Responsabilità di Ci. Gi. per avere nella qualità di responsabile per la sicurezza, protezione, rischi e igiene sul lavoro della Soc. Mo. S.P.A., procurato a Mo.Pa. , dipendente, lesioni personali gravi (contusione escoriata alla fronte, allarme ansioso) - Infatti, mentre Mo.Pa. stava lavorando all'interno del magazzino della Soc. Mo. alla guida di un muletto, era crollato il tetto per cui il lavoratore era stato investito da una cortina di polvere ed aveva subito le lesioni anzidette. 

 

Ricorso in Cassazione - Respinto.

 

La Corte afferma che l'imputato, "nella qualifica di responsabile per la sicurezza, protezione, rischi e igiene sul lavoro dell'azienda, era titolare di un preciso obbligo di garanzia circa la sicurezza delle procedure di lavoro ed in particolare della sicurezza delle strutture stesse aziendali. In particolare, il detto dirigente, in relazione ai compiti attribuitigli, era costituito garante dell'incolumità fisica dei prestatori di lavoro, con l'ovvia conseguenza che, nel caso di ritenuta non ottemperanza agli obblighi di tutela, l'evento lesivo correttamente gli è stato imputato in forza del meccanismo reattivo previsto dall'articolo 40 c.p.p., comma 2."


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAMPANATO Graziana - Presidente
Dott. MARZANO Francesco - Consigliere
Dott. IACOPINO Silvana Giovann - Consigliere
Dott. GALBIATI Ruggero - rel. Consigliere  
 Dott. BIANCHI Luisa - Consigliere    
 ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) CI. GI. PI. N. IL (OMESSO);
avverso la sentenza n. 4204/2008 CORTE APPELLO di MILANO, del 25/03/2009;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 25/03/2010 la relazione fatta dal Consigliere Dott. RUGGERO GALBIATI;
udito il P.G. in persona del Dott. GIALANELLA Antonio che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

FattoDiritto

 

 
1. Con sentenza in data 11-3-2008, il Tribunale di Milano - giudice monocratico - dichiarava Ci.Gi. Pi. colpevole per il reato di cui agli articoli 590 e 583 c.p.p. in relazione al Decreto del Presidente della Repubblica n. 547 del 1955, articolo 374 per avere, nella qualità di responsabile per la sicurezza, protezione, rischi e igiene sul lavoro della Soc. Mo. S.P.A., procurato a Mo.Pa. , dipendente, lesioni personali gravi (contusione escoriata alla fronte, allarme ansioso), dal che derivava una malattia con impossibilità di attendere alle ordinarie occupazioni per un periodo superiore a 40 giorni (accadimento del (OMESSO)).
Lo condannava, previa concessione delle attenuanti generiche ritenute equivalenti all'aggravante, alla pena di mesi tre di reclusione.  
   
2. In fatto, era avvenuto che, mentre Mo.Pa. stava lavorando all'interno del magazzino della Soc. Mo. alla guida di un muletto, era crollato il tetto per cui il lavoratore era stato investito da una cortina di polvere ed aveva subito le lesioni anzidette.
Al riguardo, l'imputato era accusato, nella qualità di responsabile della sicurezza, di non avere mantenuto in buono stato di stabilità, conservazione ed efficienza gli edifici sede di lavoro per i dipendenti; in particolare, la struttura del tetto del magazzino era realizzata in carpenteria metallica con una copertura in lamiera di alluminio, PVC e graniglia.

3. Proposta impugnazione con appello, la Corte di Milano confermava in punto di responsabilità la sentenza di primo grado; riduceva la pena da infliggere ad euro 300,00 di multa.
La Corte di Appello osservava che, secondo i periti incaricati di accertare le cause del crollo, erano evidenziabili due cause possibili: l'urto di uno dei pilastri provocato dal muletto condotto dal lavoratore ovvero la crisi strutturale degli elementi di copertura del magazzino; all'uopo, appariva più verosimile quest'ultima prospettazione, atteso che mancavano in loco tracce in qualche modo comprovanti l'eventuale impatto del mezzo condotto dalla parte offesa.
Comunque, in entrambe le ipotesi, si palesava indubbia la responsabilità di Ci.Gi. Pi. , il quale non aveva provveduto ad effettuare la necessaria manutenzione della copertura del magazzino ed anche non si era curato di fare applicare idonee schermature ai pilastri, onde evitare che eventuali collisioni provocate dai mezzi di trasporto utilizzati all'interno potessero determinare danni alla struttura complessiva del locale pregiudicando la sua stabilità.

4. Il prevenuto avanzava ricorso per cassazione.
 
a) Denunciava la mancanza di motivazione in relazione alla problematica da lui posta della procedibilità a querela ovvero d'ufficio per il reato contestato.
Invero, il Collegio di Appello non aveva affrontato la questione della sussistenza del nesso di causalità tra le più gravi patologie ora denunciate dalla parte offesa e l'evento: difatti, nell'immediatezza dell'occorso, la prognosi inizialmente manifestata dai sanitari era stata quella di soli tre giorni.   
   
b) Denunciava l'assenza di prova certa circa la responsabilità per l'occorso di esso istante.
Invero, neppure vi era alcun elemento attestante la causa effettiva dell'evento e l'individuazione della norma cautelare che, se rispettata, avrebbe evitato il fatto lesivo; in mancanza di ciò, ogni addebito rivolto al prevenuto non poteva dirsi trovare conferma processuale.

c) Ribadiva che la ricostruzione più convincente del fatto era nel senso che l'edificio non si trovasse in precarie condizioni di conservazione (tra l'altro, circa due mesi prima erano stati sostituiti i lucernari) per cui era da escludersi che la ragione del crollo fosse attribuibile ad un cedimento strutturale, mentre, risultava più attendibile l'ipotesi di un violento urto alle strutture come origine del collasso della copertura del magazzino.

d) Denunciava la mancata assunzione di prova decisiva, già richiesta nell'istruzione dibattimentale in primo grado e con l'appello.
In specie, era stata ripetutamele chiesta l'ammissione di prove testimoniali e di consulenze sullo stato dei luoghi e medico-legale per addivenire ad una corretta ricostruzione dell'accaduto pure sotto il profilo delle effettive lesioni riportate dalla parte offesa. Chiedeva l'annullamento della sentenza impugnata senza rinvio ovvero con rinvio.

5. Il ricorso deve essere respinto perchè infondato.

Si osserva, in ordine all'eccezione di carattere processuale, che il periodo di incapacità di attendere alle proprie occupazioni sofferto dalla parte offesa risulta dalle emergenze in atti e secondo quanto riportato dai Giudici di merito di durata superiore ai quaranta giorni.
D'altro canto, la diagnosi accertata attestante "disturbo post-traumatico da stress con comparsa di disturbo complesso caratterizzato da depressione maggiore, stati dissociativi, modificazione della personalità, con rischio di suicidio di grado medio grave" appare strettamente dipendente, secondo la certificazione sanitaria, dall'evento lesivo in esame.
In ordine alle altre doglianze di merito, giova osservare che la Corte di Appello ha correttamente argomentato in fatto, sulla base dei dati obbiettivi della vicenda acquisiti e con riferimento alla  normativa in tema di sicurezza nei posti di lavoro, circa la riscontrata colpevolezza di Ci.Gi. Pi. il quale, nella qualifica di responsabile per la sicurezza, protezione, rischi e igiene sul lavoro dell'azienda, era titolare di un preciso obbligo di garanzia circa la sicurezza delle procedure di lavoro ed in particolare della sicurezza delle strutture stesse aziendali.
In particolare, il detto dirigente, in relazione ai compiti attribuitigli, era costituito garante dell'incolumità fisica dei prestatori di lavoro, con l'ovvia conseguenza che, nel caso di ritenuta non ottemperanza agli obblighi di tutela, l'evento lesivo correttamente gli è stato imputato in forza del meccanismo reattivo previsto dall'articolo 40 c.p.p., comma 2.
Per quel che concerne, poi, la specifica ricostruzione dell'occorso, il Giudice di Appello ha fornito esaustiva e corretta motivazione, richiamando le argomentazioni già svolte dal primo Giudice e facendo esplicito riferimento alle risultanze probatorie acquisite in atti (in particolare, dichiarazioni testimoniali, elementi tecnici acquisiti).
Sicchè, i rilievi mossi al riguardo dal ricorrente alla sentenza impugnata si risolvono in censure concernenti sostanzialmente apprezzamenti di merito che tendono per lo più ad una diversa valutazione delle risultanze processuali.
In proposito, va sottolineato che, come affermato dalla Suprema Corte anche a Sezioni Unite (v. Cass. S.U. 24-11-1999-Spina-; 31-5-2000-Jakani-; 24-9-2003-Petrella-), esula dai poteri della Corte di Cassazione quello della rilettura dei dati di fatto, posti a sostegno della decisione, il cui apprezzamento è riservato in via esclusiva al Giudice del merito, nonchè l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti.
D'altro canto, nel caso di specie, i giudici di merito hanno appunto apprezzato in modo congruo gli elementi di prova fornendo una valutazione di essi ragionevole e logica sotto il profilo del "senso della realtà" degli appartenenti alla collettività e sotto quello più strettamente giuridico.

5. La reiezione del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

 

P.Q.M.

 

La Corte di Cassazione 4^ Sezione Penale rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.