Cassazione Penale, Sez. 4, 22 maggio 2023, n. 21697 - Infortunio mortale del lavoratore adibito a mansioni diverse dal solito. Nessuna eccentricità del rischio 


 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIAMPI Francesco Maria - Presidente -

Dott. ESPOSITO Aldo - Consigliere -

Dott. BELLINI Ugo - Consigliere -

Dott. CAPPELLO Gabriella - Consigliere -

Dott. ANTEZZA Fabio - rel. Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA



sui ricorsi proposti da:

A.A., nato a (Omissis);

B.B. nato a (Omissis);

avverso la sentenza del 13/10/2021 della CORTE APPELLO di GENOVA;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere ANTEZZA FABIO;

udito il Pubblico ministero, nella persona di TASONE KATE, che ha concluso nel senso del rigetto del ricorso;

udito l'avvocato VERNAZZA ANDREA del foro di GENOVA, in difesa di A.A. e B.B., che ha insistito nell'accoglimento del ricorso.
 

 

Fatto

 


1. La Corte d'appello di Genova, con la pronuncia indicata in epigrafe, pur ritenendo sussistente la circostanza attenuante di cui all'art. 62 c.p., n. 6, ha confermato la responsabilità di A.A. e B.B., nelle qualità, rispettivamente, di datore di lavoro, direttore tecnico e titolare di cava (estrazione di dolomite da parte di UNICALCE Spa ) nonchè responsabile della sicurezza, il primo, e direttore dei lavori, il secondo, in merito al decesso del lavoratore dipendente C.C., cagionato con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro (ex art. 589 c.p., commi 1 e 2). Ne è seguita altresì la conferma della condanna degli imputati, in solido, al risarcimento dei danni (con provvisionale) in favore delle costituite parti civili (D.D., E.E., F.F., INAIL e CGIL).

I giudici di merito, in ipotesi di c.d. "doppia conforme", circa la situazione di contesto caratterizzante il sinistro, hanno chiarito che l'evento si è verificato nel mentre C.C., lavoratore addetto alla manutenzione, espletava le mansioni affidategli lo stesso giorno del sinistro, diverse da quelle alle quali era ordinariamente adibito, volte a scaricare il materiale presente nei silos, per rendere possibile il futuro montaggio di nuovi macchinari, mediante l'utilizzo di un nastro trasportatore privo dei necessari presidi di sicurezza per l'espletamento dell'eventuale attività di tensionatura (o tenditura) del relativo nastro di scorrimento. Prospettatasi la necessità di provvedere alla detta tensionatura, in particolare, C.C. il lavoratore dunque rimasto incastrato con mano e braccio destri tra nastro e cilindro di rinvio.

2. Avverso la sentenza d'appello A.A. e G.G., tramite il comune difensore, hanno proposto distinti ricorsi per cassazione fondati, rispettivamente, su uno e due motivi, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione (ex art. 173 disp. att. c.p.p., comma 1).

2.1. Con il motivo unico di ricorso proposto nell'interesse di A.A. e con il primo motivo di cui al ricorso proposto nell'interesse di G.G., si deduce l'illogicità della motivazione nella parte in cui sarebbe stata esclusa l'interruzione del nesso eziologico, tra evento e descritte condotte colpose, pur prospettata dalle difese come determinata dalla condotta del lavoratore, ritenuta imprudente dalla stessa Corte territoriale. Il vizio motivazionale è argomentato in termini di sostanziale scostamento dell'apparato argomentativo caratterizzante, sul punto, la sentenza impugnata rispetto ai principi governanti la materia, come elaborati dalla giurisprudenza di legittimità. L'osservanza dei quali avrebbe invece condotto il giudice di merito all'opposta conclusione, trattandosi di lavoratore, ancorchè adibito a una differente funzione il giorno del sinistro, comunque espletante ordinariamente proprio le mansioni di manutentore e avventuratosi, solo, pur potendo e dovendo sollecitare l'intervento di altri, nell'attività di tensionatura (o tenditura) del nastro di scorrimento.

2.2. Con il secondo motivo del ricorso proposto nell'interesse di G.G. si deducono i vizi motivazionali, in termini di contraddittorietà e manifesta illogicità. La Corte territoriale avrebbe erroneamente confermato la responsabilità dell'imputato, direttore dei lavori di cava, nonostante l'assoluzione in primo grado del coimputato H.H., sorvegliante di cava, e muovendo da un ragionamento fondante su una valutazione ex post, per cui l'evento non si sarebbe verificato se l'imputato avesse tout court provveduto a bloccare, a priori, tutti i nastri trasportatori, in quanto, tutti, privi di idonei sistemi di protezione.

3. La Procura generale della Repubblica presso la Suprema Corte nonchè la difesa dei ricorrenti hanno discusso e concluso nei termini di cui in epigrafe.
 

 

Diritto

 


1. I ricorsi sono inammissibili.

2. Occorre evidenziare, come sintetizzato in sede di ricostruzione in fatto, che i giudici di merito, in ipotesi di c.d. "doppia conforme", circa la situazione di contesto caratterizzante il sinistro, hanno chiarito che l'evento si è verificato nel mentre C.C., lavoratore addetto alla manutenzione, espletava le mansioni affidategli lo stesso giorno del sinistro, diverse da quelle alle quali era ordinariamente adibito, volte a scaricare il materiale presente nei silos, per rendere possibile il futuro montaggio di nuovi macchinari, mediante l'utilizzo di un nastro trasportatore privo dei necessari presidi di sicurezza per l'espletamento dell'eventuale attività di tensionatura (o tenditura) del relativo nastro di scorrimento.

2.1. In particolare, in un contesto caratterizzato anche dalla mancata previsione nel documento di sicurezza e salute di modalità operative per la gestione del rischio inerente all'intervento di tensionatura, oltre che dall'omessa formazione e informazione del lavoratore in merito, manifestatasi la necessità di provvedere al riallineamento del nastro trasportatore e di regolare la posizione del cilindro di rinvio, C.C. ha provveduto all'attività di tensionatura con riferimento al detto macchinario privo di presidi di protezione. Nel corso dell'esecuzione della detta attività, il lavoratore è dunque rimasto incastrato con mano e braccio destri tra nastro e cilindro di rinvio, non essendo quest'ultimo dotato dei necessari presidi di sicurezza, predisposti invece solo all'esito del sinistro. Trattasi di sistemi tali da rendere possibile l'intervento manutentivo in presenza delle relative griglie di protezione oltre che l'azionamento del filo relativo al meccanismo di emergenza in precedenza invece non raggiungibile perchè lontano dal rullo di rinvio. Sempre secondo quanto accertato in sede di merito, quale concretizzazione del tipico e statistico rischio da avvolgimento, il lavoratore è deceduto a causa di uno shock emorragico conseguente a traumi da schiacciamento.

2.2. Accertata la mancata previsione nel documento di sicurezza e salute di modalità operative per la gestione del rischio inerente all'intervento di tensionatura, oltre che l'omessa formazione e informazione del lavoratore in merito e la totale assenza degli evidenziati presidi di sicurezza, la Corte territoriale ha infine confermato il giudizio di responsabilità di entrambi gli imputati, nelle evidenziate qualità, escludendo l'interruzione del nesso eziologico, tra evento e descritte condotte colpose, pur prospettata dalle difese come determinata dal comportamento imprudente e imprevedibile del lavoratore. E' stata in particolare esclusa l'eccentricità, rispetto a quello che gli imputati erano chiamati a gestire, del rischio attivato dalla descritta condotta imprudente del lavoratore. Ciò in considerazione della concreta attività lavorativa cui era adibito il lavoratore il giorno del sinistro, implicante l'utilizzo del nastro trasportatore privo di presidi di sicurezza, e in condizioni di omessa formazione e informazione nonchè di mancata previsione nel documento di sicurezza di idonea procedura volta alla gestione dello specifico rischio. L'eccentricità del rischio è stata altresì esclusa in considerazione dell'ordinaria attività, quella di manutentore, alla quale C.C. era adibito, anch'essa comunque tale da dover essere eseguita in condizioni di omessa formazione e informazione nonchè di mancata previsione nel documento di sicurezza di idonea procedura volta alla gestione dello specifico rischio.

3. Il secondo motivo di ricorso proposto nell'interesse di G.G. è inammissibile in forza del mancato confronto con la ratio decidendi sottesa alla decisione.

3.1. Come costantemente affermato dalla Corte di legittimità (ex plurimis, Sez.6, n. 8700 del 21/01/2013, Leonardo, Rv. 254584), difatti, la funzione tipica dell'impugnazione è quella della critica argomentata, avverso il provvedimento cui si riferisce, che si realizza attraverso la presentazione di motivi i quali, a pena di inammissibilità (artt. 581 e 591 c.p.p.), devono indicare specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta. Contenuto essenziale dell'atto di impugnazione è, pertanto, innanzitutto e indefettibilmente il confronto puntuale (cioè con specifica indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che fondano il dissenso) con le argomentazioni del provvedimento il cui dispositivo si contesta. Ne consegue che, se il motivo di ricorso, come nel caso in esame, non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata, per ciò solo si destina all'inammissibilità, venendo meno in radice l'unica funzione per la quale è previsto e ammesso (la critica argomentata al provvedimento), posto che con siffatta mera riproduzione il provvedimento ora formalmente impugnato, lungi dall'essere destinatario di specifica critica argomentata, è di fatto del tutto ignorato.

3.2. Orbene, in primo luogo, per quanto emerge dalla sentenza impugnata (quinto foglio), diversamente da quanto paventato dal ricorrente, l'assoluzione del sorvegliante di cava (H.H.), non oggetto d'appello, è stata motivata dal primo giudice non in ragione del mancato accertamento della c.d. causalità della colpa bensì in ragione dell'assenza di prova circa direttive a lui rivolte, quale sorvegliante di cava, e che egli avrebbe dovuto far rispettare dai lavoratori, in merito all'utilizzo del nastro trasportatore, in ragione dell'assenza nel documento di sicurezza e salute di una specifica indicazione in ordine all'utilizzo del detto nastro. In secondo luogo, la Corte territoriale è lungi dall'aver argomentato la responsabilità di G.G. muovendo da un ragionamento fondante su una valutazione ex post, per cui l'evento non si sarebbe verificato se l'imputato avesse tout court provveduto a bloccare, a priori, tutti i nastri trasportatori, in quanto, tutti, privi di idonei sistemi di protezione. Per converso, con motivazione non sindacabile in questa sede in quanto esente dai prospettati vizi, la responsabilità dell'imputato, nella sua qualità di direttore di lavori, è stata argomentata dal non aver osservato e fatto osservare le disposizioni normative in materia di tutela della sicurezza dei lavoratori, peraltro in una situazione di contesto caratterizzata da un quadro evidente di pericolosità dell'impianto e dell'operazione di manutenzione del nastro, da parte di soggetti privi di formazione e informazione. L'imputato, peraltro, nella sua qualità sovraordinata anche rispetto ai sorveglianti (tra cui H.H.), avrebbe dovuto attivare il proprio potere d'intervento adottando direttive, rivolte a lavoratori e sorveglianti, circa l'utilizzo del nastro trasportatore con riferimento non limitato allo specifico intervento in oggetto ma rivolto a governare il rischio specifico (statistico) da avvolgimento in tutti i casi in cui si fosse presentata la necessità di operare al fine di provvedere alla sua regolazione.

4. Manifestamente infondato si mostra invece il profilo di censura, dedotto in termini sostanzialmente sovrapponibili da entrambi i ricorrenti (con il motivo primo), che si appunta sull'esclusione dell'interruzione del nesso eziologico, tra evento e descritte condotte colpose, pur prospettata dalle difese come determinata dalla condotta del lavoratore ritenuta imprudente dalla stessa Corte territoriale. Il vizio motivazionale, come già evidenziato, è argomentato in termini di sostanziale scostamento dell'apparato argomentativo caratterizzante, sul punto, la sentenza impugnata rispetto ai principi governanti la materia, come elaborati dalla giurisprudenza di legittimità. L'osservanza dei quali avrebbe invece condotto il giudice di merito all'opposta conclusione, trattandosi di lavoratore, ancorchè adibito ad una differente funzione il giorno del sinistro, comunque espletante ordinariamente proprio le mansioni di manutentore e avventuratosi, solo, pur potendo e dovendo sollecitare l'intervento di altri, nell'attività di tensionatura (o tenditura) del nastro di scorrimento.

4.1. La Corte territoriale, infatti, con motivazione esente dai denunciati vizi, ha fatto buon governo dei principi inerenti alla materia che ci occupa, già sanciti dalla giurisprudenza di legittimità e in questa sede ulteriormente ribaditi.

4.1.1. In merito, la più recente giurisprudenza alla quale il Collegio intende dare continuità, suggerisce di abbandonare il criterio della imprevedibilità del comportamento del lavoratore nella verifica della relazione causale tra condotta del reo ed evento, ponendosi i due concetti su piani distinti, perchè ciò che davvero rileva è che tale comportamento attivi un rischio eccentrico o, se si vuole, esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto al quale viene attribuito l'evento (per tutte, Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014, Espenhahn, in motivazione; si vedano altresì per la successiva applicazione e elaborazione del principio, ex plurimis: Sez. 4, n. 15124 del 13/12/2016, dep. 2017, Gerosa, Rv. 269603, anche in motivazione; Sez. 4, n. 27871 del 20/03/2019, Simeone, Rv. 276242, anche in motivazione; Sez. 4, n. 22034 del 12/04/2018, Addezio, Rv. 273589, anche in motivazione; Sez. 4, n. 43350 del 05/10/2021, Mara, Rv. 282241, anche in motivazione; Sez. 4, n. 30814 del 11/05/2022, Lo Nero, non massimata; Sez. 4, n. 49413 del 23/11/2022, Troianiello, non massimata; Sez. 4, n. 41343 del 15/09/2022, Nardiello, non massimata; Sez. 4, n. 9454 del 19/01/2023, Granato, non massimata).

4.1.2. Ne è conseguita dunque la necessità di individuare l'"area di rischio" oggetto di gestione al fine di accertarne l'eventuale eccentricità rispetto a essa del rischio attivato dalla condotta del lavoratore inseritasi nella seriazione causale, con la precisazione che è dalla integrazione di obbligo di diligenza e regola cautelare che risulta in particolare definita l'"area di rischio", altrimenti ridotta alla mera titolarità della posizione gestoria.

Ben si comprende, quindi, come il connettersi dell'evento verificatosi a un rischio esorbitante da quell'area escluda ogni addebito del fatto a chi è preposto a governare proprio (e solo) tale "area di rischio" (Sez. 4, n. 15124 del 313/12/2016, dep. 2017, Gerosa, Rv. 269603, in motivazione).

4.1.3. Ai fini di cui innanzi è stato infine chiarito da Sez. 4, n. 30814 del 11/05/2022, Lo Nero (non massimata), con articolata argomentazione culminata nel principio di diritto di seguito riportato, che le principali disposizioni di cui al Testo Unico sulla salute e sicurezza sul lavoro (in particolare D.Lgs. n. 81 del 2008, artt. 6, 15 e 18, comma 1, lett. c), art. 28, commi 1 e 2, e art. 29, comma 3) consentono di argomentare nel senso per cui "La condotta colposa del lavoratore è idonea a interrompere il nesso di causalità tra condotta ed evento se tale da determinare un "rischio eccentrico" in quanto esorbitante dall'area di rischio" governata dal soggetto sul quale ricade la relativa gestione. La delimitazione, nella singola fattispecie, del rischio oggetto di valutazione e misura, quindi da gestire, necessita di una sua identificazione in termini astratti, quale rischio tipologico, e successiva considerazione con riferimento alla concreta attività svolta dal lavoratore e alle condizioni di contesto della relativa esecuzione, quindi al rischio in concreto determinatosi in ragione dell'attività lavorativa (rientrante o meno nelle specifiche mansioni attribuite)" (negli stessi termini, tra le altre, Sez. 4, n. 9454 del 2023, Granato, non massimata; Sez. 4, n. 49413 del 2022, Troianiello, cit., non massimata, nonchè, Sez. 4, n. 41343 del 2022, Nardiello, cit., non massimata, che fanno proprio l'iter argomentativo della citata Sez. 4, n. 30814 del 2022, Lo Nero).

4.2. Orbene, la Corte territoriale si è attenuta al principio di cui innanzi, la cui rilevanza invece il ricorrente sostanzialmente vorrebbe negare in maniera assertiva.

E' stata difatti esclusa nella specie l'interruzione del nesso eziologico anche in considerazione del rischio in concreto determinatosi in ragione della concreta attività svolta il giorno del sinistro, di quella alla quale il lavoratore era ordinariamente adibito e delle condizioni di contesto della relativa esecuzione.

Il riferimento è in particolare all'esclusione dell'eccentricità, rispetto a quello che gli imputati erano chiamati a gestire, del rischio attivato dalla descritta condotta imprudente del lavoratore. Ciò in considerazione della concreta attività lavorativa cui era adibito il lavoratore il giorno del sinistro, implicante l'utilizzo del nastro trasportatore privo di presidi di sicurezza, e in condizioni di omessa formazione e informazione nonchè di mancata previsione nel documento di sicurezza di idonea procedura volta alla gestione dello specifico rischio. L'eccentricità del rischio è stata altresì esclusa in considerazione dell'ordinaria attività, quella di manutentore, alla quale C.C. era adibito, anch'essa comunque tale da dover essere nella specie eseguita in condizioni di omessa formazione e informazione nonchè di mancata previsione nel documento di sicurezza di idonea procedura volta alla gestione dello specifico rischio.

5. In conclusione, all'inammissibilità dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali nonchè della somma di Euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle Ammende, ex art. 616 c.p.p., che si ritiene equa valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso nei termini innanzi evidenziati (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186).

 

P.Q.M.
 

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 28 febbraio 2023.

Depositato in Cancelleria il 22 maggio 2023