Cassazione Penale, Sez. 4, 29 maggio 2024, n. 21032 - Espulsione della flangia durante i lavori di saldatura dei tubi e morte del lavoratore artigiano


 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIAMPI Francesco Maria - Presidente

Dott. VIGNALE Lucia - Consigliere-Rel.

Dott. SERRAO Eugenia - Consigliere

Dott. RANALDI Alessandro - Consigliere

Dott. ANTEZZA Fabio - Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA
 


sui ricorsi proposti da:

A.A. nato a P il (Omissis)

B.B. nato a C il (Omissis)

C.C. nato a R il (Omissis)

avverso la sentenza del 29 maggio 2023 della Corte Appello di L'Aquila

visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;

udita la relazione svolta dal Consigliere Vignale Lucia;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Tampieri Luca, che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso di A.A. e per il rigetto dei ricorsi di B.B. e C.C.;

uditi i difensori presenti: avvocato Massimo Ciafré del foro di Pescara, in difesa di A.A., il quale ha illustrato i motivi di ricorso chiedendone l'accoglimento;

avvocato Sergio Della Rocca del foro di Pescara, in sostituzione dell'avv. Gabriele Silvetti del foro di Pescara, per l'imputato B.B., il quale, riportandosi ai motivi di ricorso, ne ha chiesto l'accoglimento;

avvocato Marco Spagnuolo del foro di Pescara, in difesa di C.C., il quale ha illustrato i motivi di ricorso chiedendone l'accoglimento.

 

Fatto


1. Con sentenza del 29 maggio 2023, la Corte di appello di L'Aquila ha confermato la sentenza emessa dal Tribunale di Pescara il 5 novembre 2019 con la quale A.A., B.B. e C.C. sono stati ritenuti responsabili del reato di cui agli artt. 113 e 589, comma 2, cod. pen. in danno di D.D. La sentenza di primo grado è stata confermata anche nella parte in cui ha dichiarato non doversi procedere, per intervenuta prescrizione, in relazione agli illeciti contravvenzionali ascritti agli imputati i quali, nei motivi di appello, avevano chiesto di essere assolti nel merito dalle relative imputazioni per insussistenza del fatto. L'affermazione della penale responsabilità ha riguardato anche la posizione di E.E., titolare della "D.L.B. di E.E.", imputata anch'essa del reato di cui all'art. 589 cod. pen., che non ha impugnato la sentenza d'appello.

Per quanto rileva in questa sede, con la sentenza confermata in appello, A.A. è stato condannato alla pena di anni due di reclusione; B.B. e C.C. sono stati condannati alla pena di anni uno e mesi quattro di reclusione ciascuno, previa concessione delle attenuanti generiche equivalenti alla aggravante di cui all'art. 589, comma 2, cod. pen. Tutti gli imputati, inoltre, sono stati condannati, in solido, al risarcimento dei danni in favore delle parti civili costituite.

2. Il procedimento ha ad oggetto un infortunio sul lavoro verificatosi il 10 giugno 2010 a R nel quale perse la vita D.D., artigiano incaricato dalla ditta "D.L.B. di E.E." di eseguire lavori di saldatura di tubi facenti parte di un impianto di teleriscaldamento in corso di realizzazione nel cantiere edile denominato "B".

Il cantiere edile aveva ad oggetto la realizzazione di un complesso di edilizia residenziale ed era stato aperto dalla "Valserenia Srl" il cui legale rappresentante era C.C. Vi era prevista la presenza, anche non contemporanea, di più imprese e, pertanto, nel rispetto dell'art. 90, commi 3 e 4, D.Lgs. 9 aprile 1980 n. 81, C.C. aveva designato un coordinatore per la sicurezza nella fase della progettazione e, prima dell'affidamento dei lavori, un coordinatore per la sicurezza nella fase di esecuzione. Entrambi gli incarichi (dai quali conseguivano gli obblighi previsti rispettivamente dagli artt. 91 e 92 D.Lgs. n. 81;08) furono conferiti a B.B. La sentenza impugnata dà atto (pag. 18) che le nomine avvennero, rispettivamente, il 10 ottobre 2008 e il 15 ottobre 2009.

Con un primo contratto di appalto del 16 novembre 2009 la società committente incaricò la ditta D.L.B. dell'esecuzione delle opere di urbanizzazione. A questo contratto ne seguì un altro, sottoscritto in data 19 aprile 2010, col quale la "Valserenia Srl" incaricò la D.L.B. della creazione della "rete di teleriscaldamento" che comportava la realizzazione di un sistema di tubature per la conduzione di acqua calda destinate ad essere interrate in uno scavo di profondità compresa tra il metro e il metro e mezzo (pag. 7 della sentenza di primo grado). Il contratto di appalto vietava "la cessione o il subappalto anche parziale delle opere" che la D.L.B. si era impegnata ad eseguire. Il capitolato di appalto inerente ai lavori di posa in opera della rete di teleriscaldamento fu predisposto nel mese di dicembre del 2009 e prevedeva che il collaudo della rete dovesse essere effettuato, in alternativa, mediante "esame visivo, esame con liquidi penetranti e/o polveri magnetiche, esame ultrasonico, esame radiografico" (pag. 16 della sentenza impugnata).

La ditta D.L.B. aveva un direttore tecnico, A.A., il quale era costantemente presente in cantiere e seguiva i lavori ricevuti in appalto. Non ostante il divieto di subappalto, la D.L.B. aveva concretamente affidato i lavori di saldatura dei tubi che costituivano la rete di teleriscaldamento a un artigiano in persona di D.D. Ciò era avvenuto attraverso una scrittura privata che è stata acquisita agli atti (ma, come risulta dalle sentenze di primo e secondo grado, è priva di data e di sottoscrizione). L'accordo prevedeva che, per i lavori di saldatura, D.D. fosse retribuito con "un corrispettivo giornaliero pari ad Euro 150 (pag. 9 della sentenza di primo grado; pago 16 della sentenza impugnata).

Al momento dell'infortunio, D.D. stava eseguendo una "prova di tenuta" delle saldature che aveva eseguito. La prova consisteva nell'inserire aria compressa nei tubi, versare acqua saponata sopra le saldature e verificare che non si formassero bolle la cui presenza avrebbe indicato la fuoriuscita dell'aria e, quindi, imperfezioni nella saldatura che sarebbe stato necessario eliminare. A tal fine D.D., in collaborazione con A.A., chiuse a monte e a valle il tratto di condotta che aveva realizzato fino a quel momento. La chiusura a valle fu eseguita usando una flangia in acciaio avvitata alla parte finale della tubazione. Fu proprio A.A., che aiutava D.D. nelle operazioni, a fornire la flangia. Dalle sentenze di merito emerge che, secondo il perito nominato in sede di incidente probatorio, le flange di questo tipo possono essere usate come giunti tra tubi di diverso diametro o anche come tappi, ma solo se l'impianto non è sotto pressione. Nel caso di specie, al contrario, la parte finale del tubo fu tappata proprio per insufflare aria compressa nella tubazione ed eseguire la prova sopra descritta. Mentre la prova era in corso, la pressione creata nel tubo determinò l'espulsione della flangia. D.D. - che si era posto, imprudentemente, proprio di fronte ad essa ­ fu trafitto al torace da un tubo che fuoriusciva dalla flangia e morì immediatamente a causa delle gravissime lesioni riportate.

Secondo i giudici di primo e secondo grado la morte del lavoratore artigiano deve essere ascritta a A.A. - quale direttore tecnico della D.L.B. ­perché mise a disposizione di D.D. un'attrezzatura inadatta, consentendogli di utilizzare la flangia per chiudere la condotta e metterla in pressione; perché si occupò personalmente di avvitare quella flangia all'estremità della condotta senza neppure puntellarla (art. 71 D.Lgs. n. 81/08); perché non dispose che, durante le operazioni, nessuno potesse collocarsi di fronte all'estremità della condotta: un'area pericolosa perché interessata dalla possibile (e prevedibile) espulsione della flangia (art.63 D.Lgs. n. 81/08);

Dell'infortunio è stato ritenuto responsabile anche B.B. - quale coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione e in fase di esecuzione -per aver predisposto un Piano di Sicurezza e Coordinamento in fase di progettazione che nulla stabiliva quanto alle modalità di controllo delle saldature (controllo previsto nel capitolato di appalto) e per non aver provveduto, nella fase esecutiva, a verificare l'idoneità del Piano Operativo di Sicurezza predisposto dalla D.L.B. nel quale non vi erano indicazioni sulle modalità di esecuzione del lavoro di saldatura e sui rischi connessi alla necessità di verificare, in corso d'opera, la tenuta delle saldature eseguite (artt. 91 e 92 D.Lgs. n 81/08);

Anche C.C. - quale legale rappresentante dell'impresa committente - è stato ritenuto responsabile della morte di D.D. per non aver verificato che il coordinatore per la sicurezza adempisse ai propri obblighi e aver violato l'art. 93, comma 2, D.Lgs. n. 81/08.

3. A.A., B.B. e C.C. hanno proposto ricorso contro la sentenza della Corte di appello per mezzo dei rispettivi difensori, muniti di apposito mandato ex art. 581, comma 1 quater, cod. proc. pen. I ricorsi sono articolati in più motivi che vengono di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari alla decisione come previsto dall'art. 173, comma 1, D.Lgs. 28 luglio 1989 n. 271.

4. Il ricorso proposto nell'interesse di A.A. si articola in tre motivi.

4.1. Col primo motivo la difesa lamenta violazione dell'art. 606, comma l, lett. b) e lett. e) cod. proc. pen. per essere stata attribuita a A.A. una posizione di garanzia ancorché D.D., titolare di impresa artigiana, al momento dell'assunzione dell'incarico si fosse impegnato a garantire l'esecuzione in sicurezza delle opere di sua competenza. Secondo la difesa, nel caso di specie, il riferimento al "principio di effettività" operato dai giudici di primo e secondo grado non sarebbe pertinente perché l'istruttoria dibattimentale non ha provato che A.A., quale direttore tecnico per la D.L.B., abbia assunto un ruolo sovraordinato rispetto a D.D. ed è emerso, invece, che egli si limitò a collaborare con lui e a fornirgli aiuto in un lavoro che l'artigiano svolgeva in piena autonomia.

4.2. Col secondo motivo, la difesa deduce errata interpretazione di legge e vizi di motivazione quanto alla ritenuta violazione da parte di A.A. di norme in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro. Osserva che la metodologia di controllo della tenuta delle saldature era rimessa alla discrezionalità di D.D.; che fu lui a decidere di eseguire il controllo con le imprudenti modalità sopra indicate e fu ancora lui a posizionarsi di fronte al tubo, tappato con la flangia, proprio mentre l'aria veniva insufflata nella condotta per metterla in pressione.

4.3. Col terzo motivo, la difesa deduce vizi di motivazione e violazione o falsa applicazione degli artt. 113, 589, comma 2, e 40 cod. pen. Secondo il difensore, la sentenza impugnata avrebbe illogicamente trascurato che le tecniche di collaudo previste dal capitolato di appalto erano ben diverse da quella concretamente prescelta da D.D. e ciò rende evidente che l'infortunio fu reso possibile da un comportamento abnorme e imprevedibile dell'infortunato, idoneo ad escludere il nesso causale tra la condotta di A.A. e l'evento.

5. Il ricorso proposto nell'interesse di B.B. consta di tre motivi, il primo dei quali articolato in più punti.

5.1. Col primo motivo il ricorrente deduce vizi di motivazione e violazione o errata applicazione degli artt. 91 e 92 D.Lgs. n. 81/08.

Dopo aver illustrato il contenuto di questi articoli, dell'art. 100 D.Lgs. n. 81/08 e dell'allegato XV al citato D.Lgs. (nel quale sono indicati i contenuti minimi del PSC) il difensore osserva che, come emerge evidente dalla lettura di queste norme, le prescrizioni di sicurezza devono essere impartite ed essere attuate secondo lo sviluppo delle lavorazioni in cantiere e, pertanto, il PSC è, per sua stessa natura, oggetto di successive integrazioni. Ricorda poi che, ai sensi dell'art. 92 D.Lgs. n. 81/08, durante l'esecuzione dei lavori, il POS predisposto dalle imprese esecutrici deve essere considerato "come piano complementare di dettaglio del piano di sicurezza e coordinamento" previsto dall'art. 100 dello stesso decreto e il coordinatore per l'esecuzione dei lavori ha l'obbligo di assicurare "la coerenza" tra il POS e il PSC e di adeguare il PSC "in relazione all'evoluzione dei lavori ed alle eventuali modifiche intervenute, valutando le proposte delle imprese esecutrici dirette a migliorare la sicurezza in cantiere". Sottolinea che, ai sensi degli artt. 17 e 28 D.Lgs. n. 81/08, l'obbligo di redigere il POS incombe sui datori di lavoro i quali, prima dell'avvio del cantiere e in occasione di ogni successiva modifica resa necessaria dai lavori in corso, devono trasmetterlo al Coordinatore per la sicurezza. La difesa osserva che, in questo quadro normativo, l'attività del Coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione e in fase di esecuzione si esplica in rapporto con le imprese che operano in cantiere, sicché la modifica del PSC originale dipende dal flusso informativo che deve esserci tra le imprese attive nel cantiere e il Coordinatore. Un ciclo informativo che, nel caso in esame, non funzionò, atteso che il sistema di controllo delle saldature concretamente attuato al momento dell'infortunio non era previsto nel capitolato di appalto per la realizzazione dell'impianto di teleriscaldamento e quel capitolato era stato redatto nel dicembre 2009, mesi prima che fosse disposto l'affidamento dei relativi lavori (avvenuto ad aprile del 2010).

Muovendo da queste premesse il difensore del ricorrente osserva:

- che il PSC predisposto in fase di progettazione non poteva contenere l'indicazione di misure relative al controllo delle saldature sin da prima che l'appalto per la realizzazione della rete di teleriscaldamento fosse conferito a una impresa esecutrice;

- che l'esigenza di provvedere alla saldatura dei tubi della rete di teleriscaldamento non poté profilarsi prima del 19 aprile 2010, quando fu affidato alla D.L.B. l'incarico di eseguire quei lavori;

- che il progetto esecutivo allegato al contratto di appalto prevedeva più metodi alternativi per il controllo delle saldature (esame visivo, esame con liquido penetrante e/o polveri magnetiche, esame con metodo ultrasonico, esame radiografico) ma non prevedeva l'uso della tecnica che fu concretamente utilizzata quando si verificò l'infortunio;

- che la necessità di aggiornare il PSC riguardo alle procedure di sicurezza da osservare nel corso del controllo delle saldature non poteva sorgere fino a che l'impresa esecutrice non avesse comunicato al coordinatore per la sicurezza la volontà di procedere al controllo;

- che questo sarebbe dovuto avvenire quando i lavori per la realizzazione dell'impianto di teleriscaldamento fossero stati completati (o ne fosse stato almeno completato un lotto) e, a quel punto, l'impresa esecutrice avrebbe anche dovuto indicare quale, tra le diverse modalità alternativamente indicate nel contratto di appalto, fosse stata prescelta;

- che la D.L.B. non ha mai comunicato di aver affidato in subappalto ad un lavoratore autonomo le operazioni di saldatura e neppure di avere intenzione di controllare la qualità delle saldature eseguite con un metodo pericoloso come quello che fu in concreto utilizzato (peraltro difforme da quelli previsti nel capitolato di appalto);

- che, poiché il subappalto era vietato, il coordinatore per la sicurezza in fase esecutiva, non poteva prevedere, né che i lavori di saldatura fossero eseguiti da un artigiano, né che vi fosse necessità di verificare in corso d'opera la corretta esecuzione delle saldature.

Secondo la difesa, la motivazione della sentenza impugnata sarebbe manifestamente illogica quando sostiene che vi fu ritardo da parte di B.B. nel modificare il PSC individuando misure di salvaguardia della sicurezza dei lavoratori nel corso delle operazioni di verifica e collaudo. Quelle operazioni, infatti, non erano ancora state disposte e la ditta incaricata della realizzazione della rete di teleriscaldamento non aveva comunicato al coordinatore la volontà di procedere al controllo delle saldature, sicché l'obbligo di adeguamento del PSC ­al quale, in ipotesi accusatoria, B.B. non avrebbe adempiuto -in realtà non era ancora sorto.

Nella medesima prospettiva, la difesa osserva che, per disporre l'adeguamento del POS dell'impresa esecutrice e l'introduzione di misure di sicurezza relative alla verifica delle saldature, B.B. avrebbe dovuto sapere che quella verifica doveva essere eseguita e (come emerso in sede di incidente probatorio) tale verifica poteva essere efficacemente svolta soltanto da un soggetto terzo debitamente qualificato. In sintesi, la difesa sostiene che le lavorazioni nel corso delle quali si verificò l'infortunio (consistenti nell'autonoma e non richiesta verifica in corso d'opera della tenuta delle saldature eseguite), non erano tra quelle affidate alla D.L.B., atteso che il capitolato di appalto faceva riferimento solo alla verifica della corretta esecuzione dei lavori in fase di collaudo. Ne desume che l'iniziativa assunta dall'impresa esecutrice fu estemporanea e imprevedibile.

La difesa del ricorrente si duole della affermazione contenuta nella sentenza impugnata secondo la quale, avendo assunto il ruolo di responsabile della sicurezza per la progettazione e per l'esecuzione, B.B. aveva il compito di svolgere una attenta e costante opera di vigilanza al fine di evitare situazioni di pericolo. Sostiene che B.B. dovrebbe essere liberato da responsabilità perché la ditta appaltatrice non adempì ai propri obblighi informativi.

Si duole che la Corte territoriale abbia ignorato:

- le testimonianze di F.F. e G.G., dalle quali è emerso che il coordinatore adempiva ai propri compiti con diligenza, tanto da aver imposto alle ditte presenti in cantiere attività di formazione in relazione al rischio chimico connesso alla posa in opera di materiale isolante nelle tubature della rete di teleriscaldamento;

-la testimonianza di H.H., dalla quale risulta che, quando si verificò l'infortunio, D.D. aveva iniziato a lavorare da circa un mese, ma, in concreto era stato presente in cantiere solo per pochi giorni perché spesso aveva piovuto e, in caso di pioggia, i lavori di saldatura non potevano essere eseguiti.

Secondo la difesa, pur avendo svolto con diligenza i propri obblighi di vigilanza, B.B. non poteva rendersi conto che D.D. era presente in cantiere, né poteva intervenire ai sensi dell'art. 92, comma l, lett. f) per sospendere le lavorazioni interrompendo la pericolosa procedura che fu causa dell'evento. Come è stato accertato, infatti, la verifica della tenuta delle saldature fu eseguita per la prima volta proprio il 10 giugno 2010 e, quel giorno, il coordinatore per la sicurezza non si era recato in cantiere, né era tenuto a farlo con frequenza quotidiana. A sostegno di tali argomentazioni, la difesa ricorda che, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, il coordinatore per l'esecuzione dei lavori ha una funzione di alta vigilanza che riguarda la generale configurazione delle lavorazioni e non anche il puntuale controllo, momento per momento, delle singole attività lavorative; un controllo che è demandato ad altre figure operative (datore di lavoro, dirigente, preposto).

5.2. Col secondo motivo, la difesa deduce violazione di legge e vizi di motivazione quanto alla ritenuta rilevanza causale della condotta omissiva ascritta a B.B. Sostiene che, nel caso di specie, l'aggiornamento del PSC con riferimento alle modalità di esecuzione delle procedure di controllo delle saldature non era possibile perché l'impresa che aveva ricevuto in appalto i lavori e l'artigiano D.D. (cui l'esecuzione delle saldature era stata affidata in violazione del divieto di subappalto) avevano deciso di eseguire quel controllo ancorché una tale attività non fosse stata programmata. Secondo la difesa, si trattò di un'attività svolta clandestinamente in violazione delle regole di collaborazione tra l'impresa esecutrice, il coordinatore per la sicurezza e il committente sicché la previsione di procedure adeguate e sicure non avrebbe comunque potuto evitare l'evento.

5.3. Col terzo motivo, la difesa sostiene che, non avendo violato gli art. 91 e 92 D.Lgs. n. 81/08 B.B. dovrebbe essere mandato assolto, nel merito, non solo dall'accusa di omicidio colposo, ma anche dai relativi illeciti contravvenzionali dai quali è stato prosciolto, ai sensi dell'art. 531 cod. proc. pen., per essere i reati estinti per prescrizione.

6. Il ricorso proposto nell'interesse di Lorenzo Scipione si articola in tre motivi.

6.1. Col primo motivo, il ricorrente deduce violazione di legge e vizi di motivazione quanto alla ritenuta violazione da parte di B.B. degli artt. 91 e 92 D.Lgs. n. 81/08. Nello sviluppare questo motivo, il difensore di C.C. richiama le argomentazioni esposte nel primo motivo del ricorso proposto nell'interesse di B.B. Osserva, infatti:

- che C.C. è stato ritenuto responsabile della morte di D.D., quale legale rappresentante della società committente dei lavori, per aver violato l'art. 93, comma 2, D.Lgs. 81/08 e non aver verificato che il coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione e in fase di esecuzione adempisse puntualmente ai propri obblighi;

- che, in realtà, quegli obblighi furono adempiuti;

- che, pertanto, nessun difetto di vigilanza può essere ipotizzato a carico del committente.

Il ricorrente riprende gli argomenti già illustrati con riferimento alla posizione di B.B. Sostiene, dunque, in estrema sintesi: che non vi fu alcun ritardo nell'aggiornamento del PSC; che il POS redatto dalla D.L.B. non prevedeva il collaudo delle saldature; che l'intenzione di eseguire tale (non prevista) verifica non fu comunicata al coordinatore; che il PSC relativo alla fase della progettazione non poteva includere misure prescrittive in ordine ad attività realizzate clandestinamente dall'impresa appaltatrice, la cui esecuzione era prevista solo al termine dei lavori; che, non essendo stato informato dell'intenzione di eseguire verifiche sulla tenuta delle saldature, il coordinatore per l'esecuzione non poteva chiedere alla D.L.B. di integrare il POS disciplinando l'esecuzione di tali attività; che il coordinatore per la sicurezza deve svolgere un compito di alta vigilanza che si esplica prevalentemente mediante procedure e non richiede il puntuale controllo delle singole attività lavorative; che B.B. non era tenuto a visitare quotidianamente il cantiere e non poteva rendersi conto che vi stava lavorando un artigiano.

6.2. Col secondo motivo, la difesa lamenta violazione di legge e vizi di motivazione quanto alla ritenuta rilevanza causale della condotta omissiva ascritta a C.C. Sostiene che la sentenza impugnata ha fatto discendere la responsabilità del committente dall'accertamento della condotta colposa del coordinatore per la sicurezza senza compiere una attenta analisi delle concrete circostanze di fatto e verificare se, esercitando un più attento controllo sull'attività svolta dal coordinatore, C.C. avrebbe potuto evitare l'evento.

A sostegno di tali argomentazioni il difensore osserva che, pur vigilando sul corretto adempimento degli obblighi imposti al coordinatore per la sicurezza, Scipione non avrebbe potuto impedire che il controllo sulle saldature fosse eseguito con le modalità operative concretamente adottate da D.D. atteso che nel capitolato di appalto erano state previste diverse metodologie di collaudo ed era stato espressamente vietato il subappalto. Sostiene, in sintesi, che l'abnormità del comportamento tenuto dall'infortunato e da A.A. rendeva del tutto imprevedibile l'evento e il committente non avrebbe in nessun caso potuto evitarlo. II tema della abnormità è sviluppato anche sotto un diverso profilo. La difesa sostiene, infatti, che le operazioni di collaudo non erano state appaltate alla D.L.B. e l'iniziativa adottata dall'impresa esecutrice di procedere in corso d'opera alla verifica delle saldature fu per ciò solo abnorme e tale da interrompere il nesso causale tra la ipotizzata condotta omissiva e l'evento concretamente verificatosi Nel corpo del secondo motivo, pur riferito al tema della causalità, la difesa argomenta anche in merito al contenuto dell'obbligo di vigilanza imposto dall'art. 93, comma 2, D.Lgs. n. 81/08. Osserva che, nel caso di specie, il PSC e il POS erano stati regolarmente predisposti e sostiene che la verifica dell'adempimento degli obblighi previsti dal coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione e di esecuzione, non può estendersi a tal punto da imporre al committente di verificare il contenuto specifico dei documenti predisposti. Sottolinea che, in ipotesi accusatoria, tali documenti sarebbero stati carenti soltanto perché non contenevano prescrizioni sulle modalità di esecuzione del controllo delle saldature.

6.3. Col terzo motivo, la difesa sostiene che, non avendo violato l'art. 93, comma 2, D.Lgs. n. 81/08, Scipione dovrebbe essere mandato assolto, nel merito, non solo dall'accusa di omicidio colposo, ma anche dall'illecito contravvenzionale che gli è stato contestato, in relazione al quale, invece, è stata pronunciata sentenza ex art. 531 cod. proc. peno per essere il reato estinto per prescrizione.

Deduce, infine, vizi di motivazione per quanto riguarda il trattamento sanzionatorio con particolare riguardo al giudizio di bilanciamento tra circostanze. Rileva che le attenuanti generiche sono state ritenute applicabili a B.B. come a B.B. e, in entrambi i casi, sono state valutate equivalenti all'aggravante. Secondo la difesa sarebbe illogico aver equiparato la posizione del committente a quella del coordinatore per la sicurezza atteso che la colpa dell'uno discende dal mancato controllo sulla omissione dell'altro che, ove sussistente, avrebbe un rilievo causale maggiore.

Diritto


1. I motivi di ricorso proposti da A.A. non superano il vaglio di ammissibilità, quelli proposti da B.B. e C.C. sono fondati nei termini che saranno di seguito specificati.

2. La sentenza impugnata riferisce che A.A. era direttore tecnico della ditta D.L.B. e questa ditta aveva ricevuto in appalto dalla "Valserenia Srl" la realizzazione dell'impianto di teleriscaldamento posto a servizio del complesso residenziale che l'impresa committente stava realizzando. Tali circostanze non sono controverse. Non è controverso neppure che le opere ricevute in appalto prevedessero la posa in opera di una conduttura composta da tubi che dovevano essere saldati tra loro e che i lavori di saldatura fossero stati affidati ad un artigiano in persona di D.D.

Dalle sentenze di primo e secondo grado emerge:

- che, il giorno in cui si verificò l'infortunio, D.D. e A.A. stavano lavorando insieme;

- che, per eseguire i lavori di saldatura, D.D. non utilizzava mezzi propri, ma si limitava a portare con sé la maschera per saldare e si avvaleva di una saldatrice fornita dalla D.L.B.;

- che, per verificare la tenuta delle saldature, D.D. decise di chiudere le tubazioni insufflando aria al loro interno mettendole sotto pressione e di spargere acqua saponata in corrispondenza delle saldature per controllare che non si formassero bolle (quindi che non vi fosse fuoriuscita di aria);

- che A.A. lo coadiuvò nell'esecuzione di questa procedura fornendogli le flange necessarie a tappare i tubi ed era poco distante da lui quando l'infortunio si verificò.

Il ricorrente non contesta questi dati, ma sostiene: che D.D. si era espressamente assunto l'impegno di garantire l'esecuzione in sicurezza dei lavori a lui affidati; che A.A. collaborava con lui in posizione di parità e senza avere un ruolo sovraordinato sicché non era tenuto a garantire la sua incolumità; che la metodologia seguita per controllare la tenuta delle saldature era stata indicata da D.D. il quale l'aveva elaborata in completa autonomia e di propria iniziativa; che egli si collocò in una posizione pericolosa, all'interno dello scavo ove la conduttura era collocata, proprio di fronte al tubo che era stato messo sotto pressione e tappato con una flangia; che solo a causa di questo imprudente comportamento egli fu attinto dalla flangia sfilatasi dal tubo.

2.1. Il D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 definisce il lavoratore, destinatario della tutela antiinfortunistica, come "la persona che, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, svolge un'attività lavorativa nell'ambito dell'organizzazione di un datore di lavoro pubblico o privato, con o senza retribuzione". Questa definizione fa leva sullo svolgimento dell'attività lavorativa nell'ambito dell'organizzazione del datore di lavoro indipendentemente dalla tipologia contrattuale, ed è più ampia di quella prevista dalla normativa pregressa, nella quale si faceva riferimento al "lavoratore subordinato" (art. 3, D.P.R. n. 547 del 1955) e alla "persona che presta il proprio lavoro alle dipendenze di un datore di lavoro" (art. 2, comma 1, lett. a), D.Lgs. n. 626 del 1994). Ne consegue che, ai fini dell'applicazione delle disposizioni del D.Lgs. n. 81;08, "rileva l'oggettivo espletamento di mansioni tipiche dell'impresa (anche eventualmente a titolo di favore) nel luogo deputato e su richiesta dell'imprenditore, a prescindere dal fatto che il "lavoratore" possa o meno essere titolare di impresa artigiana ovvero lavoratore autonomo" (in tal senso, Sez. 4, n. 38464 del 23/06/2023, Ciullo, Rv. 285004; Sez. 3, n. 18396 del 15/03/2017, Cojocaru, Rv. 269637).

Le sentenze di merito, facendo ampio richiamo alle emergenze istruttorie, hanno ritenuto questa situazione esistente nel caso concreto. Hanno evidenziato infatti: che D.D. operava nel cantiere utilizzando attrezzature di lavoro fornitegli dalla D.L.B.; che egli doveva provvedere alla saldatura dei tubi per la rete di teleriscaldamento e quindi contribuire all'esecuzione dei lavori che la D.L.B. aveva ricevuto in appalto dalla "Valserenia Srl"; che, per questo lavoro, egli percepiva un "corrispettivo giornaliero pari ad Euro 150" (era dunque retribuito a giornata e non in ragione della prestazione richiesta). In questa situazione non ha rilevanza se l'infortunato operasse o meno sotto le direttive di A.A. L'attività che egli svolgeva, infatti, era essenziale all'esecuzione dell'appalto (che prevedeva la posa in opera di tubi collegati tra loro e quindi l'esecuzione di lavori di saldatura) e non è illogico né contraddittorio aver ritenuto che, per questo, il direttore tecnico dell'impresa che aveva ricevuto in appalto i lavori fosse garante, ai sensi del D.Lgs. n. 81/08, della sicurezza di D.D.

2.1 Coerentemente con queste premesse, le sentenze di merito - che possono essere lette congiuntamente e costituiscono un unico complessivo corpo decisionale (Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218; Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, Argentieri, Rv. 257595) - hanno ritenuto che A.A. fosse tenuto al rispetto degli artt. 71 e 63 D.Lgs. n. 81/08.

Dalle sentenze di primo e secondo grado risulta che A.A. fornì a D.D. le flange che furono utilizzate per tappare i tubi già saldati e insufflarvi aria mettendoli sotto pressione. Emerge, inoltre (e il dato non è contestato dal ricorrente), che tali strumenti erano inidonei allo scopo. Non è illogico né contraddittorio aver ritenuto che tale condotta integri la violazione dell'art. 71 D.Lgs. n. 81/08, in base al quale il datore di lavoro (e, come lui, il dirigente delegato o il dirigente di fatto ex art. 299 D.Lgs. n.81/08) deve mettere a disposizione dei lavoratori attrezzature "adeguate al lavoro da svolgere" (comma 1) e adottare misure tecniche ed organizzative per "impedire che dette attrezzature possano essere utilizzate per operazioni e secondo condizioni per le quali non sono adatte" (comma 3). Fu proprio A.A., peraltro, ad avvitare la flangia all'estremità della condotta senza puntellarla (pag. 7 della sentenza di primo grado) ed egli era presente quando si verificò l'incidente, tanto da essere stato il primo a soccorrere l'infortunato (pag. 17 della sentenza impugnata).

La sentenza impugnata dà atto che D.D. si collocò in posizione pericolosa di propria iniziativa, ma sottolinea che A.A. - presente sul posto e tenuto a garantire la sicurezza di quel lavoratore (che operava nell'ambito dell'organizzazione della D.L.B.) - avrebbe dovuto fare in modo che nessuno potesse trovarsi di fronte alla tubatura e rischiare di essere colpito dalla flangia imprudentemente collocata a tapparne l'estremità. La motivazione è completa e scevra da profili di contraddittorietà e manifesta illogicità, tanto più alla luce delle conclusioni cui è giunto il perito chiamato, in sede di incidente probatorio, a compiere una valutazione tecnica della vicenda. Ed invero -come emerge dalla lettura della sentenza di primo grado (pag. 8 della motivazione) - il perito ha concluso: che la procedura prescelta per verificare la tenuta delle saldature era incongrua; che le flange furono utilizzate in modo inappropriato, per svolgere una funzione diversa da quella cui sono destinate; che era prevedibìle (ed anzi probabile) la proiezione a distanza delle flange, sfilatesi dal tubo a causa della pressione dell'aria insufflata nell'impianto.

2.2. Per quanto riguarda la pretesa abnormità della condotta del lavoratore, desumibile, secondo il ricorrente, dal fatto che le tecniche di collaudo previste dal capitolato di appalto erano diverse rispetto a quelle che furono seguite al momento dell'infortunio, basta osservare: in primo luogo, che l'operazione in corso non era un collaudo in senso tecnico atteso che, come i giudici di merito hanno chiarito, si trattava di un controllo in corso d'opera della idoneità della saldature già eseguite; in secondo luogo, che A.A., oltre ad essere informato delle modalità operative prescelte, aveva contribuito ad attuarle; in terzo luogo, che, essendo direttore tecnico della ditta, egli sapeva bene che il POS predisposto dalla D.L.B. non conteneva una "valutazione del rischio connesso alle attività di controllo delle saldature dei tubi" (pag. 12 della sentenza di primo grado).

Si deve ricordare allora che, per giurisprudenza costante, un comportamento, anche avventato, del lavoratore, se realizzato mentre egli è dedito al lavoro affidatogli, può essere invocato come imprevedibile o abnorme solo se il soggetto titolare della posizione di garanzia ha adempiuto a tutti gli obblighi che gli sono imposti in materia di sicurezza sul lavoro (Sez. 4, n. 12115 del 03/06/1999, Grande A., Rv. 214999; Sez. 4, n. 1588 del 10/10/2001, Russello, Rv. 220651; Sez. 4, n. 22249 del 14/03/2014, Enne, Rv. 259227; Sez. 4, n. 16397 del 05/03/2015, Guida, Rv. 263386). A questo proposito, la giurisprudenza più recente ha opportunamente sottolineato che, "in tema di prevenzione antinfortunistica, perché la condotta colposa del lavoratore possa ritenersi abnorme e idonea ad escludere il nesso di causalità tra la condotta del datore di lavoro e l'evento lesivo, è necessario non tanto che essa sia imprevedibile, quanto, piuttosto, che sia tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia" (Sez. 4, n. 7012 del 23/11/2022, dep. 2023, Cimolai, Rv. 284237; Sez. 4, n. 33976 del 17/03/2021, Vigo, Rv. 281748; Sez. 4, n. 5794 del 26/01/2021, Chierichetti, Rv. 280914). Ponendosi in questa prospettiva si è affermato che il comportamento negligente, imprudente e imperito tenuto dal lavoratore nello svolgimento delle mansioni a lui affidate può costituire concretizzazione di un "rischio eccentrico", con esclusione della responsabilità del garante, solo se questi "ha posto in essere anche le cautele che sono finalizzate proprio alla disciplina e governo del rischio di comportamento imprudente, così che, solo in questo caso, l'evento verificatosi potrà essere ricondotto alla negligenza del lavoratore, piuttosto che al comportamento del garante" (Sez. 4, n. 27871 del 20/03/2019, Simeone, Rv. 276242). Nel caso di specie, la circostanza che, pur avendo assunto il compito di predisporre un impianto di teleriscaldamento la cui realizzazione implicava lavori di saldatura, la D.L.B. non avesse valutato i rischi connessi alla esecuzione di questi lavori e il POS fosse silente sul punto, rende evidente che nessuna cautela era stata adottata per governare il rischio della imprudente esecuzione dei compiti assegnati al saldatore. Non si può ignorare peraltro che, come la sentenza impugnata ha sottolineato (pag. 17), l'attività di verifica della tenuta delle saldature fu eseguita da D.D. in collaborazione con A.A.

3. Il primo motivo del ricorso proposto nell'interesse di B.B. e il primo motivo del ricorso proposto nell'interesse di C.C. possono essere esaminati congiuntamente perché, pur muovendo da prospettive diverse, trattano le medesime questioni.

Le sentenze di primo e secondo grado riferiscono:

- che B.B. era coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione e coordinatore per la sicurezza in fase esecutiva; -che tali incarichi gli furono conferiti da Scipione, legale rappresentante della "Valserenia Srl", rispettivamente il 10 ottobre 2008 e il 15 ottobre 2009;

- che la "Valserenia Srl" stipulò con la ditta D.L.B. due successivi contratti di appalto.

Il primo contratto di appalto tra la Valserenia e la D.L.B. fu stipulato il 16 novembre 2009 e aveva ad oggetto l'esecuzione delle opere di urbanizzazione. Il secondo, stipulato il 19 aprile 2010, aveva ad oggetto la realizzazione della "rete di teleriscaldamento", comportava quindi la predisposizione e l'installazione di un sistema di tubature, interrate alla profondità di un metro/un metro e mezzo, che avrebbero fornito acqua calda e riscaldamento al complesso residenziale (pag. 7 della sentenza di primo grado). I contratti di appalto vietavano "la cessione o il subappalto anche parziale delle opere" della cui realizzazione la D.L.B. era stata incaricata. Nel mese di dicembre del 2009 fu predisposto il capitolato di appalto relativo ai lavori di posa in opera della rete di teleriscaldamento. In questo documento era previsto il collaudo della rete che doveva essere eseguito, in alternativa, mediante "esame visivo, esame con liquidi penetranti e/o polveri magnetiche, esame ultrasonico, esame radiografico" (pag. 16 della sentenza impugnata).

4. Ai sensi dell'art. 91 comma 1 D.Lgs. n. 81/08 "durante la progettazione dell'opera, e comunque prima della richiesta di presentazione delle offerte". il coordinatore per la progettazione deve redigere il piano di sicurezza e coordinamento di cui all'art. 100 del medesimo decreto. L'art. 100 D.Lgs. n. 81/08 stabilisce che il PSC sia costituito da una relazione tecnica e da "prescrizioni correlate alla complessità dell'opera da realizzare e alle eventuali fasi critiche del processo di costruzione, atte a prevenire o ridurre i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori".

I contenuti minimi del PSC sono specificati nell'allegato XV. Per quanto rileva in questa sede, l'allegato XV prevede: al punto 2.1.2., n. 3) lett. c), che il PSC debba contenere "una relazione concernente l'individuazione, l'analisi e la valutazione dei rischi concreti, con riferimento all'area ed alla organizzazione del cantiere, alle lavorazioni e alle loro interferenze"; al punto 2.1.2., n. 3) lett. d) n. 3), che nel PSC debbano essere indicate "le scelte progettuali ed organizzative, le procedure, le misure preventive e protettive" in riferimento alle lavorazioni ai sensi dei punti 2.2.3 e 2.2.4.

Il punto 2.2.3 stabilisce che il coordinatore per la progettazione debba suddividere le singole lavorazioni in fasi e sottofasi di lavoro e debba effettuare l'analisi dei rischi presenti "con riferimento all'area e all'organizzazione del cantiere, alle lavorazioni e alle loro interferenze", ad esclusione dei rischi "specifici propri dell'attività dell'impresa". Il punto 2.2.4. parla di "scelte progettuali e organizzative, procedure, misure preventive e protettive richieste per eliminare o ridurre al minimo i rischi da lavoro" e di "misure di coordinamento" atte a realizzare i medesimi obiettivi.

Il PSC deve essere predisposto prima della richiesta di presentazione delle offerte. Ai sensi dell'art. 100, comma 2, D.Lgs. n. 81/08, infatti, esso "è parte integrante del contratto di appalto" e, ai sensi dell'art. 100, comma 3, i datori di lavoro delle imprese esecutrici e i lavoratori autonomi sono tenuti ad attuare ciò che vi è stato previsto.

Dalle sentenze di merito risulta che, il PSC predisposto da B.B. quale coordinatore della sicurezza in fase di progettazione non faceva menzione dei lavori di saldatura necessari alla realizzazione dell'impianto di teleriscaldamento (pag. 12 della motivazione della sentenza di primo grado). Da questa affermazione sembra si possa desumere che il PSC prendeva in considerazione i rischi connessi alle lavorazioni necessarie per la realizzazione dell'impianto di teleriscaldamento e non i rischi propri dei lavori di saldatura.

Non v'è dubbio che i lavori di saldatura fossero compresi tra le attività affidate in appalto alla D.L.B. consistenti nella realizzazione di un sistema di tubature. Il capitolato predisposto nel mese di dicembre del 2009 prevedeva le modalità di verifica e collaudo della rete di teleriscaldamento menzionando, tra le tecniche che potevano alternativamente essere seguite: l'esame visivo, l'esame con liquidi penetranti e/o polveri magnetiche, l'esame ultrasonico, l'esame radiografico (pag. 16 della sentenza impugnata).

A fronte di tali emergenze istruttorie, le sentenze di primo e secondo grado sostengono che il PSC predisposto da B.B. quale coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione avrebbe dovuto tenere conto del fatto che la realizzazione della rete di teleriscaldamento richiedeva attività di saldatura e lo svolgimento di tale attività implicava la verifica della corretta esecuzione tecnica delle saldature e della loro tenuta. Sostengono, inoltre, che B.B. aveva avuto il tempo di aggiornare il PSC con riferimento alle nuove lavorazioni perché il capitolato di appalto riguardante la realizzazione della rete di teleriscaldamento era stato predisposto nel mese di dicembre del 2009. Concludono che tale adeguamento sarebbe stato doveroso perché la procedura per l'assegnazione dell'appalto si era chiusa il 19 aprile 2010 con la stipula del contratto.

5. Ai sensi dell'art. 92 D.Lgs. n. 81/08, durante l'esecuzione dei lavori, il POS predisposto dalle imprese esecutrici deve essere considerato "come piano complementare di dettaglio del piano di sicurezza e coordinamento" previsto dall'art. 100 dello stesso decreto e il coordinatore per l'esecuzione dei lavori nominato dal committente ha l'obbligo di assicurare "la coerenza" tra il POS e il PSC e di adeguare il PSC "in relazione all'evoluzione dei lavori ed alle eventuali modifiche intervenute, valutando le proposte delle imprese esecutrici dirette a migliorare la sicurezza in cantiere".

Nel caso di specie - come le sentenze di primo e secondo grado concordemente riferiscono - il POS predisposto dalla D.L.B. era del tutto carente quanto alle modalità di esecuzione dei lavori di saldatura e non faceva menzione delle operazioni di verifica e collaudo delle saldature stesse, pure previste nel capitolato di appalto.

La sentenza impugnata sottolinea che il contratto di appalto per la realizzazione della rete di teleriscaldamento era stato stipulato il 19 aprile 2010, ma, già il 9 aprile, B.B. aveva preso parte a un sopralluogo (cui era presente anche A.A.) nel corso del quale "si era proceduto ad una dimostrazione pratica inerente al metodo di ripristino dell'isolamento nelle zone di giunzione delle tubazioni in acciaio per il teleriscaldamento". La necessità di adeguare il POS della D.L.B. alle necessità connesse alla nuova lavorazione, dunque, era nota al coordinatore. Tuttavia, dal 9 aprile (quando il nuovo contratto di appalto fu stipulato) allo giugno 2010 (quando si verificò l'infortunio) B.B. non chiese alla D.L.B. di integrare il POS facendo riferimento ai lavori di saldatura e non adeguò il PSC alle esigenze connesse a queste specifiche lavorazioni. Secondo i giudici di merito, tale omissione ebbe rilevanza causale rispetto all'infortunio perché determinò una situazione di incertezza riguardo alle modalità di esecuzione delle verifiche sulla tenuta dell'impianto e rese possibile che questa verifica fosse eseguita con modalità pericolose.

6. La giurisprudenza di questa Corte ha progressivamente precisato il ruolo del coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione e in fase di esecuzione nell'ambito dei cantieri che, come quello nel quale si verificò l'infortunio, prevedano la presenza di più imprese esecutrici.

Si è osservato in proposito che, in base ai punti 2.2.1. e 2.2.2. dell'allegato XV al D.Lgs. n. 81/08, al coordinatore per la progettazione spetta il compito di individuare, analizzare e valutare i rischi connessi alle caratteristiche dell'area di cantiere e all'organizzazione del cantiere stesso Ce tale valutazione viene compiuta con la redazione del Piano di Sicurezza e Coordinamento), mentre al coordinatore per l'esecuzione compete l'organizzazione del cantiere anche alla luce del concreto evolversi delle lavorazioni e, quindi, l'adeguamento del Piano (sull'argomento: Sez. 4, n. 10181 del 10/12/2020, dep. 2021, Marulli, Rv. 280955). Nel caso di specie, B.B. rivestiva entrambe le qualifiche e in relazione ad entrambe è stato valutato inadempiente ai propri obblighi.

La sentenza impugnata sostiene che il PSC predisposto da B.B. quale coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione non menzionava le modalità di controllo delle saldature e avrebbe dovuto farlo perché B.B. sapeva che la realizzazione della rete di teleriscaldamento richiedeva attività di saldatura. Non spiega, però: se i lavori per la realizzazione dell'impianto di teleriscaldamento furono del tutto ignorati nel PSC o B.B., quale coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione e di esecuzione, omise di valutare i rischi connessi alle attività di saldatura; oppure se - come sostiene il ricorrente - i rischi non valutati furono solo quelli propri delle attività di collaudo (in tesi difensiva ancora non affidate in appalto).

La sentenza impugnata sostiene, inoltre, che B.B. si rese inadempiente agli obblighi di coordinatore per la sicurezza in fase esecutiva perché si rese inadempiente ai compiti di vigilanza che conseguono a questo ruolo: non verificò che il POS della D.L.B. fosse integrato con una specifica indicazione delle procedure cui attenersi per svolgere i lavori di saldatura e verificarne la tenuta; non aggiornò il PSC con riferimento a tali lavorazioni.

7. Nel definire il ruolo che il coordinatore della sicurezza deve svolgere nei cantieri temporanei o mobili di cui all'art. 89, comma l, lett. a) D.Lgs. n. 81/08, la giurisprudenza di legittimità ha sottolineato che la posizione di garanzia ricoperta da questa figura si affianca a quella degli altri soggetti destinatari della normativa antinfortunistica.

Con specifico riferimento alla figura del coordinatore della sicurezza in fase di esecuzione si è osservato che, al soggetto che riveste tale qualifica spettano "compiti di "alta vigilanza", consistenti: a) nel controllo sulla corretta osservanza, da parte delle imprese, delle disposizioni contenute nel piano di sicurezza e di coordinamento, nonché sulla scrupolosa applicazione delle procedure di lavoro a garanzia dell'incolumità dei lavoratori; b) nella verifica dell'idoneità del piano operativo di sicurezza (POS) e nell'assicurazione della sua coerenza rispetto al piano di sicurezza e coordinamento; c) nell'adeguamento dei piani in relazione all'evoluzione dei lavori ed alle eventuali modifiche intervenute, verificando, altresì, che le imprese esecutrici adeguino i rispettivi POS" (Sez. 4, n. 45862 del 14/09/2017, Prina, Rv. 271026; Sez. 4, n. 44977 del 12/06/2013, Lorenzi, Rv. 257167).

Muovendosi all'interno di queste coordinate ermeneutiche, si è precisato che il coordinatore opera attraverso procedure e ha un potere-dovere di intervento diretto solo quando constata una situazione di pericolo grave ed imminente nel qual caso può sospendere le singole lavorazioni (art. 92, co. 1 lett. f) D.Lgs. n. 81/2008). Si è aggiunto: "che il coordinatore per l'esecuzione identifica momenti topici delle lavorazioni e predispone attività che assicurino rispetto ad esse l'attuazione dei piani "attraverso la mediazione dei datori esecutori""; che egli "non può esimersi dal prevedere momenti di verifica della effettiva attuazione di quanto esplicato e previsto"; che, tuttavia, queste azioni di verifica non possono essere quotidiane e devono avere "una periodicità significativa e non burocratica (cioè dettata da necessità che risultino idonee allo scopo e non routinarie)". Si è sottolineato, inoltre, che l'accertamento giudiziale volto a valutare eventuali responsabilità del coordinatore, non deve "ricercare i segni di una presenza diuturna, ma le tracce delle azioni di coordinamento, di informazione, di verifica, e la loro adeguatezza sostanziale" (Sez. 4, n. 3288 del 27/09/2016, dep. 2017, Bellotti, Rv. 269046, pago 9 della motivazione).

7.2. Nell'indicare i contenuti minimi del PSC, il legislatore ha individuato le aree di interesse del Piano che deve riguardare: i rischi connessi all'area di cantiere (punto 2.2.1.); i rischi connessi all'organizzazione del cantiere (punto 2.2.2.); i rischi connessi alle lavorazioni, nei quali sono compresi i rischi da interferenze (punto 2.2.3.). Ne consegue che il coordinatore ha il compito di prendere in considerazione le fonti di pericolo rappresentate: dall'ambiente di lavoro, dal modo in cui nel cantiere sono organizzate le attività, dalle procedure lavorative e dalla convergenza in cantiere di più imprese. In questa prospettiva, si può affermare che l'area di rischio da lui governata è quella che attiene alla conformazione generale delle lavorazioni e, nel governarla, egli deve tenere conto del luogo nel quale il cantiere si sviluppa, della sua organizzazione, delle attività che devono esservi svolte e delle loro reciproche interferenze.

L'allegato XV precisa che "il coordinatore per la progettazione suddivide le singole lavorazioni in fasi di lavoro e, quando la complessità dell'opera lo richiede, in sottofasi di lavoro, ed effettua l'analisi dei rischi presenti, con riferimento all'area e alla organizzazione del cantiere, alle lavorazioni e alle loro interferenze", ad esclusione dei rischi "specifici propri dell'attività dell'impresa". Questi "rischi specifici", dunque, non sono compresi tra quelli che il coordinatore è tenuto a governare.

Nella fase della esecuzione, il sistema delineato dal legislatore prevede che il datore di lavoro ponga a disposizione del coordinatore per la sicurezza le informazioni necessarie a un'adeguata valutazione dei rischi che l'attività svolta dalla sua impresa determina sull'organizzazione del cantiere. Ricevute tali informazioni, il coordinatore per l'esecuzione deve individuare le misure necessarie a fronteggiare quei rischi e verificarne la concreta attuazione. A valle di tali adempimenti, il datore di lavoro rimane esclusivo dominus del rischio inerente alle attività che è chiamato ad eseguire sulla base del contratto di appalto.

Nel delineare la nozione di rischio specifico rilevante ai sensi della normativa in esame, si è affermato che "la specificità del rischio non è data dalla maggiore o minore difficoltà di esecuzione della lavorazione, ma dalla riconduzione di essa all'attività per la quale si è fatto ricorso alla ditta esecutrice o, invece, alla sua inerenza alla conformazione generale del cantiere" (Sez. 4, n. 3288 del 27/09/2016, dep. 2017, Bellotti, Rv. 269046, pag. 14 della motivazione). Le indicazioni contenute nell'allegato XV al D.Lgs. n. 81/08 dimostrano, infatti, che il coordinatore per la sicurezza deve prendere in esame i rischi propri delle lavorazioni eseguite da ciascuna impresa quando questi rischi si riverberano sull'area di cantiere, sull'organizzazione dello stesso oppure interferiscono su altre lavorazioni o sulle attività di altre imprese. Ne consegue che "quando uno di quei rischi attiene strettamente alla singola lavorazione, va considerato rischio specifico" (in tal senso V. ancora Sez. 4, n. 3288 del 27/09/2016, dep. 2017, Bellotti, Rv. 269046, pago 14 della motivazione).

8. Come si è detto la sentenza impugnata non ha chiarito quali fossero esattamente le carenze del PSC e se tali carenze si riferissero alle attività di saldatura o, più genericamente, all'insieme dei lavori per la realizzazione della rete di teleriscaldamento. Non ha spiegato, inoltre, per quali ragioni, nel caso concreto, il rischio derivante dalla verifica della tenuta delle saldature riguardava la conformazione e l'organizzazione generale del cantiere e, pertanto, atteneva all'area di competenza del coordinatore. Il governo del rischio connesso all'esecuzione dei lavori di saldatura, dunque, è stato attribuito a B.B. solo perché la realizzazione della rete di teleriscaldamento prevedeva lavori di saldatura e la verifica della corretta esecuzione di quei lavori era compresa tra le attività che la D.L.B. aveva ricevuto in appalto.

A ciò deve aggiungersi che, in nessuna parte della sentenza impugnata (e neppure nella sentenza di primo grado), si sostiene che l'obbligo di adeguamento del PSC in fase di progettazione e in fase esecutiva fosse conseguenza dell'affidamento dei lavori di saldatura a una impresa artigiana. Nel caso di specie, infatti, l'obbligo di valutare il rischio interferenziale o da organizzazione non può essere fatto automaticamente discendere dalla constatazione che la D.L.B. aveva affidato i lavori di saldatura a un lavoratore artigiano operante in subappalto perché, come i giudici di merito riferiscono, il subappalto era espressamente vietato e dalle sentenze non emerge che B.B. e C.C. fossero stati informati dalla D.L.B. che tale divieto era stato violato.

Per quanto esposto, il primo motivo del ricorso proposto nell'interesse di B.B. è fondato. Di conseguenza è fondato anche il primo motivo del ricorso proposto nell'interesse di CC che è stato ritenuto responsabile della morte di D.D. per non aver vigilato sul corretto adempimento da parte di B.B. dei compiti assunti. I restanti motivi dei ricorsi proposti da B.B. e C.C. sono assorbiti.

8. In sintesi, e conclusivamente, la sentenza impugnata deve essere annullata nei confronti di B.B. e C.C. con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Perugia. Deve essere invece dichiarato inammissibile il ricorso proposto da A.A. e tale inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Tenuto conto della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000 e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che A.A. non versasse in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, a norma dell'art. 616 cod. proc. pen., deve essere disposto a suo carico l'onere di versare la somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende, così determinata in considerazione delle ragioni di inammissibilità.

 

P.Q.M.


Annulla la sentenza impugnata nei confronti di B.B. e C.C. con rinvio l per nuovo giudizio alla Corte di appello di Perugia. Dichiara inammissibile il ricorso proposto da A.A. che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 13 marzo 2024.

Depositata in Cancelleria il 29 maggio 2024.