Cassazione Civile, Sez. 5, 06 giugno 2024, n. 15852 - Infortunio durante lo spostamento della gru. Natura subordinata del rapporto di lavoro


 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio - Presidente

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni - Consigliere

Dott. PAGETTA Antonella - Consigliera

Dott. PONTERIO Carla - Rel. Consigliera

Dott. CINQUE Guglielmo - Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA
 


sul ricorso 21996-2020 proposto da:

GALLI BATTISTA Srl, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LIVIO ANDRONICO 24, presso lo studio dell'avvocato ILARIA ROMAGNOLI, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato CLAUDIO LA GIOIA;

- ricorrente principale -

contro

GENERALI ITALIA Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MONTE ZEBIO 28, presso lo studio dell'avvocato GIUSEPPE CILIBERTI, che la rappresenta e difende;

- controricorrente -

nonché contro

A.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA CONCILIAZIONE 10, presso lo studio degli avvocati RAFFAELE DE LUCA TAMAJO, FRANCO TOFFOLETTO, FLAMINIO VALSERIATI, FEDERICA PATERNO' che lo

rappresentano e difendono;

- controricorrente -

nonché contro

ALLIANZ Spa, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CRESCENZIO 17/A, presso lo studio dell'avvocato MICHELE CLEMENTE, che la rappresenta e difende;

- controricorrente -

nonché da:

UNIPOLSAI ASSICURAZIONI Spa (già FONDIARIA SAI Spa DIVISIONE FONDIARIA), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE ANGELICO 301, presso lo studio dell'avvocato ARTURO PERUGINI, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato LUCA PERUGINI;

- controricorrente - ricorrente incidentale al ricorso

principale -

contro

SA-FER Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati SABRINA PITTALA', GAETANO PITTALA';

- controricorrente al ricorso incidentale UNIPOLSAI -

nonché contro

SA-FER Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati SABRINA PITTALA', GAETANO PITTALA';

- controricorrente - ricorrente incidentale al ricorso

principale -

nonché contro

B.B., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati SABRINA PITTALA', GAETANO PITTALA';

- controricorrente - ricorrente incidentale al ricorso

principale -

nonché contro

C.C., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall'avvocato CRISTINA INTERLANDI;

- controricorrente al ricorso incidentale SA-FER -

nonché contro

D.D., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati MARIA GRAZIA BIANCHI, ANDREA GRANDI;

- controricorrente al ricorso incidentale SA-FER -

nonché contro

ALLIANZ Spa,

- controricorrente ai ricorsi incidentali SA-FER-

B.B. -

nonché contro GALLI BATTISTA Srl;

- controricorrente ai ricorsi incidentali SA-FER- B.B. -

nonché contro

A.A.;

- controricorrente al ricorso incidentale SA-FER -

nonché contro

A.A.;

- controricorrente al ricorso incidentale B.B.

avverso la sentenza n. 465/2019 della CORTE D'APPELLO Data BRESCIA, depositata il 24/06/2020 R.G.N. 254/2018; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 11/04/2024 dalla Consigliera CARLA PONTERIO; udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. RITA SANLORENZO, che ha concluso per il rigetto di tutti i ricorsi;

udito l'avvocato ILARIA ROMAGNOLI; udito l'avvocato ARTURO PERUGINI; udito l'avvocato GIUSEPPE CILIBERTI;

udito l'avvocato CONCETTA LOMBARDO per delega verbale

avvocato RAFFAELE DE LUCA TAMAJO;

udito l'avvocato SABRINA PITTALA';

udito l'avvocato MICHELE CLEMENTE;

udito l'avvocato SABRINA PITTALA';

udito l'avvocato CRISTINA INTERLANDI;

udito l'avvocato CRISTINA INTERLANDI per delega verbale

ANREA GRANDI.

 

Fatto


1. A.A. ha agito in giudizio dinanzi al Tribunale di Brescia, in funzione di giudice del lavoro, per ottenere, previo accertamento della natura subordinata del rapporto di lavoro intercorso con la Galli Battista Srl (d'ora in avanti anche "Galli"), la condanna di questa società, nonché della Sa-Fer Spa (Committente della Galli) e di B.B. (dipendente di Sa-Fer), al risarcimento dei danni, patrimoniali e non patrimoniali, sofferti a causa dell'infortunio occorso il 5 ottobre 2011.

2. Le società Galli Battista Srl e Sa-Fer Spa hanno svolto azione di garanzia nei confronti delle rispettive società di assicurazione, Allianz Spa e Unipol-Sai Spa, ottenendo la chiamata in causa delle stesse. La Galli ha anche chiesto, via riconvenzionale, l'accertamento della esclusiva , responsabilità della Sa-Fer e di B.B. nella causazione dell'infortunio. La Sa-Fer e il B.B., a loro volta, hanno chiesto la chiamata in causa di C.C. (coordinatore dei lavori) e di D.D. (responsabile della sicurezza). Questi ultimi, costituendosi, hanno spiegato azione di manleva nei confronti della compagnia di assicurazione rappresentata, per entrambi, da Generali Italia Spa.

3. Il Tribunale (sentenza n. 988/2017) ha escluso la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra il lavoratore e la Galli Battista Srl ed ha respinto le domande risarcitorie per responsabilità contrattuale in base all'art. 2087 c.c. Con separata ordinanza ha disposto il mutamento del rito, ai sensi dell'art. 427 c.p.c., con riferimento alle domande di responsabilità extracontrattuale ex art. 2043 c.c.

4. La Corte d'appello di Brescia, adita dal lavoratore, in riforma della pronuncia di primo grado, accertata la natura subordinata del rapporto di lavoro del A.A. con la Galli Battista Srl, ha condannato quest'ultima società, in solido con la Sa-Fer Spa e con B.B., al risarcimento del danno differenziale liquidato nella complessiva somma di Euro 504.385,00, oltre accessori, e alla rifusione delle spese di entrambi i gradi di giudizio. Ha condannato Allianz Spa a tenere indenne la Galli dalle somme come sopra liquidate e al pagamento, in favore della stessa, delle spese dei due gradi di giudizio. Ha condannato la Unipol-Sai Spa a tenere indenne la Sa-Fer dalle somme come sopra liquidate e al pagamento, in favore della stessa, delle spese dei due gradi di giudizio. Ha respinto le domande proposte nei confronti di C.C. e di D.D. e condannato la Sa-Fer alla rifusione, in loro favore, delle spese dei due gradi di giudizio. Ha compensato integralmente le spese tra C.C., D.D. e la Generali Italia Spa.

5. La Corte territoriale ha dichiarato la natura subordinata del rapporto di lavoro del A.A. (formalmente titolare di impresa artigiana individuale) con la Galli valorizzando, tra l'altro, il fatto che il lavoratore aveva ricevuto una formazione iniziale dalla citata società, aveva in dotazione un furgone aziendale, le attrezzature e il carburante, era munito di tesserino di riconoscimento, era occupato quotidianamente presso la Galli e stabilmente inserito nella organizzazione aziendale, riceveva un compenso orario di Euro 22,00 all'ora e complessivamente un compenso mensile superiore a Euro 2.000,00, mentre le poche fatture emesse nei confronti di terzi recavano importi modestissimi.

6. Ha ricostruito la dinamica dell'infortunio accertando che lo stesso si era verificato presso il cantiere della Sa-Fer (in cui era in corso la costruzione di un immobile Esselunga), mentre il A.A. era intento a spostare la gru, ivi installata e noleggiata dalla Galli alla Sa-Fer, coadiuvato quale manovratore del muletto dal B.B., dipendente Sa-Fer. Ha attribuito la responsabilità dell'incidente alla Galli, per non avere adeguatamente formato e informato il A.A. sui rischi connessi alle operazioni di smontaggio e montaggio della gru e, in particolare, per non avere insegnato al dipendente la corretta manovra per sollevare in sicurezza la gru, con l'uso dei martinetti idraulici che l'azienda aveva fornito; per non avere vigilato sulla corretta esecuzione di quell'operazione, avallando al contrario le modalità pericolose di sollevamento della gru mediante aggancio ad un mezzo di sollevamento; per non aver fornito gli idonei cunei blocca ruote, attrezzature di sicurezza quanto mai necessarie ove l'operazione di sollevamento della gru sia eseguita con l'impiego, non dei martinetti idraulici, bensì di un mezzo di sollevamento come il muletto. Ha giudicato corresponsabile dell'infortunio il B.B. per aver tenuto una condotta imperita e pericolosa, avendo iniziato ad alzare il braccio del muletto quando il A.A. non si era ancora allontanato dalla zona di pericolo e senza avere una visuale completa del raggio di azione del mezzo. Ha attribuito la corresponsabilità anche alla Sa-Fer, datrice di lavoro del B.B., sia ai sensi dell'art. 2049 c.c. e sia ai sensi dell'art. 2043 c.c., per avere la società incaricato della conduzione del muletto, a supporto delle operazioni di spostamento della gru, un dipendente non adeguatamente formato (il B.B. sino al giorno dell'infortunio non aveva mai manovrato il muletto per spostare una gru e lavorava nel cantiere da non più di tre giorni). Ha quindi attribuito la responsabilità solidale alla Galli, alla Sa-Fer e al B.B. nella causazione dell'incidente in danno del A.A., dichiarando che, nei rapporti interni, le colpe di ciascuno dovevano presumersi uguali. La Corte di merito ha ritenuto che la Sa-Fer avesse abbandonato le domande di manleva nei confronti di C.C. e di D.D., non riproposte nel giudizio di appello, e che comunque le stesse fossero infondate.
7. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso principale la Galli Battista Srl affidato a undici motivi. Hanno resistito con separati controricorsi: A.A.; la Sa-Fer Spa, che ha proposto ricorso incidentale con sette motivi; B.B., che ha proposto ricorso incidentale con quattro motivi; la Allianz Spa, che ha preso posizione condividendo i motivi (n. 1, 2, 6, 7, 8, 9, 10 e 11) del ricorso principale della Galli Srl; la Unipol-Sai, che ha proposto ricorso incidentale con un unico motivo; C.C.; D.D.; la Generali Italia Spa. La Galli Battista Srl ha depositato controricorso in replica ai ricorsi incidentali della Sa-Fer Spa e di B.B. A.A. ha depositato controricorso in replica al ricorso incidentale di B.B. La Sa-Fer Spa ha depositato controricorso in replica al ricorso incidentale della Unipolsai Assicurazioni Spa. La Allianz Spa ha depositato controricorso in replica ai ricorsi incidentali di Sa-Fer Spa e di B.B.

8. Tutte le parti hanno depositato memoria, eccetto la Generali Italia Spa.
 

Diritto


Ricorso principale della Galli Battista Srl

9. Con il primo motivo di ricorso è dedotta erronea statuizione sull'ammissibilità dell'appello in ordine alla natura del rapporto di lavoro. Violazione di legge (art. 360 n. 3 c.p.c. in relazione agli articoli: 12 preleggi, 342 co. 1 n. 2, 346, 414 n. 4, 434 co. 2 n. 2 c.p.c.). Sulla premessa che il giudizio di appello costituisca una impugnazione a critica vincolata, la società osserva come il ricorso in appello del lavoratore (che ha denunciato la nullità della sentenza di primo grado per "inesistente e omessa motivazione", invocando la violazione degli "artt. da 275 a 281 sexies c.p.c. nonché l'art. 429 c.p.c.") fosse privo, non solo della corretta indicazione delle norme violate dal tribunale, ma anche della motivazione della asserita violazione, oltre che della specifica indicazione dei fatti e delle prove a sostegno della natura subordinata del rapporto di lavoro.

10. Il motivo non è fondato.

11. Ribadita, contrariamente all'assunto della società ricorrente, la "permanente natura di revisio prioris instantiae del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata" (così Cass., S.U. n. 36481 del 2022 e precedenti ivi richiamati), questa Corte ha statuito che "gli artt. 342 e 434 c.p.c., nel testo formulato dal decreto-legge n. 83 del 2012, conv. con modif. dalla l. n. 134 del 2012, vanno interpretati nel senso che l'impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, senza che occorra l'utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado" (Cass. S.U. cit.).

12. La Corte d'appello si è attenuta a tali principi ed ha rilevato come "l'atto di impugnazione indica(sse) (...) espressamente l'unico capo su cui (era) fondata la decisione (...), cont(enesse) sia l'esposizione delle ragioni di erroneità della statuizione del giudice di primo grado (pressoché apodittica), sia l'indicazione, per quanto implicita, delle modifiche da apportarvi e delle statuizioni che sarebbero state da adottare" (sentenza d'appello p. 7). Certamente, non integra una ipotesi di inammissibilità dell'appello la errata indicazione delle disposizioni processuali che si assumono violate, ove il vizio della decisione di primo grado sia comunque chiaramente evincibile dalle argomentazioni svolte.

13. Con il secondo motivo di ricorso si deduce nullità della sentenza per omessa pronuncia (o errato implicito rigetto) sull'inammissibilità dell'appello in punto di risarcimento dei danni (art. 360, co. 1 n. 4 c.p.c. in relazione agli articoli: 112, 132 co.2 n. 4, e n. 5, 113, 115, 156, 437 co.1, 438 c.p.c., 118 disp. att. c.p.c.). Erronea affermazione sul punto. Violazione di legge (art. 360 n. 3 c.p.c. in relazione agli articoli: 12 preleggi, 113, 115, 342 co.1 n. 2, 346, 414, n. 4, 434 co. 1 n. 2 c.p.c.), per avere la Corte d'appello omesso di pronunciare sull'eccezione di inammissibilità dell'appello perché privo di qualsiasi esposizione in fatto e in diritto sull'infortunio.

14. Premesso che il mancato esame da parte del giudice; sollecitato dalla parte, di una questione processuale non può dar luogo al vizio di omessa pronuncia, configurabile con riferimento alle sole domande di merito, e non può quindi assurgere a causa autonoma di nullità della sentenza (v. Cass. n. 13649 del 2005; n. 7406 del 2014), la pronuncia d'appello, nella parte dedicata allo svolgimento del processo, dà atto che il lavoratore "ha proposto appello lamentando la nullità della sentenza per difetto di motivazione nonché la sua erroneità nel merito ed ha insistito per l'assunzione delle proprie istanze istruttorie con riferimento al dedotto infortunio. Ha chiesto pertanto la riforma della sentenza appellata, con accertamento della natura subordinata del rapporto di lavoro intercorso con la Galli e, per l'effetto, l'accoglimento di tutte le domande risarcitorie spiegate in giudizio non solo nei confronti della Galli, ma anche nei confronti della Sa-Fer e di B.B." (sentenza d'appello pp. 5-6). La Corte di merito, nell'esercizio della sua prerogativa di interpretazione degli atti processuali, ha considerato riproposte in appello tutte le domande non esaminate dal primo giudice, che si era limitato a scrutinare unicamente la questione della subordinazione, ed ha quindi in modo implicito ritenuto soddisfatti i requisiti di ammissibilità dell'impugnazione. Ciò porta ad escludere i vizi denunciati, non essendo neppure dedotta la violazione di specifici canoni ermeneutici.

15. Con il terzo motivo si deduce la omessa statuizione, nel dispositivo della sentenza, dell'accoglimento della domanda del A.A. di accertamento della natura subordinata del rapporto. Nullità della sentenza (art. 360, co. 1 n. 4 c.p.c. in relazione agli articoli: 112, 132 co.2 n. 4, e n. 5, 156, 437 co.1, 438 c.p.c., 118 disp. att. c.p.c.), prospettandosi il vizio di omessa pronuncia su una domanda o un capo di domanda non integrabile attraverso il contenuto della motivazione.

16. Il motivo non è fondato. È stato costantemente affermato da questa Corte che il principio, vigente nel rito del lavoro, della non integrabilità del dispositivo con la motivazione della sentenza, presuppone la effettiva carenza nell'uno di statuizioni rinvenibili formalmente solo nell'altra, vale a dire una sostanziale inconciliabilità fra i due termini del raffronto, da risolversi necessariamente a favore del primo, per l'effetto di cristallizzazione del decisum che si correla alla lettura in udienza; mentre tale principio non è invocato a proposito quante volte la motivazione si limiti alla mera esplicitazione di statuizioni già sostanzialmente argomentabili dalla struttura logico-semantica del dispositivo sicché in questi casi non si pongono preclusioni di sorta all'operatività dell'altro principio per cui la portata precettiva di una pronuncia giurisdizionale va individuata non solo tenendo conto delle statuizioni formalmente contenute nel dispositivo, ma coordinando questo con la motivazione, le cui enunciazioni, se dirette univocamente all'esame di una questione dedotta in causa, incidono sul momento precettivo e vanno considerate come integrative del contenuto formale del dispositivo, con la conseguenza che il giudicato risulta simmetricamente esteso (Cass., S.U. n. 1481 del 1997; Cass. n. 14935 del 2000; n. 16079 del 2003; n. 6635 del 2004; n. 14499 del 2014).

17. Nel caso di specie, la motivazione della sentenza d'appello contiene l'espressa dichiarazione della "natura subordinata del rapporto di lavoro intercorso tra il A.A. e la Galli" (p. 32) e la statuizione di responsabilità per l'infortunio occorso in capo alla Galli quale "datore di lavoro" (pp. 32-50, par. 4); il dispositivo, che pronuncia la condanna della Galli al risarcimento del danno, non solo incompatibile (v. Cass. n. 21885 del 2010; n. 6786 del 2002) con tali statuizioni ma ne presuppone logicamente l'esistenza, il che determina la necessaria integrazione delle due parti del provvedimento.

18. Con il quarto motivo è dedotta erronea statuizione di nullità della sentenza di primo grado per pretesa omessa motivazione. Violazione di legge (art. 360, co. 1 n. 3 c.p.c. in relazione agli articoli: 132 co.2 n. 4, e n. 5, 156 co. 2 c.p.c., 118 disp. att. c.p.c.). Si censura la decisione d'appello nella parte in cui ha dichiarato nulla la sentenza di primo grado perché "non rend(e) ... percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per il proprio convincimento". Tale statuizione è stata adottata a fronte della sentenza del tribunale recante la seguente motivazione: "le risultanze della prova testimoniale hanno sostanzialmente confermato l'insussistenza del rapporto di lavoro subordinato tra il A.A. e Galli Srl". Assume la società che tale motivazione fosse idonea a far conoscere il ragionamento seguito dal primo giudice, cioè l'inidoneità delle prove testimoniali a confermare i fatti allegati dal lavoratore a fondamento della sussistenza della subordinazione.

19. Il motivo non è fondato. Il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza ricorre ove il giudice di merito ometta di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza tuttavia alcuna disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull'esattezza e sulla logicità del suo ragionamento decisorio, così da non attingere la soglia del "minimo costituzionale", richiesto dall'art. 111 comma 6, Cost. (Cass. n. 9105 del 2017; n. 13248 del 2020). La stringata motivazione adottata dal tribunale omette qualsiasi riferimento al contenuto delle prove testimoniali, le sole poste a base della decisione, e qualsiasi valutazione delle stesse, non essendo esplicitata alcuna ragione che consenta di comprendere perché le prove non supportassero i fatti costitutivi posti a base della domanda. E ciò dà fondamento, in coerenza con i principi enunciati da questa S.C., al vizio di nullità per apparenza della motivazione.

20. Con il quinto motivo è dedotta erronea affermazione della natura subordinata del rapporto. Nullità della sentenza (art. 360, co. 1 n. 4 c.p.c. in relazione agli articoli: 112, 115, 116 co. 1 c.p.c., 2697, 2727, 2729 co. 1 c.c.). Violazione di legge (art. 360, co. 1 n. 3 c.p.c. in relazione agli articoli: 1321, 2094, 2099, 2103, 2104, 2105, 2106, 2107, 2222, 1655, 2697, 2727, 2729 co.1, c.c., 23 D.Lgs. n. 276/2003, 112, 115, 116 co. 1, 132 co. 2 n. 4 c.p.c., 118 disp. att. c.p.c., 2, 18, 21 D.Lgs. 81/2008, 5 co. 1 l. 136/2010, 651 c.p.p.). Omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti (art. 360 co. 1 n. 5 c.p.c.). Si assume che la Corte di merito abbia omesso di utilizzare alcuni parametri normativi del rapporto di lavoro subordinato e abbia male valutato altri parametri, in particolare, la volontà delle parti, il potere direttivo e di controllo, il potere disciplinare, le mansioni e le modalità di lavoro, l'inserimento nell'impresa, l'accettazione degli incarichi e la esclusività della prestazione.

21. Il motivo non è fondato. E' noto che, ai fini della qualificazione del rapporto di lavoro come autonomo o subordinato, è censurabile in sede di legittimità soltanto la determinazione dei criteri generali e astratti da applicare al caso concreto, cioè l'individuazione del parametro normativo, mentre costituisce accertamento di fatto, incensurabile in detta sede se sorretto da motivazione immune da vizi logici e giuridici, la valutazione delle risultanze processuali al fine della verifica di integrazione del parametro normativo (V. Cass., n. 17009 del 2017; n. 9808 del 2011; n. 13448 del 2003; n. 8254 del 2002; n. 14664 del 2001; n. 5960 del 1999). È vero che costituisce elemento essenziale del rapporto di lavoro subordinato, e criterio discretivo rispetto a quello di lavoro autonomo, la soggezione personale del prestatore al potere direttivo, disciplinare e di controllo del datore di lavoro. Tale assoggettamento non costituisce tuttavia un dato di fatto elementare quanto piuttosto una modalità di essere del rapporto potenzialmente desumibile da un complesso di circostanze; dal che discende che ove esso non sia agevolmente apprezzabile, è possibile fare riferimento, ai fini qualificatori, ad altri elementi (come, ad esempio, la continuità della prestazione, il rispetto di un orario predeterminato, la percezione a cadenze fisse di un compenso prestabilito, l'assenza in capo al lavoratore di rischio e di una seppur minima struttura imprenditoriale), che hanno carattere sussidiario e funzione meramente indiziaria (v. Cass., n. 4500 del 2007; n. 13935 del 2006; n. 9623 del 2002; Cass. S.U., n. 379 del 1999). Tali elementi, lungi dall'assumere valore decisivo ai fini della qualificazione giuridica del rapporto, costituiscono indizi idonei ad integrare una prova presuntiva della subordinazione, a condizione che essi siano fatti oggetto di una valutazione complessiva e globale, (Cass., n. 9108 del 2012; Cass. S.U., n. 584 del 2008; Cass. n. 722 del 2007; n. 19894 del 2005; n. 13819 del 2003; Cass., S.U., n. 379 del 1999). 22. La Corte d'appello ha correttamente individuato ed analizzato tutti i parametri normativi del lavoro subordinato, compresi il potere direttivo, di controllo e disciplinare e la volontà delle parti, ha valutando approfonditamente i singoli elementi indiziari ed è giunta alla conclusione della natura subordinata del rapporto di lavoro evidenziando che "la prestazione del A.A. era organizzata, per lo più con cadenza quotidiana, direttamente dalla società, che gli indicava quali lavori svolgere e dove e poi, evidentemente, controllava la correttezza dei lavori eseguiti; il presunto artigiano non affrontava il benché minimo rischio d'impresa: utilizzava attrezzature della Galli, addirittura si serviva di un mezzo di trasporto dell'azienda per raggiungere i vari cantieri in cui era inviato e il mezzo restava nella sua totale disponibilità, anche per il tragitto casa lavoro; non sopportava alcuna spesa per quanto attiene a questo mezzo, neppure quella del carburante che era fornito dalla Galli; il compenso, emblematicamente, dipendeva dalle ore lavorate.... A.A. non aveva una propria organizzazione imprenditoriale, neppure minima, non aveva beni aziendali, non ha mai effettuato acquisti di materiale o attrezzature. In pratica, l'asserito artigiano si limitava a fornire mere prestazioni di manodopera (specializzata), non assumendo alcun rischio imprenditoriale in quanto aveva rinunciato a qualsiasi potere di organizzazione in proprio dell'opera asseritamente oggetto di incarico autonomo, limitandosi a fornire alla Galli, pressoché in via esclusiva, mere energie lavorative, che la società provvedeva ad utilizzare inserendole nel proprio ciclo di attività" (sentenza appello, pp. 27-28). Le censure mosse dalla società ricorrente non scalfiscono la correttezza dell'analisi dei canoni normativi compiuta dai giudici di appello e oppongono, semplicemente, una diversa valutazione e combinazione dei dati indiziari, collocandosi in tal modo al di fuori del perimetro del vizio di violazione di legge. Neppure vi è spazio per ritenere integrato il vizio di cui all'art. 360 n. 5 c.p.c., atteso che le critiche concernono non l'omesso esame di un determinato fatto storico bensì la complessiva valutazione di plurimi elementi probatori.

23. Con il sesto motivo è dedotta, in via subordinata al rigetto dei precedenti motivi di ricorso, erronea affermazione della responsabilità della Galli Srl Nullità della sentenza (art. 360, co. 1 n. 4 c.p.c. in relazione agli articoli: 115, 132 co. 2 n. 4, 156 c.p.c., 118 disp. att. c.p.c.). Violazione di legge (art. 360, co. 1 n. 3 c.p.c. in relazione agli articoli: 1218, 2087, 2697 c.c., 20 co. 1, 2 lett. b, c, e, g, 36 co. 2 lett. a, c, 37, 59 co. 1 lett. a, 71 co. 1 e 4 D.Lgs. 81/2008, 99, 112, 115, 132 co. 2 n. 4, 163 co. 3 n. 4, 414 n. 4 c.p.c., 118 disp. att. c.p.c.). Omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti (art. 360 co. 1 n. 5 c.p.c.). La società, premesso che si discute di responsabilità contrattuale ai sensi dell'art. 2087 c.c. e che, a tal fine, è onere del lavoratore allegare e provare la colpa del datore, critica la sentenza d'appello per avere, consapevole della carenza di prova, di cui era onerato il lavoratore, in ordine alla nocività dell'ambiente di lavoro (non essendovi prova che la società avesse ordinato al A.A. di procedere allo spostamento della gru senza avere a disposizione l'apposito timone), individuato d'ufficio pretesi profili di colpa della Galli nella asserita violazione degli obblighi di formazione e informazione del dipendente (artt. 36 e 37 D.Lgs. 81 del 2008) e di fornitura dell'attrezzatura di sicurezza (art. 71 del D.Lgs. cit.), così violando l'art. 2697 c.c. Quanto alla asserita violazione delle norme in materia di formazione e informazione, la Corte bresciana avrebbe omesso di considerare che lo stesso A.A. si era dichiarato esperto "nel campo della installazione, manutenzione e riparazione di gru per uso edilizio" e che, in ogni caso, il predetto risultava titolare di "una impresa artigiana individuale", per la quale era dotato di abilitazione all'esercizio dell'attività oggetto dell'impresa ... (ed a) redigere la dichiarazione di corretta installazione delle gru", cosicché la Galli nulla aveva da insegnargli. La ricorrente assume, inoltre, che la sentenza impugnata abbia usato un concetto di rischio elettivo errato; che tale rischio è rinvenibile, invece, in caso di violazione da parte del prestatore di lavoro di precise disposizioni antinfortunistiche o di specifici ordini; che nella specie il A.A. aveva violato specifici ordini, cioè quello di non dare corso all'operazione di spostamento della gru in assenza del timone; che, infine, ha errato la Corte d'appello a scindere in due distinte operazioni quella che era, in realtà, un'unica manovra di sollevamento e di spostamento della gru.

24. Il motivo non è fondato.

25. L'art. 2087 c.c., norma di chiusura del sistema di prevenzione e di sicurezza nel rapporto di lavoro, impone all'imprenditore di adottare tutte le misure e le cautele atte a preservare l'integrità psicofisica dei lavoratori, tenuto conto delle caratteristiche concrete dei luoghi di lavoro e, in generale, della realtà aziendale. L'obbligo di sicurezza imposto dall'art. 2087 c.c. si inserisce nella struttura del rapporto obbligatorio tra lavoratore e datore di lavoro ed è fonte di responsabilità contrattuale. La formulazione della norma in esame, attraverso l'espresso riferimento alle "misure che secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica sono necessarie a tutelare la integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro", correla l'obbligo di protezione alle concrete e indefinite situazioni di rischio a cui il lavoratore può trovarsi esposto e in tal modo impone al datore di lavoro l'adozione non solo delle misure cd. nominate ma anche di tutte quelle che, seppure non tipizzate, siano richieste dalle conoscenze tecniche e dall'esperienza riferite ad un determinato momento storico. Le caratteristiche dell'obbligo di sicurezza, come appena delineate, si riflettono sul contenuto degli oneri di allegazione e prova che gravano sul creditore dell'obbligo medesimo, il lavoratore. Questi ove, agisca verso il datore di lavoro per il risarcimento del danno patito a seguito di infortunio, ha l'onere di provare il fatto costituente l'inadempimento ed il nesso di causalità materiale tra l'inadempimento ed il danno, ma non anche la colpa della controparte, nei cui confronti opera la presunzione ex art. 1218 c.c. (Cass. n. 10319 del 2017; n. 14467 del 2017; n. 34 del 2016; n. 16003 del 2007).

26. Sull'onere del lavoratore di allegazione del "fatto costituente inadempimento" occorre svolgere alcune precisazioni, partendo dalla premessa che "l'inadempimento esprime la qualificazione giuridica di una determinata condotta, commissiva o omissiva, adottata in violazione di un obbligo preesistente, (e ciò) comporta che la relativa allegazione debba modularsi in relazione alle caratteristiche ed al contenuto di tale obbligo" (v. Cass. n. 29909 del 2021, in motivazione, p. 6 Par. 5.8., e precedenti ivi richiamati). Posto che l'art. 2087 c.c. pone un generale obbligo di tutela dell'integrità fisica e della personalità morale del lavoratore, senza ulteriori specificazioni in merito alle condotte omissive e commissive destinate a sostanziarlo, l'onere di allegazione del lavoratore non può estendersi fino a comprendere anche l'individuazione delle specifiche "norme di cautela violate", come preteso dalla ricorrente, specie ove non si tratti di misure tipiche o nominate ma di casi in cui molteplici e differenti possono essere le modalità di conformazione del luogo di lavoro o delle modalità esecutive della prestazione ai requisiti di sicurezza. È, invece, necessario, che il lavoratore alleghi la condizione di pericolo insita nella conformazione del luogo di lavoro, nella organizzazione o nelle specifiche modalità di esecuzione della prestazione, ed il nesso causale tra la concretizzazione di quel pericolo e il danno psicofisico sofferto, incombendo a questo punto su parte datoriale l'onere di provare l'inesistenza della condizione di pericolo oppure di aver predisposto tutte le misure atte a neutralizzare o ridurre, al minimo tecnicamente possibile, i rischi esistenti.

27. Nel caso in esame, non vi è contestazione sulla dinamica dell'infortunio come ricostruita dai giudici di appello: "il giorno dell'infortunio (5 ottobre 2011) l'appellante fu inviato dalla Galli presso il cantiere di costruzione di un immobile di Esselunga ... per eseguire lo spostamento della gru che era ivi installata. La gru era stata noleggiata dalla Galli alla Sa-Fer, che era la società appaltatrice e responsabile dei lavori. Era stata montata nel precedente mese di luglio e doveva essere spostata di qualche metro (circa 15 m.). Si trattava di una gru auto montante (Omissis). che poggiava su di un carrellino incorporato, munito di ruote ... Per spostare questo tipo di gru, quando la stessa è installata, occorre, come riferito dai tecnici Asl: abbassare e piegare i pezzi della gru; sollevare la gru in modo da liberarne i piedi di appoggio e chiuderli; alzare il carrellino con le ruote e agganciare ad un lato della gru un timone (si tratta di una sorta di barra con due ruote) il quale, a sua volta, viene agganciato, dal lato opposto, a un mezzo di traino, e quindi procedere con il traino (come se la gru fosse un rimorchio). Accadde che il A.A. giunto in cantiere per eseguire l'operazione di spostamento della gru, non trovò il timone, in quanto l'attrezzo in precedenza era stato portato (dallo stesso A.A.) nell'officina della Galli, per riparazione. Il A.A., dopo aver sentito telefonicamente l'impiegata della Galli, E.E., iniziò a compiere la manovra di spostamento della gru senza l'uso del timone. Chiese al responsabile del cantiere, F.F., un muletto con il manovratore. e il responsabile individuò il B.B., mettendo anche a disposizione un carrello elevatore, detto merlo. La gru... si trovava posizionata su di un piano che presentava un leggero dislivello di 10 cm.; ripiegati i pezzi della gru, la gru a quel punto avrebbe dovuto essere sollevata per liberare gli stabilizzatori di appoggio e quindi provvedere alla loro chiusura; il A.A. tentò questa operazione agganciando due catene al lato anteriore della gru e, dall'altro lato, al braccio del muletto manovrato dal B.B.; agganciate le catene, il lavoratore, quando ancora si trovava posizionato tra la gru e il muletto. fece un segno al B.B.e questi incominciò ad alzare il braccio del muletto; le catene iniziarono a tendersi e la gru subì un moto in avanti, andando a investire il A.A. che rimase schiacciato tra la gru e il muletto. Questo si verificò perché. mettendo in tensione le catene con il muletto, la gru si sollevò, gli stabilizzatori persero aderenza al terreno e a causa della pendenza del terreno, la gru scivolò leggermente in avanti" (sentenza p. 33-35).

28. La Corte d'appello ha accertato che la manovra attuata dal lavoratore non fosse quella corretta, non solo per il traino della gru con uso delle catene e non del timone, ma prima ancora per le modalità di sollevamento della stessa. Infatti, il sollevamento della gru, necessario a liberare gli stabilizzatori d'appoggio e a chiuderli, doveva essere eseguito con i martinetti idraulici o i cric; una volta così sollevata la gru, dovevano essere chiusi gli stabilizzatori; occorreva poi bloccare le ruote del carrello della gru per impedire qualsiasi spostamento e ciò doveva avvenire con appositi cunei in plastica da posizionare davanti e dietro ad ogni ruota allo scopo di bloccarle; solo a questo punto poteva essere agganciato il timone per le operazioni di traino in sicurezza (v. sentenza p. 36). Ha appurato che il lavoratore era dotato di martinetti idraulici ma non dei cunei in plastica (sentenza p. 46-47) e che per bloccare le ruote si era avvalso di alcuni stocchi di legno, rinvenuti sul luogo dell'incidente.

29. Secondo la ricostruzione dei giudici di appello, l'incidente si è verificato nella prima fase della manovra, quella di sollevamento della gru finalizzata alla chiusura degli stabilizzatori. È in questa prima sequenza che la gru, a causa della pendenza del terreno e della mancanza dei cunei blocca ruote, si è spostata in avanti andando a colpire il A.A. rimasto nell'area di manovra. In questo momento non era ancora iniziata la fase di traino, per la quale sarebbe stato necessario l'uso del timone, non presente in cantiere. Sul punto, la censura mossa dalla società ricorrente alla decisione di appello, che ha considerato separatamente i due segmenti della manovra, si rileva inammissibile perché attinente alla ricostruzione in fatto, non revisionabile in questa sede di legittimità, risultando estranea al perimetro di cui all'art. 360 n. 5 c.p.c. (v. Cass., S.U. n. 8053 e n. 8054 del 2014).

30. Rispetto alla dinamica come accertata nella sentenza impugnata, i giudici di appello hanno ritenuto dimostrata, con onere a carico del lavoratore, la nocività dell'ambiente di lavoro (esclusa la rilevanza dell'inizio delle operazioni di spostamento in assenza del timone) per la mancata fornitura al dipendente delle necessarie attrezzature (i cunei in plastica) e per la mancata prova di adempimento dell'obbligo di formazione e informazione del lavoratore sui rischi connessi all'operazione di spostamento della gru, oltre che per omessa vigilanza sulla corretta esecuzione della stessa in sicurezza, dovendosi aggiungere che le operazioni di cui si discute sono avvenute presso un cantiere gestito da una società terza, incaricata di fornire al A.A. propri dipendenti perché collaborassero alla manovra, in assenza di qualsiasi superiore coordinamento e direzione dei lavori (v. sul punto Cass. n. 2517 del 2023 : "In tema di responsabilità ex artt. 2087 c.c. e 7 del D.Lgs. n. 626 del 1994, per i danni derivati al lavoratore dall'inosservanza delle misure di tutela delle condizioni di lavoro nel corso di attività concesse in appalto, le locuzioni normative di cui agli artt. 6, par. 4, della Direttiva 89/391/CEE (datori di lavoro), e 8 della Direttiva 92/57/CEE (realizzazione dell'opera) vanno interpretate nel senso che nella categoria dei "datori di lavoro" tenuti agli obblighi di protezione e di prevenzione dei rischi professionali, rientrano sia il sub-committente che il subappaltatore, qualora collaborino insieme nell'ambito del medesimo procedimento produttivo, finalizzato alla realizzazione di una "stessa opera", che si compia all'interno di un qualunque luogo a ciò funzionalmente destinato e che li coinvolga entrambi in attività, ancorché parziali e diverse, sinergicamente dirette al medesimo scopo produttivo, così rendendoli reciprocamente responsabili delle omissioni degli obblighi di sicurezza nei confronti dei lavoratori in essa impiegati").

31. In tale contesto, e richiamati i principi di diritto sopra enunciati, non vi è spazio alcuno per dire integrate le violazioni di legge denunciate, specie riguardo alla distribuzione dell'onere di prova. La Corte d'appello, in coerenza con i principi di diritto richiamati e in base alla dinamica del sinistro come ricostruita, ha considerato soddisfatto l'onere di allegazione e prova che grava sul lavoratore in ordine alla nocività del luogo di lavoro e, nella specie, in ordine alla pericolosità della prestazione lavorativa e al suo nesso causale con l'evento lesivo verificatosi, addossando alla parte datoriale l'onere di prova di adempimento dell'obbligo di sicurezza che comprende, per disposto normativo, la fornitura degli attrezzi necessari, la doverosa vigilanza e la formazione e informazione sui rischi connessi alle operazioni di cui si tratta.

32. Neppure è fondato l'assunto di erronea utilizzazione della nozione di rischio elettivo essendosi la Corte di merito uniformata alla giurisprudenza di legittimità che ha definito come "rischio elettivo" una condotta personalissima del lavoratore, esercitata ed intrapresa volontariamente in base a ragioni e motivazioni del tutto personali, avulsa dall'esercizio della prestazione lavorativa e tale da creare condizioni di rischio estranee alle normali modalità di lavoro e da porsi come causa esclusiva dell'evento, interrompendo il nesso eziologico tra prestazione ed attività assicurata (v. Cass. n. 3763 del 2021; n. 7649 del 2019; n. 16026 del 2018; n. 798 del 2017; n. 7313 del 2016; n. 28786 del 2014; n. 12779 del 2012; n. 21694 del 2011), caratteristiche in alcun modo rinvenibili nella fattispecie in esame.

33. Con il settimo motivo è dedotta erronea esclusione della responsabilità esclusiva e/o del concorso di colpa prevalente di A.A. Violazione di legge (art. 360, co. 1 n. 3 c.p.c. in relazione agli articoli: 1218 co. 1, 1227 co. 1 e 2, 2087, 40 e 41 co. 1 e 2 c.p.), per avere la Corte d'appello escluso il concorso di colpa del dipendente pur riconoscendo che lo stesso aveva disobbedito all'ordine, impartito dal datore per il tramite della impiegata, di non procedere all'operazione di spostamento della gru in assenza del timone.

34. Il motivo è inammissibile in quanto non si confronta con la ratio decidendi della sentenza impugnata, confermata nell'esame del precedente motivo di ricorso, quanto alla irrilevanza, nella dinamica del sinistro, della mancata disponibilità del timone.

35. Con l'ottavo motivo è dedotta erronea affermazione dell'esclusione della responsabilità esclusiva e/o prevalente di B.B. e/o della Sa-Fer Spa. Violazione di legge (art. 360, co. 1 n. 3 c.p.c. in relazione agli articoli: 40 e 41 co.1 e 2 c.p., 2043, 2049, 2087 e 2055). La società critica la sentenza d'appello per aver considerato l'infortunio causalmente collegato non solo ai successivi comportamenti di B.B. e/o della Sa-Fer, ma anche a quelli precedenti della società Galli, facendo errata applicazione della regola della causalità.

36. Il motivo non è fondato. Pur a prescindere dalla genericità della censura, si rileva che la Corte di merito si è uniformata alla giurisprudenza di legittimità che, in materia di infortuni sul lavoro e malattie professionali, applica "la regola contenuta nell'art. 41 cod. pen., per cui il rapporto causale tra evento e danno è governato dal principio dell'equivalenza delle condizioni, secondo il quale va riconosciuta l'efficienza causale ad ogni antecedente che abbia contribuito, anche in maniera indiretta e remota, alla produzione dell'evento, salvo che il nesso eziologico sia interrotto dalla sopravvenienza di un fattore sufficiente da solo a produrre l'evento, tale da far degradare le cause antecedenti a semplici occasioni" (v. Cass. n. 13954 del 2014; n. 38123 del 2021). La sentenza d'appello ha eseguito, alla luce di tali principi, il giudizio controfattuale in merito alla condotta della Galli, osservando che "se tali regole (di sicurezza) ... fossero state rispettate e applicate, l'evento non si sarebbe verificato, considerato che le stesse avrebbero certamente consentito un sollevamento della gru in sicurezza, in quanto la gru una volta sollevata sarebbe rimasta fissa e ferma sui martinetti, senza spostarsi in avanti, fino a colpire il A.A." (sentenza p. 50).

37. Con il nono motivo è dedotta omessa pronuncia sulla graduazione della responsabilità tra Galli Srl, B.B. e Sa-Fer Spa. Nullità della sentenza (art. 360, co. 1 n. 4 c.p.c. in relazione agli articoli: 2055 c.c., 112, 132 co. 2 c.p.c., 118 disp. att. c.p.c.). La società allega di avere chiesto di "accertare e dichiarare che la responsabilità...esclusivamente di Sa-Fer Spa e/o di B.B., in solido e/o in subordine disgiuntamente e/o in subordine di uno di essi...e conseguentemente...respingere tutte le domande di A.A. contro Galli Srl; nel non creduto caso in cui Galli Srl fosse condannata a corrispondere alcunché a A.A., condannare gli stessi (Sa-Fer Spa e/o B.B.) in solido. e/o in subordine disgiuntamente e/o in subordine uno di essi...a corrispondere a Galli Srl tutto quanto la stessa fosse condannata a corrispondere a A.A., e ciò quale che sia la configurazione giuridica che si dia al rapporto tra A.A. e Galli Srl" Critica la sentenza d'appello per omessa pronuncia sulla domanda della società assumendo che "la si voglia intendere come richiesta di graduazione della colpa ai fini di una successiva azione di regresso o anche come garanzia impropria, la Corte non poteva non pronunciarsi, avendo a disposizione tutti gli elementi utili a una corretta attribuzione dell'incidenza delle singole condotte nella causazione del danno (e quindi della misura della singole responsabilità)".

38. Il motivo non è fondato. La Corte d'appello ha affermato la responsabilità solidale, ai sensi dell'art. 2055 c.c., della Sa-Fer Spa, di B.B. e della Galli Srl e condannato le stesse parti, in solido, al risarcimento del danno in favore del A.A. aggiungendo che "nei rapporti interni le colpe di ognuno devono presumersi uguali, non essendovi elementi per differenziare la posizione di ogni responsabile, anche perché nessuna delle parti ha spiegato nei confronti dell'altra l'azione di regresso ai sensi del secondo comma del cit. art. 2055 c.c., che è domanda diversa da quella generica di malleva, essendo fondata su di un titolo differente" (sentenza p. 61). La Corte ha poi espressamente respinto la domanda di "manleva" spiegata dalla Galli nei confronti della Sa-Fer Spa e di B.B., "sia per la genericità della stessa, non essendo indicato dalla Galli quale sarebbe... il titolo che fonderebbe la domanda di garanzia; sia per l'assenza di elementi (peraltro neppure allegati dalla Galli) che consentano di ricostruire questo titolo" (sentenza p. 61-62). Le statuizioni contenute nella decisione d'appello portano ad escludere la sussistenza del vizio di omessa pronuncia. La Corte di merito ha interpretato la domanda proposta dalla Galli verso la Sa-Fer Spa e il B.B. come domanda di manleva e tale interpretazione non è censurabile, e neppure in concreto censurata, in questa sede di legittimità. La pretesa della Galli di ottenere, comunque, una pronuncia sulla graduazione delle responsabilità si scontra con i principi affermati da questa S.C. e condivisi dai giudici di appello, secondo cui il giudice del merito, adito dal danneggiato vittima di un fatto illecito imputabile a più persone legate dal vincolo della solidarietà, "può e deve pronunciarsi sulla graduazione delle colpe solo se uno dei detti condebitori abbia esercitato l'azione di regresso nei confronti degli altri, atteso che solo nel giudizio di regresso può discutersi della gravità delle rispettive colpe e delle conseguenze da esse derivanti" (Cass. n. 5475 del 2023; 21664 del 2005).

39. Con il decimo motivo è dedotta erronea quantificazione del danno non patrimoniale. Violazione di legge (art. 360, co. 1 n. 3 c.p.c. in relazione agli articoli: 1226 e 2729 c.c.). Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (art. 360 co. 1 n. 5 c.p.c.). Si critica la personalizzazione del danno non patrimoniale nella misura del 10% del danno biologico, per difetto di prova del quid pluris richiesto rispetto a quanto già compreso nella percentuale di invalidità riconosciuta.

40. Il motivo non è fondato.

41. Nella giurisprudenza di questa Corte è costante l'affermazione secondo cui, in tema di liquidazione del danno non patrimoniale, ai fini della c.d. "personalizzazione" del danno forfettariamente individuato (in termini monetari) attraverso i meccanismi tabellari cui la sentenza abbia fatto riferimento (e che devono ritenersi destinati alla riparazione delle conseguenze "ordinarie" inerenti ai pregiudizi che qualunque vittima di lesioni analoghe normalmente subirebbe), spetta al giudice far emergere e valorizzare, dandone espressamente conto in motivazione in coerenza alle risultanze argomentative e probatorie obiettivamente emerse ad esito del dibattito processuale, specifiche circostanze di fatto, peculiari al caso sottoposto ad esame, che valgano a superare le conseguenze "ordinarie" già previste e compensate dalla liquidazione forfettizzata assicurata dalle previsioni tabellari; da queste ultime distinguendosi siccome legate all'irripetibile singolarità dell'esperienza di vita individuale nella specie considerata, caratterizzata da aspetti legati alle dinamiche emotive della vita interiore o all'uso del corpo e alla valorizzazione dei relativi aspetti funzionali, di per sé tali da presentare obiettive e riconoscibili ragioni di apprezzamento (in un'ottica che, ovviamente, superi la dimensione "economicistica" dello scambio di prestazioni), meritevoli di tradursi in una differente (più ricca e, dunque, individualizzata) considerazione in termini monetari, rispetto a quanto suole compiersi in assenza di dette peculiarità (v. Cass. n. 21939 del 2017; v. anche Cass. n. 27482 del 2018; n. 2799 del 2019).

42. Nella fattispecie in esame, la Corte d'appello ha applicato le disposizioni denunciate in modo conforme ai principi appena richiamati, dando espressamente conto in motivazione di una serie di elementi di fatto, peculiari al caso esaminato, di per sé tali da presentare obiettive e riconoscibili ragioni di apprezzamento al fine della personalizzazione del danno non patrimoniale. Tra questi, il fatto di "avere cali di memoria e di concentrazione", non costituente conseguenza "normale" di ogni invalidità del 54% e giudicato idoneo, in una persona ancora giovane come il A.A. (che al momento dell'incidente aveva 40 anni), ad acuire i riflessi negativi dell'invalidità sulla vita di relazione e sulla percezione di sé.

43. Con l'undicesimo motivo è dedotta erronea quantificazione del danno patrimoniale. Violazione di legge (art. 360, co. 1 n. 3 c.p.c. in relazione all'art. 1223 c.c.) per non avere la Corte d'appello detratto dalla somma determinata dalla capitalizzazione della diminuzione del reddito posteriore all'infortunio (5 ottobre 2011), il reddito percepito per effetto del nuovo lavoro svolto a partire dal 1° maggio 2013. Inoltre, per avere aggiunto alla citata somma, il reddito non percepito dall'epoca dell'infortunio fino al reperimento del nuovo lavoro.

44. Pur prescindendo dai profili di inammissibilità per difetto di specificità, il motivo è infondato. La Corte dii merito ha applicato uno dei criteri di calcolo descritti da questa Corte, che consiste nel moltiplicare il reddito annuo perduto dalla vittima (al netto delle imposte e debitamente rivalutato all'epoca della liquidazione) per un numero (c.d. coefficiente di capitalizzazione) che tenga già conto del montante di anticipazione, fermo restando che il giudice di merito, nell'esercizio del suo potere di liquidazione equitativa di detto danno, è libero di adottare i coefficienti di capitalizzazione ritenuti preferibili, purché aggiornati e scientificamente corretti (v. Cass. n. 25415 del 2019; n. 9048 del 2018; n. 10499 del 2017; n. 20615 del 2015). Tale operazione non include la sottrazione del reddito percepito dal lavoratore per il nuovo lavoro reperito e svolto e, d'altra parte, di tale residua capacità lavorativa i giudici di merito hanno già tenuto conto nel momento in cui hanno determinato l'incapacità lavorativa specifica del lavoratore, nella specie pari al 50%. Risulta quindi infondata la prima censura del motivo in esame. La stessa conclusione deve adottarsi sulla seconda censura essendosi la decisione di appello uniformata ai principi enunciati da questa S.C. secondo cui il danno già verificatosi deve essere tenuto distinto da quello futuro, da liquidarsi col sistema della capitalizzazione (Cass. n. 17061 del 2017; n. 12902 del 2012; n. 11439 del 1997). Ricorso incidentale della Sa-Fer Spa

45. Con il primo motivo di ricorso è dedotta nullità della sentenza per violazione degli artt. 342 co. 1 e. 2, 434 co. 1 n. 2, 132 co. 2 c.p.c., 118 disp. att. c.p.c., ai sensi dell'art. 360, comma 1 n. 4 c.p.c., per avere la Corte di merito erroneamente respinto l'eccezione di inammissibilità dell'appello proposto dal A.A.

46. Il motivo è infondato per le ragioni già espresse nell'esame del primo motivo del ricorso principale della Galli Srl

47. Con il secondo motivo è dedotta violazione o falsa applicazione degli artt. 112, 346 e 91 c.p.c., in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. La società premette di avere chiesto e ottenuto, nel giudizio di primo grado, di chiamare in causa D.D. (responsabile della sicurezza) e C.C. (coordinatore dei lavori); che il tribunale, respinta la domanda del A.A., ha compensato tra tutte le parti le spese di lite, quindi anche tra la Sa-Fer e i signori D.D. e C.C.; di non avere in appello riproposto alcuna domanda nei confronti dei predetti e che di ciò ha dato atto la stessa sentenza d'appello, statuendo "deve ritenersi che la società abbia abbandonato le relative domande" (sentenza d'appello, p. 90); che la Corte territoriale ha, esaminato la posizione dei signori D.D. e (Omissis) escludendo profili di colpa nella loro condotta, e nel dispositivo ha respinto le domande della Sa-Fer nei loro confronti e condannato la società al pagamento delle spese processuali di entrambi i gradi di giudizio; che in tal modo la Corte d'appello ha pronunciato ultrapetita ed ha errato anche nel condannare la società alle spese del giudizio di primo grado (interamente compensate dal tribunale), in mancanza di appello incidentale sul punto dei signori D.D. e C.C..

48. Il motivo non può essere accolto. Deve premettersi che l'interesse ad impugnare della Sa-Fer è configurabile limitatamente alla statuizione di condanna alle spese del doppio grado in favore dei signori D.D. e C.C., atteso che il dedotto vizio di ultrapetizione non ha determinato altra conseguenza se non la condanna alle spese. Secondo l'indirizzo di questa Corte, il giudice di appello, allorché riformi in tutto o in parte la sentenza impugnata, deve procedere d'ufficio, quale conseguenza della pronuncia di merito adottata, ad un nuovo regolamento delle spese processuali, il cui onere va attribuito e ripartito tenendo presente l'esito complessivo della lite poiché la valutazione della soccombenza opera, ai fini della liquidazione delle spese, in base ad un criterio unitario e globale, mentre, in caso di conferma della sentenza impugnata, la decisione sulle spese può essere modificata soltanto se il relativo capo della sentenza abbia costituito oggetto di specifico motivo d'impugnazione (v. Cass. n. 9064 del 2018; 11423 del 2016; n. 6259 del 2014). In conformità a questo principio, la Corte d'appello ha proceduto alla liquidazione delle spese del doppio grado, ponendo le spese sostenute dai signori D.D. e C.C. a carico della parte che li aveva chiamati in causa per esserne manlevata. Né la (eventuale) rinuncia alla domanda in appello rende di per sé illegittima la statuizione di condanna, dato che l'art. 391, ultimo comma, c.p.c., esclude la condanna solo "se alla rinuncia hanno aderito le altre parti personalmente o i loro avvocati autorizzati con mandato speciale", requisiti pacificamente assenti nel caso in esame.

49. Con il terzo motivo è dedotta violazione o falsa applicazione degli artt. 1362, 1325, 2049 e 2697 c.c., in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., per avere la Corte d'appello male (in contrasto col tenore letterale) interpretato la clausola del contratto concluso tra la Galli Srl e la Sa-Fer Spa con cui la prima si obbligava alla "messa a disposizione di un gruista e, se necessario per la movimentazione della gru, di due operatori in fase di montaggio e smontaggio della gru"; la Sa-Fer sostiene di non aver assunto alcun obbligo di fornire personale né mettere a disposizione il muletto; rileva che, in spregio alla citata clausola contrattuale, il A.A., eventualmente col benestare della Galli, aveva deciso in autonomia di provvedere da solo (senza altri operatori) alla movimentazione della gru e che lo stesso doveva considerarsi unico, o in concorso con la Galli, responsabile dell'incidente occorso.

50. Con il quarto motivo è dedotta violazione o falsa applicazione degli artt. 2733 c.c., 228 c.p.c., in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3 e n. 5 c.p.c., per avere la Corte di appello omesso di considerare che il B.B. era stato posto a disposizione del A.A., che quest'ultimo era incaricato di impartire al predetto gli ordini e le istruzioni necessarie per eseguire le operazioni in piena sicurezza e che la permanenza del A.A. nella posizione di pericolo costituiva una libera scelta.

51. Il terzo e il quarto motivo possono essere trattati congiuntamente per connessione logica e sono infondati.

52. Deve anzitutto ribadirsi l'indirizzo consolidato secondo cui l'interpretazione di un atto negoziale è tipico accertamento in fatto riservato al giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità, se non nell'ipotesi di violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale o di motivazione non idonea a consentire la ricostruzione dell'iter logico seguito per giungere alla decisione; che per far valere una violazione sotto il primo profilo, occorre non solo fare puntuale riferimento alle regole legali d'interpretazione (mediante specifica indicazione dei canoni asseritamente violati ed ai principi in esse contenuti), ma altresì precisare in qual modo e con quali considerazioni il giudice del merito se ne sia discostato; con l'ulteriore conseguenza dell'inammissibilità del motivo di ricorso che si fondi sull'asserita violazione delle norme ermeneutiche o del vizio di motivazione e si risolva, in realtà, nella proposta di una interpretazione diversa (Cass. 26 ottobre 2007, n. 22536). Il terzo motivo di ricorso nel criticare la ricostruzione della volontà negoziale operata dal giudice di merito si limita a prospettare una diversa lettura e valutazione degli stessi elementi considerati dai giudici di appello. Peraltro, ove anche si convenisse sull'erronea interpretazione della clausola contrattuale da parte dei giudici di appello, ciò non avrebbe effetto alcuno sulla valutazione di responsabilità della Sa-Fer e del B.B. come svolta nella sentenza impugnata. La responsabilità del B.B. è stata affermata in ragione della "condotta assolutamente imperita e pericolosa" di movimentare il braccio del muletto quando ancora il A.A. si trovava nella zona di pericolo e senza avere una visione completa del raggio d'azione del muletto (sentenza d'appello, p. 55-56). La responsabilità della Sa-fer nell'avere designato, a supporto delle operazioni di spostamento della gru, un mulettista assolutamente inesperto e non formato (il B.B. non aveva mai, manovrato un muletto per spostare una gru e lavorava per la Sa-Fer da soli tre giorni). Tale complessiva condotta colposa, causalmente rilevante rispetto all'infortunio, non può dirsi minimamente elisa o ridimensionata per effetto della mancata previsione, nel contratto tra le due società, dell'obbligo della Sa-Fer di fornire alla Galli operatori e muletti, una volta che il veicolo e il dipendente sono stati, in fatto (e in ipotesi in contrasto con gli accordi contrattuali) messi a disposizione del A.A. per le operazioni per cui è causa.

53. Con il quinto motivo è dedotta nullità della sentenza per violazione dell'art. 132 co. 2 n. 4 c.p.c., in relazione all'art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., per non avere la Corte d'appello motivato l'affermazione secondo cui il B.B., nel momento in cui iniziò ad alzare il braccio del muletto, non fosse in condizione di vedere e rendersi conto della posizione di pericolo in cui si trovava il A.A.. Inoltre, per non avere considerato che il B.B. rispondeva agli ordini e alle istruzioni del A.A., il quale ha svolto l'operazione violando plurime prescrizioni di sicurezza (senza seguire la procedura ufficiale, senza usare i martinetti idraulici, senza bloccare le ruote con appositi cunei di plastica ma usando inidonei stocchi di legno) e che le sentenze penali hanno escluso ogni responsabilità del B.B., ravvisando la causa dell'incidente nel fatto che il A.A. aveva agganciato la gru solo sul lato frontale, causando uno sbilanciamento in avanti, oltre che nel mancato uso dei martinetti e cunei.

54. Il motivo non può trovare accoglimento. Non solo non ricorrono, nella sentenza d'appello, le anomalie motivazionali atte ad integrare la violazione dell'art. 132 c.p.c., come delineate dalle S.U. con le sentenze n. 8053 e n. 8054 del 2014, ma le censure investono, in sostanza, l'accertamento in fatto compiuto dai giudici di appello in ordine alla dinamica dell'incidente e al comportamento delle parti nella causazione dello stesso e, come tali, non possono trovare ingresso in questa sede di legittimità.

55. Con il sesto motivo è dedotta violazione o falsa applicazione degli artt. 2055 e 1655 c.c., in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., per avere la Corte di appello errato nel non differenziare la posizione dei tre responsabili.

56. Il motivo non può trovare accoglimento per assoluta genericità delle censure. Si richiamano inoltre gli argomenti svolti nell'esame del nono motivo del ricorso principale della Galli Srl

57. Con il settimo motivo si reiterano le censure svolte dalla Galli Srl con il decimo e undicesimo motivo di ricorso, in ordine alla quantificazione dei danni patrimoniale e non patrimoniale.

58. Il motivo è infondato per le ragioni già esposte nell'esame dei richiamati motivi della ricorrente principale.

Ricorso incidentale di B.B.

59. Con il primo motivo di ricorso è dedotta nullità della sentenza per violazione degli artt. 342 co. 1 e. 2, 434 co. 1 n. 2, 132 co. 2 c.p.c., 118 disp. att. c.p.c., ai sensi dell'art. 360, comma 1 n. 4 c.p.c., per avere la Corte di merito erroneamente respinto l'eccezione di inammissibilità dell'appello proposto dal A.A.

60. Il motivo è infondato per le ragioni già espresse nell'esame del primo motivo del ricorso principale della Galli Srl

61. Con il secondo motivo è dedotta violazione o falsa applicazione degli artt. 2043, 2049 e 2697 c.c., in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3 e n. 5 c.p.c., per avere la Corte d'appello errato nell'affermare la corresponsabilità del B.B. posto che lo sbilanciamento della gru era avvenuto per errata manovra da parte del A.A., che l'aveva agganciata solo dal lato frontale; il B.B. aveva un raggio di azione e di visibilità limitato e non era quindi in condizione di percepire in che posizione si trovasse il A.A.; le operazioni affidate al B.B. non rientravano nelle sue mansioni né la Sa-Fer era tenuta a fornire mezzi di sollevamento; per eseguire tali operazioni, egli era stato messo a disposizione del A.A. e della Galli, che costituivano, di fatto, suoi datori di lavoro, come tali responsabili in base all'art. 2049 c.c.; le sentenze penali hanno escluso ogni responsabilità del B.B., ravvisando la causa dell'incidente nel fatto che il A.A. aveva agganciato la gru solo sul lato frontale, causando uno sbilanciamento in avanti, oltre che nel mancato uso dei martinetti e cunei.

62. Il motivo non può trovare accoglimento poiché le censure investono, nella sostanza, l'accertamento in fatto compiuto dai giudici di appello in ordine alla dinamica dell'incidente e al comportamento delle parti nella causazione dello stesso e, come tali, non possono trovare ingresso in questa sede di legittimità. Le circostanze addotte, secondo cui le operazioni eseguite non rientravano nelle mansioni (e nella esperienza) del B.B. e che lo stesso non aveva una completa visibilità, anche riguardo alla posizione in cui si trovava il A.A., nell'atto di sollevare il braccio del muletto, sono state specificamente valutate dai giudici di appello come significativi dell'apporto colposo addebitabile al mulettista e al suo datore di lavoro (v. sentenza appello p. 56, secondo cpv. e p. 60, primi due cpv.). Il motivo in esame sollecita una inammissibile diversa valutazione di questi e di altri elementi di giudizio.

63. Con il terzo motivo è dedotta violazione o falsa applicazione degli artt. 1227, 2055 c.c. e dell'art. 112 c.p.c. in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3 e n. 5 c.p.c., per avere la Corte di appello errato nel non differenziare la posizione dei tre responsabili.

64. Il motivo non può trovare accoglimento per assoluta genericità delle censure. Si richiamano inoltre gli argomenti svolti nell'esame del nono motivo del ricorso principale della Galli Srl

65. Con il settimo motivo si reiterano le censure svolte dalla Galli Srl con il decimo e undicesimo motivo di ricorso, in ordine alla quantificazione dei danni patrimoniale e non patrimoniale.

66. Il motivo è infondato per le ragioni già esposte nell'esame dei richiamati motivi della ricorrente principale.

Ricorso incidentale della UnipolSai Assicurazioni Spa

67. Con l'unico motivo di ricorso è dedotta violazione o falsa applicazione degli artt. 1362 ss. e 1882 ss. c.c. per avere la sentenza d'appello accolto la domanda di garanzia proposta dalla Sa-Fer, respingendo erroneamente le eccezioni di inoperatività di tale garanzia sollevate dalla società assicuratrice. In particolare, la ricorrente incidentale censura l'interpretazione data dai giudici di appello al termine "dipendente", come riferibile anche ai dipendenti non in regola con le assicurazioni obbligatorie, assumendo che la polizza subordina espressamente (p. 12, art. 12 lett. B) l'efficacia della garanzia, per quanto si riferisce agli infortuni sofferti dai prestatori di lavoro, alla condizione che al momento del sinistro il lavoratore sia "in regola con gli obblighi per l'assicurazione di legge". Reputa quindi non operativa la garanzia di cui all'art. 14, punto 1, lett. c) (rectius: lett. a) cpv.), relativa ai danni subiti dai subappaltatori e loro dipendenti posto che il A.A. non poteva considerarsi (nei rapporti tra UnipolSai e Sa-Fer) dipendente dell'appaltatore Galli Battista Srl in quanto non regolarmente assunto da quest'ultima. Per le stesse ragioni ritiene non operativa la garanzia di cui all'art. 14, lett. c), punto 2 (danni subiti da titolari e dipendenti di ditte che partecipano occasionalmente ai lavori della assicurata) in quanto circoscritta ai danni subiti dai dipendenti formali (regolarmente assunti) delle ditte ivi indicate. Infine, sull'art. 17 della polizza che contempla esclusivamente i "rischi esclusi dall'assicurazione", e, tra questi, il danno provocato da persone che non sono in rapporto di dipendenza con l'assicurato, la ricorrente osserva che tale previsione, ancorché valutata a contrario, non introduce un indiscriminato ambito di operatività della garanzia per i danni provocati dai dipendenti dell'assicurato, dovendosi fare sempre riferimento all'art. 14, lett. a) dedicato alla responsabilità civile dei dipendenti, che limita l'estensione (oltre che ai casi di lesioni gravi o gravissime), ancora una volta, alle seguenti categorie di danneggiati, cioè "i subappaltatori ed i loro dipendenti e gli altri dipendenti dell'assicurato obbligatoriamente iscritti ad Inail". 68. Il motivo non può essere accolto. Esso censura l'interpretazione data dai giudici di merito alle clausole della polizza assicurativa, opponendo ad essa una diversa lettura del termine "dipendente", da intendere come lavoratore subordinato in regola con gli obblighi assicurativi, requisito che non potrebbe estendersi al A.A., riconosciuto come lavoratore subordinato della Galli dalla sentenza d'appello e quindi non in regola all'epoca dell'infortunio. La sentenza d'appello ha argomentato che, nella polizza, il termine "dipendente" è "utilizzato genericamente, senza alcun riferimento al fatto che de(bba) trattarsi di dipendenti in regola con le assicurazioni obbligatorie", e che, nel dubbio,

le clausole del contratto di assicurazione devono interpretarsi a favore dell'assicurato (art. 1370 c.c.). A tale interpretazione la UnipolSai oppone una diversa lettura, facendo leva sull'art. 12 lett. B) - riferito agli infortuni sofferti dai prestatori di lavoro dell'assicurato per i quali la polizza esige che siano "in regola con gli obblighi per l'assicurazione di legge", assumendo che non vi sarebbe ragione di escludere tale condizione riguardo ai dipendenti di altri soggetti (come i subappaltatori). Si tratta di una diversa lettura che non mette in evidenza errori nella interpretazione data dalla Corte di merito e che si pone semplicemente come alterativa, sulla base dei medesimi dai già analizzati in sede di appello.

69. Stesse considerazioni valgono per le critiche mosse alla interpretazione delle altre clausole contrattuali. In particolare, alla clausola di cui all'art. 14, lett. c) punto 2 in cui è utilizzato il termine "dipendente" e alla clausola di cui all'art. 17, lett. A) punto 10, sulla cui base la Corte d'appello (in via alternativa) ha ritenuto inclusi nella garanzia i danni provocati a terzi (nella specie il A.A.) dai dipendenti dell'assicurato (il B.B. quale dipendente Sa-Fer) e che invece UnipolSai pretende di limitare ai "subappaltatori ed i loro dipendenti e gli altri dipendenti dell'assicurato obbligatoriamente iscritti all'Inail".

70. Per le ragioni esposte, devono respingersi il ricorso principale della Galli Battista Srl e i ricorsi incidentali della Sa-Fer Spa, di B.B. e della di UnipolSai Assicurazioni Spa.

71. In base al criterio di causazione e di soccombenza, si condannano la Galli Battista Srl, la Sa-Fer Spa e B.B., in solido, alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità in favore di A.A., liquidate come in dispositivo. Secondo i medesimi canoni, si condanna la Sa-Fer Spa alla rifusione delle spese del presente giudizio nei

confronti di D.D., C.C. e Generali Italia Spa (v. Cass. n. 31889 del 2019; n. 23948 del 2019 con liquidazione come in dispositivo. Si compensano le spese di lite tra le restanti parti processuali.

72. Il rigetto del ricorso principale e di quelli incidentali costituisce presupposto processuale per il raddoppio del contributo unificato, ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 (cfr. Cass. S.U. n. 4315 del 2020).

 

P.Q.M.


La Corte rigetta il ricorso principale della Galli Battista Srl e i ricorsi incidentali della Sa-Fer Spa, di B.B. e della UnipolSai Assicurazioni Spa.

Condanna la Galli Battista Srl, la Sa-Fer Spa e B.B. in solido alla rifusione, in favore di A.A., delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 15.000,00 per compensi professionali, Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge.

Condanna la Sa-Fer Spa alla rifusione, in favore di D.D., C.C. e la Generali Italia Spa, delle spese del giudizio di legittimità che liquida, per ciascuno, in euro 10.000,00 per compensi professionali, Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge.

Compensa le spese del presente giudizio tra le restanti parti processuali.

Ai sensi dell'art. 13, co. 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente principale e dei ricorrenti incidentali dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale e per i ricorsi incidentali a norma del comma 1 bis dello stesso art.13, se dovuto.

Cosi deciso nell'udienza dell'11 aprile 2024

Depositato in Cancelleria il 6 giugno 2024.