Cassazione Penale, Sez. 4, 19 luglio 2024, n. 29325 - Giardiniere colpito dalla lama della motosega. Principio di effettività
- Datore di Lavoro
- Dirigente e Preposto
- Dispositivo di Protezione Individuale
- Informazione, Formazione, Addestramento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta da:
Dott. FERRANTI Donatella - Presidente
Dott. SERRAO Eugenia - Consigliere
Dott. BELLINI Ugo - Consigliere
Dott. DAWAN Daniela - Relatore
Dott. CIRESE Marina - Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
A.A. nato a M il (Omissis)
B.B. nato a M il (Omissis)
C.C. nato a A il (Omissis)
avverso la sentenza del 10/10/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere DANIELA DAWAN;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore FRANCESCA COSTANTINI
che ha chiesto dichiararsi l'inammissibilità dei ricorsi.
Fatto
1. Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte di appello di Milano, accogliendo l'impugnazione proposta dalla parte civile, D.D., ha riformato la pronuncia resa il 27/05/2021 dal Tribunale di Pavia e ha condannato A.A., B.B. e C.C., in solido tra loro, al risarcimento dei danni in favore della parte civile, da liquidarsi in separato giudizio, oltre alla rifusione delle spese processuali da questa sostenute.
1.2. I predetti sono stati chiamati a rispondere per avere, in cooperazione colposa tra loro, cagionato lesioni gravi al lavoratore D.D., per colpa generica e per violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro, così come indicate nel capo di imputazione. Nella ricostruzione operata dai Giudici di merito, all'epoca dei fatti, la persona offesa svolgeva attività di giardiniere semplice presso la società "SANTAMARIA Srl" con sede a M, avente per oggetto sociale la manutenzione del verde ed altro, dalla quale era stato assunto il 03/02/2014.
Della predetta "SANTAMARIA Srl" era dipendente anche A.A., con mansioni di capo della squadra di cui faceva parte anche la persona offesa. Il 20/03/2014 (giorno in cui si verificava l'infortunio). D.D. si trovava nel Comune di C, per eseguire alcuni lavori di potatura di cui era stata incaricata la società "NEWGREEN Snc DI G", con sede legale in G, avente per oggetto la cura e la manutenzione di aree verdi, giardini e altro, i cui titolari erano i fratelli C.C. e B.B., figli di A.A. Occorre precisare che non vi era alcun contratto per la manutenzione del verde tra il Comune di Casarile - che aveva affidato l'incarico alla "NEWGREEN Snc" - e la "SANTAMARIA Srl", né alcun rapporto di subappalto per l'esecuzione dei lavori o di prestazione di manodopera, somministrazione o cessione di personale tra quest'ultima e la "NEWGREEN Snc".
Ad A.A. è stato mosso il rimprovero di aver condotto la persona offesa sul luogo dell'evento, onde consentirgli di effettuare una prestazione lavorativa a favore dei figli, ma di aver successivamente omesso di vigilare sull'osservanza da parte del lavoratore degli obblighi di Legge nonché delle disposizioni aziendali in materia di salute e sicurezza sul lavoro e dell'uso corretto dei dispositivi di sicurezza collettivi ed individuali. Ai figli, di aver omesso di fornire al lavoratore infortunato un'informazione adeguata in materia di salute e sicurezza sul lavoro, connessa all'attività dell'impresa in generale ed una formazione sufficiente ed adeguata in materia di salute e sicurezza in riferimento ai rischi specifici a cui era esposto in relazione all'utilizzo della motosega "Stihl" mod. (Omissis) e del cestello elevatore, per il quale, peraltro, non era in possesso dell'abilitazione, in tal modo non impedendo che il braccio sinistro del lavoratore (dipendente, come si è detto, della società "SANTAMARIA Srl" e, al momento dell'evento, assente per ferie) - posizionato su una piattaforma aerea ed intento alla potatura di alcuni rami con l'utilizzo di detta motosega - venisse colpito dalla lama dell'attrezzatura manuale, che gli procurava lesioni che determinavano un'incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per un tempo superiore a 241 giorni ed un danno biologico pari al 30%, con indebolimento permanente di tale arto.
2. Il Tribunale aveva ritenuto contraddittorie le dichiarazioni rese dalla persona offesa, con particolare riferimento sia alla mancata dimostrazione della sussistenza di un rapporto lavorativo, seppur di fatto, tra la stessa e la "NEWGREEN Snc", sia alla sua presenza continuativa presso il cantiere di C dove i testimoni E.E. e F.F. dichiaravano di averlo visto per la prima volta solo il giorno dell'infortunio. Riteneva, inoltre, non provate sia la decisione di A.A. di destinare la persona offesa, lavoratore di "SANTAMARIA Srl", ad un'attività svolta da "NEWGREEN Snc" che, secondo quanto dichiarato dalla persona offesa, si era protratta per diverso tempo, sia la circostanza che i titolari di quest'ultima vi avessero acconsentito, omettendo di fornire la necessaria attrezzatura antinfortunistica. Secondo quanto dichiarato dai tre imputati e da E.E., la persona offesa era giunta autonomamente sul posto ed aveva utilizzato la motosega senza ricevere alcuna indicazione in tal senso dai titolari di "NEWGREEN Snc". Non risultava poi riscontrato l'asserito utilizzo della piattaforma elevabile che, dopo l'infortunio, si trovava a diversi metri dalla quercia alla quale stava lavorando la persona offesa. Secondo il Tribunale non poteva escludersi che il lavoratore si fosse di propria iniziativa recato sul cantiere di C ed avesse autonomamente deciso di utilizzare la motosega, senza indossare i corretti dispositivi di protezione.
3. La Corte di appello ha evidenziato il carattere intrinsecamente illogico della motivazione della sentenza di primo grado che si è, a suo dire, limitata a riepilogare alcuni elementi di prova emersi nel corso del dibattimento, senza offrire una valutazione coerente degli stessi e senza desumere in modo ragionevole una ricostruzione alternativa alla versione sostenuta dalla persona offesa, avendo il Tribunale fondato la propria valutazione sui ritenuti "numerosi profili di contraddizione" nei quali la persona offesa sarebbe incorsa.
4. Avverso la sentenza di appello propongono ricorso i difensori degli imputati.
5. Il ricorso di A.A. si fonda su tre motivi con cui si deducono:
5.1. Inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 6 CEDU, 111 Cost., 603 e 533 cod. proc. pen., nonché mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione sull'omessa rinnovazione dell'istruzione dibattimentale e sul superamento del principio dell'affermazione di responsabilità oltre ogni ragionevole dubbio. Sotto il primo profilo, si censura il punto della sentenza in cui la Corte territoriale si è ritenuta esente dall'obbligo di rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale, atteso che nel caso di specie non vi era alcuna impossibilità di procedere alla rinnovazione della prova dichiarativa, nulla ostando alla corretta applicazione dell'art. 603, commi 3 o 3-bis, cod. proc. pen. Sotto il secondo profilo, la motivazione è insufficiente perché ha posto in essere una valutazione totalmente "differente" in ordine all'attendibilità della parte civile, giustificandola come una "valutazione organica, globale e unitaria", in realtà non svolta. Essa è altresì contraddittoria, laddove ritenendo il racconto della persona offesa "logico, analitico e coerente nella descrizione dell'infortunio e delle circostanze di tempo e di luogo in cui si è verificato", lo ha reputato costituire, da solo, una valida prova in assenza di elementi di riscontro esterno;
5.2. Mancanza contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla valutazione delle risultanze istruttorie del primo grado e al concetto di errore revocatorio per omissione, invenzione o falsificazione. Secondo la difesa, la Corte distrettuale avrebbe supinamente aderito alla ricostruzione operata dalla parte civile nel proprio atto di impugnazione, benché la stessa pubblica accusa abbia in secondo grado chiesto la conferma della sentenza appellata; non avrebbe tenuto conto delle incertezze e dei numerosi profili di contraddizione e di inattendibilità nelle dichiarazioni del lavoratore infortunato, emersi anche in ragione della deposizione dell'unico teste presente ai fatti, E.E.; né della circostanza che la persona offesa abbia taciuto le mutate condizioni reddituali che avrebbero dovuto da tempo comportare la revoca del beneficio del patrocinio a spese dello Stato, come poi deciso in appello. Richiama poi specifiche circostanze di fatto volte a smentire la ricostruzione operata dalla Corte di appello;
5.3. Insufficienza e contraddittorietà della motivazione in ordine alla responsabilità degli imputati e alle conseguenti statuizioni civili, laddove la sentenza impugnata afferma che ciascuno questi era titolare di una posizione di garanzia. Con riguardo a A.A., tale enunciazione contiene un duplice errore: il primo, di ritenerlo un preposto; il secondo, di ribadire che la persona offesa era stata da lui condotta sul luogo di svolgimento del lavoro, a dispetto di quanto invece emerso nel corso del dibattimento. La Corte di appello trascura poi di tener conto che la persona offesa aveva ammesso di aver già avuto tra il 2008 e il 2014 ben cinque infortuni sul lavoro e, nel corso del 2014, anche un sinistro stradale.
6. I ricorsi di B.B. e C.C. constano di un unico atto con cui si deducono:
6.1. Carenza di motivazione derivante da travisamento delle risultanze istruttorie del processo di primo grado. La Corte di appello è pervenuta a conclusioni diametralmente opposte rispetto a quelle del Tribunale di Pavia senza rinnovare l'istruttoria dibattimentale ai sensi dell'art. 603 cod. proc. pen. La difesa richiama talune circostanze di fatto delle quali disattende specificamente la valutazione operata dal Giudice di appello, reputandola frutto di travisamento delle prove;
6.2. Carenza di motivazione derivante dalla violazione degli artt. 603 e 533 cod. proc. pen., per non essere stata effettuata la rinnovazione istruttoria delle prove testimoniali assunte in primo grado e ritenute decisive da quel Giudice.
7. Con requisitoria scritta, il Procuratore generale ha chiesto che i ricorsi siano dichiarati inammissibili.
8. In data 22/03/24 è pervenuta memoria di replica alle anzidette conclusioni del Procuratore generale da parte dell'avv. Federico Gianmaria De Micheli, difensore di B.B. e C.C.. In data 30/03/24, è pervenuta memoria di replica dell'avv. Maria Madeo, difensore di A.A.
9. Il 25/03/24 sono pervenute conclusioni e nota spese dell'avv. Cristina Liberti Foppa, difensore della parte civile.
Diritto
1. I ricorsi sono inammissibili, per la manifesta infondatezza delle censure dedotte le quali, peraltro, investono profili di valutazione della prova riservati alla cognizione del giudice di merito.
2. In particolare, il secondo motivo di A.A. e il primo motivo di B.B. e C.C., invocano, da parte di questa Corte, una diversa ricostruzione del fatto. Si tratta di rilievi che non possono essere portati al vaglio del giudice di legittimità perché tendono ad ottenere un riesame dei fatti, al fine di una ricostruzione alternativa degli stessi rispetto a quella prescelta dal giudice di merito. I profili di valutazione della prova e di ricostruzione del fatto, invero, sono riservati alla cognizione del giudice di merito, le cui determinazioni, al riguardo, sono insindacabili in Cassazione ove siano sorrette, come nel caso in disamina, da motivazione congrua, esauriente ed idonea a dar conto dell'iter logico-giuridico seguito dal giudicante e delle ragioni del decisum. In tema di sindacato del vizio di motivazione, infatti, il compito del giudice di legittimità non è quello di sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici di merito bensì di stabilire se questi ultimi abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se abbiano fornito una corretta interpretazione di essi, dando esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti, e se abbiano esattamente applicato le regole della logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre (Sez. U., n. 930 del 13/12/1995, dep. 1996, Clarke, Rv. 203430).
Tanto premesso, la Corte territoriale, dopo aver esaminato il percorso logico seguito dal Tribunale per pervenire al giudizio assolutorio, fondato principalmente sull'assunto difensivo per cui la persona offesa si sarebbe spontaneamente introdotta nel cantiere della "NEWGREEN Snc" e avrebbe autonomamente utilizzato la motosega e la piattaforma elevabile al fine di dimostrare le proprie capacità e farsi assumere dalla società dei fratelli G.G., ne ha evidenziato l'erroneità, all'esito della complessiva e logica valutazione dell'intero compendio probatorio assunto nel corso del giudizio di primo grado, ed in particolare del dato documentale del tutto trascurato dal primo Giudice: dato che ha incontrovertibilmente confermato quanto la persona offesa aveva dichiarato, e cioè di avere lavorato per la "NEWGREEN Snc", sebbene fosse stato formalmente assunto da "SANTAMARIA Srl" e che dal 18/03/2014 era stato distaccato da A.A. presso il cantiere di C. Sul punto, la sentenza impugnata ricorda come sia in atti la lettera con cui il 24/03/2014 "SANTAMARIA Srl" chiedeva alla persona offesa giustificazioni sulla sua assenza dal posto di lavoro dal 17/03/2014, nonché la lettera di chiarimenti inviata da quest'ultima società a A.A., con la quale si invitava il dipendente a fornire una spiegazione circa l'assenza della persona offesa dal lavoro. La Corte territoriale osserva come risulti particolarmente significativo che a tale comunicazione abbiano fatto seguito le dimissioni con effetto immediato dell'imputato, cui "SANTAMARIA Srl" inviava, infine, una diffida, con cui dichiarava di dissociarsi dalla condotta dallo stesso tenuta in relazione al dislocamento del lavoratore presso il cantiere di C della "NEWGREEN Snc" e dall'infortunio che ne era derivato. In relazione a siffatta circostanza, e cioè alla presenza alla persona offesa nel luogo del fatto nei giorni ad esso precedenti, la Corte di appello ha ritenuto configurarsi un vero e proprio travisamento per omissione del compendio probatorio, tale da esentarla dall'obbligo di rinnovazione dell'istruttoria dopo l'assoluzione disposta all'esito del processo di primo grado. Si tratta di conclusione in linea con la giurisprudenza di legittimità la quale ha precisato che tale obbligo non ricorre nel caso in cui il primo giudice sia incorso in un travisamento della prova "per omissione, invenzione o falsificazione". Da tale affermazione di principio discende che la rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale non è necessaria nel caso in cui il ribaltamento in appello poggi su di una prova travisata per omissione dal giudice di primo grado, id est tralasciata, non considerata da questi ai fini della decisione assolutoria (cfr. Sez. 6, n. 16501 del 15/02/2018, Portaro e altri, Rv. 272886, secondo cui il giudice d'appello che intenda procedere alla reformatio in peius di una sentenza assolutoria di primo grado, emessa all'esito di giudizio ordinario o abbreviato, non ha l'obbligo di rinnovare la prova dichiarativa decisiva qualora emerga che la lettura della prova compiuta dal primo giudice sia stata travisata per omissione, invenzione o falsificazione). Nel medesimo senso, si è precisato che non sussiste l'obbligo di procedere alla rinnovazione della prova testimoniale decisiva per la riforma in appello dell'assoluzione, quando la deposizione sia valutata in maniera del tutto identica sotto il profilo contenutistico, ma il suo significato probatorio venga diversamente apprezzato nel rapporto con le altre prove (ex multis, Sez. 3, n. 19958 del 21/09/2016, dep. 2017, Chiri, Rv. 269782; nello stesso senso Sez. 5, n. 53210 del 19/10/2018, Esposito Vincenzo, Rv. 275133, che ribadisce l'insussistenza dell'obbligo di rinnovazione della istruttoria dibattimentale nel caso di riforma della sentenza assolutoria di primo grado basata su una diversa interpretazione della fattispecie concreta, alla luce della valutazione logica e complessiva dell'intero compendio probatorio e non sulla 7 base di un diverso apprezzamento della attendibilità di una prova dichiarativa decisiva).
La Corte territoriale ha valorizzato proprio i predetti dati documentali, non considerati dalla sentenza di primo grado, congruamente reputando che essi si inseriscano, con valenza dirimente, nell'intero compendio probatorio.
Sul punto, peraltro, le restanti censure di tutti i ricorrenti, che deducono generici travisamenti da parte della Corte di appello, si limitano in realtà a criticare la valutazione operata dai Giudici di secondo grado, prospettando una diversa e più favorevole ricostruzione dei fatti non ammissibile in questa sede. La sentenza impugnata ha altresì spiegato in modo logico come i citati dati documentali riscontrino la versione dei fatti, "narrata in modo dettagliato, referenziale e completo" resa dalla persona offesa, altresì illustrando le ragioni per le quali tale ricostruzione dei fatti non potesse ritenersi in contrasto con quanto riferito dai testi H.H. e E.E., che avevano, diversamente da quanto affermato dalla persona offesa, escluso che questa fosse salita sul carrello elevatore (ove poi si verificava l'infortunio). Quanto al primo (geometra del Comune di C), la Corte di merito - dopo avere ricordato come questi avesse collocato la piattaforma elevabile a qualche metro di distanza dalla persona offesa in posizione chiusa - ha osservato, con motivazione non manifestamente illogica, come non sia dirimente il rilievo del rinvenimento della piattaforma elevabile in posizione non coincidente con il suo utilizzo per la potatura della quercia alla quale stava lavorando l'infortunato, in considerazione del fatto che l'alterazione dei luoghi risulta "del tutto compatibile con la normale condotta successiva ad un incidente, specie se posta in essere da parte di coloro che, al pari degli imputati, temano la possibile attribuzione di profili di responsabilità penale". Ha rilevato come il H.H. non fosse presente al momento dell'incidente e come comunque appaia particolarmente esplicativa la dichiarazione dello stesso allorquando ha sottolineato l'altezza considerevole dei rami che la persona offesa doveva tagliare, evidentemente non compatibile con la posizione da terra del lavoratore (sul punto la sentenza impugnata ha richiamato il fascicolo fotografico in atti). Anche sulle dichiarazioni rese a s.i.t. dal E.E. - il quale dichiarava di avere visto la persona offesa per la prima volta presso il cantiere di C il 20/03/2014 (giorno dell'infortunio) - la Corte distrettuale offre una motivazione congrua e non manifestamente illogica, e pertanto incensurabile in questa sede, laddove osserva che il E.E. "ben poteva non avvedersi della presenza della persona offesa, a causa dell'estensione dell'area in cui si svolgevano i lavori ed dalla distanza tra le piante..., nonché della contestuale presenza di numerosi operai, in particolare stranieri...".
2.1. Quanto alla posizione di garanzia, ascritta a tutti e tre gli imputati, la sentenza impugnata ha dato diffusamente conto delle ragioni che la fondano rispetto a ciascuno. Con riguardo a A.A. - dopo aver ricordato come non risulti contestato il suo ruolo di caposquadra di "SANTAMARIA Srl", incaricato della programmazione, nei vari cantieri, del lavoro dei dipendenti, tra i quali rientrava la persona offesa, e della sorveglianza del loro operato, con riferimento anche al rispetto delle misure antinfortunistiche - correttamente afferma che l'inquadramento dell'imputato presso "SANTAMARIA Srl", società diversa da quella ove si stavano svolgendo i lavori nel cui contesto si è verificato l'infortunio, non assume alcuna rilevanza quanto alla posizione di garanzia dall'imputato rivestita nei confronti del lavoratore infortunato: e ciò in ragione del principio di effettività che la Corte territoriale ha correttamente evocato per evidenziare l'inconferenza delle deduzioni svolte nei ricorsi in esame. Invero, nell'interpretazione della Corte di cassazione, il principio di effettività presiede alla materia degli infortuni sul lavoro in relazione all'assunzione della posizione di garanzia, elevando a garante colui che di fatto assume e svolge i poteri del datore di lavoro, del dirigente o del preposto (Sez. 4, n. 22246 del 28/02/2014, Consol, Rv. 25922401). Esso trova emblematica espressione nel disposto dell'art. 299 D.Lgs. n. 81/2008, secondo cui "Le posizioni di garanzia relative ai soggetti di cui all'art. 2, comma 1, lett. b), d) ed e), gravano altresì su colui il quale, pur sprovvisto di regolare investitura, eserciti in concreto i poteri giuridici riferiti a ciascuno dei soggetti ivi definiti". Sul punto, la decisione impugnata, dopo aver premesso che l'imputato A.A. aveva diretto la persona offesa sul luogo di svolgimento di fatto del lavoro, quale lavoratore da lui coordinato in ragione della propria mansione di caposquadra, ha esattamente affermato che, nel giorno dell'evento, egli ha di fatto operato nei confronti dell'infortunato come persona che, per via delle proprie competenze professionali e dei poteri gerarchici e funzionali inerenti all'incarico conferitogli, sovrintendeva all'attività lavorativa della persona offesa, esercitando di fatto un funzionale potere di iniziativa. Ne ha pertanto tratto la congrua conseguenza per la quale, di fatto, l'imputato ha svolto funzioni corrispondenti alla qualifica di preposto ex art. 2, comma 1, lett. e), D.Lgs. 81/2008, indipendentemente dal fatto che lo stesso si trovasse sul luogo di lavoro per garantire non per conto della società di appartenenza "SANTAMARIA Srl", ma per conto e nell'interesse dell'impresa amministrata e controllata dai figli "NEWGREEN Snc", B.B. e C.C. Neppure con riguardo alla posizione di garanzia gravante su questi ultimi la sentenza impugnata si presta ad alcuna censura. Essi, afferma la Corte di merito, in quanto soci amministratori di una società in nome collettivo, in assenza di altre cariche societarie e di alcuna delega di funzioni in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, esercitano i poteri decisionali e di spesa e hanno la responsabilità dell'organizzazione, conformemente alla definizione di "datore di lavoro", data dall'art. 2, comma 1, lett. b), D.Lgs. 81/2008. Proprio in ragione dell'attività svolta dall'infortunato nell'esclusivo interesse di "NEWGREEN Snc", nell'ambito dei lavori di esecuzione dell'appalto di servizi di potatura del verde pubblico comunale, B.B. e C.C. hanno assunto una posizione di garanzia nei suoi confronti. Posizione di garanzia che comportava altresì l'obbligo di fornirgli adeguata informazione sui rischi e adeguata formazione in ordine alla prestazione che era chiamato a svolgere: obbligo che la Corte territoriale, con ampia motivazione, sostiene non essere stato adempiuto, neppure in minima parte, poiché l'unica formazione ricevuta dal lavoratore infortunato era stata impartita da altri datori di lavoro, nell'interesse di altra impresa ed in relazione ai diversi rischi inerenti alla diversa attività ivi svolta. La sentenza impugnata ricorda inoltre che alla persona offesa non era stato fornito alcun tipo di mezzo di protezione personale.
3. Alla declaratoria di inammissibilità dei ricorsi segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende. I ricorrenti vanno, inoltre, condannati in solido alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile D.D. che vengono liquidate in complessivi Euro 2.825,93, oltre accessori di Legge. In caso di diffusione del presente provvedimento dovranno omettersi le generalità e gli altri dati identificativi della persona offesa ai sensi dell'art. 52, comma 2, D.Lgs. 30.06.2003, n. 196.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende. Condanna, inoltre, i ricorrenti in solido alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile D.D. che liquida in complessivi Euro 2.825,93, oltre accessori di Legge. In caso di diffusione del presente provvedimento dovranno omettersi le generalità e gli altri dati identificativi della persona offesa ai sensi dell'art. 52, comma 2, D.Lgs. 30.06.2003, n. 196.
Così deciso il 5 aprile 2024.
Depositato in Cancelleria il 19 luglio 2024.