Corte di Appello di Catanzaro, Sez. Civ., 13 aprile 2023 - Infortunio e percentuale di invalidità. Prescrizione


 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

CORTE DI APPELLO DI CATANZARO


Sezione Lavoro

La Corte, riunita in camera di consiglio, così composta:

dott. Rosario Murgida - Presidente

dott. Antonio Cestone - Consigliere relatore

dott. Sante Umberto Pedullà - Consigliere

all'esito dell'udienza del 28.2.23 ha pronunciato la seguente

SENTENZA



nella causa in grado di appello iscritta al numero 1203 del ruolo generale affari contenziosi dell'anno 2020, vertente

TRA

Istituto Nazionale per l'Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro, in persona del legale rappresentante pro tempore, con gli Avv.ti Fabrizio Allegrini e Cristina Folino

appellante

E

G.E., con l'Avv. Francesco Lombardi

appellata

Oggetto: appello a sentenza del Tribunale di Castrovillari. Infortunio sul lavoro.
 

 

Fatto


1) Con ricorso del 25.1.18 G.E. esponeva che:

a) all'esito di un infortunio sul lavoro del 30.10.07 l'Inail le aveva riconosciuto un indennizzo in capitale nella misura del 15%;

b) che all'esito di procedimento di revisione, con Provv. del 2 luglio 2014 l'ente assicurativo aveva confermato l'invalidità nella misura precedentemente accertata;

c) che a fronte di tale giudizio, aveva vanamente proposto opposizione chiedendo che le venisse riconosciuta un'invalidità pari al 20%.

2) Concludeva chiedendo il riconoscimento di una menomazione dell'integrità psico-fisica derivante dall'infortunio sul lavoro nella misura del 20% a decorrere dal 2.7.14 o comunque in misura non inferiore al 16%.

2) Con la sentenza impugnata il tribunale di Castrovillari, espletata consulenza medico legale alle cui conclusioni ha aderito, ha riconosciuto l'esistenza di postumi permanenti nella misura del 18% dalla data della revisione.

3) In particolare il tribunale:

3.1) ha respinto l'eccezione di nullità del ricorso per indeterminatezza, trattandosi di giudizio teso ad ottenere una diversa valutazione dei postumi invalidanti a causa del peggioramento delle condizioni di salute derivanti dall'infortunio di origine professionale del 30.10.2007 già riconosciuto dall'Inail e liquidato sotto forma di indennizzo in capitale nel maggio del 2008;

3.2) ha respinto l'eccezione di prescrizione triennale sollevata dall'Inail, non trovando applicazionela disciplina invocata dalla parte resistente, operante per le domande tese ad ottenere per la primavolta le prestazioni erogabili dall'Inail in caso di infortunio professionale. Il giudizio in esame,infatti, non è preordinato ad ottenere per la prima volta il riconoscimento del diritto alla renditaderivante da infortunio professionale. L'azione giudiziale, infatti, è oppositiva alle valutazioni conclusive in sede revisionale ed è diretta all'accertamento di una diversa e più grave percentualedei postumi invalidanti.

La disciplina sul diritto alla revisione dell'indennizzo in capitale in caso di aggravamento dei postumi invalidanti a causa della patologia già riconosciuta è contenuta nell'art. 13, comma 4 D.Lgs. n. 38 del 2000 che si riporta: Entro dieci anni dalla data dell'infortunio, o quindici anni se trattasi di malattia professionale, qualora le condizioni dell'assicurato, dichiarato guarito senza postumi d'invalidità permanente o con postumi che non raggiungono il minimo per l'indennizzabilità in capitale o per l'indennizzabilità in rendita, dovessero aggravarsi in conseguenza dell'infortunio o della malattia professionale in misura da raggiungere l'indennizzabilità in capitale o in rendita, l'assicurato stesso può chiedere all'istituto assicuratore la liquidazione del capitale o della rendita, formulando la domanda nei modi e nei termini stabiliti per la revisione della rendita in caso di aggravamento. L'importo della rendita è decurtato dell'importo dell'eventuale indennizzo in capitale già corrisposto. La revisione dell'indennizzo in capitale, per aggravamento della menomazione sopravvenuto nei termini di cui sopra, può avvenire una sola volta. Per le malattie neoplastiche, per la silicosi e l'asbestosi e per le malattie infettive e parassitarie la domanda di aggravamento, ai fini della liquidazione della rendita, può essere presentata anche oltre i limiti temporali di cui sopra, con scadenze quinquennali dalla precedente revisione.

Non solo, per la fattispecie in esame non può trovare applicazione l'invocato art. 83 D.P.R. n. 1124 del 1965 sulla revisione della rendita, risultando pacifico che la parte ricorrente non abbia maigoduto del beneficio della rendita e che abbia promosso ricorso ai sensi dell'art. 104 D.P.R. n. 1124 del 1965 avverso la decisione assunta in via amministrativa di conferma della misura del 15%delle menomazioni permanenti subite proprio per ottenere per la prima volta la prestazione controversa.

A ciò si aggiunga che per orientamento costante della giurisprudenza di legittimità il dies a quo di decorrenza del termine decennale di prescrizione va individuato nel giorno di maturazione del diritto alla prestazione.

Ed ancora, risulta adeguatamente dedotto e documentato dalla parte ricorrente che l'aggravamento dei postumi invalidanti costitutivo del diritto alla prestazione qui pretesa sia avvenuto proprio nel decennio dall'infortunio.

Tanto è dato ricavare dalla missiva del 18.09.2014 - costituente opposizione ai sensi dell'art. 104 D.P.R. n. 1124 del 1965 - inviata dalla parte ricorrente all'Inail, corredata di perizia di parte, in cui è contestata la decisione assunta in via amministrativa di conferma della misura del 15% dei postumi invalidanti ed è specificato l'aggravamento subito.

3.3) ha ritenuto sussistente l'aggravamento delle condizioni di salute dedotto in giudizio nella misura del 18% sulla base della consulenza di ufficio caratterizzata da coerenza logica e da analitica anamnesi clinica offerta nell'espletamento dell'incarico peritale delle patologie e degli esiti permanenti riscontrati, la cui derivazione professionale è indiscussa, il decidente non può che aderire alle conclusioni cui è pervenuto il CTU facendole proprie.

4) Avverso tale sentenza Inail ha proposto appello denunciando:

4.1) l'errore del tribunale per avere accolto la domanda senza che la ricorrente avesse provato o chiesto di provare l'infortunio sul lavoro risalente all'anno 2008;

4.2) l'errore del tribunale per avere affermato che la prescrizione triennale di cui agli artt. 111 e 112 D.P.R. n. 1124 del 1965 si applicasse alle sole domande tese ad ottenere per la prima volta le prestazioni Inail. Contrariamente a quanto ritenuto dal tribunale, la giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 26817/18) aveva affermato l'opposto principio per cui il termine triennale di prescrizione si applica anche alle domande di revisione di rendita già concessa dall'Inail. Tanto premesso, in punto di fatto doveva rilevarsi che la ricorrente era a conoscenza del denunciato aggravamento quanto meno a partire dal 22.9.14, allorquando aveva proposto opposizione alla decisione dell'Inail del 2.7.14, sostenendo l'esistenza di una menomazione pari al 20% attraverso una consulenza di parte addirittura datata 28.3.14. Ne conseguiva che il termine triennale di prescrizione aveva cominciato il suo corso a partire dal 22.9.14 o, quantomeno, dal 22.10.14, data in cui Inail aveva definitivamente respinto in via amministrativa la proposta opposizione senza che la ricorrente avesse posto in essere ulteriori atti interruttivi della prescrizione. L'ulteriore conseguenza era che il termine triennale di prescrizione era inutilmente decorso alla data del 25.1.18, in cui venne depositato il ricorso introduttivo del giudizio, tanto più alla data del 26.11.18, in cui il ricorso venne notificato ad Inail.

Anche tenuto conto della nota pronuncia delle Sezioni Unite della Cassazione n. 11928/19, secondo cui il termine di prescrizione di cui all'art. 112 D.P.R. n. 1124 del 1965 resta sospeso per tutta la durata del procedimento amministrativo, nel caso di specie tale procedimento era sfociato in un definitivo Provv. di diniego del 22 ottobre 2014, per cui la prescrizione triennale era comunque maturata alla data di deposito della domanda giudiziale e ancor di più alla data della relativa notifica ad Inail.

4.3) l'errore del tribunale per aver aderito, senza tener conto delle critiche sollevate da Inail, ad una consulenza medico-legale carente sotto il profilo tecnico-scientifico e caratterizzata da errori sia sotto il profilo dell'accertamento del nesso di causa, sia sotto il profilo della valutazione del grado di inabilità;

4.4) l'errore del tribunale che aveva condannato Inail a costituire la rendita nella misura del 18%, omettendo di riconoscere il diritto dell'ente di trattenere sui ratei arretrati e su quelli a scadere la somma di Euro 16.485,50 già corrisposta alla ricorrente a titolo di indennizzo in capitale precedentemente riconosciuto nella misura del 15%.

5) L'appellante ha quindi concluso per la riforma della sentenza impugnata con dichiarazione di inammissibilità o, comunque, di infondatezza della domanda giudiziale.

6) G.E. si è costituita sollevando preliminare eccezione di inammissibilità dell'appello perché contrario alle previsioni dell'art. 434 c.p.c.. Nel merito ne ha chiesto il rigetto con integrale conferma della sentenza impugnata che si presenta chiara, corretta e ben motivata, essendo fondata su presupposti, in fatto e in diritto, assolutamente concordanti e privi di vizi.

7) All'udienza del 28.2.23 l'Inail ha insistito per l'accoglimento del gravame e la causa è stata decisa come da separato dispositivo.
 

Diritto


9) Preliminarmente si rileva che ad essere affetta da inammissibilità per evidente genericità è proprio l'eccezione di inammissibilità dell'appello che G.E. ha sollevato per contrasto con l'art. 434 c.p.c.. Sotto tale profilo si osserva che con l'eccezione non si chiarisce in alcun modo per quale motivo l'atto di appello non conterrebbe una chiara critica alle diverse statuizioni contenute nella sentenza impugnata.

10) Ad ogni modo l'eccezione è anche manifestamente infondata. Ciò in quanto l'art. 434 c.p.c., nel testo introdotto dall'art. 54, c. 1, lettera c) bis del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, in coerenza con il paradigma generale contestualmente introdotto nell'art. 342 c.p.c., non richiede che le deduzioni della parte appellante assumano una determinata forma o ricalchino la decisione appellata con diverso contenuto, ma impone al ricorrente in appello di individuare in modo chiaro ed esauriente il "quantum appellatum", circoscrivendo il giudizio di gravame con riferimento agli specifici capi della sentenza impugnata nonché ai passaggi argomentativi che la sorreggono e formulando, sotto il profilo qualitativo, le ragioni di dissenso rispetto al percorso adottato dal primo giudice, sì da esplicitare la idoneità di tali ragioni a determinare le modifiche della decisione censurata (cfr. Cass. n. 2143/2015; Cass. SSUU n. 27199/17).

11) Nel caso di specie Inail ha con precisione criticato i diversi passaggi di cui si compone la sentenza impugnata, circoscrivendo le sue doglianze alle errate valutazioni del primo giudice nella parte in cui ha ritenuto insussistente la nullità del ricorso, ha respinto l'eccezione di prescrizione triennale del diritto azionato in giudizio e ha riconosciuto sussistente l'aggravamento delle condizioni di salute nella misura del 18%. L'ente appellante ha dunque congruamente individuato le parti della sentenza impugnata di cui chiede la riforma e le ragioni di dissenso che, nella sua prospettiva, dovrebbero indurre a rivederle.

12) Nel merito l'appello deve essere accolto.

13) Preliminarmente pare opportuno chiarire che dagli atti di causa risulta chiaramente che, a seguito dell'infortunio sul lavoro dell'ottobre 2007, alla ricorrente venne dapprima riconosciuta una invalidità nella misura dell'11% con Provv. Inail del 2 maggio 2008 e, a seguito di sentenza irrevocabile n. 415 del 28.4.11, una menomazione permanente dell'integrità psico-fisica nella misura del 15% (sentenza recepita nel successivo Provv. Inail del 18 luglio 2011 appunto ricognitivo di una invalidità pari al 15%). E proprio dalla sentenza n. 415/11, tra l'altro prodotta dallo stesso ente assicurativo, emerge piena prova della sussistenza dell'infortunio sul lavoro del 30.10.07 con conseguente infondatezza del primo motivo di appello.

14) Tanto chiarito, risulta fondato il secondo motivo di appello, relativo alla eccezione di prescrizione triennale di cui all'art. 112 D.P.R. n. 1124 del 1965, e da ciò consegue la riforma della sentenza impugnata e il rigetto della domanda giudiziale proposta da G.E..

15) Contrariamente a quanto affermato dal tribunale la prescrizione triennale di cui all'art. 112 D.P.R. n. 1124 del 1965 si applica anche alle domande di revisione di cui si discute nel presente giudizio. Tanto è stato ampiamente chiarito dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 26817/18, dunque circa due anni prima della sentenza impugnata, secondo cui In tema di assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali, il termine triennale di cui all'art.112 del D.P.R. n. 1124 del 1965 si applica anche alla domanda di revisione della rendita INAIL già concessa, atteso che essa rappresenta la prosecuzione dell'iniziale richiesta di riconoscimento della rendita per malattia professionale con una certa percentuale e che, inoltre si fonda sulla medesima "ratio" che giustifica la previsione di un termine breve di prescrizione, la quale risiede nella necessità di un accertamento precoce delle circostanze di fatto necessarie per l'insorgenza del diritto o della sua misura

16) Per altro verso risulta del tutto inconferente il richiamo che il tribunale ha fatto ai termini di 10 o 15 anni di cui agli artt. 83 e 137 D.P.R. n. 1124 del 1965 per il diritto alla revisione; termini che il tribunale ha definito di prescrizione e che per giurisprudenza assolutamente costante non sono né di prescrizione, né di decadenza, operando essi sul piano sostanziale, incidendo sull'esistenza stessa del diritto, in quanto individua l'ambito temporale entro il quale assumono rilevanza le successive modificazioni, "in pejus" o "in melius", delle condizioni fisiche del titolare incidenti sull'attitudine al lavoro, collegando la legge al decorso del tempo una presunzione assoluta di definitiva stabilizzazione delle condizioni fisiche (tra le tante Cass. n. 9011/03; Cass. 2009/10; Cass. 3870/11)

17) Ciò detto, in punto di fatto è pacifico tra le parti, nonché risultante dai documenti di causa: a) che nell'ambito del procedimento di revisione, con Provv. del 2 luglio 2014 Inail confermò l'invalidità nella misura del 15% di cui la ricorrente già godeva in forza della sentenza n. 415/11 e del conseguente Provv. Inail del 18 luglio 2011; b) che avverso tale giudizio la G. propose opposizione con atto notificato ad Inail il 29.9.14 cui allegò una consulenza di parte datata 28.3.14 in cui si sosteneva un'inabilità pari al 20%.

18) A seguito dell'opposizione del 29.9.14, in data 22.10.14 Inail adottò un provvedimento espresso con cui, a chiusura del procedimento amministrativo, respingeva l'opposizione ritenendo di non dar luogo a visita collegiale.

19) Premesso che l'appellata non ha preso alcuna posizione sul documentato Provv. del 22 ottobre 2014 con cui l'Inail chiuse definitivamente il procedimento amministrativo di revisione, si rileva che proprio l'esistenza di un tale provvedimento espresso di diniego rende irrilevante nel caso di specie la nota pronuncia di legittimità n. 11928/19 che ha precisato che il termine triennale di prescrizione di cui all'art. 112 D.P.R. n. 1124 del 1965 resta sospeso per tutta la durata del procedimento amministrativo di liquidazione delle indennità e fino all'adozione di un provvedimento di accoglimento o di diniego da parte dell'istituto assicuratore.

20) Nel caso di specie, pertanto, il termine triennale di prescrizione ha cominciato il suo corso dal 22.10.14 con l'ulteriore conseguenza che il termine stesso è inutilmente decorso con conseguente estinzione del diritto alla rendita azionato nel presente giudizio.

21) Anche a voler tener conto della data di deposito della domanda giudiziale del 25.1.18, a tale data il triennio era ampiamente decorso senza che risultino atti interruttivi intermedi. A maggior ragione tale conclusione non muta ove si tenga conto che il ricorso introduttivo del presente giudizio venne notificato ad Inail solo nel novembre 2018.

22) Per tali ragioni, in accoglimento dell'appello, la sentenza di primo grado deve essere riformata con rigetto del ricorso che G.E. ha proposto il 25.1.18.

23) Le spese di entrambi i gradi di giudizio seguono la soccombenza, dovendosi rilevare che non risulta in atti alcuna dichiarazione di esonero ai sensi dell'art. 152 disp. att. c.p.c., ma solo la diversa dichiarazione di esonero dal versamento del contributo unificato di cui all'art. 9, comma 1 bis, D.P.R. n. 115 del 2002.

24) Le stesse si liquidano in Euro 1.800,00, per il primo grado di giudizio, e in Euro 1.200,00, per il grado di appello, tenuto conto dello svolgimento della fase istruttoria solo davanti al tribunale e del valore della controversia dichiarato dalla stessa ricorrente (euro 3.842,24) all'atto del deposito della domanda giudiziale.

25) Sempre per il principio di soccombenza devono essere poste a carico a carico dell'appellata le spese di Ctu svolta nel primo grado di giudizio come liquidate dal tribunale.

 

P.Q.M.

La Corte, definitivamente pronunciando sull'appello proposto dall'Istituto Nazionale per l'Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro con ricorso depositato il 11.12.20, avverso la sentenza del Tribunale di Castrovillari n. 1245/20, così provvede:

1) accoglie l'appello e, in riforma della sentenza impugnata, rigetta il ricorso proposto da G.E. il 25.1.18;

2) condanna G.E. al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio, che si liquidano in Euro 1.800,00, per il primo grado, e in Euro 1.20,00, per il grado di appello, oltre accessori di legge;

3) pone le spese di consulenza tecnica di ufficio svolta nel primo grado di giudizio, come liquidate dal Tribunale di Castrovillari, a carico di G.E..

Così deciso in Catanzaro nella camera di consiglio della Corte di Appello, Sezione Lavoro, del 28 febbraio 2023.

Depositata in Cancelleria il 13 aprile 2023.