.12.2016 n. 27000; Cass. 19.6.2014 n. 13960; Cass. Sez.Un. 20867de/ 3 0/ 09/ 2020 ).
Nella specie, la Corte d'appello ha condiviso l'iter motivazionale del giudice di primo grado che aveva ritenuto "difficile" la ricostruzione dei fatti per un episodio avvenuto quattro anni prima per il quale c'è stato un ricovero in ospedale solo dopo nove giorni, con dichiarazione di infortunio non di origine lavorativa, una denuncia all'Inail assolutamente generica dopo venti giorni dall'infortunio senza alcuna possibilità di approfondimento dei fatti da parte dell'istituto.
La Corte ha ritenuto legittima, altresì, alla luce del generale quadro probatorio, la riduzione della lista testimoniale operata dal giudice di primo grado in considerazione della circostanza che nessun testimone escusso aveva saputo riferire niente e che l'unico teste che poteva essere utile, E.K. (in quanto asseritamente presente al momento del sinistro) nonostante l'impegno profuso, non era stato reperito e quindi i fatti allegati erano rimasti assolutamente generici e sforniti di prova con riguardo allo stesso nesso causale.
Alla luce delle suesposte argomentazioni, deve ritenersi che la difesa ricorrente non si è conformata a quanto statuito dal Supremo Collegio in ordine alla apparente deduzione di vizi ex artt. 360 co. 1 nn.3 e 5 e cioè che è inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l'apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (cfr., SU n. 14476 del 2021);
il ricorso deve, quindi, essere dichiarato inammissibile;
le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo;
si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali dì cui all'art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, introdotto dall'art. 1, comma 17, della L. 24 dicembre 2012 n. 228.

 


P.Q.M.

 

La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 4000,00 per ciascuno dei controricorrenti per compensi professionali e in euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso spese generali nella misura del 15% cd accessori di legge. Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quatcr, del d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall'art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto. Così deciso nell'adunanza camerale del 9 novembre 2022.