• Datore di Lavoro
  • Infortunio sul Lavoro

Responsabilità di un legale rappresentante che consentiva che i propri soci lavoratori effettuassero le concordate prestazioni lavorative appaltate dalla Rai presso lo studio (OMISSIS), senza che fosse operante o comunque adeguato il necessario coordinamento con l'appaltante ai fini di prevenire i rischi cui sarebbero stati esposti detti soci, con particolare ma non esclusivo riferimento al pericolo di caduta dall'alto: determinava così una serie di antecedenti causali necessari dell'infortunio occorso al C. (il quale precipitava da una pensilina alta circa metri 5, ove si era recato, privo di cinture di sicurezza, per recuperare dei cavi su ordine del P.).

Ricorre in Cassazione - La Corte annulla la sentenza impugnata senza rinvio perchè il reato è estinto per intervenuta prescrizione; rigetta il ricorso ai fini civili. 

La Corte afferma che: "beneficiari delle norme di tutela della sicurezza del lavoro sono, oltre i lavoratori dipendenti, i soci di cooperative di lavoro.

Il presidente e legale rappresentante di una cooperativa di lavoro, pertanto, deve essere considerato destinatario delle norme antinfortunistiche quando a questa spetti di eseguire le opere.
Ne consegue che a nulla vale, al fine dell'esonero da responsabilità in materia, la predisposizione di un "ufficio per la sicurezza" (in cui come si legge in ricorso, si dovevano tenere lezioni, conferenze, riunioni, illustrazioni cinematografiche per rendere edotti i lavoratori dei pericoli sul lavoro) e tanto meno la distribuzione del "Manuale del Socio", teso ai medesimi scopi, senza la dimostrazione di una totale ed inequivocabile delega (con accettazione dei relativo incarico da parte di persona competente in materia) dei compiti di sorveglianza e verifica in loco del rispetto delle prescrizioni in tema di sicurezza sul lavoro. "

 
REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MORGIGNI Antonio - Presidente

Dott. ZECCA Gaetanino - Consigliere

Dott. FOTI Giacomo - Consigliere

Dott. BIANCHI Luisa - Consigliere

Dott. MASSAFRA Umberto - rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

1) O.A. N. IL (OMISSIS);

avverso la sentenza n. 8815/2007 CORTE APPELLO di ROMA, del 01/10/2008;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 18/03/2010 la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO MASSAFRA;

udito il P.G. in persona del Dott. Volpe Giuseppe che ha concluso per l'annullamento con rinvio;

udito il difensore avv. Pittalunga Gianrico, del Foro di Roma, difensore di O.A., che conclude per l'annullamento per prescrizione del reato.

Fatto
 
Con sentenza in data 1.10.2008 la Corte di Appello di Roma, in parziale riforma di quella emessa in data 18.4.2007 dal locale Tribunale, riconosceva il concorso di colpa della persona offesa nella misura del 30% e riduceva la pena inflitta a O. A., per il reato di lesioni colpose (art. 590 c.p.p., commi 3 e 5, art. 583 c.p., comma 1, n. 1) con violazione delle norme sugli infortuni sul lavoro in danno di C.U. (commesso il 4.6.2001), a mesi uno e giorni dieci di reclusione (con circostanze attenuanti generiche equivalenti all'aggravante sospensione condizionale), oltre alla rifusione delle spese del grado in favore della parte civile costituita.

In particolare era contestato che, per colpa consistente in generica negligenza ed imperizia, ed inoltre e comunque con i comportamenti omissivi e commissivi delineati nel capo b) (reato già estinto per prescrizione: consentiva che i propri soci lavoratori effettuassero le concordate prestazioni lavorative appaltate dalla Rai presso lo studio (OMISSIS), senza che fosse operante o comunque adeguato il necessario coordinamento con l'appaltante ai fini di prevenire i rischi cui sarebbero stati esposti detti soci, con particolare ma non esclusivo riferimento al pericolo di caduta dall'alto) (comportamenti di fatto causalmente convergenti, determinava una serie di antecedenti causali necessari dell'infortunio occorso al C. (il quale precipitava da una pensilina alta circa metri 5, ove si era recato, privo di cinture di sicurezza, per recuperare dei cavi su ordine del P.), infortunio che cagionava al C. lesioni guarite in un periodo superiore a 40 giorni.

Avverso tale sentenza della Corte di Appello romana, ricorre per cassazione il difensore di fiducia di O.A., deducendo la violazione di legge ed il vizio di motivazione sotto vari profili.

In particolare, la sentenza è priva di motivazione in ordine a quanto sostenuto nei dettagliati motivi d'appello circa il divieto impartito dalla Cooperativa a tutti i soci lavoratori di eseguire lavori in altezza e tale tipo di lavori non è ricompreso negli accordi intercorsi con la dirigenza Rai: quindi l'evento verificatosi è da attribuire alla "pazzesca" iniziativa del C., laddove la Corte ha ritenuto di dare credito alle interessate dichiarazioni del C. e del P. che avrebbero dovuto essere considerati i meno attendibili tra tutti quelli esaminati nel corso del giudizio.

Mentre la Corte ha lamentato sostanzialmente che sul posto non vi sia stato un capo squadra, circostanza non enunciata nel capo d'imputazione, la formazione e composizione delle squadre (operanti in tutta (OMISSIS)) era compito dell'"Ufficio Lavori" e non già del Presidente e legale rappresentante, circostanza in ordine alla quale la sentenza ha omesso ogni motivazione insistendo negli obblighi incombenti sull' O..

Ci si duole, infine, della carenza motivatoria in ordine al diniego del richiesto giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti generiche e della concessione della non menzione della condanna.


Diritto
 
La motivazione dell'impugnata sentenza è adeguata corretta nonchè esente da vizi logici e giuridici.

La valutazione delle dichiarazioni del C. e del P. sulla base delle quali la Corte territoriale ha ritenuto che nonostante il divieto per i lavoratori della Cooperativa di eseguire lavori in altezza, "detto evento si verificava normalmente" è stata attentamente operata sotto il profilo dell'attendibilità del dichiarante, sia in via autonoma dal Giudice d'appello sia con richiamo alle ragioni indicate sul punto dal giudice di primo grado.

Ne consegue che la censura in questione si risolve in una inammissibile prospettazione di una diversa valutazione della prova: invero anche alla luce del nuovo testo dell'art. 606 cod. proc. pen., comma 1, lett. e), come modificato dalla L. 20 febbraio 2006, n. 46, non è tuttora consentito alla Corte di cassazione di procedere ad una rinnovata valutazione dei fatti ovvero ad una rivalutazione del contenuto delle prove acquisite, trattandosi di apprezzamenti riservati in via esclusiva al giudice del merito.

Quanto alla seconda censura, si osserva che beneficiari delle norme di tutela della sicurezza del lavoro sono, oltre i lavoratori dipendenti, i soci di cooperative di lavoro.
Il presidente e legale rappresentante di una cooperativa di lavoro, pertanto, deve essere considerato destinatario delle norme antinfortunistiche quando a questa spetti di eseguire le opere. (Fattispecie relativa ad infortunio occorso ad un operaio il quale era socio dipendente di una cooperativa aderente ad un consorzio gestione servizi, appaltatore di attività di facchinaggio.
Detto consorzio aveva, a sua volta, affidato l'attività alla associata cooperativa.
La responsabilità dell'incidente era stata attribuita, oltre che all'amministratore del Consorzio Gestione Servizi, al presidente della cooperativa, che aveva il dovere di controllare e di sorvegliare le operazioni perchè si svolgessero secondo gli accordi ed in condizioni di sicurezza per i lavoratori). (Cass. pen. Sez. 4^, 21.12.1995 n. 3483 Rv. 204973).

Ne consegue che a nulla vale, al fine dell'esonero da responsabilità in materia, la predisposizione di un "ufficio per la sicurezza" (in cui come si legge in ricorso, si dovevano tenere lezioni, conferenze, riunioni, illustrazioni cinematografiche per rendere edotti i lavoratori dei pericoli sul lavoro) e tanto meno la distribuzione del "Manuale del Socio", teso ai medesimi scopi, senza la dimostrazione di una totale ed inequivocabile delega (con accettazione dei relativo incarico da parte di persona competente in materia) dei compiti di sorveglianza e verifica in loco del rispetto delle prescrizioni in tema di sicurezza sul lavoro.
Premesse tali considerazioni tese ad evidenziare l'infondatezza del ricorso, deve però immediatamente rilevarsi, ai sensi dell'art. 129 c.p.p., comma 1, l'intervenuto decorso del termine prescrizionale di sette anni e sei mesi (al 4.12.2008), previsto, per il reato contestato, dall'art. 157 c.p. e art. 160 c.p., u.c. nell'attuale e previgente formulazione, onde s'impone, dovendosi escludere, per quanto sopra rilevato, la ricorrenza delle condizioni di cui al 2 comma del citato art. 129 cod. proc. pen., l'annullamento senza rinvio dell'impugnata sentenza perchè il reato ascritto è rimasto estinto per intervenuta prescrizione.
Consegue, a norma dell'art. 578 cod. proc. pen., il rigetto del ricorso ai fini civili.


P.Q.M.
 
 
Annulla la sentenza impugnata senza rinvio perchè il reato è estinto per intervenuta prescrizione; rigetta il ricorso ai fini civili.

Così deciso in Roma, il 18 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 15 aprile 2010