Cassazione Civile, Sez. Lav., 09 maggio 2024, n. 12704 - Origine non professionale dell'ernia discale della lavoratrice
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BERRINO Umberto - Presidente
Dott. GARRI Umberto - Consigliere
Dott. MANCINO Rossana - Consigliere
Dott. MARCHESE Gabriella - Consigliere
Dott. GNANI Alessandro - Rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso 25108-2019 proposto da:
A.A., domiciliata in ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall'avvocato MARIA BIANCHINI;
- ricorrente -
contro
I.N.A.I.L. - ISTITUTO NAZIONALE PER L'ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144, presso lo studio degli avvocati EMILIA FAVATA, LUCIANA ROMEO, che lo rappresentano e difendono;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 136/2019 della CORTE Dat, D'APPELLO di CAMPOBASSO, depositata il 20/06/2019 R.G.N. 326/2018;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 14/02/2024 dal Consigliere Dott. ALESSANDRO GNANI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. STEFANO VISONA', che ha concluso per il rigetto del ricorso; udito l'Avvocato EMILIA FAVATA.
Fatto
La Corte d'appello di Campobasso confermava la pronuncia di primo grado che aveva rigettato la domanda di rendita proposta dall'odierna ricorrente nei confronti dell'Inail.
Riteneva la Corte, sulla scorta della consulenza tecnica d'ufficio, che la malattia di cui ella soffriva - ernia discale - non avesse origine professionale.
Avverso la sentenza ricorre la lavoratrice per un motivo illustrato da memoria.
L'Inail resiste con controricorso.
L'ufficio della Procura Generale ha concluso in udienza per il rigetto del ricorso.
In sede di camera di consiglio il collegio riservava termine di 90 giorni per il deposito del presente provvedimento.
Diritto
Con l'unico motivo di ricorso, si deduce nullità della sentenza per motivazione apparente, ai sensi dell'art.360, co.1 nn.4 e 5 c.p.c., in quanto la Corte si sarebbe limitata a prestare adesione alla consulenza d'ufficio senza alcuna reale motivazione, e senza considerare le critiche mosse alla stessa dal proprio consulente di parte.
Va innanzitutto respinta l'eccezione di inammissibilità del ricorso per carenza dell'esposizione dei fatti di causa; questi vengono riferiti in modo sufficiente chiaro, nonostante il richiamo a vari atti dei gradi di merito.
Nel merito il ricorso è infondato.
La sentenza non è nulla per motivazione apparente, avendo dato conto la Corte della ratio decidendi su cui s'impernia il rigetto della domanda, ovvero l'origine non professionale della malattia contratta, come accertato dal consulente d'ufficio, con elaborato ritenuto pienamente condivisibile.
Esclusa la nullità della sentenza ai sensi dell'art.360, co.1, n.4 c.p.c., nemmeno è fondato il richiamo al n.5 della stessa norma.
L'orientamento di questa Corte è nel senso che il giudice di merito può aderire alle conclusioni del consulente tecnico, e la parte non può limitarsi a far valere l'omessa considerazione della consulenza di parte, la quale costituisce allegazione difensiva (Cass.26305/18). La censura di cui all'art.360, co.1, n.5 c.p.c. presuppone l'omesso esame di un fatto storico decisivo, che deve essere semmai riportato nella consulenza di parte (Cass.18886/23). Nel caso di specie, il ricorso non deduce alcun fatto storico decisivo e omesso dalla sentenza. L'argomento su cui poggia il motivo d'impugnazione è che non sarebbero state considerate le reali mansioni della ricorrente, la quale era per la maggior parte del tempo impiegata nella movimentazione della merce, e non nella vendita al dettaglio dei prodotti esposti nell'esercizio commerciale.
Emerge però dagli atti e dal ricorso stesso, che il fatto non fu omesso, bensì tenuto in considerazione dal consulente tecnico d'ufficio, e quindi dalla sentenza: il consulente ha infatti escluso che la movimentazione di merce fosse attività prevalente.
Va aggiunto che in caso di adesione del giudice alla consulenza tecnica d'ufficio, il ricorso ex art.360 c.p.c. non può limitarsi a denunciare un dissenso sulla diagnosi formulata dal consulente, ma deve argomentare una palese devianza dell'elaborato dalle nozioni correnti della scienza medica, oppure un'omissione degli accertamenti strumentali (Cass.34395/23, Cass.1652/12).
Nulla di tutto ciò contiene il ricorso, che si limita a contestare la consulenza tecnica in quanto non avrebbe tenuto conto delle reali mansioni svolte dalla ricorrente. Nella sostanza, si giunge a criticare un accertamento di fatto delle mansioni svolte, al di fuori dei limiti dell'art.360, co.1, n.5 c.p.c.
In conclusione, il ricorso va respinto con condanna alle spese secondo soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna parte ricorrente a rifondere le spese liquidate per il presente giudizio di cassazione in Euro 2500 per compensi, Euro 200 per esborsi, oltre 15% per spese generali e accessori di legge;
dà atto che, atteso il rigetto del ricorso, sussiste il presupposto processuale di applicabilità dell'art.13, co.1 quater, D.P.R. n.115/02, con conseguente obbligo in capo a parte ricorrente, di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso.
Ai sensi dell'art.52 D.Lgs. n.196/03, in caso di diffusione del presente provvedimento, si omettano le generalità e gli altri dati identificativi della ricorrente in cassazione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 14 Febbraio 2024.
Depositato in Cancelleria il 9 maggio 2024