T.A.R. Lazio – Roma, Sez. 2, 05 aprile 2023, n. 5789 - Bando di affidamento dei servizi di vigilanza armata. Domanda di annullamento del provvedimento di aggiudicazione definitiva


 

(udienza 29 marzo 2023)







REPUBBLICA ITALIANA



IN NOME DEL POPOLO ITALIANO




Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio



Sezione Seconda



ha pronunciato la presente



SENTENZA




 

sul ricorso numero di registro generale 10338 del 2022, integrato da motivi aggiunti, proposto da KS. Se. S.p.A., in persona del suo legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dal Prof. Avv. An. Cl., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;



contro



Consip S.p.A., in persona del suo legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via (...);



nei confronti



Co. S.p.A., in persona del suo legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli Avvocati Gi. Pe. e Ar. Te., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

HC. S.p.A., in persona del suo legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio;



per l'annullamento



PER QUANTO RIGUARDA IL RICORSO INTRODUTTIVO NOTIFICATO IN DATA 7 SETTEMBRE 2022 E DEPOSITATO IN DATA 15 SETTEMBRE 2022:



- del provvedimento con il quale Consip spa ha aggiudicato alla Co. spa il lotto 33 della gara a procedura aperta, suddivisa in 34 lotti, espletata per l'affidamento dei servizi di vigilanza armata per il Ministero della Giustizia, ID 2201;



- della comunicazione del provvedimento di aggiudicazione;



- del provvedimento di ammissione della Co. spa e degli atti relativi alla verifica del possesso dei requisiti di carattere generale da parte della Co. spa;



- di tutti i verbali di gara, in parte qua, ivi compresi quelli relativi alla verifica della documentazione amministrativa ed alla valutazione dell'offerta della Co. spa;



- degli atti e provvedimenti relativi alla verifica di congruità dell'offerta della Co. spa;



- della graduatoria finale e della proposta di aggiudicazione;



- di tutti gli atti prodromici connessi o comunque consequenziali, ivi compresi i chiarimenti, con particolare riguardo al chiarimento n. 89 e, si opus sit, il bando ed il disciplinare, nonché dell'atto dichiarativo dell'efficacia dell'aggiudicazione



- nonché per la declaratoria di inefficacia del contratto, ove stipulato, e per il risarcimento in forma specifica e per il subentro nel contratto ove stipulato.



PER QUANTO RIGUARDA I MOTIVI AGGIUNTI NOTIFICATI IN DATA 16 DICEMBRE 2022 E DEPOSITATI IN DATA 22 DICEMBRE 2022:



- i provvedimenti e gli atti già gravati con il ricorso introduttivo;



- il provvedimento del 28 ottobre 2022 prot. 0000697, non comunicato;



- tutti gli atti propedeutici e consequenziali, ivi compresi la comunicazione di avvio del procedimento, i verbali e gli atti istruttori, di estremi e contenuto sconosciuti, la nota Consip del 28 ottobre 2022 prot. 56628, la conferma dell'aggiudicazione in favore della Co. Spa;



Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;



Visti gli atti di costituzione in giudizio di Consip Spa e di Co. Spa;



Visti tutti gli atti della causa;



Relatore nell'udienza pubblica del giorno 29 marzo 2023 il dott. Michele Tecchia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;



Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



 

Fatto





Con il ricorso introduttivo in epigrafe, tempestivamente notificato in data 7 settembre 2022 e depositato in data 15 settembre 2022, la società ricorrente - premesso di aver partecipato ad una procedura di gara aperta suddivisa in 34 lotti indetta con bando pubblicato in data 17 gennaio 2020 per l'affidamento dei servizi di vigilanza armata da svolgersi in favore del Ministero della Giustizia, nonché di essersi classificata al secondo posto in graduatoria per il lotto n. 33 (relativo alla provincia di Caltanissetta, con importo a base d'asta pari ad Euro 7.077.274,53) alle spalle dell'odierna controinteressata Co. S.p.A. (nel prosieguo anche "Co.") - insorge avverso il provvedimento di aggiudicazione definitiva emesso da Consip S.p.A. (nel prosieguo anche "Consip") in favore di Co., chiedendone l'annullamento e, per l'effetto, la dichiarazione di inefficacia del contratto medio tempore stipulato, nonché il subentro in esso.


L'azione annullatoria è affidata a due distinti motivi di gravame che possono compendiarsi nei termini che seguono:

(i) primo motivo: violazione e falsa applicazione degli articoli 51, comma 2, del d.lgs. 50/2016 e 46, comma 2, della Direttiva UE 2014/24, nonché della lex specialis di gara, per avere Consip illegittimamente consentito a Co. di concorrere - direttamente ed anche indirettamente mercè altre società dello stesso gruppo sotto la "cabina di regia" di un unico centro decisionale avente il suo baricentro nella controllante HC. S.p.A. - per la quasi totalità dei lotti (33 su 34) in elusione del vincolo di partecipazione previsto dalla lex specialis (cfr. punto II.1.6 del bando e art. 3.1 del disciplinare di gara) a rigore del quale ciascun operatore economico avrebbe potuto concorrere per un numero massimo di 13 lotti e, peraltro, a condizione che il valore complessivo dei lotti per i quali si compete non superi "il 40% del valore complessivo della gara". In proposito, parte ricorrente espone che mentre Co. S.p.A. ha concorso per 13 lotti (contrassegnati con i numeri 1, 2, 3, 4, 7, 8, 10, 11, 13, 30, 32, 33 e 34) e se ne è aggiudicati 7 (ivi compreso il lotto 32 oggetto del presente giudizio) altre tre società dello stesso gruppo (segnatamente Co. Ba., Po. No. S.r.l. e Se. Pu. S.r.l.) hanno presentato offerte per altri 20 lotti, con la conseguenza pratica che lo stesso gruppo societario - integrante un centro unico decisionale diretto e coordinato dal "socio sovrano" HC. S.p.A. - avrebbe illegittimamente concorso per quasi tutti i lotti di gara in aperta violazione del duplice vincolo di partecipazione di 13 lotti e del 40% del valore complessivo;



(ii) secondo motivo: violazione e falsa applicazione dell'art. 80 d.lgs. 50/2016 per avere Consip omesso di valutare e approfondire - in sede di verifica dell'affidabilità professionale di Co. - alcuni gravi illeciti professionali e precedenti atti di esclusione da procedure evidenziali riportati dalla stessa Co. nel proprio DGUE.



Consip e Co. si sono ritualmente costituite in giudizio, instando per la reiezione del gravame sulla scorta di plurime argomentazioni difensive più diffusamente esposte nelle rispettive memorie di costituzione.



Nel prosieguo Consip - a seguito della notifica del ricorso in epigrafe e di altre analoghe impugnative - con nota del 31 agosto 2022 ha avviato nei confronti di Co. un procedimento ex art. 7 della legge 241/90 al fine di valutare sia la rilevanza dell'omessa dichiarazione di ben dodici fattispecie potenzialmente escludenti ex art. 80, comma 5, del d.lgs. 50/2016, sia l'effettiva sussistenza di tali fattispecie.



All'esito del procedimento, acquisite le memorie partecipative della Co., Consip, con provvedimento prot. n. 000697 del 28 ottobre 2022, ha ritenuto che "non sussistono le cause d'esclusione di cui all'art. 80 comma 5 lettere a), c), c bis) e c ter) del d.lgs. n. 50/2016".



Con successivi motivi aggiunti notificati in data 16 dicembre 2022 e depositati in data 22 dicembre 2022, l'odierna ricorrente è quindi insorta avverso quest'ultimo provvedimento, chiedendone l'annullamento e denunciandone l'illegittimità per aver erroneamente ritenuto irrilevanti da un lato l'omessa dichiarazione di ben dodici illeciti professionali/pregresse esclusioni e, dall'altro lato, le caratteristiche oggettive intrinseche di tali illeciti.



Seguiva il deposito di documenti e memorie ex art. 73, comma 1, c.p.a.



All'esito dell'udienza pubblica del giorno 8 febbraio 2023, il Collegio ha adottato un'ordinanza istruttoria con cui ha ordinato "a Consip - anche ai sensi e per gli effetti dell'art. 64, comma 3, c.p.a. - di produrre i seguenti documenti allo stato ancora non depositati in atti dalle parti del giudizio: (1) verbali dell'accertamento dell'Ispettorato Territoriale del Lavoro di Avellino menzionato nel provvedimento Consip prot. n. 0000697 del 28 ottobre 2022 impugnato con motivi aggiunti; (2) verbali dell'accertamento dell'Ispettorato Territoriale del Lavoro di Foggia menzionato nel provvedimento Consip prot. n. 0000697 del 28 ottobre 2022 impugnato con motivi aggiunti; (3) decreto di archiviazione emesso dal GIP del Tribunale Penale di Avellino in data 14 maggio 2021 rispetto all'ipotesi di reato di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato ex art. 316-ter del Codice Penale, anch'esso evocato dal provvedimento Consip prot. n. 0000697 del 28 ottobre 2022", con rinvio dell'udienza pubblica al giorno 29 marzo 2023.



Seguiva il deposito della documentazione indicata nell'ordinanza istruttoria, nonché delle successive memorie conclusionali e di replica ex art. 73, comma 1, c.p.a.



All'udienza pubblica del 29 marzo 2023 il Collegio - previa discussione della causa - ha introiettato quest'ultima in decisione.



 

Diritto




La complessità delle questioni devolute all'esame del Collegio impone di esaminare partitamente il ricorso introduttivo e i successivi motivi aggiunti.



SUL RICORSO INTRODUTTIVO



Al riguardo, il Collegio rileva - in ossequio al principio di sinteticità degli atti e di economia dei mezzi giuridici, di cui all'art. 88, comma 2, lettera d), c.p.a. - di poter anzitutto prescindere dallo scrutinio delle eccezioni in rito formulate da Consip e dalla controinteressata, attesa l'infondatezza dei motivi di ricorso.



Passando, dunque, all'esame del merito della controversia, il ricorso introduttivo deve essere respinto.



In particolare, per quanto concerne il primo motivo, giova anzitutto premettere che la procedura di gara di cui si discorre, seppur avviata con un unico bando, è stata poi concepita come un insieme di diversi iter concorsuali - uno per ogni singolo lotto - ciascuno distinto e variamente disciplinato sotto il profilo geografico e dimensionale, così da essere conseguentemente regolato, in ragione della sua diversa complessità e del suo diverso valore, da previsioni peculiari e, dunque, definito da un atto di aggiudicazione autonomo, propedeutico ad un altrettanto autonomo contratto.



In tal senso, depone, infatti, il complessivo quadro regolamentare della gara e, in particolare, la previsione di:



a) un codice identificativo della gara (CIG) diverso per ciascun lotto (sezione II.1.1 del Bando e paragrafo 1 del Disciplinare di gara);



b) diverse prescrizioni in relazione ai requisiti di capacità economico-finanziaria richiesti per i diversi lotti (paragrafo 7.1. del Disciplinare di gara);



c) garanzie autonome per i vari lotti (successivo paragrafo 10);



d) offerte tecniche ed economiche distinte, con riferimento a ciascun singolo lotto (paragrafo 10 sempre del Disciplinare);



e) un distinto e diverso contributo ANAC per la partecipazione a ciascun lotto (paragrafo 11 del Disciplinare);



f) la presentazione per ciascun lotto di una differente offerta tecnica ed economica (paragrafi 15 e 16);



g) un distinto provvedimento di aggiudicazione, volto alla stipula del relativo contratto, secondo l'utile collocazione in graduatoria soltanto ed esclusivamente delle offerte relative allo specifico lotto, secondo i relativi punteggi tecnici ed economici conseguiti (paragrafo 22 sempre del Capitolato).



La gara in questione accorpava, dunque, l'affidamento di più lotti autonomi e distinti, finalizzati alla stipula di altrettanti contratti destinati ad operare per ambiti territoriali di attività dotati di un diverso grado di complessità, con la conseguenza che deve escludersi che essa avesse carattere unitario, bensì la natura di "atto ad oggetto plurimo" (in tal senso, Consiglio di Stato, Sezione V, n. 4726/2022).



In tal senso si è, infatti, espressa la prevalente giurisprudenza amministrativa, la quale ha in più occasioni affermato come "la possibilità di aggiudicare autonomamente i singoli lotti" sia di per sé "incompatibile con la configurazione di una gara unitaria poiché le singole procedure di aggiudicazione sono dirette a tanti contratti di appalto quanti sono i lotti", sicché "se ciascun lotto può essere aggiudicato a concorrenti diversi, non ci si trova di fronte ad un appalto unitario e se non vi è appalto unitario non vi può essere unicità della gara", con conseguente configurazione del relativo bando di gara quale "atto ad oggetto plurimo", contenente "le disposizioni per lo svolgimento non di un'unica gara finalizzata all'affidamento di un unico contratto, bensì quelle per l'indizione e la realizzazione di tante gare contestuali quanti sono i lotti cui sono connessi i contratti da aggiudicare" (così, ex multis, Consiglio di Stato, Sezione V, n. 52/2017, e la giurisprudenza ivi richiamata, nonché più recentemente, questo T.A.R. Lazio, Roma, Sezione I, n. 12086/2021, confermata dal Consiglio di Stato, Sezione V, n. 4726/2022).



La stessa giurisprudenza testè evocata ha altresì chiarito che "la natura plurima della gara" non è preclusa dalla previsione di un'unica commissione giudicatrice per tutti i Lotti Applicativi (in tal senso, il paragrafo 20 del Disciplinare di gara), atteso che "l'indizione di una gara suddivisa... è finalizzata anche a ridurre i costi che la stazione appaltante deve sostenere per l'affidamento di più contratti fra loro analoghi", sicché "sarebbe, dunque, illogico moltiplicare il numero delle commissioni giudicatrici e, con queste, le spese necessarie al loro funzionamento" (in termini, anche Consiglio di Stato, Sezione V, n. 52/2017, già citata).



Poste tali coordinate interpretative, deve, dunque, in radice escludersi che le situazioni di collegamento/controllo rappresentate in atti dalla ricorrente, al di là della loro reale consistenza, possano aver ingenerato una qualche preclusione ai sensi dell'art. 80, comma 5, lett. m), del d.lgs. n. 50/2016, avendo le rispettive offerte operato in diversi contesti concorsuali non vicendevolmente contaminabili nell'ottica di un'eventuale turbativa delle rispettive procedure e graduatorie e dei conseguenti separati provvedimenti di aggiudicazione.



Detto in altri termini, la fattispecie escludente dell'art. 80, comma 5, lett. m), del d.lgs. n. 50 del 2016 - nella quale versa "l'operatore economico che si trovi rispetto ad un altro partecipante alla medesima procedura di affidamento, in una situazione di controllo di cui all'articolo 2359 del codice civile o in una qualsiasi relazione, anche di fatto, se la situazione di controllo o la relazione comporti che le offerte sono imputabili ad un unico centro decisionale" - è configurabile soltanto se gli operatori economici tra loro "collegati" partecipano alla medesima gara, e non anche se essi invece partecipano, come nel caso di specie, a gare autonome e distinte (quali per l'appunto quelle de quibus strumentali all'aggiudicazione di lotti differenziati).



Ciò chiarito, vanno a questo punto illustrate le ragioni per cui non può essere accolta la tesi attorea secondo cui il vincolo di partecipazione contemplato dalla lex specialis (a rigore del quale ciascun operatore economico avrebbe potuto concorrere per un numero massimo di 13 lotti e, peraltro, a condizione che il valore complessivo dei lotti per cui compete non eccedesse "il 40% del valore complessivo della gara") è un vincolo riferito al singolo operatore societario e non anche a più operatori conglobati in un centro unico decisionale.



In argomento, corre l'obbligo di ricostruire la trama di principi ordita dalla giurisprudenza amministrativa in materia di suddivisione della gara in lotti e di apposizione di vincoli di partecipazione/aggiudicazione.



Orbene, non è revocabile in dubbio che la regola generale scolpita nell'art. 51, comma 1, del d.lgs. n. 50 del 2016, è quella della suddivisione in lotti delle gare di appalto, regola prescrittiva che va tendenzialmente sempre rispettata, salvo casi eccezionali in cui la stazione appaltante dovrà adeguatamente motivare la decisione di discostarsene.



Tale regola prescrittiva ha una finalità evidentemente pro-concorrenziale, nel senso di favorire l'accesso delle piccole e medie imprese (PMI) al mercato delle commesse pubbliche, in ossequio al principio euro-unitario del favor partecipationis.



I commi 2 e 3 dell'art. 51 del d.lgs. n. 50 del 2016 introducono, invece, una regola facoltativa (e non prescrittiva) in quanto consentono (ma non impongono) alla stazione appaltante - in un'ottica di ulteriore favoreggiamento delle PMI - di introdurre discrezionalmente un vincolo di partecipazione (comma 2) o un vincolo di aggiudicazione (comma 3), stabilendo quindi il numero massimo di lotti per i quali la stessa partecipante può concorrere/partecipare (vincolo di partecipazione), o che può vedersi aggiudicati (vincolo di aggiudicazione).



Stante l'indiscutibile discrezionalità della scelta della stazione appaltante circa il se (an) introdurre il vincolo di partecipazione/aggiudicazione, appare vieppiù discrezionale la scelta del come (quomodo) declinare tale vincolo, e cioè se imporre tale vincolo alla singola società, oppure se estenderlo anche alle società del medesimo gruppo costituente un centro unico decisionale.



Proprio in tal senso il Consiglio di Stato ha recentemente chiarito che "la discrezionalità di cui all'art. 51, commi 2 (vincolo di partecipazione) e 3 (vincolo di aggiudicazione), se si esercita nell'an (introduzione vincolo quantitativo di partecipazione e/o di aggiudicazione) a fortiori trova applicazione nel quomodo (scelta di estendere o meno tale vincolo anche alle società che formano un unico centro decisionale). 11.10. In conclusione: sussiste l'obbligo (tendenziale) di suddividere in lotti funzionali e prestazionali la gara ma non anche quello di "riservare" taluni lotti medesimi alle PMI. Di qui la presenza di una facoltà distributiva (proconcorrenziale) e non di un "obbligo distributivo" in tal senso" (cfr. ex multis Consiglio di Stato, Sezione Quinta, 9 giugno 2022 n. 4718).



Nel solco di tali principi, l'orientamento del Consiglio di Stato a cui questa Sezione presta adesione (cfr. ancora Consiglio di Stato, Sezione Quinta, 9 giugno 2022 n. 4718) ha affermato più in particolare che "la prevalente giurisprudenza di questa sezione (cfr. 10 dicembre 2021, n. 8245; 27 settembre 2021, n. 6481, cit.; 18 marzo 2021, n. 2350) ha così stabilito che la scelta di ritenere operante un vincolo di aggiudicazione sostanzialmente "allargato" all'unitario centro decisionale, ancorché l'offerta risulti formalmente imputabile a distinti operatori economici, costituisce opzione rimessa alla discrezionalità dell'amministrazione. In altre parole, deve essere la stazione appaltante a stabilire se, una volta introdotto un simile vincolo (di partecipazione e/o di aggiudicazione), lo stesso trovi o meno applicazione anche per le imprese in rapporto di controllo/collegamento, ai sensi dell'art. 2359 c.c., ossia in situazione di "sostanziale identità soggettiva dal punto di vista economico e patrimoniale" (Cons. Stato, sez. V, 27 settembre 2021, n. 6481, cit.). Dunque è la stazione appaltante a scegliere se un tale vincolo (di partecipazione e/o di aggiudicazione) si applichi o meno anche a soggetti formalmente distinti ma sostanzialmente uniti in quanto appartenenti allo stesso gruppo societario o comunque in rapporto di controllo societario (conclusioni di questo genere sono altresì ricavabili da Cons. Stato, sez. V, 10 dicembre 2021, n. 8245)".



È stato inoltre sottolineato che:



- "Nel caso di appalto suddiviso in lotti tale preclusione, come si è precisato, non opera, trattandosi di procedura unitaria per affidamenti formalmente distinti, cioè di una gara plurima: sicché è naturalmente ammessa la presentazione di un'offerta da parte di operatori economici anche riconducibili ad un unico centro decisionale, purché - come è chiaro - non riferita al medesimo lotto (nel qual caso opererebbe l'art. 80, comma 5 lett. m), ma a lotti distinti (e ciò, beninteso, sempreché la stazione appaltante, nell'esercizio della propria discrezionalità, non abbia ritenuto di precludere, anche qui per ragioni di programmatica segmentazione distributiva, tale facoltà : arg. ex art. 51, comma 2)" (Cons. Stato, sez. V, 27 settembre 2021, n. 6481, cit.);



- "Sebbene non si possa escludere a priori che, nell'esercizio della discrezionalità dell'art. 51, comma 3, del d.lgs. n. 50 del 2016 la stazione appaltante, a determinate condizioni, estenda il c.d. vincolo di aggiudicazione alle imprese appartenenti allo stesso gruppo, ove ciò non sia previsto dalla legge di gara non è mai possibile inferire dall'introduzione del limite di aggiudicazione dei lotti per ciascun offerente un divieto di partecipazione a lotti diversi da parte di imprese in situazioni di collegamento" (Cons. Stato, sez. V, 18 marzo 2021, n. 2350).



In sintesi, emerge dalle pronunzie sopra riportate - espressive di un orientamento del Consiglio di Stato a cui il Collegio presta adesione - che nel silenzio della legge di gara l'eventuale vincolo di partecipazione/aggiudicazione non si estende anche alle imprese sostanzialmente riconducibili allo stesso centro decisionale, fatta salva una diversa ed espressa eccezione in tal senso della lex specialis (diretta ad estendere il vincolo anche a tali situazioni di collegamento/controllo societario).



Nel caso di specie si assiste invece - piuttosto che ad una particolare eccezione - alla conferma espressa della regola generale secondo cui il vincolo quantitativo di partecipazione non si estende alle società collegate.



Risulta per tabulas, infatti, che in sede di chiarimenti Consip aveva fornito le seguenti inequivoche indicazioni: (i) "una società controllata al 100% da una partecipante alla medesima procedura può presentare offerta per uno o più lotti per i quali la controllante non ha presentato offerta" (chiarimento n. 42); (ii) il vincolo di partecipazione deve applicarsi alla singola impresa partecipante e non già complessivamente a tutte le imprese/società facenti parte del medesimo gruppo ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile (chiarimento n. 89).



La lex specialis di gara, dunque, anziché derogare alla regola generale dell'applicazione del vincolo di partecipazione alla sola singola società (e non anche alle società collegate del medesimo centro decisionale), ha confermato espressamente tale regola.



Per completezza va soltanto aggiunto che anche qualora fosse mancata tale espressa conferma, il vincolo di partecipazione non avrebbe potuto comunque applicarsi alle diverse società del medesimo centro unico decisionale, atteso che tale estensione - consistendo come visto in un'eccezione alla regola generale - avrebbe dovuto formare oggetto di espressa previsione del bando di gara. Espressa previsione che nel caso di specie sicuramente manca.



Quanto sopra esposto conduce, pertanto, alla reiezione del primo motivo di ricorso.



Passando poi all'esame del secondo motivo di ricorso, anch'esso deve essere respinto in quanto infondato.



Con tale motivo parte ricorrente si duole di quanto segue: "2.1) la Co. spa, nel DGUE, Parte Terza ("motivi d'esclusione ex art. 80 del Codice") ha dichiarato di non essersi resa colpevole di gravi illeciti professionali. Tuttavia la stessa, "per completezza", ha dichiarato "vicende" (consistenti in risoluzioni per gravi inadempimenti n. d.r.) aggiungendo una personale autonoma valutazione "nessuna peraltro preclusiva della partecipazione né avente i requisiti per impedirla".... 2.2) In sede di accesso agli atti la Consip ha consegnato all'odierna ricorrente la predetta nota del 9 maggio 2022 prot. 297. Dalla motivazione addotta e dalla documentazione esibita si evince inconfutabilmente che la valutazione d'insussistenza delle cause d'esclusione ex art. 80 comma 5 del Codice, è stata effettuata esclusivamente sulla base delle dichiarazioni resa da Co. e delle risultanze del casellario tenuto dall'Anac. Pertanto le verifiche e la correlata valutazione sono senz'altro inficiate in radice da un evidente vizio di difetto d'istruttoria in quanto Consip non ha acquisito gli atti e documenti rilevanti, quali ad esempio i provvedimenti di risoluzione adottati, in danno della Co., dall'Ente Autonomo Volturno (già Ci. srl), dalla Na. Ho. srl, dal Comune di Brindisi e la documentazione sottostante (contestazioni, penali etc.); gli atti giurisdizionali ed i provvedimenti del giudice etc. Ne consegue che la verifica e la valutazione non hanno investito i fatti in sé, in tutti i profili sostanziali così come rinvenienti dagli atti ma, al contrario, si sono basate esclusivamente sulla rappresentazione orientata dagli stessi fornita dall'operatore economico nonché sulle scarne notizie rinvenibili dall'osservatorio" (cfr. pagg. 8 e 9 del ricorso introduttivo).



L'esame di tale doglianza impone di ricostruire, in apice, le coordinate ermeneutiche forgiate dalla giurisprudenza amministrativa in relazione agli obblighi motivazionali che la stazione appaltante è tenuta ad assolvere in sede di esercizio del potere di ammissione dell'operatore economico alla gara.



Orbene, costituisce regola generale quella secondo cui la stazione appaltante deve motivare puntualmente le esclusioni, e non anche le ammissioni, se su di esse non vi è contestazione in gara (Cons. Stato, V, 5 maggio 2020, n. 2850; VI, 18 luglio 2016, n. 3198; C.G.A.R.S., 23 gennaio 2015, n. 53; Cons. Stato, VI, 21 maggio 2014, n. 2622; III, 24 dicembre 2013, n. 6236; V, 30 giugno 2011, n. 3924; III, 11 marzo 2011, n. 1583; VI, 24 giugno 2010, n. 4019; Tar Lombardia, Milano, sez. IV, sent. n. 2001/2021; T.A.R. Campania, Napoli sez. V, 07/04/2021, n. 2294; Tar Toscana, sent. n. 291/2022).



Né rileva il fatto che la causa espulsiva non sia stata citata poiché, altrimenti, si dovrebbe immaginare di costruire un provvedimento di ammissione in cui, rispetto ad ogni singola ipotesi astrattamente prevista dal legislatore, l'amministrazione ne esamini e ne consideri la relativa insussistenza, in palese contrasto con il principio di speditezza dell'azione amministrativa (Cons. Stato, sez. n. V, n. 5499/2018).



Per giurisprudenza costante, dunque, la stazione appaltante che non ritenga i precedenti dichiarati dal concorrente incisivi della sua moralità professionale, non è tenuta a esplicitare in maniera analitica le ragioni di siffatto convincimento, potendo la motivazione di non gravità delle relative circostanze risultare anche implicita o per facta concludentia, ossia con l'ammissione alla gara dell'impresa; è la valutazione di gravità, semmai, che richiede l'assolvimento di un particolare onere motivazionale, con la conseguenza che la stazione appaltante deve motivare puntualmente le esclusioni, e non anche le ammissioni, se su di esse non vi è, in gara, contestazione (Cons. Stato, sez. V, n. 2580/2020; sez. VI, 6 dicembre 2021, n. 8081; n. 3198/2016; C.G.A.R.S., n. 53/2015; Cons. Stato, sez. VI, n. 2622/2014; sez. III, n. 6236/2013; sez. V, n. 3924/2011; sez. III, n. 1583/2011; sez. VI, n. 4019/2010).La carenza di motivazione del provvedimento di ammissione a una gara pubblica di un concorrente, pertanto, non può di per sé implicare un difetto di istruttoria e di motivazione in ordine alla rilevanza delle circostanze dichiarate dal concorrente, né determina un ostacolo alla piena tutela giudiziale degli altri concorrenti, cui è comunque garantita la possibilità di far valere le proprie ragioni avverso l'ammissione (da ultimo, TAR Milano, 24.03.2022 n. 668).



Poste tali coordinate generali, il provvedimento di ammissione alla gara di Co. non sembra affatto viziato da alcun difetto di motivazione, avendo Consip puntualmente passato in rassegna - pur non essendo tenuta a farlo - ciascun singolo illecito dichiarato da Co. nel proprio DGUE.



Né può imputarsi a Consip di non aver compiuto un'adeguata verifica istruttoria e documentale delle informazioni inserite nel DGUE.



Risulta per tabulas, infatti, da un lato che le dichiarazioni rese da Co. in sede di DGUE ex DPR n. 445 del 2000 erano sufficientemente specifiche e dettagliate e, dall'altro lato, che a fronte di tali dichiarazioni Consip ha provveduto, in data 5 aprile 2022, alla puntuale consultazione del Casellario Informatico ANAC, da cui non sono emerse ulteriori evidenze a carico di Co. rispetto a quanto già dichiarato.



Non è meritevole di positiva valutazione, pertanto, la censura secondo cui la stazione appaltante si sarebbe pigramente attestata su quanto dichiarato da Co., omettendo qualsiasi supplemento istruttorio.



Con ciò non si vuole ovviamente negare la possibilità astratta per Consip di effettuare ulteriori approfondimenti istruttori. Si nega però l'esistenza di un obbligo di Consip di attivare, in questo specifico caso, tali approfondimenti, in un contesto concreto nel quale:



a) le informazioni rilasciate da Co. erano puntuali e dirette;



b) dette informazioni erano state comunque confermate dalla consultazione del Casellario Informatico ANAC;



c) non v'era stata in gara alcuna specifica contestazione sul punto.



Detto in altri termini, l'attività istruttoria concretamente effettuata da Consip nel caso de quo - in quanto basata su informazioni puntuali dell'operatore economico e su rispettivi riscontri positivi del casellario informatico ANAC - appare sufficiente e ragionevole, soprattutto ove si consideri la delicata natura degli interessi sottesi alle procedure di affidamento degli appalti pubblici, procedure nelle quali l'esigenza di completezza dell'istruttoria deve sempre contemperarsi e bilanciarsi con la contrapposta esigenza di speditezza dell'azione amministrativa (c.d. principio di non aggravamento del procedimento amministrativo).



Le summenzionate peculiarità istruttorie del caso di specie denotano, pertanto, il raggiungimento di un punto di compromesso tra siffatte contrapposte esigenze.



Quanto sopra esposto risulta ulteriormente confermato laddove si consideri che parte ricorrente non è in grado di indicare in giudizio - laddove si duole del difetto di istruttoria di Consip rispetto agli illeciti professionali indicati da Co. nel DGUE - quali altri elementi fattuali renderebbero più gravi tali illeciti e sarebbero rimasti ignoti a causa delle supposte carenze istruttorie di Consip.



Sempre con il secondo motivo di ricorso, parte ricorrente si duole, altresì, del fatto che "la valutazione effettuata da Consip è altresì inficiata da un errore di fondo, peraltro esternato nella motivazione addotta con la richiamata nota del 9 maggio 2022, recepita dal verbale del RUP, consistente nella tesi in base alla quale non rientrerebbero "negli obblighi valutativi della stazione appaltante" "i provvedimenti di risoluzione, nel caso in cui sia pendente il giudizio (e sia stata comprovata la pendenza dello stesso)", posto che "la Corte di Giustizia - UE, con la nota sentenza del 19 giugno 2019, causa C-41/18, ha stabilito il principio - al quale si è adeguata la giurisprudenza interna - secondo cui la contestazione in giudizio della decisione di risolvere un contratto pubblico non può impedire all'amministrazione aggiudicatrice di valutare i fatti e le carenze verificatesi nell'esecuzione del contratto, ai fini dell'ammissione del concorrente" (cfr. pagg. 9 e 10 del ricorso).



Anche questa doglianza non merita di essere positivamente valutata, atteso che, in realtà, tutte le fattispecie potenzialmente incidenti sull'affidabilità professionale della Co. - per come emergenti dalle dichiarazioni rese dal concorrente per la partecipazione alla gara (ivi incluse quelle attinenti alle risoluzioni contrattuali contestate in giudizio) - sono state oggetto di esame in concreto e di valutazione ampiamente motivata, come risulta dalla nota di valutazione Consip prot. n. 297 del 9/5/2022 (cfr. allegato 25 della memoria Consip), non potendo quindi dirsi che nel caso di specie Consip abbia omesso di valutare le pregresse risoluzioni contrattuali di Co. impugnate giudizialmente.



La ricorrente sostiene poi che Consip avrebbe superficialmente valutato l'inadempimento contrattuale che Co. ha commesso nei confronti di Na. Ho. nella fase di esecuzione di un contratto avente ad oggetto il "Servizio di prelievo, trasporto, contazione, ed accrediti presso la Banca dei Valori".



Il Collegio ritiene che tale valutazione non abbia trasmodato affatto nell'area della manifesta irragionevolezza e/o illogicità e/o abnormità, tenuto conto che:



(i) in astratto la valutazione che la stazione appaltante è tenuta ad esprimere in sede di verifica del grave illecito professionale ex art. 80, comma 5, lettera c), del d.lgs. n. 50 del 2016, è una valutazione di "integrità e affidabilità " professionale dell'operatore economico;



(ii) in concreto l'esito positivo della valutazione che Consip ha espresso nel caso di specie fa leva sul raggiungimento di un accordo transattivo tra Co. ed il suo interlocutore pubblico, accordo che necessariamente presuppone - in base all'id quod plerumque accidit - una rinnovata fiducia del soggetto pubblico nei confronti del soggetto privato.



Ad ulteriore conferma della non manifesta irragionevolezza della valutazione di affidabilità professionale espressa da Consip con la nota di valutazione n. 297 del 9 maggio 2022 (laddove si è soffermata in particolare sul pregresso contenzioso tra Co. e Na. Ho.) va considerata la circostanza - taciuta da parte ricorrente - che Co. aveva (al momento della stipula dell'accordo transattivo con Consip) "già restituito la somma da riconsegnare per un importo pari ad euro 253.583,40", rimanendo da pagare soltanto il minor importo (previsto dall'accordo transattivo) di euro 30.842,12 a titolo di penale e risarcimento dei danni.



Va da sé che la già avvenuta restituzione del cospicuo importo di Euro 253.583,40 - in uno alla rilevante circostanza della firma di un accordo transattivo (segno evidente degli intenti collaborativi della società ) - concorre ad escludere che la valutazione di affidabilità professionale compiuta da Consip possa ritenersi nel caso di specie infirmata da qualsiasi vizio di manifesta irragionevolezza e/o abnormità .



Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente si duole, altresì, del fatto che Consip avrebbe omesso di considerare - in sede di verifica dell'affidabilità professionale di Co. con nota di valutazione n. 297 del 9 maggio 2022 - alcuni gravi illeciti professionali afferenti a precedenti gare pubbliche indette, nell'ordine, dall'Azienda Ospedaliera Sa. Pa., dall'ASL di Taranto e dall'Azienda Municipale Igiene Urbana di Puglia.



Questa doglianza è improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse ad agire, atteso che essa è diretta a lamentare l'omessa valutazione da parte della stazione appaltante di specifici illeciti professionali poi successivamente valutati da Consip - dopo la notifica del ricorso introduttivo - all'esito di un successivo procedimento sfociato nel provvedimento del 28 ottobre 2022 (provvedimento tempestivamente impugnato con motivi aggiunti, sui quali ci si soffermerà più avanti).



Il secondo motivo di ricorso censura, inoltre, l'erronea valutazione da parte di Consip della risoluzione del contratto in passato intercorso tra il Comune di Brindisi e l'ATI di Se. Se. e Sv. (di quest'ultima Co. era stata dapprima ausiliaria e poi cessionaria di ramo d'azienda), risoluzione motivata dall'accertamento della non debenza di alcuni sgravi fiscali originariamente dichiarati in gara dall'ATI.



La valutazione positiva di tale evenienza - della cui irragionevolezza si duole la ricorrente - fa perno sul fatto che Co. era rimasta estranea agli addebiti mossi dal Comune di Brindisi (addebiti che sono poi sfociati nella revoca dell'aggiudicazione e nella risoluzione del contratto), atteso che tali addebiti riguardavano la cedente (Sv.) e non la cessionaria (Co.).



In argomento parte ricorrente evidenzia che "Consip ha obliterato l'immanente principio in base al quale in caso di cessione del ramo d'azienda la carenza dei requisiti in capo al cedente si riflette in capo al cessionario" (cfr. pagg. 12 e 13 del ricorso introduttivo).



La censura non coglie però nel segno.



Se da un lato è vero, infatti, che il cessionario del ramo d'azienda risponde dei motivi di esclusione del cedente nell'ambito della procedura di affidamento in cui egli è subentrato a seguito di detta cessione, dall'altro lato è anche vero, però, che ciò non impedisce alla stazione appaltante di tenere in debito conto - nell'ambito di altre successive autonome procedure di affidamento - l'assenza di qualsiasi responsabilità diretta in capo alla cessionaria, circostanza che non può non giocare un ruolo decisivo nell'ambito di un procedimento di valutazione dell'affidabilità professionale dell'operatore economico ex art. 80, comma 5, del d.lgs. n. 50 del 2016.



Con il secondo motivo di ricorso parte ricorrente lamenta, infine, che "nel DGUE la Co. ha dichiarato, tra l'altro, di non aver commesso gravi infrazioni, debitamente accertate in materia di sicurezza e salute sul lavoro e di obblighi ex art. 30 comma 3 del d.lgs. 50/2016. Questa dichiarazione non corrisponde a vero in quanto risulta che la Co. ha violato la normativa sul lavoro come debitamente accertato dall'Ispettorato Territoriale del Lavoro di Avellino. L'infrazione è anche grave poiché - a quanto è dato sapere - ha addirittura determinato l'avvio del procedimento penale" (cfr. pag. 13 del ricorso introduttivo).



La censura è improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse ad agire, atteso che l'omessa dichiarazione dell'infrazione de qua ha formato oggetto di un autonomo e successivo procedimento di valutazione da parte di Consip avviato dopo la notifica del ricorso introduttivo e infine sfociato nel provvedimento n. 697 del 28 ottobre 2022 poi impugnato con motivi aggiunti (sui quali si ritornerà più avanti).



Ne discende, conclusivamente, la reiezione di tutte le censure sollevate con il secondo motivo di ricorso.



In conclusione, quindi, il ricorso introduttivo va respinto in quanto infondato.



SUI MOTIVI AGGIUNTI



L'atto impugnato con i motivi aggiunti è il provvedimento del 28 ottobre 2022 (prot. 0000697) con cui Consip - all'esito di un apposito procedimento di valutazione di alcune fattispecie potenzialmente escludenti ex art. 80, comma 5, del d.lgs. n. 50 del 2016, originariamente non dichiarate da Co. con il DGUE - ha giudicato dette fattispecie irrilevanti.



In estrema sintesi, dette fattispecie sono consistite in: (i) alcune violazioni giuslavoristiche debitamente rilevate da specifici Ispettorati Provinciali del Lavoro con appositi verbali di accertamento; (ii) penali contrattuali applicate ai danni di Co. in relazione ad un pregresso contratto; (iii) provvedimenti prefettizi sanzionatori per violazione di alcune norme in materia di vigilanza privata; (iv) pregressi atti di esclusione da gare pubbliche.



Vengono in contestazione, con riferimento all'attività valutativa svolta da Consip mediante il provvedimento impugnato con i motivi aggiunti, due distinti profili, da un lato quello dell'omessa dichiarazione delle fattispecie sopra elencate (fattispecie che Co. aveva originariamente omesso di inserire nel DGUE) e, dall'altro lato, quello della gravità intrinseca di tali situazioni.



Quanto al profilo dell'omissione dichiarativa, va compiuta una distinzione tra le categorie di fatti non dichiarate.



Per quel che riguarda, infatti, l'omessa dichiarazione delle violazioni giuslavoristiche (id est il verbale dell'Ispettorato del Lavoro di Avellino, il verbale dell'Ispettorato del Lavoro di Foggia e i provvedimenti sanzionatori del Prefetto di Avellino), il Collegio ritiene perspicua la motivazione posta da Consip a sostegno del giudizio di irrilevanza, atteso che il tenore letterale delle previsioni del disciplinare di gara sul punto era effettivamente equivoco (cfr. paragrafo 6, pag. 27), potendo ragionevolmente indurre gli operatori economici a dichiarare le sole violazioni giuslavoristiche "definitivamente accertate" con sentenza di condanna, e non anche qualsiasi altra violazione giuslavoristica "debitamente accertata", come invece impone l'art. 80, comma 5, lettera (a) del d.lgs. n. 50 del 2016.



Il paragrafo 6, pag. 27, del Disciplinare di Gara, stabiliva infatti che "tra le infrazioni debitamente accertate delle norme in materia di salute e sicurezza sul lavoro nonché degli obblighi di cui all'articolo 30, comma 3 (di cui all'art. 80, comma 5, lett. a), rientrano anche quelle da cui siano derivati provvedimenti definitivi di condanna nei confronti dei soggetti di cui all'art. 80, co. 3, del d.lgs. n. 50/2016 e s.m.i., per condotte poste in essere nell'esercizio delle funzioni conferite dall'operatore economico concorrente. La valutazione in ordine alla gravità della condotta realizzata dall'operatore economico è rimessa alla stazione appaltante".



Il testuale riferimento ai "provvedimenti definitivi di condanna" - sebbene preceduto dall'espressione "anche" - poteva obiettivamente indurre in errore l'operatore economico, convincendolo della necessità di dichiarare le sole violazioni giuslavoristiche definitivamente accertate.



Tenuto conto, infatti, che l'art. 80, comma 5, lettera a), del d.lgs. n. 50 del 2016 menziona qualsiasi violazione giuslavoristica "debitamente accertata" (ivi incluse quelle accertate con sentenza di condanna, ma non soltanto quelle), il testuale riferimento della lex specialis ai "provvedimenti definitivi di condanna" poteva essere erroneamente letto - affinché esso avesse un suo qualche effetto pratico - nel senso di limitare l'onere dichiarativo alle sole violazioni oggetto di condanna definitiva.



O quantomeno questa era una delle possibili letture che l'operatore economico poteva fare del disciplinare di gara, lettura di cui non si può non tener conto - anche in un'ottica di tutela del favor partecipationis al lume del quale va interpretata la lex specialis di gara (cfr. in argomento Consiglio di Stato, sez. V, 30 maggio 2022, n. 4365) - nel momento in cui la stazione appaltante viene a sapere che l'operatore economico ha omesso di dichiarare alcune violazioni giuslavoristiche mai sfociate in provvedimenti definitivi di condanna.



Il che depone, quindi, nel senso di escludere che tale omissione dichiarativa possa minare alla radice il giudizio di affidabilità professionale del concorrente.



Quanto poi all'omissione dichiarativa delle penali contrattuali applicate dall'Istituto Zooprofilattico ai danni di Co., il carattere isolato dell'episodio - rimarcato dalla stessa Consip nel provvedimento impugnato - esclude in radice che tale silenzio potesse essere idoneo a sviare il processo decisionale della stazione appaltante, come invece richiesto - ai fini dell'efficacia escludente dell'omissione o reticenza dichiarativa - dalla giurisprudenza cristallizzata nell'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 16 del 2020.



La valutazione provvedimentale di irrilevanza di tale omissione dichiarativa appare quindi esente da censure.



Per quel che riguarda, inoltre, l'omissione dichiarativa delle due pregresse esclusioni disposte dall'Azienda Ospedaliera Sa. Pa. (rispettivamente nel 2018 e nel 2019), l'irrilevanza di essa appare evidente ove si consideri che come rilevato da Consip:



- i fatti da cui erano originate in ultima istanza dette esclusioni (id est le risoluzioni contrattuali disposte dall'EAV/Ci. S.r.l. e da Na. Ho. S.r.l.) erano stati correttamente riportati nel DGUE di Co. e poi specificamente valutati da Consip con nota del 9 maggio 2022;



- dette esclusioni erano formalmente motivate, a loro volta, dall'omessa dichiarazione di pregresse esclusioni (a loro volta originate dall'omessa dichiarazione delle risoluzioni contrattuali sopra citate), venendo quindi in rilievo il consolidato insegnamento giurisprudenziale a rigore del quale "il partecipante ad una gara di appalto non è tenuto a dichiarare le esclusioni comminate nei suoi confronti in precedenti gare per aver dichiarato circostanze non veritiere, poiché, al di là dei provvedimenti sanzionatori spettanti all'ANAC in caso di dolo o colpa grave nel mendacio, la causa di esclusione dell'omettere le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione si riferisce - e si conclude - all'interno della procedura di gara in cui è maturata (in termini, Cons. Stato, V, 9 gennaio 2019, n. 196; V, 21 novembre 2018, n. 6576; V, 13 settembre 2018, n. 5365; V, 26 luglio 2018, n. 4594)" (Cons. Stato, sez. V, 3 febbraio 2021, n. 1000). Il rilievo meramente interno alla singola procedura di gara della tipologia di esclusione in esame, trova poi conferma anche nella giurisprudenza più recente, la quale ha sottolineato che il legislatore ha chiaramente definito le condotte che danno luogo ad una esclusione automatica prolungata nel tempo da ogni procedura di gara, "così mostrando il chiaro intento di specificare i casi che per il loro disvalore possono giustificare il propagarsi degli effetti espulsivi in via automatica. Si tratta dei casi per i quali è prevista l'iscrizione nel casellario informatico tenuto dall'A.n. a.c. (art. 213, comma 10, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50) vale a dire la presentazione in gara di false dichiarazioni o di falsa documentazione e a condizione che l'A.n. a.c. ravvisi che esse siano state rese con dolo o colpa grave "in considerazione della rilevanza o della gravità dei fatti oggetto della falsa dichiarazione o della presentazione di falsa documentazione" (così il comma 12 del citato art. 80); questi episodi comportano l'esclusione da ogni procedura di gara per il tempo in cui perdura l'iscrizione nel casellario giudiziario (cfr. art. 80, comma 5, lett. f-ter e g). Sarebbe, allora, poco ragionevole che il legislatore, da un lato, abbia previsto in dettaglio quelle vicende tra le varie previste dal comma 5 dell'art. 80 cit. che danno luogo a prolungata esclusione da ogni procedura di gara e, dall'altro, al comma 10 - bis, abbia poi introdotto una generalizzata estensione temporale dei provvedimenti di espulsione, valevole, cioè, quale che sia stata la causa di esclusione tra quelle previste dal comma 5 dell'art. 80 e per ogni altra procedura di gara." (cfr. Cons. Stato, sez. V, n. 8406 del 16 dicembre 2021).



Quanto all'omessa dichiarazione delle ulteriori esclusioni dalle gare disposte ai danni di Co. dalla Procura di Matera, dal Consiglio Regionale della Campania, dalla Giunta Regionale della Campania e dalla Cittadella Giudiziaria di Salerno, Consip ha puntualmente e risolutivamente motivato sull'irrilevanza delle stesse, osservando che le omesse dichiarazioni per le quali erano state disposte dette esclusioni riguardavano fatti penali di un ex amministratore cessato dalla carica ben prima dell'anno antecedente la data di pubblicazione del bando (cfr. art. 80, comma 3, d.lgs. n. 50 del 2016).



Sul punto nulla ha controdedotto la ricorrente.



Per quel che concerne poi l'omissione dichiarativa del provvedimento di esclusione in passato adottato dall'ASL di Potenza ai danni di Co., anche in questo caso Consip ha puntualmente motivato circa l'intervenuto annullamento giudiziale di tale provvedimento in data antecedente rispetto a quella di scadenza del termine di presentazione dell'offerta nella gara de qua.



Anche su tale motivazione nulla ha eccepito la ricorrente.



Quanto infine all'omessa dichiarazione del provvedimento di esclusione dalla gara indetta dall'INPS Basilicata, anche a quest'ultimo riguardo Consip ha formulato approfondite ed analitiche motivazioni a sostegno del giudizio di irrilevanza, motivazioni che non sono state specificamente contestate dalla ricorrente.



Ne discende che le prospettate omissioni dichiarative sono state correttamente giudicate irrilevanti da Consip, con conseguente infondatezza delle censure sollevate in argomento dalla ricorrente.



Viene a questo punto in rilievo la natura oggettiva intrinseca degli addebiti giudicati non gravi da Consip con il provvedimento del 28 ottobre 2022.



Quanto ai provvedimenti sanzionatori emessi dal Prefetto di Avellino a carico della società controinteressata, il Collegio rileva che mentre da un lato la motivazione provvedimentale di Consip è perspicua, analitica e dettagliata, dall'altro lato le contestazioni attoree sono estremamente generiche, esaurendosi sostanzialmente nella doglianza dell'omissione dichiarativa (della cui irrilevanza si è però già visto sopra).



Per quel che riguarda poi le penali contrattuali irrogate dall'Istituto Zo. Sp. di Pu. e Ba., anche in questo caso la motivazione profusa da Consip a sostegno del giudizio di non gravità appare perspicua, avendo essa analiticamente chiarito che: (i) l'ammontare complessivo delle penali irrogate è stato ridotto e risulta di modico valore (poco oltre l'1% del valore del contratto); (ii) detta riduzione, da come emerge dalla delibera dell'amministrazione n. 312/2021, è dipesa dal fatto che la società ha risolto le criticità emerse - le quali sono dipese anche da assenze per malattia e a causa dell'emergenza covid-19 - e i turni del personale sono rientrati "nell'alveo dei tre giornalieri previsti dal Capitolato"; (iii) sempre dalla delibera citata risulta che "il servizio della vigilanza, così come quello del piantonamento, sono stati fin qui espletati senza dar luogo a disservizi di sorta"; (iv) l'irrogazione della penale non ha comportato la risoluzione del contratto per inadempimento; (v) anzi, l'amministrazione ha disposto ben due proroghe, la prima fino al 30/06/2022 la seconda fino al 31/10/2022; (vi) l'irrogazione della penale in argomento ha rappresentato un episodio isolato e di modesta rilevanza.



Tale percorso motivazionale posto a sostegno del giudizio di non gravità delle summenzionate penali contrattuali non appare manifestamente irragionevole e/o illogico, sicchè ogni doglianza sul punto va respinta.



Occorre ora passare ad esaminare le violazioni giuslavoristiche accertate con i verbali dell'Ispettorato del Lavoro di Avellino e dell'Ispettorato del Lavoro di Foggia.



Il Collegio ritiene in questo caso di poter condividere la doglianza di difetto di motivazione e/o eccesso di potere sollevata a tal riguardo dalla ricorrente.



I verbali dell'Ispettorato del Lavoro di Avellino e dell'Ispettorato del Lavoro di Foggia attestano che Co. si è resa responsabile delle seguenti violazioni giuslavoristiche:



- infedeli registrazioni nel libro unico del lavoro di dati relativi ai lavoratori che avrebbero determinato differenti trattamenti retributivi, previdenziali o fiscali (riferite a soggetti diversi);



- omessa comunicazione al centro per l'impiego della comunicazione obbligatoria di cessazione dei rapporti di lavoro;



- omessa concessione delle ferie nella misura minima prevista dalla legge;



- indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato;



- omessa corresponsione di somme a titolo di malattia ai lavoratori (riferite a soggetti diversi);



- omessa corresponsione degli ANF (assegni familiari);



- inosservanza delle disposizioni del contratto collettivo nazionale di lavoro in materia di orario di lavoro e lavoro straordinario.



Le motivazioni effuse da Consip a sostegno del giudizio di irrilevanza delle summenzionate violazioni giuslavoristiche sono le seguenti:



- esiste allo stato un contrasto tra l'Ispettorato del Lavoro e Co. rispetto alla sussistenza (o meno) di dette violazioni;



- alcune di tali violazioni sono state sanate e regolarizzate (laddove non sono ancora decorsi i termini per gli adempimenti di legge) con l'ottemperanza tardiva alle obbligazioni violate;



- le violazioni invece non sanabili e non regolarizzabili non hanno comportato la perdita del diritto dei lavoratori coinvolti, bensì soltanto l'irrogazione di una sanzione amministrativa a carico della Società ;



- i verbali ispettivi si riferiscono alle medesime fattispecie e agli stessi lavoratori, in numero esiguo rispetto al numero complessivo dei dipendenti della Società ;



- nei casi di omessa corresponsione degli ANF (assegni familiari) e delle somme a titolo di malattia ai lavoratori, da cui è scaturita la segnalazione alla Procura della Repubblica per l'ipotesi di reato di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato ex art. 316-ter c.p., si sarebbe trattato soltanto di ritardo nella corresponsione (e non di omissioni) come confermato nel decreto di archiviazione disposto dal GIP del Tribunale di Avellino in data 14/05/2021;



- ai verbali ispettivi sinora notificati non ha ancora fatto seguito alcuna ordinanza-ingiunzione di irrogazione delle relative sanzioni amministrative;



- le irregolarità riscontrate dall'Ispettorato del Lavoro di Foggia in materia di orario di lavoro e lavoro straordinario sarebbero: (a) da un lato materialmente insussistenti, in quanto relative ad addetti di vigilanza privata, e cioè lavoratori che non soggiacciono alla normativa sull'orario di lavoro, giusta quanto disposto dall'art. 2, comma 3, del d.lgs n. 66 del 2003; (b) dall'altro lato determinate dall'eccezionalità della situazione pandemica (durante le quali si sarebbero intensificate le richieste di intervento da parte delle amministrazioni committenti).



Ricostruito l'impianto motivazionale del provvedimento impugnato, nonchè rilevato che la fattispecie escludente invocata nel caso di specie è quella dell'art. 80, comma 5, lettera a), del d.lgs. n. 50 del 2016 (e cioè quella delle "gravi infrazioni debitamente accertate alle norme in materia di salute e sicurezza sul lavoro nonché agli obblighi di cui all'articolo 30, comma 3 del presente codice", per questi ultimi obblighi intendendosi quelli "in materia ambientale, sociale e del lavoro stabiliti dalla normativa europea e nazionale, dai contratti collettivi o dalle disposizioni internazionali elencate nell'allegato X"), il Collegio richiama preliminarmente il consolidato insegnamento giurisprudenziale secondo il quale il giudizio sulla "gravità " dell'infrazione è espressione di una valutazione discrezionale rimessa esclusivamente alla stazione appaltante (cfr. in termini, quam multis, Cons. Stato, V, 22 giugno 2018, n. 3876).



Lo scrutinio che il Giudice Amministrativo può compiere di tale valutazione discrezionale è diretto ad accertare, quindi, soltanto se il giudizio di gravità delle infrazioni giuslavoristiche (o, come nel caso di specie, della non gravità di dette infrazioni) rientri nel perimetro della non manifesta irragionevolezza e illogicità .



Orbene, ai fini di detto scrutinio il Collegio deve anzitutto chiarire se (e in che misura) i verbali degli Ispettorati del Lavoro di Avellino e Foggia siano utilizzabili come fonti di prova delle gravi infrazioni della normativa giuslavoristica.



In coerenza con il consolidato insegnamento giurisprudenziale in materia, il Collegio rileva la piena utilizzabilità di detti verbali, atteso che l'art. 80, comma 5, lett. a), del d.lgs. n. 50 del 2016 richiede per l'appunto che si tratti di una grave infrazione "debitamente accertata", e non "definitivamente accertata".



Non è quindi indispensabile che le infrazioni giuslavoristiche siano vagliate in sede giurisdizionale (né, tantomeno, che siano sfociate nell'adozione di un'ordinanza-ingiunzione).



Come precisato in giurisprudenza (cfr. Cons. St., V, 28 dicembre 2020, n. 8409; in precedenza Cons. St., III, 24 settembre 2020, n. 5564), con la notificazione del verbale - ai sensi del combinato disposto degli artt. 13 e 14 della legge n. 689 del 1981 - si produce l'accertamento della violazione amministrativa (mentre l'ordinanza-ingiunzione di cui all'art. 18 della medesima legge consegue al contraddittorio procedimentale e costituisce espressione del potere dell'amministrazione competente di determinare l'importo dovuto per la violazione, ove sia ritenuto fondato l'accertamento, e di ingiungerne il pagamento all'autore).



I verbali del Servizio prevenzione, igiene e sicurezza degli ambienti di lavoro, sono dunque suscettibili di integrare la fattispecie delle violazioni "debitamente accertate" ai sensi dell'art. 80, comma 5, lett. a), costituendo esplicazione del potere di accertamento demandato agli organi competenti ed esercitato nelle forme previste dalla legge.



Ne discende l'irrilevanza del precedente giurisprudenziale che è stato evocato da ultimo da Consip con la memoria conclusionale depositata in atti in data 13 marzo 2023 (cfr. TAR Lazio, sez. III, 8 giugno 2020 n. 6194), precedente riformato in appello in coerenza con l'insegnamento pretorio sopra richiamato (cfr. Consiglio Stato, Sezione III, 24 settembre 2020, n. 5564).



Acclarato che Consip non avrebbe dovuto necessariamente attendere l'ordinanza-ingiunzione per accertare la sussistenza (o meno) di gravi infrazioni giuslavoristiche "debitamente accertate", va a questo punto appurato se l'accertamento di non gravità compiuto da Consip rientri (o meno) nei confini della non manifesta irragionevolezza.



In proposito, il Collegio rileva che dai verbali di accertamento e notificazione degli Ispettorati del Lavoro di Avellino e Foggia emergono cinque distinti gruppi di infrazioni giuslavoristiche:



a) primo gruppo - inadempimenti meramente formali/amministrativi consistenti nell'infedele registrazione nel LUL (Libro Unico del Lavoro) delle ore di lavoro effettivamente prestate dal personale della sede di Avellino nei mesi di gennaio/febbraio/marzo 2017 (e per un singolo lavoratore anche nei mesi di luglio e agosto 2014), nonché nell'omesso invio al Centro per l'impiego delle comunicazioni di cessazione del rapporto di lavoro di n. 3 dipendenti della sede di Avellino (cfr. punti 1), 2) e 3) del verbale dell'Ispettorato del Lavoro di Avellino);



b) secondo gruppo - mancata fruizione delle ferie nella misura minima prevista per legge per gli anni 2015, 2016, 2017 e 2018, nei confronti dell'intero personale della sede di Avellino addetto alla sala conta (cfr. punto 4) del verbale dell'Ispettorato del Lavoro di Avellino);



c) terzo gruppo - omesso e/o ritardato pagamento delle indennità di malattia e degli assegni per il nucleo familiare nei confronti di n. 11 dipendenti della sede di Avellino, con contestuale percezione in forma di conguagli contributivi (da parte dell'INPS) delle risorse pubbliche necessarie a finanziare le suddette indennità /assegni, così realizzando peraltro una forma di indebita percezione di erogazioni ai danni dello Stato (cfr. punti nn. 5), 6), 7) e 8) del verbale dell'Ispettorato del Lavoro di Avellino);



d) quarto gruppo - mancato pagamento di alcune spettanze retributive (ad es. mensilità correnti, residui ferie/ROL, ratei tredicesima, ratei TFR) circoscritte però a singoli mesi e nei confronti di soli 18 lavoratori della sede di Avellino, la maggior parte dei quali ha ottenuto il pagamento delle spettanze dovute soltanto a seguito di diffide accertative e/o iniziative giudiziarie innanzi al Giudice del Lavoro;



e) quinto gruppo - esecuzione nell'anno 2021 di un numero di ore di lavoro straordinario in misura eccedente rispetto al tetto annuo fissato dalla contrattazione collettiva applicabile nei confronti del personale addetto a mansioni di guardia giurata armata presso le sedi di (omissis) e (omissis) (cfr. verbale dell'Ispettorato del Lavoro di Foggia).



Identificate chiaramente le infrazioni giuslavoristiche commesse da Co., il Collegio rileva che il giudizio di non gravità espresso da Consip sulle infrazioni elencate sub lettere a) (inadempimenti meramente formali/amministrativi), c) (ritardato pagamento delle indennità di malattia/assegni nuclei familiari in favore di n. 11 dipendenti), d) (ritardato pagamento di spettanze retributive in favore di n. 18 dipendenti), ed e) (violazione del limite massimo di ore di lavoro straordinario) - pur essendo un giudizio di cui non si può escludere in astratto l'opinabilità nel merito - appare tuttavia immune da censure in base al diverso canone (che solo vincola il Giudice Amministrativo) della non manifesta irragionevolezza e/o illogicità della valutazione della stazione appaltante.



In proposito va rilevato, infatti, che le motivazioni spese da Consip a sostegno della valutazione di non gravità delle summenzionate infrazioni giuslavoristiche consistono:



- nella sopravvenuta regolarizzazione della maggior parte di dette infrazioni ancor prima della presentazione dell'offerta di gara da parte di Co. (si noti in proposito che lo stesso verbale dell'Ispettorato del Lavoro di Avellino - risalente al 26 agosto 2019 - dava atto già allora dell'intervenuto pagamento di quasi tutte le spettanze retributive richieste dai 18 lavoratori della sede di Avellino che avevano agito con ricorso del lavoro e/o diffida accertativa);



- nella natura assolutamente fisiologica delle discrepanze contabili che sono all'origine dell'infedele registrazione di alcuni dati inseriti nel LUL dei mesi di gennaio/febbraio/marzo 2017;



- nella riconducibilità all'emergenza pandemica dell'eccesso di ore di lavoro straordinario prestate nell'anno 2021 dalle guardie giurate armate addette alle unità operative di (omissis) e (omissis), emergenza che elide il carattere di gravità dell'inadempimento contestato;



- nel numero sostanzialmente esiguo dei lavori interessati dalle infrazioni in questione.



Ad avviso del Collegio, come anticipato, tali valutazioni non appaiono manifestamente irragionevoli, né perplesse o illogiche, sicchè il giudizio di "non gravità " espresso sul punto dalla stazione appaltante appare correttamente motivato.



Non altrettanto può dirsi, invece, per la valutazione di non gravità espressa da Consip sull'infrazione giuslavoristica di cui al secondo gruppo sopra indicato, e cioè quello della mancata fruizione delle ferie nella misura minima prevista per legge per gli anni 2015, 2016, 2017 e 2018, nei confronti dell'intero personale della sede di Avellino addetto alla sala conta (cfr. punto 4) del verbale dell'Ispettorato del Lavoro di Avellino).



La motivazione espressa sul punto da Consip è stata infatti la seguente: "anche le infrazioni ritenute più gravi (quali quelle sulla mancata fruizione delle ferie o sulle indennità per malattia), in quanto considerate non sanabili per la decorrenza dei termini degli adempimenti previsti dalla legge, non hanno comportato una perdita del diritto dei lavoratori, ma una sanzione per la società ".



Orbene, questo tipo di motivazione sembra esorbitare dai confini della non manifesta irragionevolezza, avuto riguardo alla natura propria e tipica del diritto alle ferie annuali retribuite, così come declinato dalla giurisprudenza euro-unitaria e nazionale.



È ormai ius receptum, infatti, che:



"11.1. Ai sensi dei Considerando 4 e 5 della direttiva 2003/88/CEE, del 4 novembre 2003, concernente taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro: "Il miglioramento della sicurezza, dell'igiene e della salute dei lavoratori durante il lavoro rappresenta un obiettivo che non può dipendere da considerazioni di carattere puramente economico. Tutti i lavoratori dovrebbero avere periodi di riposo adeguati. Il concetto di "riposo" deve essere espresso in unità di tempo, vale a dire in giorni, ore e frazioni d'ora. I lavoratori (dell'Unione) devono beneficiare di periodi minimi di riposo giornaliero, settimanale ed annuale e di adeguati periodi di pausa (...)". L'art. 7 della citata direttiva, la cui rubrica reca "Ferie annuali", sancisce: "Gli stati membri prendono le misure necessarie affinché ogni lavoratore benefici di ferie annuali retribuite di almeno quattro settimane, secondo le condizioni di ottenimento e di concessione previste dalle legislazioni e/o prassi nazionali. Il periodo minimo di ferie annuali retribuite non può essere sostituito da una indennità finanziaria, salvo in caso di fine del rapporto di lavoro". Come precisato da questa Corte (Cass., n. 23697 del 2017), il suddetto divieto di monetizzazione, ripreso dal D. Lgs. n. 66 del 2003, art. 10, comma 2, che alla direttiva ha dato attuazione, è evidentemente finalizzato a garantire il godimento effettivo delle ferie, che sarebbe vanificato qualora se ne consentisse la sostituzione con un'indennità, la cui erogazione non può essere ritenuta equivalente rispetto alla necessaria tutela della sicurezza e della salute, in quanto non permette al lavoratore di reintegrare le energie psico-fisiche. 11.2. Nell'ordinamento nazionale il diritto alle ferie trova fondamento nell'art. 36 Cost., comma 3 e disciplina positiva del D. Lgs. n. 66 del 2003, citato art. 10, oltre che nell'art. 2109 c.c.... 13. Questa Corte (Cass., n. 27206 del 2017, punto 2.9. del Considerato) ha affermato che qualora nel corso del rapporto di lavoro il dipendente non abbia usufruito delle ferie e dei riposi compensativi nella misura contrattualmente prevista, il datore di lavoro è legittimato ad imporre la fruizione degli stessi, anche per prevenire richieste di pagamento dell'indennità sostitutiva. 13.1. Tale statuizione trova completamento nell'affermazione (Cass., n. 15652 del 2018, n. - 2496 del 2018, n. 13860 del 2000) che dal mancato godimento delle ferie deriva - una volta divenuto impossibile per l'imprenditore, anche senza sua colpa, adempiere l'obbligazione di consentire la loro fruizione - il diritto del lavoratore al pagamento dell'indennità sostitutiva, che ha natura retributiva, in quanto rappresenta la corresponsione, a norma degli artt. 1463 e 2037 c.c., del valore di prestazioni non dovute e non restituibili in forma specifica; ... A ciò consegue che, in caso di mancata predisposizione da parte del lavoratore del piano ferie annuale, il datore di lavoro ha la possibilità di assegnazione di ufficio delle ferie, tenuto conto del carattere irrinunciabile del relativo diritto e del divieto di monetizzazione (cfr., Cass., n. 11016 del 2017)" (cfr. ex multis Cass., Sez. Lav., ord. 12 febbraio 2020 n. 3476).



In sintesi, la concreta fruizione delle ferie retribuite annuali - in quanto oggetto di una specifica tutela costituzionale mirata a preservare la salute e sicurezza del lavoratore (cfr. art. 36 Cost.) - è oggetto di un'obbligazione sostanzialmente infungibile, non potendo il concreto riposo annuale essere sostituito da un'indennità, se non nel caso eccezionale di cessazione del rapporto di lavoro.



Va da sé che l'obbligo di Co. di consentire al proprio personale della "sala conta" della sede di Avellino di beneficiare delle ferie annuali retribuite negli anni 2015, 2016, 2017 e 2018 - una volta violato - non è più suscettibile di esecuzione in forma specifica, trattandosi per l'appunto di una prestazione infungibile da eseguirsi sempre con periodicità annuale per salvaguardare la salute e sicurezza dei lavoratori, tanto è vero che lo stesso provvedimento Consip qui impugnato qualifica le infrazioni di tale obbligo come "non sanabili per la decorrenza dei termini degli adempimenti previsti dalla legge" (si consideri a tal riguardo il disposto dell'art. 10, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 66 del 2003, il quale prescrive una specifica periodicità delle ferie annuali nei termini che seguono: "1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 2109 del codice civile, il prestatore di lavoro ha diritto ad un periodo annuale di ferie retribuite non inferiore a quattro settimane. Tale periodo, salvo quanto previsto dalla contrattazione collettiva o dalla specifica disciplina riferita alle categorie di cui all'articolo 2, comma 2, va goduto per almeno due settimane, consecutive in caso di richiesta del lavoratore, nel corso dell'anno di maturazione e, per le restanti due settimane, nei 18 mesi successivi al termine dell'anno di maturazione. 2. Il predetto periodo minimo di quattro settimane non può essere sostituito dalla relativa indennità per ferie non godute, salvo il caso di risoluzione del rapporto di lavoro").



Il summenzionato definitivo inadempimento dell'obbligazione di concessione delle ferie annuali potrà essere sicuramente risarcito (cfr. art. 1218 c.c.), ma è evidente che l'obbligazione infungibile originariamente dovuta (id est il concreto riposo del lavoratore con periodicità annuale) è diversa cosa rispetto all'obbligazione meramente risarcitoria innescata dalla violazione della prima.



L'obbligazione delle ferie annuali è quindi ben differente - per natura e finalità - rispetto alle altre diverse obbligazioni retributive di cui è stata riscontrata la violazione con i verbali ispettivi de quibus, obbligazioni quelle che - in quanto pecuniarie - ben possono ancora eseguirsi.



Ne discende che la motivazione evocata da Consip a sostegno del giudizio di non gravità della mancata fruizione delle ferie negli anni 2015, 2016, 2017 e 2018 - e cioè il fatto che tale infrazione giuslavoristica non avrebbe comportato alcuna "perdita del diritto dei lavoratori" - appare intrinsecamente contraddittoria: la perdita del diritto in questione (ovverossia la perdita del riposo di 4 settimane di ferie annue) si è infatti già consumata (peraltro per ben 4 anni e per l'intero personale amministrativo della sala conta della sede di Avellino pari a ben 59 dipendenti).



D'altro canto, il rilievo motivazionale di Consip secondo cui l'infrazione in questione sarebbe irrilevante perché ad essa può ancora far seguito il soddisfacimento del diritto dei lavoratori coinvolti, appare incongruo anche per un ulteriore ordine di motivi.



Tale rilievo trascura, invero, il fatto che il potere amministrativo del cui esercizio si discorre consiste nella facoltà della stazione appaltante di valutare l'affidabilità professionale (o meno) dell'operatore economico, in particolare sotto il profilo dell'osservanza delle leggi in materia di lavoro.



Affidabilità professionale significa - in quest'ultima chiave - proprio la naturale inclinazione dell'operatore economico alla piena osservanza dei diritti individuali e collettivi dei lavoratori, e non certo la perdurante astratta possibilità di rimediare alla già intervenuta lesione di tali diritti (come invece sembra inferirsi dalle motivazioni profuse in argomento da Consip).



Conclusivamente, quindi, il Collegio ritiene che il giudizio di non gravità espresso da Consip sull'infrazione consistente nella mancata fruizione delle ferie sia inficiato da un difetto di motivazione, derivandone la necessità di annullare il provvedimento del 28 ottobre 2022 con cui è stato formulato tale giudizio, nonché di rideterminarsi sul punto in questione (punto che risulta allo stato immotivato), salvo il potere discrezionale della stazione appaltante di soppesare e valutare tutte le circostanze del caso concreto.



Tutto ciò prelude, quindi, ad un inevitabile riesercizio del potere valutativo sul punto da parte della stazione appaltante.



Le considerazioni sopra esposte conducono, pertanto, alla reiezione del ricorso introduttivo e invece all'accoglimento dei motivi aggiunti, con conseguente annullamento per difetto di motivazione del provvedimento Consip prot. n. 697 del 28 ottobre 2022, nonché di tutti gli ulteriori provvedimenti ad esso connessi e/o collegati, ivi incluso il provvedimento di aggiudicazione definitiva della gara in favore di Co., salvo ed impregiudicato il potere discrezionale di Consip di rideterminarsi - in ossequio al vincolo conformativo derivante dalla presente sentenza - sui requisiti soggettivi di Co. e, conseguentemente, sull'esito stesso della gara.



Stante la necessità di una nuova determinazione discrezionale di Consip sull'affidabilità professionale di Co. (e sui suoi eventuali riflessi aggiudicatori), il Collegio rileva l'inammissibilità della domanda di declaratoria di inefficacia del contratto medio tempore stipulato e del successivo subentro nella titolarità dello stesso, posto che un'eventuale statuizione giudiziale sul punto finirebbe per violare il divieto di esercizio di poteri amministrativi ancora non esercitati cristallizzato nell'art. 34, comma 2, c.p.a.



Ciò chiarito, va infine osservato che il Collegio, nel rispetto delle disposizioni sulla sinteticità degli atti processuali (artt. 3, comma 2 e 120, comma 10, c.p.a.) e dei principi della domanda (art. 39 e art. 99 c.p.c.) e della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato (art. 34, comma 1, c.p.a. e art. 112 c.p.c.), ha esaminato tutte le questioni e le censure evocate nei gravami, ritenendo che eventuali profili non scrutinati in modo espresso siano comunque da respingere alla luce della motivazione complessivamente resa oppure che non siano rilevanti per la soluzione della causa (cfr., Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 27 aprile 2015, n. 5).



La complessità della controversia e la natura delle questioni trattate giustificano l'integrale compensazione delle spese di lite tra le parti in causa.



 

P.Q.M.





Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sul ricorso come in epigrafe proposto ed integrato da motivi aggiunti, così dispone:



(a) quanto al ricorso introduttivo, lo respinge;



(b) quanto ai motivi aggiunti, li accoglie nei sensi e termini indicati in motivazione.



Dichiara inammissibili le domande di declaratoria di inefficacia del contratto medio tempore stipulato e di subentro nella titolarità dello stesso.



Spese compensate.



Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa