Cassazione Civile, Sez. Lav., 06 maggio 2024, n. 12190 - Benefici previdenziali in favore dei lavoratori esposti all'amianto
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Signori Magistrati:
Dott. BERRINO Umberto - Presidente
Dott. MARCHESE Gabriella - Consigliere
Dott. BUFFA Francesco - Consigliere
Dott. GNANI Alessandro - Consigliere
Dott. CERULO Angelo - Consigliere
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso 11958-2020 proposto da
ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (INPS), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso, in forza di procura conferita in calce al ricorso, dagli avvocati GIUSEPPINA GIANNICO, LUIGI CALIULO, ANTONELLA PATTERI, SERGIO PREDEN, con domicilio eletto in ROMA, VIA CESARE BECCARIA, 29, presso l'Avvocatura centrale dell'Istituto
- ricorrente -
contro
A.A., rappresentato e difeso, giusta procura conferita in calce al controricorso, dagli avvocati NICOLA PUTIGNANO e VALERIA RACHELE PUTIGNANO, con domicilio eletto in ROMA, VIA DEI GRACCHI, 60, presso lo studio dei difensori
- controricorrente -
per la cassazione della sentenza n. 562 del 2019 della CORTE D'APPELLO DI BARI, depositata il 12 marzo 2019 (R.G.N. 199/2016).
Udita la relazione della causa, svolta nella camera di consiglio del 13 dicembre 2023 dal Consigliere Angelo Cerulo.
Fatto
1.- Con ricorso notificato il 6 marzo 2020, l'INPS impugna per cassazione, con unico, complesso motivo, la sentenza n. 562 del 2019, pronunciata dalla Corte d'appello di Bari e depositata il 12 marzo 2019.
La Corte territoriale, in riforma della pronuncia del Tribunale della medesima sede, ha accertato e dichiarato il diritto del signor di fruire dei benefici di cui all'art. 13 della legge 27 marzo 1992, n. 257, in riferimento ai contributi concernenti il periodo dal primo agosto 1980 al 31 marzo 1994, e ha ordinato all'INPS di rettificare la posizione contributiva dell'assicurato, condannando l'Istituto a riliquidare il trattamento pensionistico in godimento.
Per quanto in questa sede ancora rileva, i giudici del gravame hanno riscontrato in punto di fatto l'esposizione ultradecennale all'amianto e, in particolare, hanno accertato che l'appellante, alla data del 2 ottobre 2003, aveva già maturato il diritto alla rivalutazione contributiva di cui all'art. 13, comma 8, della legge n. 257 del 1992. Ne discende che l'assicurato ben poteva beneficiare del più favorevole regime, antecedente alle innovazioni recate dal decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, nella legge 24 novembre 2003, n. 326.
2.- Il signor resiste con controricorso, notificato il 27 aprile 2020 e illustrato da memoria.
3.- La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375, secondo comma, numero 4-quater), e 380-bis.1., primo comma, cod. proc. civ.
4.- Il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni scritte.
5.- All'esito della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell'ordinanza nei sessanta giorni successivi (art. 380-bis.1., secondo comma, cod. proc. civ.).
Diritto
1.- Con l'unica censura (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), l'INPS denuncia violazione dell'art. 3, comma 132, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, e dell'art. 47 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, nella legge 24 novembre 2003, n. 326.
Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, l'applicazione del coefficiente previsto dall'art. 13, comma 8, della legge n. 257 del 1992 presupporrebbe «la verifica non già della avvenuta maturazione del decennio di esposizione ad amianto al 2 ottobre 2003, ma piuttosto la verifica della avvenuta maturazione del diritto a pensione alla medesima data» (pagina 4 del ricorso per cassazione).
Avrebbe errato, pertanto, la Corte d'appello di Bari nel pretermettere la disamina della maturazione del diritto a pensione alla data del 2 ottobre 2003, requisito indispensabile per reclamare l'applicazione del più favorevole regime previgente.
2.- Il ricorso è ammissibile e non colgono nel segno le eccezioni formulate, in limine, dalla parte controricorrente.
2.1.- Le censure sono sorrette da un'argomentazione adeguata, che consente a questa Corte di ricostruire gli antecedenti di fatto rilevanti (pagine 2 e 3 del ricorso) e d'inquadrare nel dibattito processuale le critiche espresse al ragionamento dei giudici d'appello (pagine 3 e 4, che danno conto del percorso argomentativo che avvalora la decisione impugnata, prima di enucleare le ragioni di dissenso).
2.2.- Il ricorso prospetta una questione interpretativa della normativa applicabile, che si rivela d'importanza cruciale nella soluzione della controversia e involge il punto nodale della spettanza del beneficio nella sua misura più ampia.
La fondatezza della pretesa dell'odierno controricorrente, esclusa in radice in primo grado e poi riconosciuta in fase d'appello, ha formato materia controversa in tutte le sue implicazioni.
Ne consegue che nessun giudicato si può ravvisare in ordine alla qualificazione giuridica dei fatti, che il giudice è tenuto a compiere d'ufficio (Iura novit curia), individuando la corretta disciplina applicabile ratione temporis, senza alcun vincolo derivante dalle indicazioni delle parti.
Il giudicato si forma pur sempre su un'unità minima di decisione che a un fatto, qualificato da una norma, riconnette un determinato effetto giuridico (Cass., sez. lav., 7 novembre 2022, n. 32683) e non si raccorda a qualsivoglia affermazione racchiusa nella sentenza.
La linea difensiva, coltivata dall'Istituto nel dipanarsi di tutto il processo, si sostanzia nella recisa contestazione della pretesa dell'assicurato ed è incompatibile con il giudicato, genericamente adombrato in ordine all'applicabilità della previgente disciplina più favorevole e al conseguente, seppur parziale, riconoscimento della fondatezza del diritto dedotto in causa.
Analoghe eccezioni, incentrate su un asserito giudicato, sono state già disattese da questa Corte in controversie sovrapponibili a quella presente (Cass., sez. VI-L, 11 novembre 2022, n. 33309).
3.- Il ricorso è fondato.
4.- Occorre dare continuità ai principi enunciati in molteplici occasioni da questa Corte e, in difetto di argomenti che inducano a rimeditarli, non sussiste la necessità di rimettere la causa alla pubblica udienza, segnalata dalla parte controricorrente nella memoria illustrativa.
5.- In tema di benefici previdenziali in favore dei lavoratori esposti all'amianto, l'art. 3, comma 132, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, con riferimento alla disciplina introdotta dall'art. 47, comma 1, del decreto legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, nella legge 24 novembre 2003, n. 326, ha fatto salva l'applicabilità della precedente normativa di cui all'art. 13 della legge 27 marzo 1992, n. 257, per i lavoratori che, alla data del 2 ottobre 2003, avessero maturato il diritto al conseguimento dei benefici previdenziali ivi previsto.
Tale disciplina dev'essere interpretata nel senso che la clausola di salvezza, espressione di un esercizio non irragionevole della discrezionalità legislativa, concerne gli assicurati in possesso di tutti i requisiti richiesti per la maturazione del diritto al conseguimento degli originari benefici e, dunque, sia del requisito specifico dell'esposizione all'amianto, per il periodo prescritto, in attività assoggettate all'assicurazione obbligatoria, sia dei requisiti pensionistici generali, e segnatamente di quello contributivo e anagrafico (Cass., sez. lav., 22 aprile 2014, n. 9096).
Si è puntualizzato, a tale riguardo, che la maturazione, alla data del 2 ottobre 2003, del diritto al conseguimento dei benefici previdenziali equivale al perfezionamento del diritto al trattamento pensionistico anche sulla base del beneficio di cui al richiamato art. 13 della legge n. 257 del 1992.
La clausola di salvezza concerne, dunque, tutti gli assicurati che, a quella data, abbiano maturato il diritto a pensione, seppure per effetto della rivalutazione contributiva prevista dalla legge n. 257 del 1992 (Cass., sez. lav., 19 dicembre 2018, n. 32882, richiamata alla pagina 6 del ricorso per cassazione).
6.- A tali conclusioni questa Corte è giunta sulla scorta del dato letterale e della ricostruzione del sistema normativo.
Quanto al primo profilo, si è osservato che «se il legislatore avesse inteso garantire l'applicabilità delle previgenti disposizioni alla mera ricorrenza della esposizione ultradecennale ad amianto alla data del 2.10.2003, sarebbe stata del tutto ultronea la previsione della salvezza della previgente disciplina anche in favore di "coloro che hanno avanzato domanda di riconoscimento all'INAIL o che ottengono sentenze favorevoli per cause avviate entro la stessa data (del 2 ottobre 2003)", categorie a fortiori rientranti nella generale salvezza disposta dalla norma, ove in tali sensi interpretata» (Cass., sez. VI-L, 24 aprile 2019, n. 11244).
Quanto al profilo sistematico, l'interpretazione perorata nella sentenza d'appello e nel controricorso, nel far leva sul discrimine della maturazione del diritto alla rivalutazione contributiva, condurrebbe alla «sostanziale inapplicabilità dell'art. 47, comma 1, del d.l. n. 269 del 2003, alla ampia platea dei lavoratori adibiti ad attività assoggettate all'assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali gestita dall'INAIL, in palese contrasto con il carattere generale di tale disposizione, che non distingue affatto tra lavoratori addetti o non addetti ad attività assoggettate alla suddetta assicurazione obbligatoria» (ordinanza n. 11244 del 2019, cit.).
7.- La sentenza impugnata si è discostata da tali principi e ha ritenuto dirimente, ai fini dell'applicazione del regime più favorevole, il dato puro e semplice della maturazione del diritto alla rivalutazione contributiva, senza annettere l'imprescindibile rilievo alla maturazione del diritto alla pensione prima della data del 2 ottobre 2003, che segna la linea di demarcazione tra l'uno e l'altro regime.
8.- Il ricorso, in definitiva, è accolto e la sentenza dev'essere cassata per quanto di ragione.
9.- La causa dev'essere rinviata alla Corte d'appello di Bari che, in diversa composizione, rinnoverà l'esame della fattispecie controversa.
L'applicabilità del più favorevole regime previgente dovrà essere accertata in base alla disciplina di legge, considerata nella sua interezza.
Come questa Corte ha già affermato (Cass., sez. lav., 24 gennaio 2022, n. 2007), si deve rammentare che l'art. 3, comma 132, secondo periodo, della legge n. 350 del 2003 salvaguarda il regime più risalente anche a beneficio di coloro «che hanno avanzato domanda di riconoscimento all'INAIL o che ottengono sentenze favorevoli per cause avviate entro la stessa data» del 2 ottobre 2003.
Anche tale profilo dovrà essere vagliato dal giudice di rinvio, alla stregua dei rilievi svolti dalla parte controricorrente nella memoria illustrativa e delle contrapposte deduzioni del ricorrente in ordine alla presentazione della domanda all'INAIL (pagina 5), e palesa la necessità di ulteriori accertamenti di fatto, incompatibile con la decisione nel merito adombrata dalla parte controricorrente nella memoria illustrativa.
Al giudice di rinvio è rimessa anche la pronuncia sulle spese del presente giudizio (art. 385, terzo comma, cod. proc. civ.).
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio, alla Corte d'appello di Bari, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quarta Sezione civile del 13 dicembre 2023.
Depositato in Cancelleria il 6 maggio 2024.