Cassazione Civile, Sez. Lav., 20 maggio 2024, n. 13932 - Diritto a percepire, durante il periodo di ferie, il trattamento economico commisurato a quello percepito per il lavoro ordinariamente svolto
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DORONZO Adriana - Presidente
Dott. LEONE Margherita Maria - Consigliere
Dott. PANARIELLO Francescopaolo - Consigliere
Dott. AMENDOLA Fabrizio - Consigliere
Dott. MICHELINI Gualtiero - Rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso 11330-2023 proposto da:
TRENITALIA Spa - Società con socio unico, soggetta all'attività di direzione e coordinamento di Ferrovie dello Stato Italiane Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall'avvocato PAOLO TOSI;
- ricorrente -
contro
A.A., B.B., C.C., D.D., E.E., F.F., tutti elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE CARSO 14, presso lo studio dell'avvocato ANNARITA D'ERCOLE, rappresentati e difesi dall'avvocato CRISTIAN FERRARI;
- contro ricorrenti -
avverso la sentenza n. 966/2022 della CORTE D'APPELLO di MILANO, depositata il 21/11/2022 R.G.N. 811/2022;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 05/03/2024 dal Consigliere Dott. GUALTIERO MICHELINI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. G.G., che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito l'avvocato ANDREA UBERTI per delega verbale avvocato PAOLO TOSI;
udito l'avvocato ANNARITA D'ERCOLE.
Fatto
1. La Corte d'Appello di Milano ha confermato la sentenza del Tribunale della stessa sede che, in accoglimento del ricorso proposto dai lavoratori indicati in epigrafe, tutti dipendenti di Trenitalia con qualifica di Capo Treno o Capo Servizio Treno, aveva accertato il loro diritto a percepire, durante il periodo di ferie, il trattamento economico commisurato a quello percepito per il lavoro ordinariamente svolto, e condannato la società al pagamento delle somme per ciascuno specificate.
2. La Corte territoriale, a fronte della domanda di computo nella retribuzione dovuta durante le ferie dell'indennità di assenza dalla residenza, dell'indennità di scorta vetture eccedenti, del premio scoperta irregolarità, dell'indennità di utilizzazione professionale (IUP) senza esclusione della parte variabile (ossia inferiore all'indennità di utilizzazione/condotta percepita nei periodi lavorati), ha confermato le statuizioni del Tribunale di accoglimento delle domande.
3. Precisamente, il Tribunale aveva dichiarato la nullità per violazione dell'art. 7 della direttiva 2003/88/CE, come interpretato dalla Corte di Giustizia Europea, dell'art. 31 punto 5 dei Contratti Aziendali 2012 e 2016 del Gruppo Ferrovie dello Stato, nella parte in cui limitano l'indennità di utilizzazione professionale giornaliera, da corrispondere nelle giornate di ferie, al solo importo fisso di Euro 4,50, nonché l'inapplicabilità dell'art. 77, punto 2.4 del CCNL della Mobilità, Area Attività Ferroviarie del 16.12.2016, nella parte in cui esclude l'indennità per assenza della residenza dal calcolo della retribuzione spettante per i periodi di ferie; aveva accertato il diritto dei ricorrenti al pagamento di ciascuna giornata di ferie con una retribuzione comprensiva dell'indennità di assenza dalla residenza, dell'indennità di utilizzazione/scorta di cui all'art. 31 tabella B, dell'indennità di scorte vetture eccedenti (art. 32 dei Contratti aziendali del 2012 e 2016), e del premio scoperta irregolarità (art. 36 dei Contratti aziendali del 2012 e 2016), calcolate sulla media dei compensi percepiti a tali titoli nei 12 mesi precedenti la fruizione delle ferie, detratto l'importo fisso giornaliero di Euro 4,50 già riconosciuto, e per l'effetto condannato la società a corrispondere ai ricorrenti le differenze retributive maturate.
4. La Corte territoriale ha richiamato la giurisprudenza, propria e di questa Corte, che, con riguardo alla retribuzione dovuta nel periodo di godimento delle ferie annuali, ai sensi dell'art. 7 della Direttiva 2003/88/CE, per come interpretata dalla Corte di Giustizia, ha ritenuto che sussiste una nozione europea di retribuzione che comprende qualsiasi importo pecuniario che si ponga in rapporto di collegamento all'esecuzione delle mansioni e che sia correlato allo status personale e professionale del lavoratore; ha ribadito che occorre verificare se la retribuzione corrisposta possa costituire una dissuasione dal godimento delle ferie, e in tale prospettiva ha accertato che una sensibile diminuzione è effettivamente idonea a dissuadere i lavoratori dal beneficiarne; ha confermato l'accertamento della stretta connessione tra le indennità in questione e le mansioni e lo status dei lavoratori.
5. La società ha proposto ricorso per cassazione con nove motivi, cui hanno resistito con controricorso i lavoratori; entrambe le parti hanno depositato memorie e discusso la causa all'odierna udienza.
6. il P.G. ha concluso per il rigetto del ricorso.
Diritto
1. Parte ricorrente deduce, con il primo motivo, in tema di corretta interpretazione delle sentenze della CGUE, violazione e falsa applicazione dell'art. 7 della Direttiva CE 88/2003 e degli artt. 1362 ss. c.c. in relazione agli artt. 31 Contratto Aziendale 2012 e 31 Contratto Aziendale 2016. Sostiene che la Corte di merito ha erroneamente applicato i principi sanciti dalla giurisprudenza comunitaria, in quanto non ha considerato che per le giornate di servizio la IUP è quantificata in due diverse ed alternative misure del medesimo compenso in relazione alle diverse modalità di erogazione della prestazione, entrambe tipiche del Capo Treno/Capo Servizi Treno, che per le giornate di ferie l'indennità è riconosciuta in una delle misure riconosciute al personale in servizio per attività svolte tipiche del Capo Treno/Capo Servizi Treno, che tale riconoscimento è quindi conforme al principio di tendenziale corrispondenza tra retribuzione percepita in servizio e retribuzione percepita in ferie.
2. Con il secondo motivo, deduce, in tema di corretta interpretazione delle sentenze della CGUE, violazione e falsa applicazione dell'art. 7 della Direttiva CE 88/2003 e degli art. 1362 ss. c.c. in relazione agli artt. 31 Contratto Aziendale 2003 e 32 dei Contratti Aziendali 2012 e 2016. Sostiene erronea applicazione nella sentenza impugnata dei principi sanciti dalla giurisprudenza comunitaria, in quanto non ha considerato che l'indennità di scorta vetture eccedenti non viene attribuita per il solo svolgimento delle mansioni di capotreno, ma dipende da un fatto oggettivo esterno alle mansioni e al ruolo professionale.
3. Con il terzo motivo, deduce, in tema di corretta interpretazione delle sentenze della CGUE, violazione e falsa applicazione dell'art. 7 della Direttiva CE 88/2003 e degli artt. 1362 ss. c.c. in relazione agli artt. 41, punto 1.3, Contratto Aziendale 2003 e 36, punto 5, dei Contratti Aziendali 2012 e 2016. Contesta l'inclusione nella base di calcolo della retribuzione feriale del premio di controlleria, non essendo stato considerato che il premio scoperta irregolarità, giusta la sua natura premiale e aleatoria, non costituisce una voce retributiva intrinsecamente collegata alle mansioni in questione.
4. Con il quarto motivo, deduce violazione e falsa applicazione dell'art. 7 della Direttiva CE 88/2003, dell'art. 10 D.Lgs.. n. 66/2003, dell'art. 2109 c.c., con riferimento agli artt. 36 e 39 Cost. e all'art. 77 punto 2.4 dei CCNL Mobilità -Attività Ferroviarie del 20.7.2012 e 16.12.2016. Sostiene che la Corte d'Appello ha errato nell'applicare i principi sanciti dalla giurisprudenza comunitaria, in quanto non ha considerato che l'indennità di assenza dalla residenza ha natura e funzione risarcitoria e non rientra nell'imponibile fiscale, e che quindi l'esclusione dell'indennità è conforme all'orientamento comunitario che ha escluso proprio le voci risarcitorie non imponibili fiscalmente.
5. Con il quinto motivo, deduce violazione e falsa applicazione dell'art. 7 della Direttiva CE 88/2003, dell'art. 10 D.Lgs.. n. 66/2003, dell'art. 2109 c.c.; sostiene che la sentenza gravata non ha considerato che vi è l'espressa previsione legislativa dell'obbligo di far godere delle ferie in forma specifica, obbligo sorretto da sanzioni amministrative, con espresso divieto di monetizzazione, così essendo superato alla radice ogni possibile spazio per un effetto dissuasivo del trattamento economico, e che la qualificazione delle ferie è sempre operata su base annua.
6. Con il sesto motivo, deduce violazione e falsa applicazione dell'art. 7 della Direttiva CE 88/2003, nonché applicazione in via generale e astratta di principi generali espressi dalla CGUE con violazione degli artt. 36 e 39 Cost., per mancata adeguata valutazione del ruolo della contrattazione collettiva nel nostro ordinamento, dato che il diritto vivente demanda proprio alla contrattazione collettiva la determinazione della retribuzione.
7. Con il settimo motivo, deduce violazione e falsa applicazione dell'art. 267 TFUE e del principio di diritto vivente sull'efficacia ultra partes delle sentenze CGUE e dell'art. 7 della Direttiva CE 88/2003, dell'art. 10 D.Lgs.. n. 66/2003, dell'art. 2109 c.c. con riferimento agli artt. 36 e 39 Cost.; sostiene che la Corte territoriale ha erroneamente applicato i principi sanciti dalla giurisprudenza comunitaria, poiché non ha considerato la diversità fattuale delle fattispecie e strutturale dei compensi analizzati dalla CGUE (sentenza Robinson Steele del 16.3.2006; sentenza Schultz-Hoff del 20.1.2009; sentenza Williams del 16.9.2011, sentenza Lock del 22.5.2014, sentenza Torsten Hein del 13.12.2018) rispetto alla fattispecie e ai compensi oggetto di causa, diversità che impediva di applicare tali precedenti al diverso caso qui in esame.
8. Con l'ottavo motivo, deduce violazione e falsa applicazione dell'art. 7 della Direttiva CE 88/2003, dell'art. 267 TFUE e del derivato principio di diritto vivente sull'efficacia ultra partes delle sentenze CGUE per omesso esame sul fatto decisivo della diversità fattuale e strutturale delle fattispecie concrete analizzate dalla CGUE nelle sentenze invocate a fondamento della domanda rispetto alla fattispecie oggetto di causa.
9. Con il nono motivo, subordinato, deduce violazione e falsa applicazione dell'art. 2948, n. 4 c.c. in combinato disposto con l'art. 18, commi 1 e 2, legge n. 300/1970 come modificato dalla legge n. 92/2012. Sostiene la prescrizione quinquennale dei crediti retributivi rivendicati dai dipendenti per i titoli dedotti in giudizio, con riferimento alla data delle rispettive richieste con pec o con la notifica del ricorso introduttivo.
10. I primi otto motivi di ricorso possono essere esaminati congiuntamente per la loro connessione, in quanto tutti concernenti, sotto diversi profili e angolazioni, l'interpretazione dell'art. 7 della Direttiva CE 88/2003, operata dai giudici di merito alla luce della giurisprudenza in materia della Corte di Giustizia dell'Unione europea.
11. Essi non sono fondati.
12. Questa Corte ha in più occasioni affermato che la nozione di retribuzione da applicare durante il periodo di godimento delle ferie subisce la decisiva influenza dell'interpretazione data dalla Corte di Giustizia dell'Unione Europea, la quale ha precisato come l'espressione "ferie annuali retribuite" contenuta nell'art. 7, n. 1, della direttiva n. 88 del 2003 faccia riferimento al fatto che, per la durata delle ferie annuali, deve essere mantenuta la retribuzione che il lavoratore percepisce in via ordinaria (cfr. Cass. N. 18160/2023, con richiamo a CGUE 20.1.2009, C-350/06 e C- 520/06, Schultz-Hoff, nonché, con riguardo al personale navigante dipendente di compagnia aerea, Cass. n. 20216/2022).
13. I principi informatori di tale indirizzo giurisprudenziale sono nel senso di assicurare, a livello retributivo, una situazione sostanzialmente equiparabile a quella ordinaria del lavoratore nei periodi di lavoro, sul rilievo che una diminuzione della retribuzione può essere idonea a dissuadere il lavoratore dall'esercitare il diritto alle ferie, in contrasto con le prescrizioni del diritto dell'Unione (cfr. CGUE 15.9.2011, C-155/10, Williams; CGUE 13.12.2018, C-385/17, Torsten Hein).
14. In questo senso, si è precisato, nelle pronunce indicate, che qualsiasi incentivo o sollecitazione che risulti volto ad indurre i dipendenti a rinunciare alle ferie è incompatibile con gli obiettivi del legislatore europeo, che si propone di assicurare ai lavoratori il beneficio di un riposo effettivo, anche per un'efficace tutela della loro salute e sicurezza (cfr. in questo senso anche la recente CGUE 13.1.2022, C-514/20, DS c. Koch).
15. Conseguentemente, è stato ribadito che la retribuzione dovuta nel periodo di godimento delle ferie annuali, ai sensi dell'art. 7 della Direttiva 2003/88/CE, per come interpretata dalla Corte di Giustizia, comprende qualsiasi importo pecuniario che si pone in rapporto di collegamento all'esecuzione delle mansioni e che sia correlato allo status personale e professionale del lavoratore (Cass. n. 13425/2019, n. 37589/2021).
16. In applicazione di tali orientamenti e in applicazione di siffatta nozione europea di retribuzione, nell'ambito del personale navigante dipendente di compagnia aerea, è stato ritenuto rientrante nella retribuzione dovuta l'importo erogato a titolo di indennità di volo integrativa, ritenendo nel contempo la nullità della relativa disposizione del contratto collettivo nazionale (in quel caso l'art. 10 del CCNL Trasporto Aereo - sezione personale navigante tecnico) nella parte in cui escludeva nel periodo di ferie la voce stipendiale, in quel caso in violazione dell'art. 4 del D.Lgs.. n. 185/2005 (che attuava la direttiva 2000/79/CE relativa all'Accordo europeo sull'organizzazione dell'orario di lavoro del personale di volo dell'aviazione civile - Cass. n. 20216/2022).
17. Atteso che, per giurisprudenza consolidata di questa Corte, le sentenze della Corte di Giustizia UE hanno efficacia vincolante e diretta nell'ordinamento nazionale, i giudici di merito non possono prescindere dall'interpretazione data dalla Corte europea, che costituisce ulteriore fonte del diritto dell'Unione europea, non nel senso che esse creino ex novo norme UE, bensì in quanto ne indicano il significato ed i limiti di applicazione, con efficacia erga omnes nell'ambito dell'Unione (cfr. Cass. n. 13425/2019, n. 22577/2012).
18. Pertanto, a fronte della rivendicazione di voci non corrisposte nel periodo feriale, è necessario accertare il nesso intrinseco tra l'elemento retributivo e l'espletamento delle mansioni affidate e, quindi, se l'importo pecuniario si ponga in rapporto di collegamento funzionale con l'esecuzione delle mansioni e sia correlato allo status personale e professionale di quel lavoratore (cfr. Cass. n. 13425/2019 cit., così come, per il caso del mancato godimento delle ferie, Cass. n. 37589/2021).
19. Nella controversia in esame, vengono in discussione la cd. indennità di utilizzazione professionale (IUP), l'indennità per assenza dalla residenza, l'indennità di scorta vetture eccedenti, il premio scoperta irregolarità.
20. L'indennità di assenza dalla residenza, in quanto voce diretta a compensare il disagio dell'attività tipica del dipendente viaggiante derivante dal non avere un luogo fisso di lavoro, è stata già ritenuta da questa Corte come voce da includere nella retribuzione feriale, allorché si è esaminata analoga controversia che aveva come parte datoriale la società Trenord (tra le molte, Cass. nn. 2963, 2682, 2680, 2431, 1141/2024; nn.35578, 33803,33793, 33779, 19716, 19711, 19663, 18160/2023).
21. La corresponsione, in forma continuativa, di una simile indennità è immediatamente collegata alle mansioni tipiche dei dipendenti con mansioni di Capo Treno o Capo Servizio Treno, essendo destinata a compensare il disagio dell'attività derivante dal non avere una sede fissa di lavoro e dall'essere continuamente in movimento, lontano dalla sede formale di lavoro.
22. In base alla medesima ratio (collegamento funzionale con le mansioni tipiche) sono fondate le domande collegate alla parte variabile dell'indennità di utilizzazione professionale, in quanto voce ordinariamente corrisposta per i periodi di lavoro, la cui erogazione in misura ridotta nel periodo di ferie, in base a una verifica ex ante, è potenzialmente dissuasiva al godimento delle stesse, tenuto conto della continuatività dell'erogazione nel corso dell'anno e dell'incidenza sul trattamento economico mensile.
23. Sono ugualmente fondate le rivendicazioni relative all'indennità di scorta vetture eccedenti e al premio scoperta irregolarità, in quanto voci retributive di fatto continuative per tale personale mobile, correlate al disagio intrinseco della mansione.
24. Nell'interpretazione delle norme collettive che regolano gli istituti di cui è stata chiesta l'inclusione nella retribuzione feriale è necessario tenere conto della finalità della direttiva, recepita dal legislatore italiano, di assicurare un compenso che non possa costituire per il lavoratore un deterrente all'esercizio del suo diritto di fruire effettivamente del riposo annuale. Tale effetto deterrente può, infatti, realizzarsi qualora le voci che compongono la retribuzione nei giorni di ferie sono limitate a determinate voci, escludendo talune indennità di importo variabile (previste dalla contrattazione collettiva nazionale o aziendale) che sono comunque intrinsecamente collegate a compensare specifici disagi derivanti dalle mansioni normalmente esercitate.
25. La giurisprudenza UE ha, invero, chiarito che il lavoratore, in occasione della fruizione delle ferie, deve trovarsi in una situazione che, a livello retributivo, sia paragonabile ai periodi di lavoro; ciò in quanto il diritto di ogni lavoratore alle ferie annuali retribuite va considerato come un principio particolarmente importante del diritto sociale UE, al quale non si può derogare e la cui attuazione da parte delle autorità nazionali competenti può essere effettuata solo nei limiti esplicitamente indicati dalla stessa direttiva.
26 È stato affermato che "/a retribuzione delle ferie annuali deve essere calcolata, in linea di principio, in modo tale da coincidere con la retribuzione ordinaria del lavoratore" (sent. CGUE Williams cit., par 21); che '"l'ottenimento della retribuzione ordinaria durante il periodo di ferie annuali retribuite è volto a consentire al lavoratore di prendere effettivamente i giorni di ferie cui ha diritto", e che "quando la retribuzione versata a titolo del diritto alle ferie annuali retribuite previsto all'articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2003/88 (...) è inferiore alla retribuzione ordinaria ricevuta dal lavoratore durante i periodi di lavoro effettivo, lo stesso rischia di essere indotto a non prendere le sue ferie annuali retribuite, almeno non durante i periodi di lavoro effettivo, poiché ciò determinerebbe, durante tali periodi, una diminuzione della sua retribuzione" (sent. CGUE Torsten Hein cit., par 44); che il giudice nazionale è tenuto a interpretare la normativa nazionale in modo conforme all'articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2003/88, con la precisazione che "una siffatta interpretazione dovrebbe comportare che l'indennità per ferie retribuite versata ai lavoratori, a titolo delle ferie minime previste da tale disposizione, non sia inferiore alla media della retribuzione ordinaria percepita da questi ultimi durante i periodi di lavoro effettivo" (sent. CGUE Torsten Hein cit., par 52); che "occorre dichiarare che, sebbene la struttura della retribuzione ordinaria di un lavoratore di per sé ricada nelle disposizioni e prassi disciplinate dal diritto degli Stati membri, essa non può incidere sul diritto del lavoratore (...) di godere, nel corso del suo periodo di riposo e di distensione, di condizioni economiche paragonabili a quelle relative all'esercizio del suo lavoro" (sent. CGUE Williams cit., par 23), sicché "qualsiasi prassi o omissione da parte del datore di lavoro che abbia un effetto potenzialmente dissuasivo sulla fruizione delle ferie annuali da parte di un lavoratore è incompatibile con la finalità del diritto alle ferie annuali retribuite" (sent. CGUE Koch cit., par 41).
27. In tale prospettiva, osserva il Collegio che non può ritenersi che l'incidenza dell'effetto dissuasivo possa essere apprezzata raffrontando la differenza retributiva mensile con quella annuale, dal momento che, per il lavoratore dipendente, la possibile induzione economica alla rinuncia al proprio diritto alle ferie deriva dall'incidenza sulla retribuzione che ogni mese, e quindi anche in quello di ferie, egli può impegnare per garantire a sé o alla sua famiglia le ordinarie condizioni economiche di vita.
28. Deve perciò essere ribadito che la retribuzione dovuta nel periodo di godimento delle ferie annuali, ai sensi dell'art. 7 della Direttiva 2003/88/CE, per come interpretata dalla Corte di Giustizia, comprende qualsiasi importo pecuniario che si pone in rapporto di collegamento all'esecuzione delle mansioni e che sia correlato allo status personale e professionale del lavoratore (cfr. Cass. n. 13425/2019, n. 37589/2021).
29. A questi principi si è attenuta la Corte di merito che ha proceduto, correttamente, ad una verifica ex ante della potenzialità dissuasiva dell'eliminazione di voci economiche dalla retribuzione erogata durante le ferie al godimento delle stesse, senza trascurare di considerare la pertinenza di tali compensi rispetto alle mansioni proprie della qualifica rivestita; ha, poi, verificato che durante il periodo di godimento delle ferie al lavoratore non erano erogati dalla società compensi (indennità di scorte vetture eccedenti - art. 32 dei Contratti aziendali del 2012 e 2016; premio scoperta irregolarità - art. 36 dei Contratti aziendali del 2012 e 2016; indennità di assenza dalla residenza - art. 77, punto 1, CCNL Mobilità, Area Attività Ferroviarie del 20.0.2012 e del 16.12.2016; cd. IUP in misura intera - art. 31 tabella A e B dei rispettivi Contratti aziendali 2012 e 2016), calcolati sulla media dei compensi percepiti a tali titoli nei 12 mesi precedenti la fruizione delle ferie (detratto l'importo fisso giornaliero di Euro 4,50 già riconosciuto) connessi ad attività ordinariamente previste dai contratti collettivi nazionali e aziendali; ha accertato la continuatività della loro erogazione e l'incidenza non residuale sul trattamento economico mensile.
30. In conclusione, in concordanza all'interpretazione conforme alla citata giurisprudenza dell'Unione europea e di legittimità delle norme collettive che regolano gli istituti di cui è stata chiesta l'inclusione nella retribuzione feriale, i motivi in esame devono essere rigettati, perché la pronuncia impugnata si pone in linea con la finalità della direttiva, recepita dal legislatore italiano, di assicurare nel periodo feriale un compenso che non possa costituire per il lavorato un deterrente all'esercizio del suo diritto di fruire effettivamente del riposo annuale.
31. Il nono motivo non è fondato.
32. Questa Corte ha affermato, in ordine alla questione della decorrenza della prescrizione dei crediti maturati nel corso del rapporto di lavoro, che, per effetto delle modifiche apportate dalla legge n. 92/2012 e poi dal D.Lgs.. n. 23/2015, nel rapporto di lavoro a tempo indeterminato è venuto meno uno dei presupposti di predeterminazione certa delle fattispecie di risoluzione e di una loro tutela adeguata; conseguentemente, per tutti quei diritti che, come nella specie, non sono prescritti al momento di entrata in vigore della legge n. 92/2012, il termine di prescrizione decorre, a norma del combinato disposto degli artt. 2948, n. 4, e 2935 c.c., dalla cessazione del rapporto di lavoro (Cass. n. 26246/2022).
33. Il Collegio intende dare continuità ai principi espressi con la sentenza n. 26246/2022, confermati in numerosi provvedimenti successivi (v., tra le molte, Cass. n. 4321/2023, n. 4186/2023, n. 29831/2022, n. 30957/2022, n. 30958/2022).
34. Il rapporto di lavoro a tempo indeterminato, come modulato per effetto della legge n. 92 del 2012 e del D.L.gs n. 23 del 2015, mancando dei presupposti di predeterminazione certa delle fattispecie di risoluzione e di una loro tutela adeguata, non è più, di regola, assistito da un regime di stabilità reale, sicché, per tutti quei diritti che non siano prescritti al momento di entrata in vigore della legge n. 92 del 2012, il termine di prescrizione decorre, a norma del combinato disposto degli artt. 2948, n. 4, e 2935 c.c., dalla cessazione del rapporto di lavoro.
35. Il principio è stato affermato a seguito della ricostruzione del quadro normativo sviluppatosi con l'entrata in vigore della legge n. 92/2012 e del D.Lgs. n. 23/2015 e del rilievo che, in ragione delle predette riforme, l'individuazione del regime di stabilità sopravviene solo a seguito di una qualificazione definitiva del rapporto per attribuzione del giudice, e, quindi, solo all'esito di un accertamento in giudizio, ex post.
36. Invero, la varietà delle ipotesi di tutela contemplate nel rinnovato art. 18 legge n. 300/1970 e la concreta possibilità che le stesse non necessariamente garantiscano il ripristino del rapporto di lavoro in caso di illegittimo recesso, evidenzia come il regime di stabilità del rapporto, in precedenza assicurato, sia venuto meno nella sua integralità; a tale evidente rinnovata situazione deve quindi conseguire che la prescrizione dei crediti del lavoratore decorre, in assenza di un regime di stabilità reale, dalla cessazione del rapporto di lavoro e rimane sospesa in costanza dello stesso.
37. In conclusione, il ricorso va rigettato.
38. Le spese di lite seguono il criterio della soccombenza dettato dall'art. 91 c.p.c. e sono da distrarsi a favore dell'avv. Cristian Ferrari che ha dichiarato di averle anticipate.
39. Sussistono le condizioni processuali di cui all'art. 13, comma 1 quater, D.P.R. 115 del 2002;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio che liquida in Euro 4.500,00 per compensi professionali, Euro 200,00 per esborsi, 15% per spese forfettarie oltre accessori dovuti per legge, da distrarsi.
Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell'art.13 comma 1 bis del citato D.P.R., se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 5 marzo 2024.
Depositato in Cancelleria il 20 maggio 2024.