Cassazione Penale, Sez. 4, 21 giugno 2024, n. 24562 - Caduta dalla scala del dipendente della ditta subappaltatrice nel cavedio sotterraneo durante gli interventi di cablaggio della rete di comunicazione. Prescrizione


 

 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta da:

Dott. CIAMPI Francesco Maria - Presidente

Dott. BELLINI Ugo - Consigliere Rel.

Dott. PEZZELLA Vincenzo - Consigliere

Dott. RANALDI Alessandro - Consigliere

Dott. DAWAN Daniela - Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA
 


sui ricorsi proposti da:

A.A. nato a S il (Omissis)

B.B. nato a G il (Omissis)

avverso la sentenza del 16-05-2023 della CORTE APPELLO di MILANO

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere UGO BELLINI;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore FRANCESCA CERONI, che ha concluso chiedendo pronunciarsi la inammissibilità del ricorso.

E' presente l'avvocato MARCONE CLAUDIO del foro di ROMA, che deposita nomina a sostituto processuale dell'avv. PUTINATI STEFANO del foro di MILANO, in difesa di A.A. e di B.B. e, riportandosi ai motivi, insiste perl'accoglimento del ricorso.

 

FattoDiritto


1. Con sentenza in data 16 maggio 2023 la Corte di Appello di Milano ha confermato la decisione del Tribunale di Milano che aveva riconosciuto A.A. e B.B. rispettivamente legale rappresentante e preposto alle lavorazioni, quale capo cantiere, della ditta S Spa responsabili del reato di lesioni colpose in danno di D.D., dipendente della società C.C. Srl cui la S aveva subappaltato interventi di cablaggio sotterraneo, con inosservanza delle disposizioni antinfortunistiche che impongono al committente di fornire adeguate informazioni ai soggetti impegnati nelle lavorazioni all'interno del cantiere sui rischi connessi alle lavorazioni e sulle misure di sicurezza e di prevenzione , né ha verificato l'adozione delle misure di sicurezza e prevenzione da parte dei lavoratori impegnati e l'adozione delle prescrizioni contenuti nel PSC in violazione dell'art.27 comma 1 lett. b e 97 commi 1 e 3 lett. a) del D.Lgs. 81/2008, mentre all'B.B., quale capo cantiere, era contestato di non avere fornito al datore di lavoro segnalazione delle deficienze rilevate sul posto di lavoro in relazione all'adozione di misure di sicurezza e alla carenza degli strumenti di lavoro di cui abbia avuto conoscenza sulla base della propria formazione ai sensi dell'art.16 stesso testo normativo.

L'infortunio si era verificato allorquando il dipendente della ditta subappaltatrice, nel calarsi nel cavedio sotterraneo in cui avrebbe dovuto realizzare gli interventi di cablaggio della rete di comunicazione, era precipitato al suolo in quanto la scala utilizzata, composta da due parti, anche in ragione della rottura del giunto, si era ripiegata su sé stessa, impedendo al lavoratore la possibilità di appoggio e l'impossibilità di scendere fino al suolo.

2. Avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso per Cassazione la difesa di entrambi gli imputati, la quale ha articolato sei motivi di ricorso.

Con il primo motivo deduce manifesta illogicità della motivazione laddove il giudice di appello ha ritenuto profili di colpa specifica a carico del A.A. ai sensi dell'art.26 comma 1 lett. a) D.Lgs. 81/2008 in assenza di alcun rischio interferenziale, trattandosi di rapporto di subappalto rispetto al quale la società S non aveva esercitato alcuna ingerenza e trattandosi di luogo di lavoro che non era nella disponibilità o nella gestione dell'appaltatore;

con una seconda articolazione denuncia difetto motivazionale in relazione ai profili di colpa ascritti e all'esigibilità della condotta doverosa, non avendo il responsabile della ditta appaltatrice alcuna possibilità di verificare i requisiti tecnico­-professionali della ditta subappaltatrice regolarmente operante nel settore, sulla base di elementi cartolari del POS che in realtà non fornivano alcun profilo di ambiguità in relazione agli strumenti da utilizzare sul luogo di lavoro e in particolare delle scale.

Con una terza articolazione denuncia difetto di motivazione in relazione alle cause dell'infortunio che erano state ricondotte ad un cattivo stato di manutenzione della scala utilizzata anche in ragione di una lunghezza inadeguata e in ordine alla carenza di formazione di personale che peraltro non apparteneva alla società subappaltante.

Con una quarta articolazione deduce violazione dell'art. 603 cod. proc. pen. e difetto di motivazione per contraddittorietà ed illogicità della motivazione in relazione alla mancata rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale, con particolare riferimento all'assunzione di prove decisive che sarebbero valse a accertare che la società S aveva operato le verifiche previste dalla legge per saggiare la idoneità tecnico professionale della ditta subappaltatrice, per evidenziare l'adeguata somministrazione al personale di detta azienda di adeguata formazione professionale e documentazione tecnico amministrativa rilevante a tale fine.

Con una quinta articolazione si duole di violazione dell'art. 97 commi 1 e 3 lett. a) D.Lgs. 81-2008 in quanto disposizione non applicabile, ai sensi dell'art.88 comma 2 lett. g-bis stesso testo, ai lavori concernenti impianti elettrici senza la predisposizione di opere murarie, che erano quelli oggetto del rapporto di subappalto, a nulla rilevando il più ampio ambito del contratto che legava il committente all'appaltatore, in quanto gli obblighi di verificare il rispetto delle disposizioni del PSC presuppone la esigenza di prevenire i rischi interferenziali nel caso in cui all'interno dello stesso cantiere operino diverse imprese anche in tempi diversi, mentre nella specie il rapporto si riferiva ad una singola opera che doveva essere realizzata da una singola impresa. Per analoghe ragioni nessun addebito di omessa segnalazione poteva essere riconosciuto in capo all'B.B., sia pure a riconoscerlo preposto della società S in quale tale obbligo era riferibile alla manodopera della società in cui svolgeva le proprie mansioni e non in relazione ai dipendenti della ditta subappaltatrice, in assenza di qualsivoglia ingerenza nella prestazione di lavoro commissionata e non potendo trovare applicazione il richiamo alle disposizioni del titolo quarto del D.Lgs. 81/2008.

Con un ultimo motivo deduce difetto di motivazione e travisamento della prova in relazione al ruolo di preposto dell'imputato B.B., che non emerge dal POS, né da altri documenti aziendali trattandosi di soggetto che non si era mai occupato di sicurezza, mentre del tutto inattendibili e interessate dovevano ritenersi le dichiarazioni della persona offesa la quale, solo in sede dibattimentale aveva dichiarato di relazionarsi con l'B.B. da cui riceveva le disposizioni sul lavoro considerato l'interesse patrimoniale manifestato mediante l'azione civile e il fatto che tali affermazioni era contrastate da altri dipendenti della C.C. che riconoscevano di ricevere direttive ed istruzioni dal proprio datore di lavoro.

3. Preliminarmente va immediatamente dichiarata la sopravvenuta causa di non punibilità, essendosi il reato, medio tempore, estinto per prescrizione maturata quantomeno in data 10 ottobre 2023, ai sensi dell'art. 157 cod. pen. che prevede un termine massimo di anni sei per la prescrizione dei delitti, quando il reato è punito con pena non superiore a detta misura, aumentato ad anni sette mesi sei ai sensi dell'art. 161 2 comma cod. pen., tenuto conto dei periodi di sospensione dei termini, prevista ai sensi dell'art.83 comma 4 D.L. n.18/2020 (giorni 64) in ragione dell'emergenza Covid e per sospensioni del dibattimento a seguito di rinvio su richiesta, ovvero con il consenso espresso dell'imputato (giorni 94). Il termine ordinario di prescrizione si andava a compiere in data 26 aprile 2023 cui deve sommarsi l'ulteriore periodo di gg. 158 come sopra specificato.

3.1 Sotto diverso profilo non ricorrono né risultano dedotti vizi di violazione di legge ovvero carenze motivazionali di tale evidenza e di immediata percezione tali da giustificare una pronuncia assolutoria di liquida declaratoria ex art. 129, comma 2 cod. proc. pen., né d'altro canto le doglianze del ricorrente risultano manifestamente infondate o chiaramente dilatorie, ma sono espressione di difese tecniche degne di essere considerate, soprattutto in relazione ai profili di riconosciuta inosservanza di regole cautelari di cui all'imputazione.

4. Conclusivamente va pronunciato l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata essendo il reato estinto per intervenuta prescrizione.

 

P.Q.M.


Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per prescrizione.

Così deciso a Roma nella camera di consiglio del 5 marzo 2024

Depositato in Cancelleria il 21 giugno 2024