Tribunale Milano, Sez. Lav., 08 marzo 2023 - Mansione lavorativa a contatto con il pubblico e morte per Covid. Rendita e indennità ex art. 85 D.P.R. n. 1124 del 1965






 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE DI MILANO

SEZIONE LAVORO


La dott.ssa Eleonora Porcelli in funzione di giudice del lavoro ha pronunciato la seguente

SENTENZA



nella causa civile di I Grado iscritta al n. 4829/2022 R.G. promossa da:

(...), con il patrocinio dell'avv. FU.GI., elettivamente domiciliato in PIAZZA (...), 3 MILANO

contro

INAIL, con il patrocinio dell'avv. CA.IT., elettivamente domiciliato in CORSO (...) MILANO

Oggetto: rendita e altre indennità ex art. 85 D.P.R. n. 1124 del 1965
 

Fatto

 


Con ricorso al Tribunale di Milano, sezione lavoro, depositato in Cancelleria in data 31/05/2022, (...) ha convenuto in giudizio l'Inail per sentirlo condannare all'erogazione della rendita ai superstiti ex artt. 85, 105, 106 D.P.R. n. 1124 del 1965, oltre interessi legali e rivalutazione, previo riconoscimento della riconducibilità del decesso della propria moglie (...), avvenuto in data 17/04/2020 all'ospedale San Paolo di Milano, alla malattia da Covid-19 contratta nello svolgimento dell'attività lavorativa.

Costituendosi ritualmente in giudizio, l'INAIL ha contestato la fondatezza delle pretese avversarie, di cui ha chiesto il rigetto, ritenendo non provato il nesso tra ambiente di lavoro e contagio da Covid - 19. Il Giudice, ammessa ed espletata la prova testimoniale dedotta dalla ricorrente limitatamente ai capitoli relativi alle condizioni e modalità di lavoro di (...) nel periodo antecedente all'assenza per malattia, disposta ed esperita la c.t.u. medica, ha invitato i procuratori delle parti alla discussione orale e ha pronunciato sentenza, dando lettura del dispositivo in udienza.

 

 

Diritto


Il ricorso è fondato e merita accoglimento.

È stata infatti raggiunta adeguata prova dell'origine professionale della patologia che ha portato al decesso della moglie del ricorrente, vale a dire del nesso causale tra la patologia medesima e l'attività lavorativa svolta.

Dalla documentazione in atti si ricava che (...), moglie del ricorrente (...), è stata dipendente del Ministero della Giustizia dal 01/03/1980 sino alla data del decesso con la qualifica di assistente giudiziario, area II, F4. (...) prestava servizio presso l'ufficio decreto ingiuntivi, situato al sesto piano del Tribunale di Milano. (...) condivideva la propria stanza con altre persone in uno spazio di circa 200 mq ed era addetta all'attività di relazioni con il pubblico nell'orario di apertura.

Per accertare le condizioni e le modalità di lavoro della sig.ra (...) è stata espletata la prova testimoniale dedotta dal ricorrente. All'udienza del 26/09/2022 sono state sentite come testimoni I.S. e (...), colleghe di (...) in servizio presso il Tribunale di Milano. La teste S. ha dichiarato che (...) lavorava nel suo stesso ufficio come assistente e precisamente era la titolare dello sportello per la ricezione atti, la richiesta copie e la richiesta formule esecutive. Lo sportello era aperto al pubblico dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 13, ma negli ultimi mesi la chiusura era stata anticipata alle 12. La teste ha riferito che fino a quando (...) aveva lavorato non era stata adottata alcuna misura organizzativa e alcuna protezione per il Covid, neppure per quanto riguarda l'accesso in cancelleria. L'ufficio si trova in una stanza molto grande in cui all'epoca dei fatti lavoravano circa quindici persone. Ci sono quattro sportelli a cui gli utenti accedono rimanendo nel corridoio. Il personale addetto agli sportelli opera a una scrivania situata all'interno della stanza. Lo sportello è dotato di un vetro che lo copre totalmente, tranne un buco circolare e una feritoia in basso. A fianco della scrivania dove lavorava (...) è situata la scrivania su cui si trova il timbro per la congiunzione delle pagine delle copie e gli utenti vi accedono per effettuare tale operazione. La teste ha dichiarato che nel loro ufficio nel periodo in cui si è ammalata (...) non vi erano stati altri casi di Covid.

La teste (...), responsabile dell'ufficio decreti ingiuntivi, della centrale civile e coordinatrice di tutto il settore civile del Tribunale di Milano, ha confermato che (...) lavorava ai decreti ingiuntivi ed era addetta allo sportello per il rilascio delle copie, ma si occupava anche di altre attività come la pubblicazione dei decreti. Ha aggiunto che (...) lavorava anche al sabato in back office. La sua postazione era in una grande stanza, con la scrivania davanti allo sportello. Lo sportello è separato dal corridoio da un vetro molto spesso, che non consente di sentire bene, sicché a volte l'utente veniva fatto entrare per capire meglio il problema. In basso c'è una feritoia, dove vengono fatti passare i documenti. Abitualmente gli utenti non entravano nella zona dove lavoravano gli addetti dell'ufficio, ma rimanevano agli sportelli; solo in casi particolari per praticità si facevano entrare gli utenti, magari gli addetti alle agenzie per la mole di atti. Nella stanza lavoravano una decina di persone. La teste ha affermato che fino al 25 febbraio non erano ancora state adottate misure per l'emergenza Covid: le prime misure sono state adottate a fine febbraio, forse il 28, o ai primi di marzo, finché il Presidente del Tribunale aveva poi interdetto completamente l'accesso del pubblico. La teste ha infine dichiarato che nell'ufficio decreti ingiuntivi in quel periodo non ci sono stati altri casi di Covid.

Dopo l'acquisizione della prova testimoniale, all'udienza del 13/10/2022 il Giudice ha disposto la c.t.u. medica al fine di accertare se il decesso della sig.ra (...) fosse causalmente riconducibile alle mansioni lavorative svolte dalla stessa.

Il c.t.u. incaricato, all'esito dell'analisi degli atti processuali, dell'esposizione delle notizie cliniche ed esperite le indagini relative al caso in esame, ha evidenziato che sia nell'inquadramento anamnestico di (...) al momento dell'accesso in pronto soccorso in data 11/03/2020 sia nella lettera riassuntiva finale successiva al decesso era indicata la data del 03/03/2020, ossia otto giorni prima del ricovero, come momento di insorgenza della sintomatologia, tanto che già al momento dell'ingresso in reparto "la paziente era sottoposta ad ossigenoterapia mediante posizionamento di CPAP (maschera di somministrazione d'aria/ossigeno con pressione artificialmente superiore a quella ambientale, in modo tale da favorire il più possibile la penetrazione d'aria/ossigeno nell'ambiente alveolo-polmonare), che rappresenta un presidio di ausilio "intermedio" tra l'erogazione di ossigeno con semplice mascherina nasale e la diretta intubazione oro-tracheale; l'utilizzo della CPAP suggerisce così già sin dall'inizio la serietà del quadro clinico di presentazione"". Successivamente, il 23/03/2020 si era reso necessario intubare la paziente, le cui condizioni purtroppo peggioravano progressivamente fino al decesso in data 17/04/2020. Dalla documentazione clinica visionata dal c.t.u. emerge senza dubbio che il quadro clinico patito dalla Sig.ra (...) durante il ricovero sia da ascriversi ad infezione da SARS-CoV2, circostanza del resto mai contestata dall'INAIL.

Quanto al nesso causale tra l'attività lavorativa e il contagio da SARS-CoV2, il c.t.u. ha in primo luogo affrontato la questione della eventuale trasmissione intrafamiliare dell'infezione, visto che tutti i tre componenti conviventi della famiglia avevano presentato sintomatologia febbrile a marzo 2020, e precisamente (...) aveva manifestato febbre dal 03/03/2020, (...) (il ricorrente) dal 06.03.2020 e il figlio M.D.L. dal 08/03/2020. Il c.t.u. evidenzia quindi come vi sia un ordine cronologico nell'insorgenza sintomatologica, sicché "considerando che il tempo medio di incubazione del SARS-CoV2 risulta essere compreso tra i 3-5 giorni (dalla penetrazione del microorganismo nel corpo all'insorgenza dei sintomi), e che comunque l'intervallo di incubazione può estendersi sino a 14 giorni, alla luce del criterio probabilistico che pertiene la forza del nesso causale nelle vertenze di tipo civilistico-previdenziale, è possibile concludere come sia maggiormente probabile la trasmissione virale dalla Sig.ra A. al marito Sig. R. ed al figlio Sig. M., piuttosto che l'ipotesi inversa, in forza dell'evidenza che la Sig.ra A. sia stata la prima componente del predetto nucleo famigliare a manifestare febbre, in base alla documentazione clinica analizzata e riportata".

Come ulteriore elemento a suffragio di questa conclusione viene citato anche il parere del medico di base di (...) la quale nella certificazione del 25/05/2020 aveva affermato che i giorni di assenza lavorativa prescritti dal 26/02/2020 e motivati nei certificati con la diagnosi di "crisi asmatiche" erano da considerarsi, ad una sua propria rivalutazione ex post del quadro clinico, come di fatto ascrivibili a sintomatologia da SARS-CoV2.

Il c.t.u. è quindi passato a considerare la probabilità che il contagio di (...) sia avvenuto nello svolgimento dell'attività lavorativa, muovendo dal presupposto che la via principale e preponderante di diffusione del SARS-CoV2 risulta essere quella dell'aspirazione mediante le vie respiratorie di particelle virali o di microgocce di acquose contaminate da particelle virali disperse nell'aria. Conseguentemente, mansioni caratterizzate dal contatto diretto con il pubblico a una distanza ravvicinata in un ambiente chiuso, prolungato quantomeno nell'arco di alcuni minuti, costituiscono una situazione lavorativa pacificamente idonea alla trasmissione del SARS-CoV2, soprattutto nel momento in cui il lavoratore non indossi un idoneo dispositivo di protezione respiratoria individuale. Riportando tali considerazioni al caso di specie, il c.t.u. ha quindi ritenuto che "alla luce della ascrivibilità del decesso della Paziente a patologia derivante da SARS-CoV2, e considerate le specifiche modalità con cui è stata descritta la modalità di effettuazione della mansione lavorativa della Sig.ra (...) (a contatto con il pubblico), quest'ultima può essere stata idonea nel rappresentare la circostanza di trasmissione del SARS-CoV2, senza comunque poter tecnicamente circoscrivere in maniera puntuale il preciso momento (giorno ed orario) dell'effettivo contagio, e pur comunque annotando che le tempistiche di incubazione virale sono coerenti con le tempistiche di presenza della Sig.ra (...) sul posto di lavoro a fine Febbraio 2020".

Il consulente ha quindi concluso che "Alla luce del criterio probabilistico che pertiene la forza del nesso causale nelle vertenze di tipo civilistico-previdenziale, è possibile concludere come sia maggiormente probabile la trasmissione virale dalla Sig.ra A. al marito Sig. R. ed al figlio Sig. M., piuttosto che l'ipotesi inversa, in forza dell'evidenza che la Sig.ra A. sia stata la prima componente del predetto nucleo famigliare a manifestare febbre, in base alla documentazione clinica analizzata e riportata, venendo così a poter escludere (in via di probabilità) che la fonte del contagio della Sig.ra (...) sia di pertinenza intrafamigliare"".

Il Giudice ritiene di condividere le conclusioni del c.t.u., attesa la completezza dell'esame svolto e tenuto conto degli approfondimenti scientifici che le supportano.

Si tratta peraltro di considerazioni fatte proprie anche dall'INAIL in alcune sue circolari, laddove ad esempio si afferma che la presunzione semplice di origine professionale del contagio da coronavirus vigente per gli operatori sanitari non esaurisce l'ambito di tutela da parte dell'INAIL in quanto "A una condizione di elevato rischio di contagio possono essere ricondotte anche altre attività lavorative che comportano il costante contatto con il pubblico/l'utenza. In via esemplificativa, ma non esaustiva, si indicano: lavoratori che operano in front-office, alla cassa, addetti alle vendite/banconisti, personale non sanitario operante all'interno degli ospedali con mansioni tecniche, di supporto, di pulizie, operatori del trasporto infermi, etc. Anche per tali figure vige il principio della presunzione semplice valido per gli operatori sanitari" (Circolare INAIL n. 13 del 3 Aprile 2020).

Ebbene, l'istruttoria ha fatto emergere come tra le mansioni di (...) vi fosse quella di addetta al front office dell'ufficio decreti ingiuntivi del Tribunale di Milano, incombenza che - nonostante la presenza del vetro allo sportello - la metteva in contatto con i numerosi utenti dell'ufficio talvolta anche a distanza ravvicinata e comunque in un ambiente chiuso.

Il ricorrente ha pertanto diritto alla corresponsione della rendita e delle indennità di cui all'art. 85 T.U. 1124/65, oltre agli interessi legali, dal giorno successivo al decesso.

In proposito si precisa che la domanda di rendita ai superstiti è pervenuta all'Inail in data 06/08/2020. All'accoglimento del ricorso consegue ex art. 91 c.p.c. la condanna dell'INAIL alla rifusione in favore del ricorrente delle spese processuali, che si liquidano in complessivi Euro 2.000,00, da distrarsi a favore del procuratore antistatario, e al pagamento delle spese di c.t.u., liquidate in complessivi Euro 600,00, oltre accessori di legge.

 

P.Q.M.


Definitivamente pronunciando,

accerta che il decesso di (...) è conseguente all'infortunio da Covid 19 contratto in ragione dell'attività lavorativa;

condanna l'Inail a corrispondere al ricorrente, dal giorno successivo al decesso, la rendita e le indennità di cui all'art. 85 T.U. 1124/65, oltre interessi legali;

condanna l'Inail a rimborsare al ricorrente le spese di lite, liquidate in complessivi Euro 2.000,00, da distrarsi a favore del procuratore antistatario;

condanna l'Inail al pagamento delle spese di c.t.u., liquidate in complessivi Euro 600,00, oltre accessori di legge;

fissa termine di trenta giorni per il deposito della sentenza.

Così deciso in Milano, il 8 marzo 2023.

Depositata in Cancelleria il 8 marzo 2023.