Con sentenza del 12 ottobre 2006 la Corte d'appello di Lecce, confermando la statuizione emessa dal Tribunale di Brindisi, nel contraddittorio con l'INAIL e con la SA. s.p.a., accoglieva la domanda di Lo.Vi. contro l'INPS, per ottenere la declaratoria di illegittimità del provvedimento con cui l'Istituto previdenziale aveva disposto la sospensione della pensione di anzianità in godimento.

 

Avverso la sentenza propone ricorso l'INPS - Inammissibile.

 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LAMORGESE Antonio - Presidente
Dott. COLETTI DE CESARE Gabriella - Consigliere
Dott. TOFFOLI Saverio - rel. Consigliere
Dott. AMOROSO Giovanni - Consigliere
Dott. MORCAVALLO Ulpiano - Consigliere  
ha pronunciato la seguente:  
SENTENZA

sul ricorso proposto da:
I.N.P.S. - ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l'Avvocatura Centrale dell'Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati, VALENTE NICOLA, PREDEN SERGIO, RICCIO ALESSANDRO, giusta mandato in calce al ricorso;
- ricorrente -
contro LO. VI. , elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA COLA DI RIENZO 69, presso lo studio dell'avvocato MAFFEI ROSA, che lo rappresenta e difende, giusta mandato a margine del controricorso;
- S.A.I.T. S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA DELLA LIBERTÀ 20-13, presso lo studio dell'avvocato MANFREDONIA PIERLUIGI, rappresentata e difesa dall'avvocato MOTTA CATALDO, giusta mandato a margine del controricorso;   
- controricorrenti -  
e contro
I.N.A.I.L - ISTITUTO NAZIONALE PER L'ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144, presso lo studio dell'avvocato LA PECCERELLA LUIGI, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato ROMEO LUCIANA, giusta procura speciale atto notar CARLO FEDERICO TUCCARI di Roma del 12/04/07, rep. 73251;
- resistente con procura -
avverso la sentenza n. 1620/2006 della CORTE D'APPELLO di LECCE, depositata il 12/10/2006 R.G.N. 3078/05;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza dei 25/02/2010 dal Consigliere Dott. SAVERIO TOFFOLI;
udito l'Avvocato PULLI CLEMENTINA per delega RICCIO ALESSANDRO;
uditi gli Avvocati ROMEO LUCIANA e DE ANGELIS CARLO per delega MAFFEI ROSA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FUCCI Costantino, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.

 

Fatto

 

1. Con sentenza del 12 ottobre 2006 la Corte d'appello di Lecce, confermando la statuizione emessa dal Tribunale di Brindisi, nel contraddittorio con l'INAIL e con la SA. s.p.a., accoglieva la domanda di Lo.Vi. contro l'INPS, per ottenere la declaratoria di illegittimità del provvedimento con cui l'Istituto previdenziale aveva disposto la sospensione della pensione di anzianità in godimento; il lavoratore aveva dedotto di avere lavorato alle dipendenze della SA. e di altre aziende esercenti attività che lo avevano esposto all'amianto, per cui l'INPS, su sua domanda, gli aveva riconosciuto la pensione di anzianità con la rivalutazione dei contributi ai sensi della Legge n. 257 del 1992, articolo 13; l'INAIL aveva successivamente comunicato all'INPS che la SA. , la quale, peraltro, aveva pagato il sovrappremio per rischio amianto solo fino al 31 dicembre 1989, lo aveva chiamato in giudizio per richiedere la restituzione del sovrappremio pagato per gli anni dal 1984 al 1989, deducendo l'inesistenza del rischio nei cantieri di Brindisi per quei medesimi anni.
 
La Corte territoriale - affermata la rilevanza della attestazione della SA. allegata alla domanda di pensione circa l'avvenuta esposizione a rischio, perchè sottoscritta dal responsabile del personale, che era peraltro confermativa di altra, resa dalla medesima società ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, articolo 12, sulla natura delle lavorazioni espletate - rilevava che nel 1982 e nel 1986 erano stati eseguiti dall'INAIL accertamenti per la determinazione del premio supplementare per l'asbestosi, mentre risultava priva di riscontri tecnici, e quindi inidonea a smentire i precedenti accertamenti, la successiva comunicazione fatta dall'INAIL all'INPS che il premio era stato pagato solo fino al 1989 e che la SA. aveva promosso azione per ottenere la restituzione del premio medesimo relativo agli anni dal 1984 al 1989 per inesistenza del rischio.
In ogni caso, osservava la Corte, il mancato pagamento del premio era irrilevante, essendo l'obbligo connesso alla effettiva esistenza del rischio, comprovato dagli accertamenti espletati dall'INAIL, di talchè - in mancanza di rilevazioni tecniche di segno diverso - l'INPS non avrebbe potuto sospendere la prestazione.
La Corte di merito, poi, con riguardo al superamento della soglia di esposizione per il diritto al beneficio, di cui alla sentenza della Corte Costituzionale n. 5 del 2000, riteneva che con gli atti di indirizzo del 6-8 marzo 2001 del Ministero del lavoro, emanati a seguito di accertamenti svolti dall'INAIL, era stata riconosciuta la esposizione alle polveri di amianto dei dipendenti delle aziende appaltatici dei lavori di manutenzione operanti presso i cantieri della centrale EN. e del Petrolchimico di Brindisi, onde era incontestabile il superamento dei valori-soglia fissati dalla legge.

2. Avverso detta sentenza l'INPS ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, seguito da memoria, il lavoratore ha resistito con controricorso, precisato con successiva memoria; la SA. s.p.a. si è costituita con proprio controricorso, mentre l'INAIL ha depositato procura ai difensori.

 

Diritto

 

1. Con il primo motivo, denunciando violazione e falsa applicazione dell'articolo 2697 c.c. e articoli 437 e 345 c.p.c., l'INPS lamenta che la sentenza impugnata abbia considerato inammissibile la censura sollevata in appello circa la rilevanza probatoria della documentazione proveniente dalla società datrice di lavoro, relativa al pagamento del premio supplementare, assimilandola erroneamente ad una "eccezione nuova" non proponibile in sede di gravame.


Tale motivo è inammissibile.

La mera considerazione contenuta nella sentenza impugnata, secondo cui la censura dell'INPS -riguardo alla richiamata documentazione - costituiva un'eccezione "innanzi tutto inammissibile, perchè proposta per la prima volta in questa sede", non vale ad integrare una ratio decidendi, se pure concorrente, ma costituisce una mera affermazione ad abundantiam, posta come premessa della complessiva statuizione di infondatezza della censura e priva, quindi, di un autonomo effetto preclusivo ai sensi dell'articolo 437 c.p.c.; come tale, la medesima affermazione non è suscettibile di impugnazione.

2. Inammissibile è anche il secondo motivo, per il quale deve rilevarsi la mancanza del quesito di diritto, prescritto dall'articolo 366 bis c.p.c. (applicabile nella specie ratione temporis), siccome tale motivo, a prescindere dalla intitolazione, si risolve in una censura ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., n.

3. In concreto, infatti, si critica la sentenza impugnata:

a) per avere ritenuto, erroneamente, che l'assicurazione contro la silicosi e l'asbestosi rappresenti un presupposto per beneficiare della rivalutazione contributiva, mentre l'obbligo di pagamento del premio supplementare di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, articolo 153, scaturisce solo dalla astratta corrispondenza fra le lavorazioni svolte nell'impresa e quelle menzionate al n. 8 della tabella allegata, a prescindere da ogni valutazione sui modi e ai tempi di assolvimento delle mansioni da parte dei dipendenti;

b) per avere ritenuto determinante, ai fini della configurazione dell'esposizione superiore alla soglia prescritta, gli atti di indirizzo del Ministero del lavoro, che, invece, secondo l'Istituto non assurgono a valenza autonoma in ordine al diritto ai benefici, ma servono da supporto e orientamento per l'INAIL, cui è deferito il compito di accertare la durata e la consistenza della esposizione di ciascun lavoratore.
Tali considerazioni mirano all'affermazione di precisi principi di diritto, asseritamele violati dal giudice di merito, che riguardano, non già il cd. giudizio di fatto, cioè la logicità e coerenza della motivazione nell'esame delle risultanze di fatto acquisite nel processo, quanto la efficacia giuridica del premio supplementare ai fini della agevolazione contributiva in questione e la utilizzabilità degli atti di indirizzo, sostenendosi, specificamente, da un lato che la decisione impugnata "abbia operato un'indebita commistione fra due distinti ed autonomi rapporti assicurativi (assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali e l'assicurazione per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti) individuando così un nesso funzionale, a ben vedere inesistente, fra l'obbligo assicurativo e contributivo corrente fra la SA. e l'INAIL ed il rapporto previdenziale" e dall'altro che "questi atti di indirizzo non possono essere utilizzati direttamente come prova dell'esposizione qualificata"; che, d'altra parte, proprio la effettiva proposizione di una quaestio juris, e non di una censura di vizio di motivazione, giustifica la mancata produzione dei documenti (dichiarazioni SA. e INAIL, atti di indirizzo) escludendo la improcedibilità del ricorso, ex articolo 369 c.p.c., comma 2, n. 4, (come eccepita dalla difesa del lavoratore nella discussione orale).

3. In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile.


4. L'INPS va condannato, secondo soccombenza, al pagamento delle spese del giudizio nei confronti del lavoratore, con liquidazione come in dispositivo, da distrarsi in favore del procuratore antistatario, avv. Rosa Maffei. Vanno invece compensate le spese nei confronti della SA. s.p.a. e dell'INAIL, la cui costituzione in giudizio non ha comportato, alla stregua delle rispettive conclusioni, alcuna contrapposizione rispetto all'impugnazione proposta dall'INPS.

 

P.Q.M.

 

La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle spese nei confronti del Lo. , liquidate in euro 16,00 per esborsi e in euro duemila per onorari, oltre a spese generali, IVA e CPA come per legge, da distrarsi; compensa le spese nei confronti della SA. e dell'INAIL.