Cassazione Penale, Sez. 4, 28 maggio 2024, n. 20798 - Nolo a caldo. Ribaltamento del ponteggio mobile e caduta mortale. Mancato adempimento degli obblighi di aggiornare il POS e degli obblighi informativi
- Datore di Lavoro
- Dirigente e Preposto
- Informazione, Formazione, Addestramento
- Piano operativo di sicurezza
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta da:
Dott. DOVERE Salvatore - Presidente
Dott. BELLINI Ugo - Consigliere
Dott. MICCICHE' Loredana - Relatore
Dott. DAWAN Daniela - Consigliere
Dott. CIRESE Marina - Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
A.A. nato a V. il (Omissis)
B.B. nato a R. il (Omissis)
avverso la sentenza del 28/02/2023 della CORTE APPELLO di CATANIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere LOREDANA MICCICHE';
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore SABRINA PASSAFIUME che ha concluso chiedendo il rigetto per A.A. e l'accoglimento per B.B.
Fatto
1.La Corte di Appello di Catania, con sentenza del 28 febbraio 2023, in parziale riforma della sentenza appellata, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di A.A. per i reati di cui ai capi B), C) e D) dell'imputazione e nei confronti di B.B. per il reato di cui al capo F), tutte fattispecie contravvenzionali estinte per prescrizione (contravvenzioni di cui al D.Lgs. n.81/2008), confermando nel resto la decisione del G.U.P. del Tribunale di Ragusa il quale aveva riconosciuto i due imputati colpevoli del reato di cui all'art. 589, comma 2, cod. pen. poiché, per negligenza, imperizia e violazione delle norme in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, causavano la morte di C.C.
2. Al A.A., in qualità di legale rappresentante della ditta "Val.Cil Srl" e datore di lavoro della persona offesa, era stato contestato di non aver valutato adeguatamente nel P.O.S i rischi connessi al montaggio di un ponteggio mobile, di non aver istruito i dipendenti circa i rischi connessi all'utilizzo del predetto strumento, nonché di non aver vigilato sull'uso dei dispositivi di sicurezza da parte degli stessi.
2.1. Al B.B., in qualità di preposto alla sicurezza per conto della società "Climber s.r.l" , dalla quale la Val. Cil. Srl aveva noleggiato il ponteggio, e di unico operaio specializzato nel montaggio dello stesso, veniva contestato di non aver osservato le disposizioni di sicurezza contenute nel P.O.S della ditta di cui era dipendente, di aver negligentemente abbandonato il pannello di comando del ponteggio e di non aver vigilato sull'utilizzo del casco da parte della persona offesa.
3.1 fatti sono stati ricostruiti dai giudici di merito nei termini che seguono. Nella mattina del (Omissis), il C.C., dipendente della Val-Cil Srl addetto alle operazioni di montaggio del ponteggio auto sollevante di proprietà della Climber Srl, si apprestava, insieme a B.B., a montare il traliccio dopo aver smontato il ponteggio. I due operai incontravano un impedimento nel fissare il traliccio al muro, data la presenza di ferri stendì-biancheria. Mentre il C.C. era intento a posizionare un segmento di traliccio sulla base di quelli già fissati e il B.B. si preoccupava di rimuovere manualmente gli ostacoli, lasciando incustodita la pulsantiera di comando del ponteggio, la piattaforma si ribaltava, determinando la caduta del ponteggio sul quale si trovava il C.C. che decedeva sul colpo.
3.2. Avverso la sentenza del primo giudice hanno proposto tempestivo appello gli imputati. A.A. chiedeva l'assoluzione perché il fatto non sussiste o non costituisce reato; in subordine, la prevalenza delle circostanze attenucinti generiche sulla contestata aggravante e la rideterminazione della pena. I difensori dell'imputato ritenevano non provato il nesso causale tra la condotta, consistente nella contestata violazione delle norme cautelari in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, e l'evento.
Il B.B. chiedeva che venissero dichiarate inutilizzabili le sue dichiarazioni rese in sede di s.i.t. per violazione delle garanzie previste dall'art. 63 cod. proc. pen. e l'assoluzione perché il fatto non sussiste o per non aver commesso il fatto, contestando, in particolare, di rivestire una posizione di garanzia.
4.La Corte d'Appello confermava la responsabilità di entrambi gli imputati per il reato di cui all'art. 589, comma 2, cod. pen.
4. Relativamente alla posizione del A.A., datore di lavoro, la Corte ribadiva il giudizio di penale responsabilità in quanto il A.A. era titolare degli obblighi di valutazione dei rischi nell'utilizzo del ponteggio, di adozione delle misure precauzionali nonché di formazione dei lavoratori alle sue dipendenze.
4.2. Quanto al B.B., la Corte territoriale disattendeva la censura di inutilizzabilità delle dichiarazioni e confermava il giudizio del primo giudice considerando che il predetto B.B., unico soggetto legittimato a manovrare il macchinario, non avrebbe dovuto consentire al C.C. di manovrarlo a sua volta. Così facendo, egli non aveva ottemperato al suo obbligo di vigilanza ed aveva imprudentemente abbandonato la propria postazione di lavoro al fine di rimuovere ostacoli che avrebbero dovuto essere preventivamente rimossi per la realizzazione del ponteggio.
5.Avverso detta sentenza hanno proposto ricorso entrambi gli imputati, a mezzo dei rispettivi difensori, articolando plurimi profili di doglianza.
5.1 A.A. lamenta, con il primo motivo, violazione di legge e vizio di motivazione per mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della stessa ex art. 606, lett. b) e lett. e), cod. proc. pen. in relazione all'accertamento degli elementi costitutivi del reato e della cooperazione colposa dell'imputato nella causazione dello stesso, con particolare riferimento alla sussistenza della causa dell'evento e dell'efficacia eziologica della condotta dell'imputato nella sua verificazione. La Corte di appello, condividendo l'iter argomentativo del Giudice di prime cure, aveva basato la sua decisione solo su alcune delle prove acquisite, omettendo di considerare globalmente l'impianto probatorio agli atti. La responsabilità a titolo di colpa era stata attribuita all'imputato facendo riferimento alla posizione di garanzia da egli rivestita e alla violazione delle norme cautelari al cui rispetto egli era tenuto, senza accertare la sussistenza di un nesso di causalità tra condotta contestata ed evento, anche nei termini di una sua evitabilità. Il provvedimento impugnato incorreva in un travisamento della prova includendo il riferimento a circostanze non accertate, ma meramente ipotizzate dagli agenti dello Spre.Sal. L'incertezza sulla dinamica dei fatti unitamente alla condotta abnorme della persona offesa dovevano condurre all'esclusione della responsabilità del A.A.
5.2. Con un secondo motivo di ricorso si fa valere violazione di legge e vizio di motivazione ex art. 606, lett. b) e lett. e), cod. proc. pen. in relazione alla ritenuta violazione di norme cautelari idonee ad evitare l'evento. La Conte territoriale aveva omesso di dimostrare in che modo il rispetto delle regole cautelari, la cui violazione peraltro non era stata dimostrata, sarebbe stato determinante ai fini dell'evitabilità del rischio. Invero, già nei motivi di appello si rilevava che la mancanza nel P.O.S. della "Val.Cil. s.r.l" dell'indicazione del rischio connesso al montaggio di ponteggi mobili fosse dovuta al fatto che la decisione di utilizzare un tale strumento era posteriore rispetto alla sua redazione. Peraltro, detto rischio era evidenziato all'interno del P.O.S. della società con cui A.A. aveva stipulato il contratto di nolo del ponteggio, desumendo da ciò la superfluità di un aggiornamento del P.O.S della "Val.Cil. s.r.l". Parimenti irrilevanti erano i rilievi relativi alla mancanza in cantiere del libretto d'uso e di manutenzione del ponteggio e all'assenza di vigilanza sull'effettivo utilizzo dei dispositivi di sicurezza, posto che l'evento non si era verificato per un malfunzionamento del ponteggio e che tali dispositivi erano a disposizione dei lavoratori; inoltre, non era stato provato né che l'uso del casco o della cintura di sicurezza sarebbe stato sufficiente a evitare l'evento né tantomeno l'assenza di formazione della vittima sui rischi connessi alla mansione assegnatagli.
5.3. Con il terzo motivo, lamenta violazione di legge e vizio di motivazione ex art. 606, lett. b) e lett. e), cod. proc. pen. in relazione alla dimostrazione della prevedibilità ed evitabilità dell'evento da parte dell'imputato, Il provvedimento impugnato ometteva di illustrare le ragioni in base alle quali il rispetto delle regole violate sarebbe stato idoneo a impedire l'evento nonché quale sarebbe stato nello specifico il comportamento alternativo lecito, elementi essenziali ai fini dell'attribuzione di una responsabilità a titolo di colpa. Non risultava dimostrato in che modo A.A. avrebbe potuto prevedere che l'operaio avesse svolto delle mansioni sottraendosi al controllo di B.B. Inoltre, la pronuncia impugnata incorreva in vizio di travisamento della prova laddove affermando che il P.O.S. imponeva la rimozione preventiva degli ostacoli, circostanza questa non menzionata all'interno del Piano.
5.4. Con l'ultimo motivo di ricorso, deduce violazione di legge e vizio di motivazione ex art. 606, lett. b) e lett. e), cod. proc. pen. in punto di trattamento sanzionatorio. La pena applicata risultava ingiustificatamente sproporzionata rispetto alle complessive circostanze di fatto. Con i motivi di appello era stata già chiesta una correzione della stessa, negata dalla Corte senza alcuna motivazione.
5.5.Con memoria depositata il 30 gennaio 2024 il ricorrente ha dedotto vizio di motivazione e violazione di legge, articolando motivi nuovi che possono essere così riassunti. In primo luogo, la mera titolarità della posizione di garanzia non poteva automaticamente fondare la responsabilità penale. La pronuncia era inoltre erronea, poiché ometteva irritualmente di dimostrare l'efficacia eziologica delle predette violazioni nella causazione dell'evento e di accertare, quindi, specificatamente la responsabilità colposa. Sul piano della causalità, le argomentazioni utilizzate dalla Corte territoriale per dimostrare il contributo causale di A.A. nella verificazione dell'evento (mancato aggiornamento del P.O.S. e mancata formazione di C.C.) non si conciliano con le prove in atti (dinamica dell'incidente, contratto di nolo, P.O.S. della Climber, dichiarazioni di Toni, di B.B. e di D.D.) e soprattutto con quelle utilizzate in sentenza per provare la colpevolezza di B.B. e il conseguente decesso di C.C. Le argomentazioni utilizzate della Corte territoriale sull'uso della pulsantiera e sulla valenza del contratto di nolo conducono inevitabilmente ad una contraddizione logica della sentenza sulla responsabilità omissiva di A.A. nonché evidenziano una carenza motivazionale sulla idoneità in concreto della regola cautelare ad impedire l'evento, posto il ruolo di preposto di B.B. e il contratto di nolo. Inoltre, vi era prova che C.C. avesse svolto un corso di formazione organizzato da parte di persone competenti, tenutosi presso il cantiere della Val.Cil, Quindi, nessun dubbio poteva muoversi sulla adeguatezza del corso di formazione di C.C., aspetti questi ritualmente rilevati ed evidenziati dalla difesa con i motivi d'impugnazione, ma trascurati nella motivazione della sentenza.
6. Ha proposto ricorso l'imputato B.B., a mezzo di difensore di fiducia, lamentando violazione di legge ex art. 606, lett. b), cod. proc. pen., in particolare degli artt. 191 e 63 cod. proc. pen. Si contesta l'utilizzabilità delle dichiarazioni rese dall'imputato alla P.G. nell'immediatezza dei fatti, in quanto assunte con violazione del diritto di difesa. Non solo l'esame non era stato interrotto affinché l'imputato potesse essere avvisato della facoltà di essere assistito da un difensore di fiducia, ma il contenuto di tali dichiarazioni era stato il principale elemento utilizzato per fondare la responsabilità a suo carico.
6.1. Con il secondo motivo di ricorso, si fa valere violazione di legge ex art. 606, lett. b), cod. proc. pen., in particolare degli artt. 1, 16 e 17 D lgs. n.81/2008. La normativa in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro esclude che la responsabilità per eventuali rischi possa essere oggetto di delega, motivo per cui il B.B. non avrebbe potuto rispondere per l'inosservanza di obblighi di controllo.
6.2. Da ultimo, il ricorrente lamenta vizio di motivazione ex art. 606, lett. e), cod. proc. pen. in relazione all'inquadramento della condotta contestata. La motivazione del provvedimento impugnato risulta contraddittoria e illogica nel punto in cui addebita la responsabilità a titolo di colpa in capo al B.B. esclusivamente in base all'impossibilità di rinvenire un diverso responsabile, stante l'assenza di ulteriori e diversi elementi probatori rispetto a quelli acquisiti.
6.3. Con memoria depositata il 6 febbraio il ricorrente ha ulteriormente illustrato i motivi proposti e ha insistito per l'annullamento della sentenza impugnata.
Diritto
1 Le censure proposte da A.A., che possono essere esaminate congiuntamente in quanto complessivamente attinenti a dedotti vizi della motivazione della Corte territoriale in punto di individuazione del nesso di causalità tra le omissioni contestate e il verificarsi dell'evento, sono infondate.
2. E' invero incontestabile che il A.A., quale datore di lavoro del C.C., era tenuto a redigere e sottoporre ad aggiornamento il documento di valutazione dei rischi di cui all'art.(Omissis) D.Lgs. n. 81 del 2008, indicando in modo specifico i fattori di pericolo concretamente presenti all'interno dell'azienda in relazione alla singola lavorazione o all'ambiente di lavoro nonché le misure precauzionali ed i dispositivi adottati per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori. La Corte di merito ha dunque coerentemente evidenziato come il ricorrente non avesse aggiornato il piano operativo di sicurezza né avesse adottato misure atte a prevenire infortuni. Né vale opporre la dedotta sufficienza, all'uopo, del POS della Climber Srl. Tra la Val Cil e la Climber Srl era stato stipulato un contrato di noleggio attrezzature, riguardante anche il personale preposto al relativo utilizzo (cd. nolo a caldo). Non vertendosi nella ipotesi di appalto, che avrebbe imposto l'adozione del DUVRI ai sensi dell'art. 26 D.Lgs. n.81/2008, ciascun datore di lavoro è rimasto garante dei rischi inerenti alle lavorazioni cui erano addetti i rispettivi dipendenti. In particolare, il ricorrente, certamente edotto dei rischi derivanti, per i propri operai, dall'esecuzione dei lavori mediante un ponteggio elettrico auto-sollevante, non aveva provveduto alla relativa valutazione e al conseguente aggiornamento del POS inserendo l'uso del ponteggio mobile fra le modalità di esecuzione della prestazione lavorativa, e non aveva dunque adottato alcuna misura volta a prevenire la verificazione di infortuni conseguenti ad un uso scorretto dello strumento in questione. Sul punto le sentenze di primo e secondo grado, le cui motivazioni vanno lette in modo integrato secondo i noti principi della ed " doppia conforme" rilevano, con ragionamento immune da censure, che gli operai alle dipendenze del A.A., tra cui C.C., a differenza dei dipendenti della Climber Srl, non erano operai specializzati. Le sentenze di merito danno inoltre atto che era emerso dalle dichiarazioni del medesimo ricorrente A.A. che i propri dipendenti comunque erano impegnati nelle operazioni di montaggio del ponteggio mobile, pur se adibiti soltanto a mansioni di assistenza del personale Climber (precisamente, a " passare i pezzi necessari" e al montaggio dei bulloni, dichiarazioni del teste D.D., p. 4 e 5 sentenza primo grado; dichiarazioni A.A., pag. 12 e 13 sentenza di primo grado). E' quindi del tutto immune dalle doglianze addotte dal ricorrente la conclusione cui giungono i giudici della Corte d'appello, secondo cui il rischio inerente alla nuova e diversa lavorazione avrebbe dovuto essere valutato, con il correlato aggiornamento del POS e l'indicazione delle cautele necessarie per l'esecuzione delle opere di montaggio del ponteggio mobile.
3. Per altro verso, la responsabilità datoriale è stata comunque affermata in virtù dell'accertamento, in punto di fatto, che il ricorrente non aveva adempiuto obblighi di formazione e informazione nei confronti dei dipendenti né aveva dotato gli stessi del libretto di istruzioni e di manutenzione del ponteggio. Sul punto, i giudici di merito, in base a chiare e logiche valutazioni delle risultanze istruttorie esaminate, non censurabili nella presente sede di legittimità, rilevano come la deposizione testimoniale dell'operaio D.D., mai posta in discussione neppure dall'odierno ricorrente, fosse pienamente rivelatrice della insufficienza, di fatto, della formazione impartita: costui, invero, aveva espressamente affermato che, nonostante il corso di sei ore somministrato ed al rilascio dell'attestato di formazione in merito a " istallazione, conduzione e manutenzione del ponteggio elettrico" gli operai, tra cui C.C., non avevano ricevuto istruzioni di sorta in ordine alla esecuzione delle operazioni di montaggio e smontaggio dei ponteggi, aggiungendo inoltre che l'unica persona debitamente formata ed informata delle operazioni era il B.B., dipendente Climber. Tanto accertato, non colgono nel segno le ripetute doglianze del A.A. in ordine alla assenza di una precisa ricostruzione del sinistro (se, cioè, la vittima avesse premuto per errore il pulsante di salita dalla pedana o avesse mancato di fissare il traliccio) nonché in ordine ad un adombrato comportamento abnorme del lavoratore, che si sarebbe dovuto limitare alla mera assistenza del B.B., passandogli i pezzi necessari per le operazioni di montaggio. E' invero principio costantemente affermato che il datore di lavoro che non adempie agli obblighi di informazione e formazione gravanti su di lui e sui suoi delegati risponde, a titolo di colpa specifica, dell'infortunio dipeso dalla negligenza del lavoratore che, nell'espletamento delle proprie mansioni, ponga in essere condotte imprudenti, trattandosi di conseguenza diretta e prevedibile della inadempienza degli obblighi formativi, né l'adempimento di tali obblighi è surrogabile dal personale bagaglio di conoscenza del lavoratore (Sez. 4 n. 8163 del 13/02/2020, Lena, Rv. 278603 - 01; cfr. anche Sez. 4, n. 49593 del 14/06/2018, imputato T, Rv. 274042 - 1, cui la Corte territoriale fa corretto riferimento). E va in proposito richiamato il più generale principio secondo il quale, perché possa ritenersi che il comportamento negligente, imprudente e imperito del lavoratore, pur tenuto in esplicazione delle mansioni allo stesso affidate, costituisca concretizzazione di un "rischio eccentrico", con esclusione della responsabilità del garante, è necessario che questi abbia posto in essere tutte le cautele finalizzate alla disciplina e governo del rischio di comportamento imprudente, così che, solo in questo caso, l'evento verificatosi potrà essere ricondotto alla negligenza del lavoratore, piuttosto che al comportamento del garante (Sez. 4 - n. 27871 del 20/03/2019, Rv. 276242 - 01). Come rimarcato dal giudice del gravame, il mancato adempimento degli obblighi di aggiornare il POS, valutando i rischi delle lavorazioni connesse al montaggio del ponteggio mobile, con la previsione delle idonee cautele, nonché degli obblighi informativi, comporta che il datore di lavoro risponda a titolo di colpa specifica dell'infortunio dipeso dalla negligenza del lavoratore che, nell'espletamento delle proprie mansioni, abbia posto in essere condotte imprudenti, trattandosi di conseguenza diretta e prevedibile dell'inadempienza degli obblighi datoriali. Pur se la condotta della vittima può astrattamente considerarsi imprudente, in quanto questi non si era limitato alla mera assistenza all'operaio più esperto, certamente la mancata previsione di cautele connesse alla specifica lavorazione, nonché la mancata formazione in ordine alla mansioni di montaggio del ponteggio mobile si pone quale omissione determinante l'evento, in quanto pienamente idonea ad evitare, ove correttamente e compiutamente impartita, l'evento come concretamente verificatosi.
4. Quanto all'ultimo profilo di doglianza, relativo alla sproporzione del trattamento sanzionatorio, la Corte ha adeguatamente argomentato, tenendo conto della gravità del fatto, della sottovalutazione del rischio e della possibile evitabilità dell'evento mediante l'adozione di misure di prevenzione. Va in proposito ricordato che la determinazione della misura della pena tra il minimo e il massimo edittale rientra nell'ampio potere discrezionale del giudice di merito, il quale assolve il suo compito anche se abbia valutato gli elementi indicati nell'art. 133 cod. pen. (Sez. 4, n. 41702 del 20/09/2004, Nuciforo, Rv. 230278). Il giudice del merito esercita infatti la discrezionalità che la legge gli conferisce, attraverso l'enunciazione, anche sintetica, della eseguita valutazione di uno (o più) dei criteri indicati nell'art. 133 cod. pen. Va infine considerato che la pena è stata irrogata in misura non superiore alla media edittale e, in relazione ad essa, non era dunque necessaria un'argomentazione più dettagliata da parte del giudice (ex multis, Sez. 3, n. 38251 del 15/06/2016, Riqnanese, Rv. 267949).
5.Venendo all'esame del ricorso B.B., deve rilevarsi che è infondata la doglianza inerente alla dedotta inutilizzabilità delle dichiarazioni rese dall'imputato alla P.G. nell'immediatezza dei fatti, in quanto assunte senza garantire le modalità di cui all'art. 64 cod. proc. pen.
6. Giova a questo punto evidenziare, sotto un profilo d'ordine generale e sistematico, che la condizione di soggetti che sin dall'inizio avrebbero dovuto essere sentiti in qualità di imputati o di persone sottoposte ad indagine "non può automaticamente farsi derivare dal solo fatto che i dichiaranti risultino essere stati in qualche modo coinvolti in vicende potenzialmente suscettibili di dar luogo alla formulazione di addebiti penali a loro carico, occorrendo invece che tali vicende, per come percepite dall'autorità inquirente, presentino connotazioni tali da non poter formare oggetto di ulteriori indagini se non postulando necessariamente l'esistenza di responsabilità penali a carico di tutti i soggetti coinvolti o di taluni di essi" (Sez. 1, 29 gennaio 2002, n. 8099; Sez. 1, 8 novembre 2007, n. 4060). E' stato quindi ripetutamente evidenziato che gli elementi a carico del dichiarante devono assumere la consistenza dell'indizio, non potendo la sua posizione di persona informata essere mutata dall'esistenza di sospetti o ipotesi investigative, conclusione, questa, "coerente con la presunzione di non colpevolezza, con l'onere probatorio dell'accusa e con la strumentalità rispetto all'accertamento della verità materiale, principi cui è improntato l'intero sistema processuale" (Sez. Un., 22 febbraio 2007, n. 21832).
3.Tanto premesso, il motivo di ricorso non si confronta con la consolidata giurisprudenza di legittimità, secondo cui in tema di prova dichiarativa, allorché venga in rilievo la veste che può assumere il dichiarante, spetta al giudice il potere di verificare in termini sostanziali, e prescindendo da indici formali, quale l'eventuale già intervenuta iscrizione nominativa nel registro delle notizie di reato, l'attribuibilità allo stesso della qualità di indagato nel momento in cui le dichiarazioni stesse vengano rese, e il relativo accertamento si sottrae, se congruamente motivato, al sindacato di legittimità (Sez. U, n. 15208 del 25/02/2010, Mills,, Rv. 246584 - 01; sez. 6, n. 20098 del 19/04/2016, PG in proc. Scalisi, Rv. 267129 - 01; sez. 4 - , n. 46203 del 19/09/2019, Pavone, Rv. 277947 - 01). Il potere di verificare la corretta qualifica da attribuire al dichiarante è quindi propria del giudice che deve ricercare e valutare indizi non equivoci sussistenti prima dell'escussione del soggetto. Orbene, le sentenze di merito forniscono, sul punto, ampia e congrua motivazione, rilevando come, al momento in cui il B.B. era stato sentito a sommarie informazioni il giorno dell'infortunio occorso a lui medesimo e al C.C., egli appariva essere del B.B. in relazione alla condotta tenuta, né dalle dichiarazioni erano emersi, sempre nella immediatezza, elementi autoindizianti. Gli indizi a carico de B.B., infatti erano stato acquisiti soltanto successivamente, con l'esame del contratto di noleggio intercorso tra le società Val Cil e Climber e il POS della Climber, da cui si ricavava che l'imputato aveva la responsabilità del montaggio del ponteggio elettrico autosollevante.
4. Il secondo e terzo motivo di ricorso sono infondati. Va al riguardo precisato che condotta contestata nel capo di imputazione è di tipo commissivo: essa consiste nell'aver il B.B. abbandonato il pannello di comando del ponteggio, lasciando sul ponteggio l'inesperto C.C. Il reato commissivo colposo è il reato commesso mediante una azione che abbia colposamente creato il pericolo concretizzatosi nell'evento: nella fattispecie esaminata, si rimprovera all'imputato, dunque, di aver abbandonato il pannello di comando del ponteggio, per rimuovere ostacoli (ferri stendibiancheria posti sui balconi) che in realtà avrebbero dovuto essere stati già rimossi prima di procedere al montaggio. Ricostruita nella forma del reato commissivo colposo la condotta contestata al ricorrente nel capo di imputazione ne consegue che non rileva, ai fini del presente giudizio, indagare sui profili tipici del reato omissivo colposo, quali la sussistenza dell'assunzione dell'obbligo giuridico di impedire l'evento in forza della posizione di garanzia a qualunque titolo rivestita. Ai fini della ricostruzione del nesso causale tra condotta ed evento, l'indagine da compiere attiene dunque ai canoni della causalità commissiva, che presuppone un collegamento reale, e non meramente ipotetico, tra azione ed evento (senza, cioè, il noto meccanismo di "aggiunta mentale " della condotta doverosa omessa).
5.Orbene, è pacifico che il B.B. aveva abbandonato il pannello di comando per rimuovere le ostruzioni (i ferri stendibiancheria sui balconi) che dovevano essere tuttavia rimosse prima dell'inizio delle operazioni, come espressamente indicato nel POS. Detta condotta costituisce certamente l'antecedente causale dell'infausto evento occorso alla persona offesa, essendo il ribaltamento del ponteggio, con conseguente caduta dello sfortunato C.C., dovuto ad un erroneo uso dei comandi, imprudentemente lasciati incustoditi dal B.B. in violazione di una specifica regola imposta dal POS. E va ricordato, sul punto, che i giudici di merito hanno chiarito che il B.B. era, nel POS, indicato come preposto e responsabile della sicurezza nel cantiere, abilitato a manovrare i comandi del ponteggio, ed autorizzato ad agire sul ponteggio in movimento.
6. I ricorsi vanno dunque rigettati. Segue per legge la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 15 febbraio 2024.
Depositato in Cancelleria il 28 maggio 2024.