Cassazione Penale, Sez. 4, 29 maggio 2024, n. 21031 -  Rischio di kick back e infortunio con l'utilizzo della motosega. L'adempimento degli obblighi formativi non è surrogabile dal personale bagaglio di conoscenza del lavoratore




REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIAMPI Francesco Maria - Presidente

Dott. VIGNALE Lucia - Consigliere

Dott. SERRAO Eugenia - Consigliere-Rel.

Dott. RANALDI Alessandro - Consigliere

Dott. ANTEZZA Fabio - Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA
 


sul ricorso proposto da:

A.A. nato a P il (Omissis)

avverso la sentenza del 11 maggio 2023 della Corte Appello di Venezia

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Serrao Eugenia;

letta la requisitoria del Procuratore generale, che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso.

letta la memoria di replica del difensore, che ha concluso per l'accoglimento.

 

Fatto


1. La Corte di appello di Venezia, con la sentenza indicata in epigrafe, ha confermato la pronuncia con la quale il 20 aprile 2021 il Tribunale di Belluno aveva dichiarato A.A. responsabile del reato previsto dagli artt. 40, comma 2, e 590, commi 1, 2 e 3, cod. pen. per avere cagionato, nella sua qualità di procuratore speciale con delega per la sicurezza della ditta E.E. Wood Technology Srl, per colpa consistita in negligenza, imprudenza e imperizia nonché nella violazione della normativa antinfortunistica, lesioni personali al dipendente B.B. giudicate guaribili in 93 giorni.

1.1. In dettaglio, il dipendente della E.E. Wood si stava occupando, in A, Rifugio (Omissis), il 22 ottobre 2015 dell'operazione di taglio a misura di un pezzo di trave avente una sezione 16 x 16 e una lunghezza di circa 40 centimetri che, dopo aver posizionato a terra, teneva fermo col piede sinistro mentre con entrambe le mani impugnava la motosega STIHL MS 260 con la quale ne intaccava un'estremità quando improvvisamente la lama della motosega era rimbalzata verso di lui (cosiddetto kick back) colpendolo al viso e provocandogli le lesioni.

1.2. All'imputato si è contestato di aver omesso di assicurare che il lavoratore ricevesse una formazione sufficiente e adeguata in materia di salute e sicurezza in merito alle condizioni di impiego della motosega e alle situazioni anomale prevedibili, non risultando adottata alcuna precauzione per fissare il pezzo stabilmente e per evitare il rimbalzo, e nel non aver messo a disposizione dei lavoratori attrezzature conformi alla legislazione vigente e idonee ai fini della salute e della sicurezza, posto che il lavoratore non aveva a disposizione alcuna attrezzatura, ad esempio una morsa, per fissare il pezzo stabilmente nè attrezzature più adatte di una motosega, ad esempio una sega circolare o una sega a nastro, per effettuare l'operazione di taglio.

2. A.A. propone ricorso censurando la sentenza, con il primo motivo, per mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine al mancato assolvimento degli obblighi specifici formativi nonché in ordine alla sussistenza del nesso causale e inosservanza o errata applicazione degli artt. 40 e 590, commi 1, 2 e 3, cod. peno nonché 37, comma 1, e 73, comma 1, D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81. Secondo la difesa, il generico richiamo contenuto nella sentenza al "mancato assolvimento dell'obbligo formativo del lavoratore" rende la motivazione apparente. La Corte, si assume, ha omesso di valutare alcune peculiari circostanze, ossia il fatto che il lavoratore fosse stato assunto dalla ditta il 18 maggio 2015, poco prima dell'infortunio; che la parte offesa aveva affermato di aver lavorato per quindici anni in proprio costruendo baite e utilizzando la motosega otto ore al giorno per trecento giorni l'anno; che aveva precisato di aver sempre fatto il carpentiere e il falegname da circa trent'anni; che lo stesso lavoratore aveva dichiarato di usare la motosega da vent'anni in su e di non aver mai subito infortuni; che aveva affermato di conoscere il tipo di motosega in questione, utilizzando sempre la stessa tipologia e al 90% quel modello; che l'ispettore dello Spisal di B C.C. aveva accertato che il lavoratore, prima di essere assunto, aveva svolto corsi di formazione come responsabile del servizio di prevenzione, per l'antincendio e primo soccorso e per il montaggio dei ponteggi, mentre per l'uso della motosega non è previsto un corso specifico come per altri tipi di attrezzature, rientrando nella formazione generale; che il medesimo teste aveva precisato come nel piano operativo di sicurezza presente in cantiere vi fosse un paragrafo che trattava proprio della motosega tra le varie attrezzature, elencando i dispositivi di protezione individuale a disposizione, come il casco con visiera oppure occhiali, braghe anti taglio, scarpe antinfortunistiche, e che prendeva in considerazione anche il rischio di kick back o rimbalzo trattandosi di rischio molto conosciuto che viene trattato anche dalle linee guida dell'Inail, della Regione e così via. La difesa sostiene, pertanto, che nel caso concreto non vi fossero i presupposti per affermare la condotta omissiva del datore di lavoro, posto che l'ispettore del lavoro aveva dichiarato che B.B. avesse ricevuto un'adeguata formazione in materia di sicurezza prima della sua assunzione cosicché, visto anche il brevissimo lasso di tempo trascorso tra l'assunzione e l'infortunio, si sarebbe dovuto ritenere che non vi fosse alcun obbligo formativo ulteriore da parte di un'impresa di cui è stata dimostrata l'assoluta diligenza nell'organizzazione dei corsi di sicurezza dei propri dipendenti (deposizione D.D.). Nel piano operativo di sicurezza vi era un paragrafo che trattava della motosega, per la quale non è previsto un corso specifico, così che non sarebbe stato possibile comprendere quale altra formazione dovesse essere impartita al lavoratore e quale colpa specifica potesse essere addebitata all'imputato. In ogni caso, si assume, mancherebbe il nesso causale tra la pretesa "generica formazione" e l'evento lesivo in quanto la sentenza non contiene alcuna motivazione in merito alle ragioni per le quali la cosiddetta generica formazione avrebbe evitato l'evento, essendo al contrario del tutto plausibile la conclusione opposta. Con il secondo motivo deduce inosservanza o errata applicazione degli artt. 71, comma 1, D.Lgs. n. 81/2018 e 530, comma 2, cod. proc. pen. nonché mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione e travisamento della prova relativa all'assenza di una circolare e di attrezzature Idonee alla lavorazione dei piccoli pezzi. La valutazione della Corte, secondo la quale la mancanza di un attrezzo idoneo o di un ulteriore attrezzo e di attrezzature atte a bloccare in sicurezza il pezzo da tagliare avrebbe costretto il lavoratore alla manovra pericolosa, è fondata su una incompleta valutazione del materiale probatorio, posto che il teste B.B. aveva confermato la presenza in cantiere di una sega circolare, così sussistendo il vizio di travisamento della prova relativa alla presenza di attrezzature idonee alla lavorazione di piccoli pezzi; la motivazione è altresì errata quanto alla contestata assenza di altri dispositivi più adatti rispetto alla motosega utilizza bili per il taglio della trave poiché l'ispettore del lavoro non ha confermato l'assenza di attrezzature idonee in loco, conseguendone anche sotto tale profilo il travisamento della prova.

3. Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha concluso per l'inammissibilità del ricorso.

4. Il difensore del ricorrente ha depositato conclusioni scritte, insistendo per l'accoglimento dei motivi di ricorso.

 

Diritto


1. La consistenza dei motivi di censura non può essere apprezzata se non confrontando le motivazioni delle sentenze dei due gradi di merito che, in quanto conformi, si integrano tra loro.

2. Con riguardo al primo motivo di ricorso, la motivazione espressa dai giudici di merito non può considerarsi apparente ed è conforme all'interpretazione sposata dalla giurisprudenza di legittimità in merito ai presupposti sui quali si fonda l'obbligo di formazione dei lavoratori quale regola antinfortunistica. Si tratta di censura manifestamente infondata.

2.1. Il giudice di primo grado, in merito alla formazione del lavoratore, ha sottolineato come, per quanto i testi introdotti dalla difesa dell'imputato avessero riferito di corsi di formazione organizzati dalla società, a tali corsi il B.B. non avesse partecipato, ritenendo provato che il lavoratore non avesse ricevuto dal datore di lavoro alcuna formazione e che l'esperienza e la formazione già maturate e acquisite non fossero idonee a sostituire gli adempimenti formativi gravanti sul datore di lavoro.

2.2. In replica a censura identica a quella formulata con il primo motivo di ricorso, la Corte territoriale ha condiviso la valutazione delle emergenze probatorie formulata dal giudice di primo grado anche perché conforme alla giurisprudenza di legittimità secondo la quale l'adempimento degli obblighi formativi non è surrogabile dal personale bagaglio di conoscenza del lavoratore, spiegando in concreto, con motivazione esente da vizi, in punto di nesso di causa che una formazione ulteriore, anche generica, avrebbe acuito e favorito l'attenzione e la maggiore consapevolezza in capo al lavoratore dei rischi propri dell'utilizzo di quello specifico strumento, evitando l'eccesso di confidenza con l'attrezzo e la conseguente imprudenza.

2.3. L'assunto secondo il quale, avendo il lavoratore seguito altrove corsi di formazione poco tempo prima dell'assunzione non fosse necessario formarlo ulteriormente, sostiene il giudizio espresso dalla Corte territoriale circa la condotta colposa del datore, piuttosto che confutarlo. L'attività di formazione del lavoratore, alla quale è tenuto il datore di lavoro, deve necessariamente precedere l'adibizione del lavoratore alle mansioni per le quali è stato assunto, non può essere esclusa dal personale bagaglio di conoscenza del lavoratore, né dal travaso di conoscenza che comunemente si realizza nella collaborazione tra lavoratori, anche posti in relazione gerarchica tra di loro. L'apprendimento insorgente da fatto del lavoratore medesimo e la socializzazione delle esperienze e della prassi di lavoro non si identificano e tanto meno valgono a surrogare le attività di informazione e di formazione previste dalla legge (Sez. 4, n. 8163 del 13/02/2020, Lena, Rv. 278603 - 01; Sez. A, n.21242 del 12/02/2014, Nogherot, Rv. 25921901).

3. Per quanto riguarda l'assenza in cantiere di altra attrezzatura idonea e adeguata per l'operazione di taglio ovvero di attrezzo idoneo a fissare il pezzo, come ad esempio una morsa, il ricorrente si duole del travisamento della deposizione dell'ispettore del lavoro, che non costituirebbe pertanto prova di tale addebito.

3.1. Il Tribunale ha, in primo luogo, sottolineato come tale circostanza non fosse stata smentita dalla difesa e come il fatto che la decisione di utilizzare la motosega fosse stata assunta in totale autonomia dal lavoratore non fosse sufficiente a escludere il nesso di causalità con le omissioni contestate al datore, trattandosi di adempimenti diretti ad arginare e superare l'imprudenza del dipendente; imprudenza più frequente nei lavoratori con esperienza.

3.2. Tale punto della decisione di primo grado, pur risultando specificamente attinto dall'atto di appello mediante richiamo a quanto dichiarato dall'ispettore del lavoro C.C. in merito al dubbio se esistessero o meno in loco morsetti o altro strumento per fermare la trave, ha formato oggetto di disamina da parte della Corte territoriale, che si è soffermata sull'inidoneità della motosega a disposizione del lavoratore per la lavorazione di piccoli pezzi quale elemento dirimente in rapporto al fenomeno di rimbalzo che si rischia di attivare utilizzando l'attrezzo "di punta".

3.3. La Corte di appello, che ha fatto riferimento a quanto dichiarato dal lavoratore infortunato all'udienza del 24 settembre 2019, ha ritenuto sufficiente a sostenere il giudizio di responsabilità la circostanza che il B.B. non avesse avuto in uso una sega circolare.

3.4. Va precisato ulteriormente che, qualora l'addebito di responsabilità si fondi su plurimi elementi di prova, il motivo di impugnazione deve illustrare, a pena di inammissibilità per aspecificità, l'incidenza dell'eventuale eliminazione del predetto elemento ai fini della cosiddetta "prova di resistenza", in quanto gli elementi di prova acquisiti illegittimamente diventano irrilevanti e ininfluenti se, nonostante la loro espunzione, le residue risultanze risultino sufficienti a giustificare l'identico convincimento (Sez. 2, n.7986 del 18/11/2016, dep.2017, La Gumina, Rv. 269218 - 01).

4. Alla declaratoria d'inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali; ed inoltre, alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che "la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", il ricorrente va condannato al pagamento di una somma che si stima equo determinare in Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
 


P.Q.M.
 

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 13 marzo 2024.

Depositata in Cancelleria il 29 maggio 2024.