Il cortocircuito tra un sistema prevenzionistico “perfetto” e le stragi di lavoratori. Un’analisi ex-post di lavori pericolosi, di previsioni tecnico-normative e di iter processuali: e se la vera emergenza fosse l’inefficacia del sistema?** †
di Fabio Trombetta*
SOMMARIO: 1. Attività lavorative complesse: gli strumenti normativi per la gestione della sicurezza e le criticità – 2. Il Documento Unico di Valutazione dei Rischi da Interferenza - 3. Il ruolo degli ispettori, degli inquirenti e dei giudicanti nelle attività complesse e pericolose: la ricostruzione processuale della strage di Mineo del 2008 – 4. La strage di Casteldaccia del 2024: il collasso del sistema prevenzionistico – 5. Dall’analisi delle criticità alla proposta - 6. Conclusioni e prospettive
1. Attività lavorative complesse: gli strumenti normativi per la gestione della sicurezza e le criticità
Il continuo aumento degli incidenti sul lavoro e l’escalation della loro gravità pone l’esigenza di una riflessione approfondita sull’intero sistema prevenzionistico e sulla sua efficacia, specialmente per le situazioni più complesse e pericolose. La sensazione di chi opera in prima linea è di un crescente divario tra chi deve garantire, a vario titolo e assiduamente, la sicurezza sul lavoro e chi elabora strategie e approcci prevenzionistici più o meno complicati, ineccepibili sotto l’aspetto giuridico e tecnico, ma di difficile applicazione nella pratica quotidiana. La conseguenza è che nella fase produttiva, finalizzata ad erogare servizi o produrre beni, prevalgano ragioni di carattere economico e sociale, talvolta di tale rilevanza e cogenza da fare passare in subordine ogni altro aspetto, inducendo all’accettazione, più o meno coscientemente, delle possibili gravi conseguenze di omissioni e/o sottovalutazioni, vista anche la carenza di controlli. Il D. Lgs. 81/081, ha valorizzato e accentuato il coinvolgimento attivo di tutti gli attori del Testo Unico, dai lavoratori, ai preposti, ai dirigenti e al Datore di Lavoro, e questo è chiaramente visibile anche nelle integrazioni più recenti, quali il rinnovato ruolo dei preposti e la formazione obbligatoria in materia di sicurezza sul lavoro a carico dello stesso Datore di Lavoro (le cui modalità e contenuti sono però ancora da definire, dopo oltre due anni dalla modifica normativa).
Il sistema di prevenzione stabilito nel 1994 con il D. Lgs. 626 e perfezionato nel 2008 presenta tratti profondamente innovativi e di straordinaria rilevanza culturale e giuridica, mantenendo, anche a distanza di oltre 15 anni, un’affascinante originalità e dovizia di spunti, che continuano a generare un imponente indotto di Indicazioni Tecniche, Circolari, Interpelli, Fact sheets ecc., di grande interesse per gli studiosi ma anche molto impegnativi per gli operatori del settore. Infatti, va da sé che ogni nuovo documento tecnico o giuridico deve divenire parte del patrimonio culturale collettivo e non può essere omesso o trascurato nella gestione ordinaria della sicurezza.
È altrettanto incontestabile, però, che in 30 anni la società è evoluta in maniera rivoluzionaria, introducendo nel mondo del lavoro, una gran varietà di contratti atipici e di tipologie di lavoratori, per i quali è spesso difficile individuare le figure di garanzia previste dal T.U. e i relativi adempimenti; tale difficoltà va anzitutto riferita ai Datori di Lavoro, che si ritrovano ad operare in attività spesso molto articolate, frammentate e pericolose, ma si estende ai lavoratori stessi, che non hanno riferimenti certi all’interno della propria realtà lavorativa, fino agli organi di vigilanza, all’Autorità Giudiziaria e agli inquirenti, che faticano a districarsi tra le responsabilità contrattuali in carico ai vari soggetti, il sistema delle deleghe e individuarle, eventualmente, in un contesto infortunistico (v. anche il successivo Par. 3).
In questo contesto, l’avvio delle attività connesse alla realizzazione dei progetti del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza costituisce una prova di stress del sistema, a causa di scadenze spesso inconciliabili con i tempi propri del sistema prevenzionistico, che, comunque, non prevede alcuna deroga. Anche qui, la soluzione, percepita con chiarezza da chi opera sul campo, è che si preferisce omettere degli adempimenti, piuttosto che rischiare il mancato rispetto delle scadenze e perdere dei finanziamenti.
In un frangente di obiettiva difficoltà per tutti gli operatori, non emergono provvedimenti normativi o procedurali efficaci e incisivi, in grado di tutelare sia le esigenze produttive che la sicurezza dei lavoratori; a titolo di esempio, nel Par. 2 riportiamo, a fini esplicativi, cosa è previsto ad oggi dalla norma e dalle Indicazioni Tecniche nel caso in cui vi sia un’attività lavorativa con interferenza (“contatto rischioso”) tra l’attività di un Datore di Lavoro committente e le attività appaltate o sub-appaltate a un paio di Ditte esterne, situazione molto frequente e spesso foriera, purtroppo, di gravi incidenti.
Come vedremo in dettaglio, gli adempimenti sono numerosi, ben noti e molto accurati; se a una tale complessità organizzativa si dovesse aggiungere la presenza di un pericolo rilevante, difficile da riconoscere e affrontare, magari con rischio di lesioni gravi o addirittura di morte, ecco che si delinea lo scenario fin troppo noto delle stragi sul luogo di lavoro: un gruppo di lavoratori, poco informati sulle modalità per lo svolgimento in sicurezza del processo lavorativo a cui sono destinati e sulle procedure di soccorso o di emergenza, sprovvisti di addestramento, di formazione specifica e di dispositivi di protezione, magari retribuiti da Ditte diverse e senza figure sovra-ordinate, viene mandato allo sbaraglio, a effettuare una lavorazione urgente o la manutenzione straordinaria di un impianto. Anche su questa fattispecie di situazioni “pericolose”, nel Par. 3 riportiamo, a mero titolo di esempio, come si dovrebbe impostare un intervento manutentivo straordinario in un impianto in cui ci sia la possibilità che si sprigioni acido solfidrico (H2S), scenario in cui gli incidenti mortali sono stati numerosi e si sono ripetuti negli anni.
Questo contributo si incentra sulle situazioni lavorative “complesse” (più Ditte sono chiamate a intervenire contemporaneamente e sullo stesso luogo di lavoro) e “pericolose” (ovvero in presenza di agenti di rischio, già presenti o che possono svilupparsi durante l’intervento, in grado di provocare infortuni gravi o mortali). Rispetto a tali situazioni, sulle quali l’attenzione dei Datori di lavoro, dei consulenti e degli organi ispettivi, inquirenti e giudicanti dovrebbe essere fondata su competenze di alto livello, chiare e condivise, il sistema prevenzionistico non è efficace, visto che, in vigenza del D. Lgs. 81, si ripetono con uguali modalità stragi dal 2008 (impianto di depurazione di Mineo) e fino all’impianto fognario di Casteldaccia del maggio 2024. Di seguito, a titolo di esempio, per la strage di Mineo si riporta nel dettaglio l’iter processuale, protrattosi anche dopo la sentenza della Corte di cassazione del 2016, che stabilì l’irrevocabilità di alcune sentenze e il rinvio alla Corte di Appello per altre.
È bene a questo punto rilevare che il dato che emerge più chiaramente dalle continue revisioni e integrazioni del T.U., spesso conseguenti agli incidenti più gravi, può essere così riassunto:
• l’inasprimento delle sanzioni
• l’incremento degli adempimenti a carico dei datori di lavoro e dei preposti
• l’incremento di dispositivi e di procedure di sicurezza
a carico di tutte le attività lavorative a tappeto, mentre per diminuire la gravità degli incidenti sarebbe forse il momento di intervenire su
1. la graduazione delle responsabilità e degli adempimenti in funzione della pericolosità delle attività;
2. l’incremento delle competenze di chi espleta funzioni di garanzia e funzioni consulenziali in attività complesse e pericolose;
3. il bilanciamento dei poteri tra gli organi decisionali e quelli consultivi.
Nel Par. 5 entreremo nel dettaglio di questi aspetti.
2. Il Documento Unico di Valutazione dei Rischi da Interferenza
Come detto, per le attività lavorative complesse, cioè in cui vi sono più Ditte operanti nello stesso luogo di lavoro e contemporaneamente, il T.U. della sicurezza individua uno specifico strumento per la gestione della prevenzione degli infortuni, ovvero il Documento Unico di Valutazione dei Rischi da Interferenza (DUVRI), redatto dal Datore di Lavoro committente, con la partecipazione attiva di tutti i Datori di Lavoro operanti.
Che l’interferenza tra l’attività del committente e quella dell’appaltatore possa costituire un pericolo era già contenuto con chiarezza nell’Art. 7 del D. Lgs. 626/94; l’art. 26 del T.U., ripetutamente integrato negli anni, lo estende all’interferenza tra le attività delle Ditte appaltatrici e soprattutto esprime con maggiore chiarezza il carattere dinamico del DUVRI, da aggiornare ogni qualvolta entrano in vigore contratti di subappalto, di appalto e di somministrazione, coinvolgendo attivamente anche le Ditte già presenti. Le parole-chiave sono la cooperazione e il coordinamento tra i vari Datori di Lavoro.
Nel 2013, l’INAIL ha pubblicato un’importante “Indicazione Tecnica” che, oltre a riprendere puntualmente la ratio dell’art. 26 e gli obblighi che ne discendono, riporta un “Modello per la Valutazione dei Rischi da Interferenza”, che viene poi articolato in un esempio. Il Datore di Lavoro Committente deve anzitutto elaborare un primo Documento in cui riporta i rischi presenti sul luogo di lavoro interessato all’intervento e la propria valutazione su di essi, anche rispetto alle eventuali future interferenze (c.d. DUVRI-0); tale Documento è alla base dei rapporti con la Ditta appaltatrice, in quanto quest’ultima ne prende atto già quando presenta l’offerta per aggiudicarsi l’appalto.
Successivamente, la Ditta aggiudicataria prende contatto con la Committente e viene stilato un secondo Documento (DUVRI-1), in cui viene anche dettagliato congiuntamente un cronoprogramma dell’intervento e viene codificata l’interferenza tra le attività proprie di Committente e Appaltatrice; molto spesso, presso la Committente operano già altre Ditte (per esempio, quella delle pulizie, della manutenzione e, in un ospedale, della fornitura dei pasti ecc), con la conseguenza che in realtà la Ditta che si aggiudica l’appalto è la terza o la quarta a intervenire nello stesso luogo e nello stesso momento, di altre pre-esistenti.
Come si procede in questi casi? L’INAIL indica che le Ditte Committente e appaltatrici abbiano già redatto congiuntamente il Documento Unico, che, al subentro della nuova Ditta, sarà esteso a includere quest’ultima, cosicché il Documento Unico (supponiamo un DUVRI-3, cioè con 3 Ditte esterne) diverrà DUVRI-4, firmato, oltre che dal Committente, anche dalle 4 Ditte esterne.
Un tale scenario è, sulla carta, “perfetto”, poiché garantisce che tutte le Ditte interferenti conoscano le azioni l’una delle altre, tanto più se il Committente si onera di garantire la presenza di un Coordinatore; inoltre, la nuova revisione del T.U. obbliga ciascuna Ditta appaltatrice a individuare un preposto, le cui generalità saranno messe a conoscenza di tutti. Il sistema “teorico” è perfetto.
Cosa succede nella pratica?
1. innanzitutto, il Committente tende, per rapidità o scarsa cognizione, a usare come DUVRI-0 sempre lo stesso Documento, a prescindere dal fatto che sul luogo di lavoro dove ci sarà l’intervento della nuova Ditta in realtà operano già altre 2 o 3 Ditte; quindi, anziché trasmettere il DUVRI-2 o il DUVRI-3, contenente i rischi introdotti dalle Ditte già appaltatrici di altri servizi, continua a trasmettere il DUVRI-0;
2. la nuova Ditta aggiudicataria presenta un cronoprogramma del proprio intervento solo in prossimità dell’inizio delle proprie attività, non includendo in esso le attività di sicurezza propedeutiche, che dovrebbero mettere in atto la “collaborazione” e “cooperazione” tra tutte le Ditte, come richiesto dall’art. 26 del T.U.;
3. di conseguenza, l’ultima Ditta appaltatrice in ordine di tempo effettua la propria attività all’insaputa della presenza delle altre Ditte, ingenerando confusione e interferenze spesso pericolose.
In realtà, la confusione, oltre ad essere foriera di rischi per tutti gli operatori presenti, fa anche perdere tempo e compromette la regolarità dell’esecuzione del servizio, poiché non si conoscono i luoghi di lavoro, non si conoscono gli interlocutori per le varie esigenze, non si conoscono le procedure né ordinarie né in caso di emergenza, ecc.
Il risparmio di tempo e di risorse nel non rispettare le norme in materia di Salute e Sicurezza sul Lavoro (SSL) è pericoloso e solo apparente. Come rilevato dalla Commissione Europea, infatti, “le buone pratiche in materia di SSL contribuiscono a rendere le imprese più produttive, competitive e sostenibili. Secondo le stime, per ogni euro investito in SSL, il rendimento per il datore di lavoro è circa il doppio”2: “un buon livello di SSL riduce anche i costi dell'assistenza sanitaria e altri oneri sociali, mentre uno scarso livello di SSL si traduce in costi elevati per i singoli, le imprese e la società”2.
3. Il ruolo degli ispettori, degli inquirenti e dei giudicanti in attività complesse e pericolose: l’esempio della strage di Mineo del 2008
La complessità della normativa (o meglio, la difficoltà nell’applicarla) non si ripercuote soltanto sugli operatori che gestiscono quotidianamente la sicurezza, ma anche su chi è chiamato a farla rispettare. Sinteticamente, vi sono almeno tre livelli di controllo sulle attività in argomento:
• Il livello c.d. degli ispettori, che, senza entrare nei dettagli delle rispettive competenze, possono essere ispettori del lavoro, forze dell’ordine, Vigili del Fuoco ecc., che di iniziativa o su delega dell’Autorità Giudiziaria (A.G.), nella loro veste di Ufficiali di Polizia Giudiziaria (UPG), accedono ai luoghi di lavoro; si tratta generalmente di operatori formati e addestrati a esaminare documentazione, a prendere visione di luoghi e attrezzature di lavoro e a individuare le carenze del sistema di gestione. La rilevanza di questa prima fase è riconosciuta dalla Commissione Europea che nella citata Comunicazione del 20212 rileva che “fornire agli ispettori del lavoro orientamenti e formazione a livello dell'UE e nazionale per promuovere la cooperazione e metodi di ispezione innovativi contribuisce a migliorare la coerenza delle misure di applicazione in tutti gli Stati membri”.
• Gli ispettori formulano delle c.d. “ipotesi di reato”, poi comunicate all’A.G. come “notizie di reato”, nelle quali vengono riportate sia le violazioni riscontrate che le relative sanzioni; questa fase può essere o di vigilanza “preventiva” o successiva ad un incidente, in cui, invece, è il Pubblico Ministero che allerta gli UPG, assegnando una “delega” più o meno dettagliata, cioè dei punti da approfondire, sulla base di informazioni già note o a partire da un esposto o da indagini precedenti. A causa della mancanza di ispettori, raramente si riesce a fare prevenzione: la vigilanza è quasi sempre ex post.
• Il secondo livello è la formulazione dei capi di accusa da parte del P.M., che, dopo avere ricevuto la notizia di reato da parte dei “tecnici”, decide l’eventuale rinvio a giudizio e i capi di imputazione a carico dei vari imputati; il sistema sanzionatorio della sicurezza sul lavoro è il D. Lgs. 758/94, che prevede un articolato sistema di disposizioni e prescrizioni e di calcoli di sanzioni. È bene menzionare che, qualora si arrivi al dibattimento, i processi di primo grado durano numerosi anni e si svolgono sotto l’onda dell’emozione dell’incidente, in particolare se mortale.
• Il terzo momento è il processo di appello, in cui l’emozione si è attenuata e talune ipotesi di reato divengono più precise e rigorose: le pene si attenuano, arrivano le prime assoluzioni, alcuni reati vanno in prescrizione, emergono anche responsabilità degli infortunati/vittime, cosa che in primo grado sarebbe stato “inaccettabile” per l’opinione pubblica.
• Si arriva alla Corte di cassazione: non si entra più nel merito (a meno di violazione o falsa applicazione di norme sostanziali e/o di norme processuali) ma si decide solamente in merito a questioni di legittimità ovvero di corretta applicazione di norme di diritto penale sostanziale o procedurale. Le sentenze di merito possono diventare definitive, oppure si decide di rinviarle tutte o in parte alla Corte di appello per varie motivazioni, non ultima il ricalcolo delle sanzioni.
A mero titolo di esempio, nella Tab. 1 si riporta un quadro sinottico dei passaggi giudiziari, e delle relative risultanze finali, della strage di Mineo del 11 giugno 2008, in cui all'interno dell'impianto di depurazione del Comune, in particolare all’interno del pozzetto di ricircolo dei fanghi, morirono sei persone, 4 operai dipendenti del Comune di Mineo e 2 operai dipendenti di una Ditta esterna di Ragusa.
Al fine di comprendere i vari passaggi, occorre riportare brevemente la ricostruzione di quanto accaduto, citando i lavoratori in base all’affiliazione (Comune, Ditta esterna ecc.).
Secondo i dati emergenti all'esito dell'istruttoria in primo grado, il 6 giugno 2008 la DITTA ESTERNA, la cui principale attività consisteva nel risanamento di condotte, aveva effettuato, su richiesta del Comune di Mineo, un primo intervento presso il depuratore, avente ad oggetto l'espurgo della condotta di collegamento tra la vasca del trattamento depurativo (consistente nella rimozione e trasformazione delle sostanze inquinanti) e la vasca di sedimentazione finale (ossia la vasca in cui si raccolgono i fanghi successivamente al processo di sedimentazione primaria). Quel giorno si tentarono due interventi di spurgo; comunque, si era ritenuto inopportuno e pericoloso scendere nel pozzetto.
Il 9 giugno il Comune di Mineo aveva dato ulteriore incarico alla DITTA ESTERNA di intervenire; l'11 giugno, su richiesta degli operai della DITTA ESTERNA, un pozzetto era stato parzialmente svuotato per favorire le operazioni; si trattava di lavoro classificato urgente ed importante, come dimostrato processualmente dall'anticipato rientro dalle ferie di DITTA 1 e di COMUNE 1 e dal temporeggiare di COMUNE 2 nella fruizione di ferie residue dell'anno precedente e dall’acquisto urgente, da parte degli operai del Comune alle ore 9:19, di una scala in alluminio lunga circa 4 m, evidentemente per scendere nel pozzetto. Alle ore 15:40 circa un impiegato del Comune, allertato dai familiari degli operai colleghi e da un collega della Ditta esterna, si era recato al depuratore ed ivi aveva trovato i cadaveri nel pozzetto.
Tabella 1 – Ricostruzione sinottica dei tre gradi di giudizio della strage di Mineo del 2008
La ricostruzione processuale del fatto è stata la seguente: l'11 giugno la discesa nel pozzetto di ricircolo era stata preceduta dalla ultimazione dell'intervento già tentato il 6 giugno; l'acquisto della scala lo stesso giorno dell'incidente indicava che quel giorno si era deciso di effettuare un intervento che riguardava qualcosa da manipolare dentro il pozzetto; non si trattò di operazione repentina perché fu preceduta dalla decisione di sollevare la grata che ricopriva il pozzetto e di collocarvi la scala in alluminio appositamente acquistata; la discesa della prima persona (COMUNE 2) nel pozzetto era avvenuta quando questo non era occupato da fanghi o da altra sostanza dannosa; l'intervento per sturare la tubazione non era iniziato da molto, visto che l'acqua di servizio dell'autocisterna non era esaurita, quando si era verificato lo stasamento della valvola (cioè, la liberazione repentina e incontrollabile del condotto dall'accumulo di depositi e materiali vari), che aveva impedito di risalire a chi era sceso e a chi lo accompagnava o intendeva soccorrerlo, in quanto ne erano fuoriusciti i fanghi più ricchi di acido solfidrico, saturandone in pochi secondi il pozzetto. Sia COMUNE 2 che DITTA 2 erano deceduti per avvelenamento acuto causato dalle elevate concentrazioni di acido solfidrico all'interno del pozzetto; Ditta 1, Comune 3, Comune 4 e Comune 1 avevano soccorso i primi due ed erano svenuti per la presenza di idrogeno solforato, morendo per asfissia mentre il pozzetto si allagava; uno di coloro che erano rimasti all'esterno del pozzetto, accortosi dell'accaduto, aveva chiuso la valvola ed attivato la pompa di ricircolo prima di scendere a soccorrere gli altri.
La ricostruzione con i nomi sostituiti dall’affiliazione lavorativa serve a inquadrare meglio i capi d’accusa riportati nella Tab. 1 a carico delle varie figure. In particolare, per il Comune di Mineo furono formulati capi d’accusa a carico del Datore di Lavoro (l’assessore ai Lavori Pubblici), del Dirigente delegato e del sub-delegato (rispettivamente un dirigente del Comune e un funzionario tecnico); per la Ditta esterna, le accuse furono a carico del Datore di Lavoro (il Rappresentante Legale), del Responsabile del Servizio di Prevenzione e protezione (RSPP) e del Preposto. Ricordiamo che il D. Lgs. 81/08 era appena stato pubblicato e sarebbe entrato pienamente in vigore solo nell’aprile 2009.
Una prima analisi della Tab. 1 mostra immediatamente delle incongruenze: vengono contestati genericamente dei capi d’accusa “a pioggia”, sintomo o di assenza di funzioni delegate con chiarezza, sia all’interno del Comune che della Ditta esterna, oppure di approssimazione nell’attività ispettiva della P.G.; ancora, l’assenza del DUVRI (a quanto sembra, sia del DUVRI-0 che del DUVRI-1) assorbe l’assenza di segnaletica, di DPI e di attrezzature di lavoro idonee, in quanto il DUVRI è proprio lo strumento in cui i datori di lavoro cooperano allo scopo di definire con chiarezza l’intervento e le relative misure di prevenzione e protezione (già nel D. Lgs. 626/94 allora vigente).
L’evidenza dell’iter processuale (che comunque al 2016, cioè dopo 8 anni dall’incidente, non era ancora del tutto concluso) è che i reati che hanno resistito fino alla sentenza definitiva della Corte di cassazione sono:
• la culpa in vigilando e in eligendo del datore di lavoro committente
• l’assenza del DUVRI
• le omissioni del Preposto della Ditta esterna
che costituiscono i veri capisaldi da valorizzare per ogni futura situazione analoga, da parte di tutti gli attori della prevenzione e del sistema di controllo.
4. La strage di Casteldaccia del 2024: il collasso del sistema prevenzionistico “perfetto”
Dopo la strage di Mineo del 2008 altri episodi simili si sono succeduti, con numerosi fattori comuni: vengono organizzati lavori in ambienti confinati, in cui è nota la possibilità di inquinamento chimico; il committente e/o il dirigente per la sicurezza sottovaluta o sconosce la pericolosità della situazione e non elabora/aggiorna il DUVRI; l’appaltatore è più esperto, conosce le criticità, ma ha fretta di concludere il lavoro: è sicuro di poter risolvere qualunque difficoltà, non sollecita la cooperazione, anzi sollecita il proprio Preposto a concludere il lavoro, anche bypassando le procedure di sicurezza. I Responsabili dei Servizi di Prevenzione e Protezione (gli RSPP), sia del Committente che della Ditta esterna, probabilmente redigono il Documento di Valutazione dei Rischi (il DVR) e il DUVRI, che però restano lettera morta e non divengono mai veri strumenti di lavoro: gli RSPP non hanno alcun potere prescrittivo nei confronti del proprio Datore di Lavoro e probabilmente non vengono neanche informati del lavoro (benché complesso e pericoloso) che sta per iniziare.
Nel 2013, l’INAIL pubblica un “Manuale illustrato per lavori in ambienti sospetti di inquinamento o confinati ai sensi dell’art. 3 comma 3 del DPR 177/2011”3, ovvero delle procedure di sicurezza a norma dell’art. 6, c. 8 lett. g) del D. Lgs. 81/08. Così come per il Manuale relativo al DUVRI, anche questo è di straordinaria rilevanza e puntualità nel fornire un modello per la gestione in sicurezza dei lavori in ambienti confinati o sospetti di inquinamento, compresi quelli in cui ci si avvale di imprese appaltatrici o a lavoratori autonomi, proponendo che il lavoro in ambienti confinati sia preventivamente autorizzato, dopo che i datori di lavoro, i preposti e i lavoratori abbiano condiviso e firmato un apposito modulo autorizzativo, nel quale sono individuate le figure coinvolte e le relative funzioni.
Il tutto è previsto nel DPR 177/20114, rubricato come “Regolamento recante norme per la qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi operanti in ambienti sospetti di inquinamento o confinati”, anch’esso documento in continua evoluzione per renderlo operativo e fruibile (v. per ultima la nota n. 859 dell’8 maggio 2024 sulle modalità di certificazione pubblicata dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro5 nonché l’ampia rassegna in DSL di M. Barberio6).
Il Manuale INAIL 2013 è illustrato, di fruizione molto semplice e chiara, e precisa anzitutto le varie fasi dell’intervento; inoltre, l’impresa deve essere “qualificata” ai sensi del DPR 177/2011 ovvero deve garantire:
1. Misure e precauzioni preliminari
2. Segnaletica
3. Esecuzione dei lavori, riportante in grassetto l’affermazione:
a. RICORDA! Prima di entrare per prestare assistenza, i soccorritori devono indossare i previsti DPI
4. Informazione, formazione, addestramento e idoneità sanitaria per la mansione specifica.
- presenza di personale, con esperienza almeno triennale relativa a lavori in ambienti sospetti di inquinamento o confinati (in percentuale non inferiore al 30% della forza lavoro). Il preposto deve necessariamente possedere tale esperienza;
- attività di informazione e formazione di tutto il personale mirata alla conoscenza dei fattori di rischio propri dei lavori in ambienti sospetti di inquinamento e soggetta a verifica di apprendimento e aggiornamento; si fa presente che ciò vale anche per il datore di lavoro se impiegato per tali lavori;
- possesso di dispositivi di protezione individuale, strumentazione e attrezzature di lavoro idonei e avvenuta effettuazione di attività di
addestramento all’uso corretto di tali dispositivi, strumentazione e attrezzature di lavoro;
- addestramento di tutto il personale impiegato in tali attività, ivi compreso il datore di lavoro, relativamente all’applicazione delle procedure di sicurezza.
Non è ammesso il ricorso a subappalti, se non autorizzati espressamente dal datore di lavoro committente (che ha la disponibilità giuridica dei luoghi) e certificati.
Quanto sopra si applica anche nei riguardi delle imprese o dei lavoratori autonomi ai quali dovessero venire subappaltate le lavorazioni.
I requisiti riportati conducono ad una prima conclusione immediata: il Committente che non si avvalga di una impresa “qualificata” e/o che non autorizzi esplicitamente il ricorso a subappalti è omissivo e risponde delle conseguenze di tale comportamento.
Il Manuale illustra poi gli adempimenti dell’impresa “qualificata”, sia nella collaborazione e cooperazione con il Committente, sia verso i propri dipendenti, stabilendo procedure specifiche per l’intervento, anche in funzione dei possibili rischi infortunistici e per la salute; in particolare, si analizzano le situazioni di rischio associate a sostanze asfissianti, evidenziando come molti gas asfissianti siano inodori, incolori e insapori, non sono rilevati dall’apparato sensoriale umano e causano la perdita di conoscenza senza segni premonitori, per cui l’uomo non riesce ad avvertire il pericolo in tempo.
È riportato in grande evidenza che:
► ATTENZIONE!
Il caratteristico odore di uova marce proprio dell’acido solfidrico o idrogeno solforato (H2S), a concentrazioni uguali o superiori a 100 ppm, non viene più percepito poiché il nervo olfattorio si paralizza!
► ATTENZIONE!
Se l’ambiente è sospetto di inquinamento è necessario un monitoraggio in continuo della qualità dell’aria.
Già nel 2011 era stato pubblicato un accurato studio dal titolo “La valutazione e la prevenzione del rischio chimico negli ambienti confinati: un caso storico di rischio chimico per la sicurezza” di Lucio Ros et al.7, in cui si proponeva una “check-list dettagliata per l’entrata in sicurezza in ambienti confinati” proprio rispetto all’attività di manutenzione di un sistema fognario, il cui utilizzo avrebbe potuto evitare, o almeno mitigare, la strage di Casteldaccia, avvenuta 13 anni dopo; riportiamo di seguito integralmente tale check-list, proprio per dare esplicita contezza del dettaglio in cui si entra e, quindi, del fatto che chi avrebbe dovuto garantire la sicurezza di quell’intervento o sconosceva i rischi o, peggio, li conosceva ma non li ha prevenuti:
CHECK-LIST PER L'ENTRATA IN SICUREZZA IN AMBIENTI CONFINATI
1 È stato verificato se è possibile evitare di accedere nell’ambiente confinato?
2 È stata effettuata una valutazione dei rischi?
3 È stato predisposto per tutte le persone che lavorano in spazi confinati un Permesso di lavoro?
4 È stato nominato un responsabile che sovraintenda all'operazione da eseguire, che assicuri l'adozione delle necessarie precauzioni e che verifichi le condizioni di sicurezza di ogni fase dell'intervento?
5 Il personale addetto ha la necessaria esperienza per l'intervento da eseguire e ha fruito di un adeguato addestramento?
6 È stato scelto personale con una corporatura adatta tenuto conto della particolare conformazione eristrettezza dello spazio confinato?
7 Il medico competente ha valutato l'idoneità psicofisica e sanitaria del personale addetto tenendo conto di aspetti quali la claustrofobia o la necessità di usare DPI respiratori?
8 Sono state spente o segregate eventuali attrezzature meccaniche e elettriche operative o che potrebbero entrare in funzione?
9 Tutte le apparecchiature utilizzate sono a sicurezza intrinseca?
10 Sono state sezionate eventuali condotte che potrebbero introdurre gas, fumi, vapori, acqua o altri liquidi?
11 È stata effettuata un’eventuale pulizia o rimozione dall'ambiente confinato di materiali che potrebbero rilasciare vapori, fumi, odori …?
12 Sono stati assicurati un accesso e un’uscita sicuri per lo spazio confinato?
13 L'apertura per l'accesso è abbastanza larga da consentire agli addetti di entrare e uscire facilmente con tutto l'equipaggiamento indossato e in caso di emergenza di intervenire rapidamente?
14 In caso di aperture ristrette vengono impiegati DPI respiratori a ventilazione assistita al posto di autorespiratori più ingombranti?
15 Se non è possibile aumentare il numero di aperture per l'areazione, viene assicurato il ricambio dell'aria con la ventilazione meccanica continua?
16 È stato verificato che la ripresa d'aria di ventilazione dell'ambiente sia lontana da fonti di inquinamento?
17 Viene evitato di introdurre nello spazio confinato bombole di gas compresso o attrezzature con motori a combustione interna?
18 Nel caso in cui la valutazione dei rischi lo abbia previsto viene testata l'aria da parte di personale competente con strumentazione adatta e opportunamente tarata?
19 C’è una registrazione dei test effettuati sull’aria prima che il personale lavori negli ambienti confinati?
20 Se la valutazione ha evidenziato che l'atmosfera dello spazio confinato non risulta stabile viene effettuato un monitoraggio continuo dell'aria?
21 Se è possibile la presenza di atmosfere infiammabili o potenzialmente esplosive viene vietato l'uso di fiamme libere e previsto l'impiego di attrezzature elettriche (compreso il dispositivo di ventilazione) antideflagranti?
22 All'interno di recipienti metallici vengono utilizzati sistemi di illuminazione e utensili elettrici del tipo a tensione di sicurezza (<25V)?
23 I recipienti metallici se necessario sono stati collegati a terra per scaricare eventuali correnti statiche?
24 Se l'aria è inquinata da gas, vapori o è povera di ossigeno (< 19%) vengono utilizzati autorespiratori?
25 Viene vietato l'immissione di ossigeno puro nell'ambiente confinato per rendere l'aria respirabile?
26 È stato predisposto un Piano di emergenza con l'individuazione dei soggetti, dell'equipaggiamento e l'organizzazione dell'addestramento anche con esercitazioni?
27 Sono state predisposte linee vita, a cui agganciare posteriormente le imbracature, fissate ad un treppiede esterno all'ambiente confinato munito di argano?
28 È stato predisposto un sistema che renda possibile la comunicazione efficiente tra l'interno e l'esterno dell'ambiente confinato e la rapida chiamata di aiuto in caso di emergenza?
29 Oltre al sovraintendente è stata prevista la presenza di una terza persona che possa intervenire in caso di emergenza e attivi le procedure di soccorso?
Per l’attività “complessa” e “pericolosa” che ha già provocato delle stragi negli ultimi 15 anni (cioè, durante la vigenza del D.Lgs. 81/08), la conclusione si rivela di estrema chiarezza: le conoscenze tecniche sono note, approfondite e divulgate; il sistema prevenzionistico esiste ed è esaustivo; esso, però, non viene applicato in maniera efficace e il susseguirsi delle stragi sul lavoro ne sono la dimostrazione. La vera emergenza è allora comprenderne le motivazioni e trovare nuove e più efficaci soluzioni.
5. Dall’analisi delle criticità alla proposta
Le stragi di lavoratori in vari ambiti si susseguono, a prescindere dalla tipologia specifica dei rischi, dal contratto di lavoro, dal settore produttivo o dall’area geografica; le norme, così come le Indicazioni Tecniche, le Linee Guida e anche gli studi scientifici di settore esistono, numerose, appropriate e approfondite. Eppure, gli incidenti continuano, anche simili tra loro e a distanza di decenni. Qual è allora il nodo della scarsa efficacia del sistema? Proviamo a spostare il focus sulle motivazioni della mancata attuazione del sistema normativo di prevenzione degli infortuni, in particolare per le situazioni che abbiamo definito “complesse” e “pericolose”.
5.1 La cultura della sicurezza
Occorre anzitutto rilevare che viviamo in una società in cui la sicurezza non viene insegnata in nessuna fase del ciclo educativo; ciò risulta evidente sia rispetto alle situazioni ordinarie che, a maggior ragione, rispetto a quelle di emergenza. Il cittadino sconosce la segnaletica, non siamo abituati a cercare le uscite di emergenza anche se entriamo in luoghi affollati come un cinema o una discoteca o una palestra, non guardiamo se le prese elettriche sono in buono stato, non ci guardiamo intorno per individuare eventuali situazioni di pericolo per noi stessi e per gli altri, accumuliamo materiale infiammabile, non sappiamo spegnere un principio di incendio ….
Per non parlare della gestione delle situazioni di emergenza quali un terremoto, un incendio, un allagamento o un’alluvione; nessuno ci ha mai detto chi chiamare e cosa dire al telefono, nè spiegato come comportarci, benché tali situazioni siano all’ordine del giorno e possano comportare un pericolo di vita per noi e per i nostri familiari.
L’Unione europea ha già avviato da anni un percorso di miglioramento delle competenze per tutti i cittadini, secondo cui alcune conoscenze dovranno costituire la base comune per tutti, al fine di rendere più competitivi gli Stati membri; tali competenze sono riassunte nell’acronimo STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics), che finalmente si sta facendo strada anche in Italia; la sicurezza, che può salvare vite umane, non è individuata tra esse.
5.2 La competenza degli attori della sicurezza
Un altro aspetto che è di ostacolo all’attuazione di un efficace sistema di prevenzione degli infortuni è la genericità del sistema formativo degli attori della sicurezza: i soggetti che gestiscono la sicurezza del sistema produttivo non hanno bisogno di alcuna preparazione di livello universitario né un obbligo formativo professionale specifico nel caso di attività pericolose; in particolare, la norma riconosce ai Responsabili dei Servizi di Prevenzione e Protezione (RSPP) un importante ruolo consultivo nell’individuare i rischi e valutarli, nel proporre misure di prevenzione e protezione, nell’indicare Dispositivi di Protezione individuale e percorsi formativi per i lavoratori, ma egli non ha alcun obbligo formativo di livello universitario e non esercita alcun potere prescrittivo, anche nel caso di attività “complesse” e “pericolose”.
Per confronto, in materia di protezione dalle radiazioni ionizzanti (come detto, un agente rilevante di rischio, normato dal D. Lgs. 101/20208), colui che effettua la valutazione del rischio è l’Esperto di Radioprotezione, che deve anzitutto essere in possesso di una laurea triennale in Ingegneria, chimica o fisica e, dopo il superamento di un Master universitario e di un esame ministeriale, sarà iscritto ad un Elenco Nazionale che gli consentirà di esercitare la professione; l’Elenco, a sua volta, è articolato in quattro gradi, a seconda delle caratteristiche e della pericolosità degli scenari lavorativi da gestire. L’Esperto di Radioprotezione, a seguito della valutazione dei rischi, ha l’obbligo di disporre l’adozione di misure di prevenzione, che divengono una prescrizione a carico del Datore di Lavoro (art. 109 c. 6 sanzionato all’art. 211 c. 2 del D. Lgs. 101/2020); va da sé che proprio per questo anche l’Esperto di Radioprotezione ha degli obblighi sanzionabili, in caso di omissione (art. 131 c.1, sanzionato all’art. 211 c.6).
Nulla di tutto questo è invece sussistente nell’ambito sicurezza sul lavoro, anche per attività pericolose, in cui l’RSPP può solo “consigliare” il DdL e il DdL è libero di accettare o meno i “consigli” del RSPP. La difficoltà operativa di attuazione di un sistema prevenzionistico “perfetto” potrebbe continuare con il faticoso tentativo di coinvolgere (“consultare”) i Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS) nel processo di valutazione dei rischi; un passaggio obbligatorio del T.U. della sicurezza che però, nella pratica quotidiana, si rivela inefficace e meramente cartolare. Per fissare una rilevante fattispecie, si noti che il DdL è obbligato a effettuare la formazione e l’aggiornamento per i RLS ma questi ultimi non hanno l’obbligo di frequenza, con la conseguenza che il DdL e l’RSPP si consulteranno con Rappresentanti Sindacali che potrebbero non avere alcuna competenza in materia di sicurezza sul lavoro.
5.3 La difficile convivenza tra la sicurezza e i processi produttivi
La sicurezza ha apparentemente un costo molto alto per il DdL, non soltanto in termini di attrezzature, DPI, formazione, sorveglianza sanitaria e di accessori da acquistare e mantenere efficienti, ma anche di procedure e tempistiche da rispettare, che possono interferire con l’attività produttiva vera e propria, dilatandone i tempi a scapito degli utili. Gli adempimenti in materia di sicurezza non sono visti di buon occhio da nessuno, dal Committente all’appaltatore, che li vivono come un orpello da evitare finché è possibile e finché le carenze degli organi ispettivi lo consentono. A questa percezione non è estranea la mancanza di cultura della sicurezza (v. il punto 5.1 sopra). L’RSPP, non avendo, come detto, alcun potere prescrittivo nei confronti del DdL, non riesce a intaccare questa impostazione né, d’altra parte, è ipotizzabile un sistema di controllo (o autocontrollo) che dia il via libera all’attività solo dopo che gli adempimenti della sicurezza sono validati e messi in campo; nella carenza endemica di ispettori e verificatori, il tutto è lasciato alla buona sorte, con i risultati che sono sotto gli occhi tutti.
Occorre, allora, che, almeno per le attività complesse e pericolose, gli adempimenti preliminari della sicurezza (aggiornamento del DUVRI, riunioni di coordinamento, verbali di cooperazione tra tutte le Ditte …..) siano inseriti nel cronoprogramma e che l’attività inizi solo dopo il via libera esplicito del RSPP (per tornare all’analogia con il rischio da radiazioni ionizzanti, il Datore di Lavoro ha l’obbligo, ai sensi dell’art. 109, di acquisire il “benestare preventivo” previsto dall’art. 130 del D. Lgs. 101/2020).
6. Conclusioni e prospettive
La proposta operativa di questo contributo è di concentrarsi non solo sulla continua implementazione del sistema tecnico/normativo/giuridico su cui si impianta la prevenzione antinfortunistica, già ampio, approfondito e condiviso, ma piuttosto su cosa ne impedisca l’attuazione e, quindi, ne pregiudichi l’efficacia. Abbiamo messo in evidenza con degli esempi concreti come il sistema prevenzionistico rispetto alle situazioni complesse e pericolose, foriere di incidenti gravi, se non di vere e proprie stragi sul lavoro, è articolato e molto accurato ma, purtroppo, si scontra con una realtà produttiva e sociale che non ha la cultura della sicurezza, che non richiede particolari competenze agli attori e non riconosce la centralità e il valore aggiunto della sicurezza.
Occorre anzitutto un intervento organico e non estemporaneo già nell’educazione primaria, facendo in modo che la sicurezza diventi un patrimonio comune della cultura di ogni cittadino; inoltre, almeno per le attività più pericolose, occorre una qualificazione di livello universitario dei RSPP e un titolo di studio più specifico; per le attività più rischiose, è necessario riconoscere al Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione un potere prescrittivo nei confronti del Datore di Lavoro, in analogia, come visto, con quanto previsto per l’Esperto di Radioprotezione nel D. Lgs. 101/2020 in materia di protezione dalle radiazioni ionizzanti (agente di rischio confrontabile per pericolosità con quelli chimici o cancerogeni).
Occorre graduare le attività lavorative in funzione della loro pericolosità, prevedendo per quelle a rischio adempimenti specifici sia per i datori di lavoro che per i preposti, per esempio concretizzando per i primi la formazione in materia di sicurezza sul lavoro già richiesta dalla Commissione Europea2 (“sviluppo delle capacità dei datori di lavoro per garantire la sicurezza sul lavoro grazie alla formazione e all'istruzione”); per i secondi, favorirne la nella partecipazione attiva alla gestione della sicurezza, anche attivando, per esempio, il compenso previsto nel 2021. Anche i Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza devono diventare delle risorse nel sistema di gestione, individuando delle misure di coinvolgimento e dei percorsi formativi idonei.
La rilevanza della tematica, ma anche, indirettamente, la scarsa efficacia della prevenzione, si evince dalle numerose sentenze emanate dalla Corte di cassazione in materia negli ultimi quindici anni, quindi in vigenza del D. Lgs. 81/089-13, ma anche da svariati interventi degli Organi legislativi e giudiziari14-18; la sensazione è che l’elenco degli incidenti mortali e delle stragi sia purtroppo destinato a prolungarsi, non essendo percepibile un cambio di passo nella individuazione delle criticità e nel loro superamento.
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* Fisico, Esperto di Radioprotezione, Direttore del Servizio di Prevenzione e Protezione dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Palermo,
** Questo contributo è incentrato su una categoria di stragi sul lavoro, quelle che si ripetono da anni negli ambienti confinati. Analizzando alcuni di questi episodi, gli adempimenti normativi e le ricostruzioni processuali, dalle ipotesi di reato fino alle sentenze definitive, illustriamo l’ampiezza e la complessità delle conoscenze tecnico-giuridiche alla base del relativo sistema prevenzionistico, a fronte, per contrasto, di competenze e poteri inadeguati in capo alle figure di garanzia e agli organi consultivi. Dal confronto con la normativa inerente ad altri rischi altrettanto rilevanti (radiazioni ionizzanti), emerge l’esigenza di intervenire su tali squilibri, imponendo, per esempio, una formazione di più alto livello ai datori di lavoro e soprattutto alle figure consulenziali, eventualmente conferendo a questi ultimi poteri anche prescrittivi.
† In memoria di Giuseppe La Barbera e delle altre vittime della strage di Casteldaccia del 6 maggio 2024
1 D. Lgs. 81 del 9 aprile 2008, revisione novembre 2023, c.d. “Testo Unico della sicurezza sul Lavoro”
2 COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO, AL CONSIGLIO, AL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO E AL COMITATO DELLE REGIONI: Quadro strategico dell'UE in materia di salute e sicurezza sul luogo di lavoro 2021-2027 Sicurezza e salute sul lavoro in un mondo del lavoro in evoluzione - 28.6.2021
3 INAIL 2013 - Manuale illustrato per lavori in ambienti sospetti di inquinamento o confinati ai sensi dell’art. 3 comma 3 del DPR 177/2011
4 DPR 177/2011, “Regolamento recante norme per la qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi operanti in ambienti sospetti di inquinamento o confinati”
5 Nota n. 859 dell’8 maggio 2024 pubblicata dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro
6 M. Barberio, “La certificazione dei contratti di lavoro in ambienti confinati e sospetti di inquinamento alla luce delle recenti note dell’INL” DSL 1, 2024, I, pag. 151 ss.
7 Lucio Ros, Alberto Brocco, Celestino Piz, Franco Zanin – “La valutazione e la prevenzione del rischio chimico negli ambienti confinati: un caso storico di rischio chimico per la sicurezza” – Gruppo di Lavoro Rischio chimico del Coordinamento Tecnico della Prevenzione Luoghi di Lavoro delle Regioni e delle Province autonome
8 DECRETO LEGISLATIVO 31 luglio 2020, n. 101 “Attuazione della direttiva 2013/59/Euratom, che stabilisce norme fondamentali di sicurezza relative alla protezione contro i pericoli derivanti dall'esposizione alle radiazioni ionizzanti, e che abroga le direttive 89/618/Euratom, 90/641/Euratom, 96/29/Euratom, 97/43/Euratom e 2003/122/Euratom e riordino della normativa di settore in attuazione dell'art. 20, comma 1, lettera a), della legge 4 ottobre 2019, n. 117 (GU Serie Generale n.201 del 12-08-2020 - Suppl. Ordinario n. 29)
9 Cassazione-penale,-sez-4,-19-luglio-2016,-n-30557-morte-di-sei-operai-all-interno-di-un-impianto-di-depurazione-idrogeno-solforato-gas-killer
10 Cassazione-penale-sez-4-16-novembre-2011-n-42083-inalazione-di-idrogeno-solforato-e-morte
11 Cassazione-penale,-sez-4,-25-marzo-2019,-n-12876-tragedia-truck-center,-tutto-da-rifare-la-cassazione-annulla-con-rinvio-la-sentenza-di-assoluzione
12 Cassazione-penale,-sez-3,-26-maggio-2022,-n-20559-esalazioni-di-acido-solfidrico-durante-le-operazioni-di-pulitura-di-un-tank-container
13 Cassazione-penale,-sez-4,-29-agosto-2023,-n-35897-nube-tossica-di-acido-solfidrico-garanti-di-fatto
14.Tribunale-ordinario-di-cagliari-sezione-dei-giudici-per-le-indagini-preliminari-e-dudienza-preliminare-13-luglio-2011-tre-vittime-nella-raffineria-sarroch-responsabilita-individuali-ed-esclusione-della-responsabilita-amministrativa
15 Senato della Repubblica, Commissione "Morti bianche", 14 dicembre 2009 - Audizioni svolte presso la Prefettura di Terni
16 Senato della Repubblica, Commissione "Morti bianche", seduta 12 settembre 2011 - Audizioni svolte presso la Prefettura di Potenza
17 Senato della Repubblica, Commissione "Morti bianche" - Terza relazione intermedia sull'attività svolta, 17 gennaio 2012
18 Senato della Repubblica, Commissione "Morti bianche", seduta 23 aprile 2012 - Audizioni svolte presso la Prefettura di Palermo