Cassazione Penale, Sez. 4, 27 maggio 2024, n. 20771 - Folgorazione durante lo spostamento del trabattello. L'eventuale responsabilità del committente non fa evidentemente venire meno la responsabilità dell'appaltatore
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta da:
Dott. PICCIALLI Patrizia - Presidente
Dott. PEZZELLA Vincenzo - Giudice
Dott. RANALDI Alessandro - Giudice
Dott. CENCI Daniele - Giudice
Dott. MARI Attilio - Relatore
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
A.A. nato a P. (...)
avverso la sentenza del 29/04/2022 della CORTE APPELLO di FIRENZE
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere ATTILIO MARI;
lette le conclusioni del PG, che ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso; lette le conclusioni delle costituite parti civili, che hanno chiesto di dichiarare inammissibile o comunque di rigettare il ricorso.
Fatto
1. Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte d'appello di Firenze ha confermato la sentenza emessa il 30/09/2020 dal Tribunale di Pisa nei confronti di A.A., imputato del reato previsto dall'art. 589, commi 1 e 2, cod. pen. e con la quale lo stesso era stato condannato alla pena di anni due di reclusione, con concessione del beneficio della sospensione condizionale oltre che al risarcimento del danno nei confronti della costituita parte civile, con riconoscimento di una provvisionale immediatamente esecutiva.
Era stato contestato all'imputato di avere, quale titolare della B.B. Snc di A.A. & C. C.C. Srl, colposamente cagionato la morte del dipendente D.D., deceduto a causa di folgorazione; colpa consistita in negligenza, imprudenza e imperizia nonché nella violazione degli artt. 71, comma 4 e 83 del D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81; segnatamente procedendo, unitamente alla persona offesa e ad altro dipendente, a spostare un trabattello altro 10 metri, al fine di sostituire due lampade dell'impianto di illuminazione del campo sportivo di S., senza procedere, prima di effettuare lo spostamento, a ridurre l'altezza fino a un massimo di tre campate (4 metri) come prescritto dal libretto di istruzioni e senza mantenersi a distanza di almeno cinque metri dai cavi elettrici e omettendo altresì di adottare disposizioni idonee a proteggere i lavoratori dai rischi derivanti dalla linea elettrica di media tensione che attraversava la parte terminale del campo sportivo; conseguendone che, durante le operazioni di spostamento del trabattello, lo stesso era andato a urtare la predetta linea elettrica provocando la scarica che aveva causato il decesso del D.D..
2. La Corte territoriale ha previamente esposto la ricostruzione del fatto operata da parte del Tribunale; esponendo che, sulla base delle risultanze istruttorie, in data 22/05/2014 l'imputato aveva trasportato e montato sul campo sportivo S., ubicato in località L. (frazione di P.) un trabattello di altezza pari a dieci metri, costituito da un telaio su ruote avente altezza di 40 cm e otto elementi di un metro ciascuno, fornito da una ditta edile; che, occorrendo spostare la struttura, il A.A. e il D.D. si erano portati sul campo per rimuoverla e, poiché lo spostamento provocava oscillazioni, l'imputato aveva chiesto al collaboratore E.E. di afferrare la corda legata alla sommità della struttura al fine di ridurre le oscillazioni; che, nell'afferrare la corda, il E.E. aveva avvertito una lieve scossa alle mani e aveva quindi visto il D.D. e il A.A. accasciarsi a terra a causa di una scossa elettrica.
La Corte ha quindi esposto che gli accertamenti compiuti dall'ufficio prevenzione della ASL avevano permesso di evidenziare profili di colpa in capo al A.A., quale datore di lavoro del D.D., con specifico riferimento all'art.71 del D.Lgs. n. 81/2008, per non avere seguito le istruzioni sullo spostamento del trabattello ove, tra l'altro, era raccomandato di tenere la struttura ad almeno cinque metri dai cavi elettrici; nonché in riferimento all'art. 83 del D.Lgs. n. 81/2008, che fa divieto di eseguire lavori non elettrici in vicinanza di linee elettriche o di impianti elettrici con parti attive non coperte; ha esposto quindi che il Tribunale aveva ritenuto sussistenti i predetti profili di colpa specifica e che aveva escluso che la condotta del lavoratore dovesse considerarsi abnorme rispetto al procedimento lavorativo in corso di esecuzione.
Il giudice dell'appello ha quindi ritenuto infondato il primo motivo di impugnazione, avente a oggetto la legittimazione sostanziale della parte civile; atteso che la relativa costituzione era ritualmente avvenuta in sede di udienza preliminare, mentre - quanto alla rappresentanza del figlio minore - non doveva ritenersi necessaria alcuna autorizzazione da parte del giudice tutelare.
Ha altresì ritenuto infondato il motivo riguardante il dedotto difetto di responsabilità in riferimento specifico alla posizione del committente; la cui eventuale corresponsabilità non avrebbe comunque fatto venire meno quella dell'appaltatore dei lavori; rilevando come non fosse necessaria alcuna informazione supplementare in ordine alla presenza delle linee elettriche, in quanto la stessa era da ritenersi evidente; ha, infine, ritenuto infondato il motivo riguardante la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, sia per il grado della colpa e sia per la mancanza di resipiscenza mostrata dall'imputato.
3. Avverso la predetta sentenza ha presentato ricorso per cassazione A.A., tramite i propri difensori, articolando tre motivi di impugnazione.
Con il primo motivo ha dedotto l'errata applicazione della legge penale in riferimento agli artt. 77, 79, 90, 484 e 491 cod. proc. pen., in punto di mancata esclusione della parte civile e in riferimento alla relativa richiesta già presentata all'udienza del 14/09/2018.
Sul punto ha dedotto che la questione - essendo la costituzione di parte civile avvenuta in sede di udienza preliminare - poteva essere sollevata, come avvenuto nel caso di specie, sino al momento antecedente all'apertura del dibattimento; ha quindi dedotto che i vizi attinenti all'originaria costituzione non potevano essere sanati per effetto della documentazione prodotta dalla stessa parte civile nel corso del dibattimento; esponendo, comunque, che tale documentazione non attestava il suo status di coniuge della persona offesa né la sua legittimazione a rappresentare il figlio minore, in ordine al quale non vi era documentazione attestante la qualità di erede e né l'autorizzazione del giudice tutelare.
Con il secondo motivo ha dedotto l'errata applicazione dell'art.589 cod. pen. in ordine ai profili di responsabilità e la contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, in relazione all'art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen..
Ha dedotto che i giudici di merito avrebbero omesso di collocare la vicenda in esame nel quadro di un contratto di appalto tra la parrocchia titolare del campo sportivo e la ditta dell'imputato, pur non essendo lo stesso stato consacrato in forma scritta; assumendo che l'appaltatore non avesse nessuna competenza nei lavori elettrici e non potesse quindi individuare la situazione di pericolo con conseguente culpa in eligendo in capo al committente.
Con il terzo motivo ha dedotto l'errata applicazione dell'art.62bis cod. pen. e la contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, in relazione all'art.606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen..
Ha dedotto che il diniego delle circostanze attenuanti generiche sarebbe stato fondato sul solo grado della colpa, elemento in realtà non esattamente valutato da parte dei giudici di merito e che il grado marginale della stessa e le conseguenze subite dallo stesso imputato nell'ambito dell'evento - unite alla valutazione delle condizioni generali e dello stato di incensuratezza oltre che del comportamento processuale - avrebbero dovuto far propendere per la concessione delle attenuanti generiche.
4. Il Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta, nella quale ha concluso per la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.
Le costituite parti civili hanno fatto pervenire le proprie conclusioni, nelle quali hanno chiesto di dichiarare inammissibile o comunque di rigettare il ricorso.
Diritto
1. Il ricorso è inammissibile.
2. Va premesso che, vertendosi - in punto di valutazione di responsabilità dell'imputato - in una fattispecie di c.d. doppia conforme, le due decisioni di merito vanno lette congiuntamente, integrandosi le stesse a vicenda, secondo il tradizionale insegnamento della Suprema Corte; tanto in base al principio per cui "Il giudice di legittimità, ai fini della valutazione della congruità della motivazione del provvedimento impugnato, deve fare riferimento alle sentenze di primo e secondo grado, le quali si integrano a vicenda confluendo in un risultato organico ed inscindibile" (Sez. 2, n. 11220 del 13/11/1997, Ambrosino, Rv. 209145; in conformità, tra le numerose altre, Sez. 6, n. 11878 del 20/01/2003, Vigevano, Rv. 224079; Sez. 6, n. 23248 del 07/02/2003, Zanotti, Rv. 225671; Sez. 5, n. 14022 del 12/01/2016, Genitore, Rv. 266617).
3. Il primo motivo è inammissibile, in quanto - da un lato - evidentemente aspecifico e, sotto altro profilo, manifestamente infondato.
Va premesso che - essendo, nel caso di specie, la costituzione di parte civile stata formalizzata in sede di udienza preliminare - la richiesta di esclusione della stessa poteva essere proposta dall'imputato, a pena di decadenza, fino al momento degli accertamenti relativi alla costituzione delle parti nel dibattimento (Sez. U, n. 12 del 19/05/1999, Pediconi, Rv. 213859), come avvenuto nel caso di specie.
Ciò posto, va rilevato che la costituzione di parte civile è stata operata da parte di F.F., nella propria qualità di coniuge della persona offesa e di esercente la responsabilità genitoriale sul figlio minore, per i danni subiti sia iure proprio e sia iure hereditatis.
Va quindi rilevato che le deduzioni inerenti alla mancata sussistenza delle condizioni formali per la costituzione della coniuge del defunto quale parte civile risultano del tutto generiche, non avendo il ricorrente allegato alcun profilo di fatto suscettibile di essere valutato in relazione al disposto dell'art.78 cod. proc. pen., con conseguente ed evidente aspecificità - in tale parte - del motivo di impugnazione.
Quanto alla legittimazione sostanziale del figlio minore, le deduzioni del ricorrente sono manifestamente infondate.
Va infatti premesso che il suddetto discendente ricopre - sulla base delle disposizioni sostanziali civilistiche (artt.536 e ss., cod. civ.) - la qualità di erede legittimo del de cuius, con la conseguenza che non era richiesto (in sede di costituzione di parte civile e in riferimento al disposto del richiamato art. 78 cod. proc. pen.) alcun onere documentale inerente all'accettazione dell'eredità; ricordando sul punto che sussiste il diritto degli eredi legittimi della persona offesa dal reato alla costituzione di parte civile preordinata ad ottenere il risarcimento dei danni patrimoniali e morali richiesti iure hereditatis, in quanto nel patrimonio del de cuius rientrano anche i diritti patrimoniali scaturenti dai danni provocati dal reato e i danni morali, quantificabili in somme di denaro, per le sofferenze morali patite dalla defunta parte lesa per i reati commessi in suo danno dall'imputato (Sez. 5, n. 29729 del 04/05/2010, Santini, Rv. 248259).
Quanto, altresì, alla legitimatio ad causam dell'esercente la responsabilità genitoriale e in relazione alla specifica deduzione del ricorrente, va richiamato il consolidato principio in base al quale la costituzione di parte civile da parte di un minore, avvenuta a mezzo dell'esercente la responsabilità genitoriale, non richiede l'autorizzazione del giudice tutelare, in quanto si tratta di un atto non eccedente l'ordinaria amministrazione (Sez. 6, n. 40719 del 01/10/2007, Endrizzi, Rv. 237962; Sez. 6, n. 18266 del 18/03/2014, R., Rv. 261694).
4. Il secondo motivo di ricorso è inammissibile in quanto del tutto aspecifico.
Parte ricorrente, nella relativa esposizione, ha difatti evocato eventuali profili di corresponsabilità in capo al committente dei lavori, asseritamente derivanti da una culpa in eligendo in ordine alla scelta dell'appaltatore.
Va peraltro evidenziato che l'eventuale responsabilità del committente - in relazione agli 26 e 90 del D.Lgs. n.81/2008 - non fa evidentemente venire meno la responsabilità dell'appaltatore, in relazione al complesso degli obblighi inerenti alla posizione di datore di lavoro (Sez. 4, n. 3563 del 18/01/2012, Marangio, Rv. 252672); ciò in quanto i doveri relativi alla sicurezza dei lavoratori gravanti sul committente non elidono la posizione di garanzia comunque riconducibile al datore di lavoro, quale primo destinatario della stessa nei confronti dei propri dipendenti, allorquando, anche a fronte di competenze altrui, egli destini gli stessi a mansioni oggettivamente pericolose in ragione del generale contesto in cui esse sì svolgono (Sez. 3, n. 23140 del 26/03/2019, Visconti, Rv. 276755 - 02).
Il motivo di ricorso si risolve quindi in una valutazione in ordine alla sussistenza di profili di responsabilità del committente obbligato in relazione al dedotto obbligo di verifica dell'idoneità tecnico - professionale dell'impresa appaltatrice, ma senza alcuna deduzione inerente alla sussistenza della responsabilità del datore di lavoro in ordine alla violazione delle disposizioni richiamate in sede di capo di imputazione; da qui l'evidente carenza di specificità della doglianza.
5. Il motivo inerente alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche è manifestamente infondato.
A tale proposito va ricordato che il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche può essere legittimamente motivato dal giudice con l'assenza di elementi o circostanze di segno positivo, a maggior ragione dopo la riforma dell'art. 62bis cod. pen., disposta con il d.l. 23 maggio 2008, n. 92, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 125, per effetto della quale, ai fini della concessione della diminuente, non è più sufficiente il solo stato di incensuratezza dell'imputato (Sez. 1, n. 39566 del 16/02/2017, Starace, Rv. 270986; Sez. 4, n. 32872 del 08/06/2022, Guarnieri, Rv. 283489); mentre, sul punto, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione è insindacabile in sede di legittimità, purché sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell'art. 133 cod. pen., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell'esclusione (Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Pettinelli, Rv. 271269; Sez. 2, Sentenza n. 23903 del 15/07/2020, Marigliano, Rv. 279549, che ha specificato che al fine di ritenere o escludere le circostanze attenuanti generiche il giudice può limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall'art. 133 cod. pen., quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio, sicché anche un solo elemento attinente alla personalità del colpevole o all'entità del reato ed alle modalità di esecuzione di esso può risultare all'uopo sufficiente); tutto ciò fermo restando che - come riconosciuto nella sentenza di annullamento con rinvio - è illegittima la motivazione della sentenza d'appello che, nel confermare, il giudizio di insussistenza delle circostanze attenuanti generiche, si limiti a condividere il presupposto dell'adeguatezza della pena in concreto inflitta, omettendo ogni apprezzamento sulla sussistenza e rilevanza dei fattori attenuanti specificamente indicati nei motivi d'impugnazione (Sez. 6, n. 46514 del 23/10/2009, Tisci, Rv. 245336; Sez. 6, n. 20023 del 30/01/2014, Gligora, Rv. 259762).
Sul punto la Corte territoriale ha escluso l'applicabilità delle circostanze sulla scorta del particolare grado della colpa e della mancanza di una condotta resipiscente, in tale modo adeguatamente raffrontandosi alle deduzioni spiegate nel motivo di appello; dovendo altresì la motivazione della Corte essere, sul punto, letta in combinato con quella del giudice di primo grado e che aveva specificamente fatto riferimento alla specifica e negativa valutazione del comportamento processuale tenuto dall'imputato.
6. Alla declaratoria d'inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali; ed inoltre, alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che "la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", il ricorrente va condannato al pagamento di una somma che si stima equo determinare in euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Nulla va provveduto in ordine alle spese sostenute dalle parti civili, essendosi le stesse limitate a depositare in atti le proprie conclusioni senza apportare alcun fattivo contributo alla dialettica del contraddittorio (tanto sulla base del principio espresso da Sez. 5, n. 1144 del 07/11/2023, dep. 2024, D., Rv. 285598).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. Nulla sulle spese alla parte civile.
Così deciso il 16 maggio 2024.
Depositata in Cancelleria il 27 maggio 2024.
