Cassazione Penale, Sez. 4, 05 giugno 2024, n. 22586 - Infortunio con il carrello elevatore: mancata formazione. Responsabilità amministrativa dell'impresa
- Informazione, Formazione, Addestramento
- Macchina ed Attrezzatura di Lavoro
- MOG e Responsabilità amministrativa dell'impresa
"Coerente appare la conclusione cui sono pervenuti entrambi i giudici del merito che, qualora il datore di lavoro avesse formato e informato il lavoratore sull'uso del carrello, conformemente al manuale d'uso dello stesso, questi, con alta probabilità logica, avrebbe posizionato il carrello in senso longitudinale rispetto alla scaffalatura e l'infortunio non si sarebbe verificato."
"In sostanza, l'evento si è verificato perché il carrello era posizionato diversamente rispetto alle prescrizioni del manuale d'uso e per il malfunzionamento dei comandi di direzione, ma non si sarebbe verificato se, nonostante detto malfunzionamento, il carrello fosse stato rettamente posizionato, di talché a norma del I comma dell'art. 40 cod. pen., detto concorso di cause simultanee non esclude il rapporto di causalità tra l'omissione e l'evento."
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta da:
Dott. SERRAO Eugenia - Presidente -
Dott. PEZZELLA Vincenzo - Relatore -
Dott. RANALDI Alessandro - Consigliere
Dott. CENCI Daniele - Consigliere
Dott. RICCI Anna Luisa Angela - Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
TORTELLA Srl
avverso la sentenza del 10/07/2023 della CORTE APPELLO di L'AQUILA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere VINCENZO PEZZELLA;
Lette le conclusioni scritte per l'udienza senza discussione orale (art. 23 co. 8 d.l. 137/2020 conv. dalla l. n. 176/2020, come prorogato, in ultimo, ex art. 11, comma 7, d.l. 30 dicembre 2023, n.215, conv. dalla l. 23 febbraio 2024 n. 18) , del P.G., in persona del Sost. Proc. Gen. LUCIA ODELLO, che ha chiesto il rigetto del ricorso e la memoria di replica dell'Avv. Augusto La Morgia per la società ricorrente che ha insistito per l'accoglimento dello stesse.
Fatto
1. Con sentenza del 9 novembre 2020 il Tribunale di Chiesti in composizione monocratica, all'esito di giudizio ordinario, ebbe a dichiarare l'imputato A.A. colpevole del reato p. e p. dall'art. 590, commi 1, 2 e 3 in relazione all'art. 583, comma 1 nn. 1 e 2 cod. pen. perché in qualità di legale rappresentante della società "Tortella Srl", per colpa consistita in negligenza imprudenza ed imperizia ed in particolare per non avere formato ed informato il dipendente B.B. sul corretto uso del carrello elevatore "SAMAG - 2" (art. 71, comma 7, D.Lgs. 81/2008) e per avere permesso che il carrello venisse utilizzato in maniera difforme al manuale di uso e manutenzione che prescriveva l'applicazione di una protezione in corrispondenza del comando n. 3 volante guida, proprio il comando sul quale era poggiata la mano del B.B. al momento dell'infortunio (art. 71, comma 4, D.Lgs. 81/2008), cagionava a questo ultimo, che, impegnato a prelevare, con l'utilizzo del carrello elevatore, un contenitore riposto nella parte bassa di uno scaffale sito nel reparto Montaggio vangatrici, restava schiacciato con la mano sinistra contro lo scaffale, l'amputazione traumatica totale della falange del terzo dito della mano sinistra e lesioni personali della durata di 52 giorni, in Ortona il 2 settembre 2013.
Previa concessione delle circostanze attenuanti generiche valutate equivalenti alle contestate circostanze aggravanti, l'imputato venne condannato alla pena di mesi uno e giorni dieci di reclusione, oltre che al pagamento delle spese processuali, con i benefici della sospensione condizionale della pena e della non menzione della condanna.
Il giudice di primo grado ebbe anche a dichiarare la Tortella Srl, in persona del legale rappresentante p.t., responsabile dell'illecito amministrativo p. e p. dall'art. 25-septies, comma 3, D.Lgs. 08.06.2001 n. 231 perché violando le disposizioni di cui all'art. 71, commi 4 e 7, D.Lgs. 81/2008, non avendo formato ed informato il dipendente B.B. sull'utilizzo del carrello elevatore "SAMAG - 2" né avendo provveduto a proteggere il comando n. 3 del volante guida conformemente al manuale di uso e manutenzione, cagionava al B.B. l'amputazione traumatica totale della falange del terzo dito della mano sinistra e lesioni personali della durata di 52 giorni. In Ortona il 02.09.2013.
Alla società venne applicata la sanzione amministrativa pecuniaria pari a 26.000 euro e la sanzione dell'interdizione dall'esercizio dell'attività di costruzione e riparazione delle macchine agricole per la durata di giorni dieci.
Il primo giudice, ricostruita la dinamica dell'infortunio e dato atto che lo stesso era occorso in quanto la persona offesa B.B. aveva posizionato il rubricato carrello in maniera perpendicolare invece che in maniera parallela alla scaffalatura, il che, unitamente a un dedotto problema di malfunzionamento dei comandi, aveva comportato lo schiacciamento della mano sinistra contro detta scaffalatura, ha ritenuto che l'evento fosse eziologicamente connesso alla mancata formazione e informazione del lavoratore, che aveva partecipato a un unico corso formativo sull'uso dei carrelli elevatori nell'anno 2001, allorquando i carrelli erano diversi da quelli in uso all'atto dell'infortunio, corso che peraltro aveva riguardato esclusivamente i limiti di velocità nell'uso dei carrelli elevatori, la verifica dell'efficienza dei dispositivi di sicurezza e la responsabilità del carrellista.
In particolare, il tribunale ha evidenziato che il manuale d'uso del rubricato carrello, che neppure era stato posto in visione al dipendente infortunato, indicava chiaramente come lo stesso doveva essere posizionato rispetto alla scaffalatura (con la conseguenza che non era ravvisabile il profilo di colpa inerente all'omessa applicazione di una protezione in corrispondenza del comando n. 3 del volante guida, sul quale era poggiata la mano del B.B. al momento dell'infortunio, in quanto non necessaria nel caso di uso corretto del carrello) e che, al di là del malfunzionamento dei comandi di direzione del carrello, dedotto dalla persona offesa e dal teste d'accusa C.C., anch'egli addetto all'uso dei carrelli, ma non acclarato dai tecnici del Servizio di Prevenzione, la condotta doverosa omessa, ovvero la formazione sul corretto uso del carrello, avrebbe con ragionevole certezza evitato il verificarsi dell'evento.
Il primo giudice quindi, dato atto che gli obblighi formativi non sono esclusi né sono surrogabili dal bagaglio personale di conoscenza del lavoratore, ha confutato la tesi difensiva sulla cui scorta, a norma dell'art. 73, comma 5°, del D.Lgs. n. 81/2008, spettava alla Conferenza Permanente per i rapporti tra Stato e Regioni individuare le attrezzature di lavoro per le quali era prevista uria specifica abilitazione degli operatori, con la conseguenza che, essendo entrato in vigore detto accordo in data 12 marzo 2013, all'atto dell'infortunio non era ancora decorso il termine per adempiere all'obbligo di formazione specifica degli operatori destinati all'uso di dette attrezzature, osservando che la formazione specifica non poteva ritenersi sostitutiva di quella generica obbligatoria di cui agli artt. 71 e 73 del D.Lgs. n. 81/2008, costituendo un obbligo ulteriore.
Nello specifico della responsabilità amministrativa dell'ente odierno ricorrente, il primo giudice ne ha ritenuto la sussistenza, sulla scorta dei criteri di imputazione oggettiva rappresentati dall'interesse e dal vantaggio per la società della condotta del soggetto agente, ritenendo che la sistematica violazione della normativa inerente alla formazione e informazione dei dipendenti per un lasso temporale rilevante dovesse considerarsi deliberatamente attuata allo scopo di consentire all'ente un consistente risparmio di costi.
2. Sull'appello dell'imputato e del l.r.p.t. della società, con sentenza del 8 ottobre 2023, la Corte di Appello di L'Aquila ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di A.A. in ordine al reato ascrittogli per essersi lo stesso estinto per intervenuta prescrizione, mentre ha confermato la condanna della Tortella Srl
In sede di gravame del merito il difensore della Tortella Srl aveva formulato due motivi.
Con il primo motivo aveva invocato la "assoluzione" della propria assistita per insussistenza del reato presupposto, non essendo il fatto contestato previsto dalla legge come reato.
Al riguardo l'appellante aveva dedotto che, alla data del fatto, il datore di lavoro non era gravato dall'obbligo di formazione di cui all'art. 73, comma 5, del D.Lgs. n. 81/2008, non essendo ancora entrato in vigore l'accordo siglato nella Conferenza Permanente Stato-Regioni, e che, pertanto, la Tortella Srl. non aveva violato alcuna disposizione sulla formazione, sottolineando altresì che non si rinveniva alcun "punto del processo" nel quale fosse stato chiarito quale attività formativa avrebbe in concreto consentito di evitare l'evento.
Con il secondo motivo, il difensore dell'ente aveva sostenuto l'insussistenza dell'illecito amministrativo in ragione del difetto dei criteri di imputazione soggettiva dell'interesse e del vantaggio riferibili all'imputato, tenuto conto: 1. dell'intervenuta delega di funzioni al Consigliere D.D. anche in materia di prevenzione e sicurezza; 2. del fatto che la condotta omissiva contestata, ovvero la mancata formazione e informazione del dipendente sull'uso del carrello elevatore, non poteva dirsi certamente sistematica, essendosi tutt'al più trattato in una trasgressione isolata, "determinata dalla errata individuazione della data imposta per l'effettuazione degli obblighi formativi", a nulla potendo rilevare la protrazione dell'omissione, proprio perché fondata su un erroneo presupposto e non su una scelta deliberatamente attuata; 3. che, comunque, le risultanze dell'istruttoria dibattimentale non avevano consentito di ritenere accertato che l'imputato avesse omesso di formare e informare i dipendenti sull'uso del carrello allo scopo specifico di ottenere risparmi sui costi dell'impresa e che, quindi, la sua condotta fosse stata il frutto di una violazione deliberata delle regole cautelari finalizzata al perseguimento di un vantaggio della società piuttosto che, come sopra evidenziato, il risultato di errata considerazione delle misure da adottare e della normativa di riferimento; ciò aveva trovato conferma nel fatto che il primo giudice non era stato in grado di qualificare come consistente il risparmio del costo ai fini di disporre la confisca per equivalente.
3. Avverso la sentenza di secondo grado ha proposto ricorso per Cassazione, Tortella Srl, in persona del l.r.p.t., a mezzo del proprio difensore di fiducia, deducendo, i motivi, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall'art. 173, co. 1, disp. att., cod. proc. pen.
Con il primo motivo il ricorrente lamenta violazione del combinato disposto degli artt. 71 comma 7 e 73 comma 5 D.Lgs. 81/08 rispetto all'accordo raggiunto in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra Stato, Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano nonché per omessa, contraddittoria e parziale motivazione conseguente alla mancata valutazione del primo motivo d'appello nella parte in cui richiamava la vigenza temporale del predetto accordo secondo quanto stabilito dall'art. 13 dell'Allegato A al predetto accordo pubblicato sulla G.U. n. 60 dell'11.3.2012.
Il difensore ricorrente ricorda che nel proprio atto di appello la società ricorrente aveva censurato la sentenza di primo grado che aveva ritenuto sussistente il reato presupposto argomentando che, alla data dell'incidente occorso al dipendente B.B., la Tortella Srl non era gravata dell'obbligo formativo individuato nel capo di imputazione. In particolare, ivi si ricordava che il capo di imputazione focalizza la rilevanza penale dell'occorso sulla violazione degli obblighi formativi di cui all'art. 71, comma 7, D.Lgs. 81/08 rispetto all'utilizzo del carrello SMAG-2, sicché la corretta individuazione dei contenuti dell'obbligo di formazione gravante sul datore di lavoro sarebbe stata consequenziale all'applicazione dell'art. 73, comma 5, del medesimo decreto.
Secondo tale ultima disposizione, infatti, nell'ambito della Conferenza Stato-Regioni vengono individuati i macchinari il cui utilizzo richiede una formazione specifica o un'abilitazione del personale impiegato nel loro uso: rientrando la SMAG-2 di cui all'imputazione nell'elenco stilato nell'accordo raggiunto in seno alla predetta Conferenza, lo stesso accordo, secondo il costrutto difensivo, avrebbe dovuto costituire la fonte dell'obbligo di prevenzione dell'infortunio sul lavoro per cui è processo.
Ciò posto, nell'atto di appello si cercava di superare il costrutto di condanna del giudice di primo grado imperniato sulla distinzione fra formazione generale, di cui all'art. 71 D.Lgs. 81/08 e abilitazione di cui all'art. 73, comma 5, sottolineando come tale endiadi non permettesse, in ultima istanza, di comprendere i contenuti della formazione specialistica imposta dal macchinario di cui al capo di imputazione ed affermando, in ultima istanza, che senza rinvio alle determinazioni dell'accordo di cui all'art. 73, comma 5, non può comprendersi la specificità della macchina industriale in uso e, quindi, quale sia l'area di rischio rispetto alla quale debba essere "plasmata" l'attività formativa ed informativa del datore di lavoro.
Cosi chiarito il contesto normativo di riferimento, si ricordava che l'accordo di cui all'art. 73, comma 5, D.Lgs. 81/08 è pubblicato sulla G.U. n. 60 dell'11.3.2012 e, ai sensi dell'art. 13 dell'allegato A entra in vigore dopo 12 mesi dalla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
Aspetto di maggiore rilievo ai fini della decisione processuale - si sosteneva nel gravame - era rappresentato dall'art. 12 del medesimo allegato: "i lavoratori che alla data di entrata in vigore del presente accordo sono incaricati dell'uso delle attrezzature di cui al presente accordo (quelle che richiedono una formazione specifica), devono effettuare i corsi di che trattasi entro 24 mesi dall'entrata in vigore del presente accordo".
Ricordato che l'incidente sul lavoro si era verificato il 2 settembre 2013, si concludeva nel senso che per la Tortella Srl, a quella data, non era ancora scaduto il termine ultimo per impartire la formazione specifica pacificamente richiesta per l'uso del carrello elevatore "SAMAG 275.
Sul punto la Corte di appello aquilana, precisamente alla pagina 7 della sentenza gravata, riportate le disposizioni di cui agli art. 71 e 73, comma 5, del D.Lgs. 81/08 ha concluso che "dal combinato disposto di dette norme si ricava chiaro, come rettamente già ritenuto dal primo giudice, che la formazione specifica non può certo sostituire la formazione generica, sull'uso di ogni attrezzatura messa a disposizione del lavoratore tenuto conto, in primis, di quanto stabilito dal relativo manuale d'uso".
Ci si duole, tuttavia, che la Corte territoriale nulla abbia detto con riferimento all'inapplicabilità ratione temporis proprio dell'art. 73, comma 5, D.Lgs. 81/2008: e si ritiene che tale scelta motivazionale integri la violazione dell'art. 606, comma 1, lett. b) cod. proc. pen. perché oblitera l'esatta individuazione dei contenuti degli obblighi formativi necessari a comprendere la dinamica dell'occorso e, quindi, anche la rilevanza causale della asserita omissione formativa.
Ciò posto, per il ricorrente il profilo ora rilevato ridonda anche nel senso di una motivazione oggettivamente parziale perché, nonostante la specificità del motivo di appello, la Corte nulla ha risposto in proposito, ripiegando sul concetto di "formazione generica" senza essersi premurata di dimostrare la non pertinenza, al caso di specie, della disciplina che richiede una formazione specialistica e che, secondo quanto precedentemente osservato, poteva essere impartita anche in un tempo successivo all'occorso. Per tali motivi, si ritiene che il contestato illecito amministrativo, al pari del delitto presupposto, non sussista.
Con il secondo motivo si lamenta omessa, contraddittoria e parziale motivazione conseguente alla mancata valutazione dell'inferenza della delega delle funzioni riguardanti il settore dell'antinfortunistica al consigliere di amministrazione D.D. rispetto alla responsabilità amministrativa da reato.
Ricorda il difensore ricorrente come nell'atto di appello e in sede di conclusioni, l'ente ricorrente avesse rimarcato come, ratione temporis, l'incolpata si fosse organizzata nel senso di delegare, all'interno del Consiglio di amministrazione, la prevenzione degli infortuni sul lavoro non a A.A., bensì a D.D.. Si sottolineava, in particolare, che il pacifico indirizzo giurisprudenziale teso a riconoscere la responsabilità datoriale a tutti i componenti dell'organo amministrativo e non solo al singolo consigliere gravato di specifica delega non può essere applicato, sic et simpliciter, al "sistema normativo 231", dovendo, il processo penale, verificare se l'attività del singolo sia stata svolta con l'intenzione di far conseguire un'utilità economica alla Società.
La Corte territoriale - ci si duole - ha inteso superare il rilievo affermando che l'intenzionalità del risparmio, dal quale deriverebbe il vantaggio per la Società, sarebbe dimostrato dal fatto che quest'ultima avrebbe omesso non solo quella relativa al carrello oggetto del processo, ma la formazione in generale per oltre dodici anni. Ma tale valutazione giudiziale non sarebbe coerente con le risultanze probatorie esaminate nelle pagine 9 e 10 della sentenza impugnata perché le fonti orali ivi indicate contemplano affermazioni che si riferiscono solo alla fattispecie per cui è processo, integrata in un momento storico nel quale la persona fisica individuata come autore del reato presupposto non era la persona delegata alla prevenzione infortunistica.
Deve concludersi, allora, secondo la tesi proposta in ricorso, che l'esatta individuazione dell'autore del delitto presupposto è necessaria a comprendere l'intenzionalità della società - organizzatasi nel senso di individuare un componente del CdA delegato rispetto a tale settore di competenza - di perseguire il vantaggio asseritamente ottenuto dall'omissione della formazione specifica che. avrebbe impedito il verificarsi del delitto, non potendosi affermare l'irrilevanza del tema in base all'assunto per il quale l'asserita dimostrazione del mancato adempimento dell'obbligo di formazione generica sia sufficiente a far ritenere provato il vantaggio dell'ente.
Chiede, pertanto, l'annullamento della sentenza impugnata.
3. Le parti hanno reso conclusioni scritte come riportato in epigrafe.
Diritto
1. I motivi sopra illustrati, che per lo più si sostanziano nella riproposizione delle medesime doglianze già sollevate in appello, senza che vi sia un adeguato confronto critico con le risposte a quelle fornite dai giudici del gravame del merito, sono infondati.
Per contro, l'impianto argomentativo del provvedimento impugnato appare puntuale, coerente, privo di discrasie logiche, del tutto idoneo a rendere intelligibile l'iter logico-giuridico seguito e perciò a superare lo scrutinio di legittimità, avendo i giudici di secondo grado preso in esame le deduzioni difensive ed essendo pervenuti alle loro conclusioni attraverso un itinerario logico-giuridico in nessun modo censurabile, sotto il profilo della razionalità, e sulla base di apprezzamenti di fatto non qualificabili in termini di contraddittorietà o di manifesta illogicità e perciò insindacabili in sede di legittimità.
Ne deriva che il proposto ricorso va rigettato.
2. Il ricorso, in concreto, non si confronta adeguatamente con la motivazione della corte di appello, che appare logica e congrua, nonché corretta in punto di diritto - e pertanto immune da vizi di legittimità.
Il provvedimento impugnato ha fatto corretta applicazione del principio secondo cui, in tema di responsabilità degli enti in presenza di una declaratoria di prescrizione del reato presupposto, ai sensi del D.Lgs. n. 231 del 2001, art. 8, co. 1, lett. b), il giudice deve procedere all'accertamento autonomo della responsabilità amministrativa della persona giuridica nel cui interesse e per il cui vantaggio l'illecito fu commesso che, però, non può prescindere da una verifica, quantomeno incidentale, della sussistenza del fatto di reato (Sez. 4, n. 22468 del 18/04/2018, Eurocos Snc, Rv. 273399; Sez. 6, n. 21192 del 25/01/2013, Barla, Rv. 255369).
Come ricordato in premessa, lamenta la società ricorrente con il primo motivo violazione di legge in relazione al combinato disposto degli artt. 71, comma 7, e 73, comma 5, D.Lgs. 81/08 rispetto all'accordo raggiunto in sede di conferenza permanente per i rapporti tra Stato, Regioni e province autonome di Trento e Bolzano, nonché vizio di motivazione conseguente alla omessa valutazione del primo motivo d'appello nella parte in cui richiamava la vigenza temporale del predetto accordo.
Ebbene, il profilo è infondato in quanto la Corte territoriale, a confutazione dell'identico motivo sollevato in appello, ha rilevato come la eventuale formazione specifica impartita al dipendente circa l'uso del macchinario non esimeva dall'offrire una formazione generica, nella specie, all'evidenza, assente; la motivazione appare, perciò, adeguata, e resiste alle reiterate censure difensive.
Come si legge nella sentenza impugnata, già il primo giudice, dato atto che gli obblighi formativi non sono esclusi né sono surrogabili dal bagaglio personale di conoscenza del lavoratore, ha confutato la tesi difensiva secondo cui, a norma dell'art. 73, comma 5, D.Lgs. 81/2008, spettava alla Conferenza Permanente per i rapporti tra Stato e Regioni individuare le attrezzature di lavoro per le quali era prevista una specifica abilitazione degli operatori, con la conseguenza che, essendo entrato in vigore detto accordo solo in data 12 marzo 2013, all'atto dell'infortunio non era ancora decorso il termine per adempiere all'obbligo di formazione specifica degli operatori destinati all'uso di dette attrezzature, osservando che la formazione specifica non poteva ritenersi sostitutiva di quella generica obbligatoria di cui agli artt. 71 e 73 del D.Lgs. n. 81/2008, costituendo un obbligo ulteriore.
Correttamente la Corte territoriale rileva che neppure l'ultradecennale esperienza alla guida di carrelli da parte della persona offesa poteva sopperire al difetto di formazione, avendo al riguardo la giurisprudenza di legittimità chiarito e ribadito che in terna di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori, l'attività di formazione e informazione del lavoratore non è esclusa dal personale bagaglio di conoscenze del medesimo, formatosi per effetto di pregresse esperienze lavorative o per il trasferimento di conoscenze che comunemente si realizza nella collaborazione tra lavoratori, atteso che questo tipo di apprendimento non può avere un valore surrogatorio delle attività di informazione e di formazione legislativamente previste.
Quanto ai profili di colpa posti a base del reato di lesioni colpose pluriaggravate contestate all'imputato A.A., si ricorda in sentenza che l'editto accusatorio fa esplicito riferimento alla colpa generica, sub specie di imprudenza, negligenza e imperizia, nonché alla colpa specifica, indicando i commi 4 e 7 dell'art. 71 del D.Lgs. n. 81/2008 nonché, in particolare, l'avere permesso che il carrello di cui all'imputazione venisse utilizzato in maniera difforme rispetto a quanto previsto dal manuale d'uso e manutenzione, anche se individuando un profilo di detta difformità (ovvero l'avere omesso una protezione in corrispondenza del comando 3 volante guida) in luogo di quello accertato e ritenuto dal primo giudice (ovvero l'avere posizionato il carrello in senso verticale anziché longitudinale rispetto alla scaffalatura).
Rilevano i giudici marchigiani che tale ultimo profilo risulta evidenziato sin dalla "Comunicazione Informativa" del Dipartimento prevenzione, U.O. Servizio Prevenzione e Sicurezza degli Ambienti di Lavoro, della ASL 02 Lanciano-Vasto-Chieti, in data 27/3/2014, acquisita a norma dell'art. 493, comma 3, cod. proc. pen., in cui si dà atto della riscontrata violazione dell'art. 71, comma 4, del D.Lgs. n. 81/2008, per l'acclarato utilizzo del carrello in maniera difforme rispetto al manuale d'uso, e come al riguardo abbia specificatamente deposto il teste E.E., in servizio a detta U.O., di talché l'imputato A.A. e la Tortella Srl hanno sicuramente avuto la possibilità concreta ed effettiva di articolare le loro argomentazioni sul punto e nessun pregiudizio ne è pertanto derivato per l'esercizio del diritto di difesa.
Ricordate le previsioni di cui all'art. 73 in tema di informazione, formazione e addestramento e quella di cui all'art. 71 quanto agli obblighi del datore di lavoro, con motivazione logica e congrua, i giudici del gravame del merito rilevano come dal combinato disposto di dette norme sia chiaro che la formazione specifica non può certo sostituire la formazione generica, sull'uso di ogni attrezzatura messa a disposizione del lavoratore tenuto conto, in primis, di quanto stabilito dal relativo manuale d'uso.
Concordemente, entrambi i giudici di merito rilevano come sia provata l'assenza di corsi di formazione, in generale, dall'anno 2001 all'atto dell'infortunio e, a fortiori, quella sull'uso del carrello, acquistato nel 2010. E che è altrettanto provato sia che detto carrello veniva utilizzato dagli operatori in maniera differente rispetto a quanto prescritto dal manuale d'uso, ossia posizionandolo in senso verticale anziché longitudinale rispetto alla scaffalatura.
Che detto utilizzo fosse una prassi e non una evenienza eccezionale - si legge in sentenza - trova certa conferma nel fatto che a seguito dell'infortunio occorso a B.B. fu applicata una protezione in corrispondenza del comando n. 3 del volante guida, ovvero proprio il comando sul quale era poggiata la mano del B.B. al momento dell'infortunio, protezione del tutto inutile se il carrello fosse stato utilizzato in conformità a quanto disposto dal manuale d'uso. Del pari appare evidente per i giudici del gravame del merito che il manuale d'uso, nel prescrivere la posizione del carrello in senso longitudinale piuttosto che verticale rispetto alla scaffalatura, stabilisce una regola a cautela del lavoratore in quanto ciò dispone proprio al fine di evitare che il carrello subisca deviazioni verso la scaffalatura pericolose per l'incolumità del lavoratore.
Coerente pertanto appare la conclusione cui sono pervenuti entrambi i giudici del merito che, qualora il datore di lavoro avesse formato e informato il lavoratore sull'uso del carrello, conformemente al manuale d'uso dello stesso, questi, con alta probabilità logica, avrebbe posizionato il carrello in senso longitudinale rispetto alla scaffalatura e l'infortunio non si sarebbe verificato. Ciò pur considerato il malfunzionamento dei comandi di direzione del carrello, su cui hanno conformemente e chiaramente deposto la persona offesa e il teste d'accusa C.C. - anche se non riscontrato dal teste E.E., che però svolse i propri accertamenti solo il successivo 28 febbraio 2014, quasi sei mesi dopo l'infortunio - non potendo all'evidenza detto mal funzionamento essere stato da solo sufficiente a determinare l'evento e ad escluderne il nesso causale con la condotta omissiva colposa del datore di lavoro.
In sostanza, l'evento si è verificato perché il carrello era posizionato diversamente rispetto alle prescrizioni del manuale d'uso e per il malfunzionamento dei comandi di direzione, ma non si sarebbe verificato se, nonostante detto malfunzionamento, il carrello fosse stato rettamente posizionato, di talché a norma del I comma dell'art. 40 cod. pen., detto concorso di cause simultanee non esclude il rapporto di causalità tra l'omissione e l'evento.
3. Infondato è anche il secondo motivo di ricorso, con cui l'ente ricorrente lamenta vizio di motivazione in ordine alla mancata valutazione dell'inferenza della delega delle funzioni riguardanti il settore dell'antinfortunistica.
Ed invero, anche questo profilo ha trovato puntuale e logica confutazione nel provvedimento in esame, che ha messo in luce come la delega (solo nel maggio 2013) al responsabile della sicurezza non esime dalla responsabilità il predecessore, a fronte di una situazione di rischio per i lavoratori a quest'ultimo riconducibile, nella assenza di tempo utile all'assolvimento degli obblighi in capo al delegato.
Come si ricorda in sentenza, già il primo giudice, ha valutato irrilevante il comportamento imprudente tenuto dal lavoratore ai fini della responsabilità datoriale in quanto conseguenza diretta e prevedibile dell'omessa formazione e informazione. E quanto poi alla riferibilità del fatto al A.A., ha ritenuto non dirimente il comprovato conferimento delle funzioni amministrative dell'area produttiva al consigliere di amministrazione D.D., con conseguenti autonomia e discrezionalità in ordine agli acquisti, alla predisposizione degli impianti, dei macchinari e delle lavorazioni, nel rispetto di tutte le norme di sicurezza e prevenzione, ivi ricompreso il compito di provvedere ai programmi di formazione e informazione dei lavoratori in tema di sicurezza. Ciò sia in quanto nelle società di capitali gli obblighi inerenti alla prevenzione degli infortuni gravano indistintamente su tutti i componenti del collegio di amministrazione, con la conseguenza che la delega di gestione ad uno degli amministratori anche qualora, come nella specie, comprensiva dei poteri di deliberazione e spesa, avrebbe potuto ridurre la portata della posizione di garanzia ma non escluderla, non potendo essere trasferiti i doveri di controllo sul generale andamento della gestione e di intervento sostitutivo nel caso di mancato esercizio della delega, sia in quanto detto conferimento di poteri era intervenuto solo nel maggio 2013, pochi mesi prima dell'infortunio, mentre l'imputato aveva costantemente esercitato la sua qualità di presidente del consiglio di amministrazione e amministratore delegato della Torella Srl, omettendo per ben dodici anni di effettuare detta'formazione.
E anche per i giudici di appello l'evento va riferito (anche) all'odierno imputato, atteso che lo stesso dalla lettura della visura camerale di tipo storico della Tortella Srl risulta avere svolto il ruolo di presidente del consiglio di amministrazione per i dodici anni intercorsi tra l'ultimo succitato corso di formazione e l'evento, di tal che non può certo valere ad escluderne la paternità del fatto la circostanza che solo dal mese di maggio 2013 fosse stata conferita la già indicata delega di funzioni al Consigliere D.D., ricomprendente anche la materia di prevenzione e sicurezza. E ciò nel solco dell'insegnamento per cui, in tema di infortuni sul lavoro, in caso di subentro di un soggetto nella posizione di garanzia, a fronte di una situazione di rischio per i lavoratori riconducibile alla condotta attiva del predecessore, è configurabile sia la responsabilità di quest'ultimo, sia la responsabilità del nuovo garante per non avere assolto al proprio obbligo, qualora ne abbia avuto il tempo sufficiente.
D'altro canto, come costantemente affermato da questa Corte (Sez. 4, n. 22147 del 11/02/2016, Rv. 266859 - 01) in tema di infortuni sul lavoro, il conferimento a terzi della delega relativa alla redazione del documento di valutazione dei rischi, non esonera il datore di lavoro dall'obbligo di verificarne l'adeguatezza e l'efficacia, di informare i lavoratori dei rischi connessi ai lavori in esecuzione e di fornire loro una formazione sufficiente e adeguata in materia di sicurezza e salute, con particolare riferimento al proprio posto di lavoro e alle proprie mansioni.
4. La Corte aquilana ha motivatamente confutato anche la tesi - riproposta in questa sede - secondo cui l'omissione di formazione e informazione dei lavoratori non potrebbe qualificarsi "sistematica", essendosi tutt'al più trattato in una trasgressione isolata, "determinata dalla errata individuazione della data imposta per l'effettuazione degli obblighi formativi", con la conseguenza che a nulla potrebbe rilevare la protrazione dell'omissione, in quanto fondata su un erroneo presupposto e non su una scelta deliberata.
Come si rileva correttamente in sentenza, posto che il comma 7 dell'art. 71 e il comma 5 dell'art. 77 del D.Lgs. n. 81/2008 sono stati modificati dal D.Lgs. n. n. 106/2009, dalla congiunta valutazione delle acquisite prove orali e documentali emerge chiara la carenza di formazione e informazione non solo con riferimento al carrello di cui all'imputazione.
Si ricorda nel provvedimento impugnato che, in particolare, il teste d'accusa B.B. ha riferito: di essere stato dipendente della Tortella Srl dal 27-3-1983; che i carrelli erano più volte stati sostituiti negli anni; che mai i dipendenti erano stati informati del funzionamento di detti carrelli, benché diversi l'uno dall'altro; di avere capito il funzionamento degli stessi "a intuito". E: il teste d'accusa C.C., poi, ha riferito genericamente di corsi sulla sicurezza organizzati da "A.A." "un po' alla lunga, perché la sicurezza te' nu costo".
Per contro, viene evidenziato che nemmeno la difesa, attraverso i propri testi F.F. e G.G., è riuscita nell'intento di dimostrare il contrario in quanto: 1. il teste F.F., "collaboratore esterno" della Tortella Srl, dopo avere riferito di avere tenuto i corsi formativi nelle date del 30-11-2000 e 15-3-2001, su domanda suggestiva del difensore della Tortella Srl, ("se un dipendente aveva necessità, per esempio, di acquisire informazioni sull'utilizzo di strumenti di lavoro oppure se veniva introdotto nel ciclo produttivo della fabbrica un nuovo macchinario che necessitava di una specializzazione particolare o insomma di una istruzione particolare al dipendente che doveva utilizzare il macchinario, lei interveniva, ha fatto questo tipo di prestazioni oppure no?") ha risposto genericamente "se mi veniva comunicato si", senza nulla essere in grado di specificare al riguardo; 2. il teste G.G. ha dato atto di essersi occupato di formazione solo nel lontano 1997, redigendo anche il DVR, in quanto "bisognava regolarizzarsi" a seguito dell'entrata in vigore della L. n. 626/1994.
Né le difese - si legge ancora in sentenza - sono state in grado di produrre documentazione ulteriore rispetto a quella acquisita presso la Tortella Srl in sede di indagini dal teste E.E. e prodotta dal Pubblico Ministero, documentazione che riscontra solo i corsi formativi tenuti da G.G. in data 19 aprile 1997 e in data 30 maggio 1997, della durata di un'ora l'uno, e i corsi formativi tenuti da F.F., di cui uno in data 30 novembre 2000, per tornitori, della durata di un'ora, e uno in data 15 marzo 2001, per addetti ai carrelli elevatori, della durata di un'ora e mezza.
L'omessa formazione sull'uso del carrello, protrattasi per quasi tre anni, è stata dunque correttamente ritenuta inserirsi in un quadro di acclarate e datate omissioni in tema di formazione e informazione dei lavoratori dipendenti, integrante un chiaro caso di colpa in organizzazione, essendo all'evidenza la protratta condotta omissiva dell'imputato A.A. collegata all'interesse della Tortella Srl
5. Coerentemente con quanto sin qui evidenziato la sentenza impugnata - ricordato correttamente che in tema di responsabilità degli enti derivante da reati colposi di evento in violazione della normativa antinfortunistica, i criteri di imputazione oggettiva, rappresentati dal riferimento contenuto nell'art. 5 del D.Lgs. n. 231 del 2001 all'interesse o al vantaggio, sono alternativi e concorrenti tra di loro e devono essere riferiti alla condotta anziché all'evento, pertanto, ricorre il requisito dell'interesse qualora l'autore del reato ha consapevolmente violato la normativa cautelare allo scopo di conseguire un'utilità per l'ente, mentre sussiste il requisito del vantaggio qualora la persona fisica ha violato sistematicamente le norme prevenzionistiche, consentendo una riduzione dei costi ed un contenimento della spesa con conseguente massimizzazione del profitto (cfr. ex multis Sez. 4, n. 2544 del 17/12/2015, dep. 2016, Gastoldi e altri Rv. 268065 - 01) - rileva che certamente l'omessa formazione ha comportato un risparmio di spesa, che va valutato tenendo conto sia del prezzo della formazione, sia delle ore di lavoro perse dei dipendenti che frequentano il corso.
La sentenza impugnata appare operare un buon governo del principio per cui, in tema di responsabilità delle persone giuridiche per i reati commessi dai soggetti apicali, ai fini del giudizio di idoneità del modello di organizzazione e gestione adottato, il giudice è chiamato ad adottare il criterio epistemieo-valutativo della ed. "prognosi postuma", proprio della imputazione della responsabilità per colpa: deve cioè idealmente collocarsi nel momento in cui l'illecito è stato commesso e verificare se il "comportamento alternativo lecito", ossia l'osservanza del modello organizzativo virtuoso, per come esso è stato attuato in concreto, avrebbe eliminato o ridotto il pericolo di verificazione di illeciti della stessa specie di quello verificatosi, non richiedendosi una valutazione della "compliance" alle regole cautelari di tipo globale (così la recente Sez. 5, n. 21640 del 02/03/2023, Rossi, Rv. 284675 - 01 che ha precisato che il giudice deve operare una verifica in concreto dell'adeguatezza del modello di organizzazione, gestione e controllo e deve quindi verificare se il reato della persona fisica sia la concretizzazione del rischio che la regola cautelare organizzativa violata mirava ad evitare o, quantomeno, tendeva a rendere minimo; ovvero deve accertare che, se il modello "idoneo" fosse stato rispettato, l'evento non si sarebbe verificato).
In tema di responsabilità da reato degli enti, la colpa di organizzazione, da intendersi in senso normativo, è fondata sul rimprovero derivante dall'inottemperanza da parte dell'ente all'obbligo di adottare le cautele, organizzative e gestionali, necessarie a prevenire la commissione dei reati previsti tra quelli idonei a fondare la responsabilità del soggetto collettivo, dovendo tali accorgimenti essere consacrati in un documento che individua i rischi e delinea le misure atte a contrastarli (Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014, Espenhahn e altri, Rv. 261113 - 01).
Va qui ribadito che, in tema di responsabilità amministrativa degli enti, i criteri di imputazione riferiti all' interesse e al vantaggio sono giuridicamente distinti giacché, mentre il primo è criterio soggettivo, da valutare "ex ante", e consistente nella proiezione finalistica volta a far conseguire all'ente un profitto indipendentemente dall'effettiva realizzazione dello stesso, il secondo è criterio oggettivo, accertabile "ex post" e consistente nel concreto vantaggio derivato all'ente dal reato (Sez. 4, n. 38363 del 23/05/2018, CONSORZIO MELINDA S.C.A.., Rv. 274320 -02).
E' stato anche condivisibilmente precisato che, ai fini della configurabilità della responsabilità da reato degli enti, è sufficiente la prova dell'avvenuto conseguimento di un vantaggio ex art. 5 D.Lgs. n. 231 del 2001 da parte dell'ente, anche quando non sia possibile determinare l'effettivo interesse da esso vantato "ex ante" rispetto alla consumazione dell'illecito, purché il reato non sia stato commesso nell'esclusivo interesse del suo autore persona fisica o di terzi (così Sez. 6, n. 15543 del 19/01/2021, 2L ECOLOGIA SERVIZI Srl., Rv. 281052 - 01 in relazione ad una fattispecie in cui, a fronte della corruzione intercorsa tra il pubblico agente e l'amministratore di una società interessata all'ampliamento di una discarica dalla medesima gestita, veniva riconosciuto il vantaggio, comportante la responsabilità ex D.Lgs. n.231 del 2001, anche nei confronti di una terza società che interveniva creando la provvista di denaro in favore del privato corruttore, in tal modo beneficiando - mediante contratti stipulati dopo la consumazione del reato - dell'attività di smaltimento dei rifiuti presso la suddetta discarica).
Nel solco di tali consolidati orientamenti, con motivazione logica e congrua - e che, pertanto, si sottrae alle proposte censure di legittimità - la Corte aquilana evidenzia come la circostanza che il risparmio sulla formazione e informazione dei lavoratori nel caso della Tortella Srl fosse intenzionale si ricava chiaro dal fatto che l'omessa formazione non ha riguardato solo l'uso del carrello di cui all'imputazione, ma ogni tipo di formazione e per oltre dodici anni.
Corretto appare anche il rilievo che non può rilevare che il risparmio di spesa, sicuramente giuridicamente apprezzabile, possa non essere stato ingente atteso che la responsabilità dell'ente, non può essere esclusa in considerazione dell'esiguità del vantaggio perseguito, in quanto anche la mancata adozione di cautele comportanti limitati risparmi di spesa può essere causa di lesioni personali gravi.
Ciò nel solco del consolidato dictum della giurisprudenza di questa Corte che, al fine di adeguare la nozione di interesse e vantaggio ai reati di natura colposa come quello oggetto del presente procedimento, ha chiarito che in tema di responsabilità amministrativa degli enti derivante dal reato di lesioni personali aggravate dalla violazione della disciplina antinfortunistica, sussiste l'interesse dell'ente nel caso in cui l'omessa predisposizione dei sistemi di sicurezza determini un risparmio di spesa, mentre si configura il requisito del vantaggio qualora la mancata osservanza della normativa cautelare consenta un aumento della produttività (il richiamo è a Sez. 4, n. 24697 del 20/4/2016, Mazzotti ed altro, Rv. 268066, nella cui motivazione si è affermato che la responsabilità dell'ente, non può essere esclusa in considerazione dell'esiguità del vantaggio o della scarsa consistenza dell'interesse perseguito, in quanto anche la mancata adozione di cautele comportanti limitati risparmi di spesa può essere causa di lesioni personali gravi; conf. Sez. 4, n. 2544 del 17/12/2015, dep.2016, Gastoldi, Rv. 268065).
6. Al rigetto del ricorso consegue, ex lege, la condanna di parte ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 17 aprile 2024.
Depositata in Cancelleria il 5 giugno 2024.