Cassazione Penale, Sez. 4, 23 luglio 2024, n. 30037 - Caduta del pannello metallico sul lavoratore distaccato



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE


Composta da:

Dott. DOVERE Salvatore - Presidente

Dott. CAPPELLO Gabriella - Consigliere

Dott. MICCICHE' Loredana - Consigliere

Dott. MARI Attilio - Consigliere

Dott. DAWAN Daniela – Relatore

ha pronunciato la seguente

SENTENZA



sul ricorso proposto da:

A.A. nato a B. il (Omissis)

avverso la sentenza del 11/09/2023 della CORTE APPELLO di L'AQUILA

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere DANIELA DAWAN;

lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore GIULIO ROMANO che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso
 

Fatto


1. Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte di appello di L'Aquila, in parziale riforma della pronuncia del locale Tribunale, ha rideterminato la pena irrogata a A.A. in euro 6.750,00 di multa, così sostituita la pena di mesi tre di reclusione. Ha eliminato le statuizioni civili e confermato nel resto.

1.2. L'imputato è stato chiamato a rispondere del reato di cui all'art. 590 cod. pen. perché, nella propria qualità di datore di lavoro della ditta "MT Costruzioni Srl", per colpa consistita in negligenza, imperizia, imprudenza, cagionava lesioni personali al lavoratore B.B., dipendente della "CBR Srl", in quel momento distaccato presso il cantiere edile della "MT Costruzioni Srl", che agiva in forza di un contratto di subappalto da parte della società "Sicea Srl". Al momento dei fatti era in corso l'allestimento della casseratura prefabbricata modulare a telaio mediante il posizionamento contro terra di pannelli metallici per il getto del calcestruzzo. Il lavoratore stava eseguendo con un trapano dei fori alla base dei pannelli metallici, all'interno dei quali poi infilare dei tondini in ferro per consolidare in via definitiva il puntellamelo dei pannelli stessi. Nel corso di tale lavorazione, il pannello metallico alla base del quale lo B.B. stava lavorando si sganciava dalla posizione verticale in cui era stato precedentemente posizionato e cadeva travolgendolo.

2. La Corte di merito ha ritenuto che la ricostruzione dell'infortunio abbia dimostrato, in modo non contestabile, la sussistenza del nesso di causalità tra le violazioni delle norme infortunistiche e l'evento, perché i puntelli utilizzati non garantivano la massima sicurezza in considerazione del tipo di pannelli utilizzati per la lavorazione in corso.

3. Avverso la sentenza di appello ha proposto ricorso il difensore dell'imputato che ha sollevato i seguenti motivi:

3.1. Inosservanza e/o erronea applicazione degli artt. 125, 192, 530, comma 2 e 533, comma 1, cod. proc. pen.; travisamento del fatto e delle prove; carenza, manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione. La difesa sostiene che la Corte territoriale abbia del tutto disatteso quanto emerso nell'istruttoria dibattimentale con riferimento all'assoluta idoneità dei puntelli utilizzati punto in particolare e che non abbia tenuto in alcun conto che i puntelli utilizzati sono gli stessi che risultano riprodotti nelle fotografie contenute nel manuale di istruzioni, depositato dalla difesa nell'udienza dibattimentale di primo grado del 13/09/2021. Non sarebbe poi stata tenuta nella debita considerazione neppure la documentazione fotografica allegata alla relazione dell'ASL n. 4 di L'Aquila, laddove attesta visivamente la palese stabilità e la tenuta dei puntelli in concreto utilizzati nella restante parte della casseratura modulare che si sviluppa per decine di metri. La decisione della Corte di appello sarebbe fondata sull'opinione espressa dall'ispettore del lavoro Troiani il quale, non presente ai fatti, si è limitato ad esprimere un proprio parere sulla stabilità effettiva delle casserature mediante utilizzo dei puntelli telescopici. Egli stesso, tuttavia, nel corso della propria escussione testimoniale, non ha potuto negare l'evidenza espressa dalle fotografie. L'utilizzo di una prova inesistente, quale è la testimonianza resa dal Tr., consistente in una mera opinione e non in una descrizione fattuale e l'omessa considerazione di prove decisive, quali quelle fotografiche, ha determinato l'erronea valutazione da parte della Corte di appello;

3.2. Inosservanza e/o erronea applicazione dell'art. 533, comma 1, cod. proc. pen., sotto il profilo del mancato superamento della soglia del ragionevole dubbio; carenza, manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione. La difesa lamenta che la Corte di appello abbia escluso la possibilità che l'evento fosse causa di volontaria rimozione dei puntelli, verosimilmente da parte dello stesso infortunato, con ciò escludendo la possibilità di vagliare la sussistenza di un ragionevole dubbio. I testi C.C. e D.D., sentiti in dibattimento, hanno spiegato come l'unica ipotesi che potesse giustificare la caduta del pannello fosse la volontaria rimozione del puntello telescopico da parte dell'unica persona presente in quel momento nei pressi del pannello, ossia lo stesso infortunato. Ne deriva che esiste quantomeno il ragionevole dubbio sulla colpevolezza dell'imputato.

4. Con requisitoria scritta, il Procuratore generale ha chiesto che il ricorso sia rigettato.

5. In data 01/03/24, è pervenuta memoria del difensore dell'imputato, avv. Paolo Macchion.
 

Diritto


1. Il ricorso è inammissibile.

2. Il primo motivo è inammissibile, perché l'asserito travisamento delle prove non è stato dedotto con l'atto di appello dell'imputato e viene proposto per la prima volta in questa sede, nonostante già il Tribunale non avesse fatto alcun cenno alla documentazione fotografica allegata alla relazione della Asl e a quella contenuta nel manuale di istruzioni depositato in dibattimento dalla difesa, avendo anche il primo Giudice individuato le cause del distaccamento del pannello nella inidoneità del tipo di puntelli utilizzati per il fissaggio dei pannelli. Il Collegio precisa che, rispetto alla valutazione della documentazione fotografica, pretermessa nelle due sentenze di merito, la doglianza difensiva non attiene tanto ad un travisamento quanto ad una carenza di motivazione, sotto lo specifico profilo della mancata valutazione di quella prova.

Il secondo motivo di ricorso esula dal novero delle censure deducibili in sede di legittimità, investendo profili di valutazione della prova e di ricostruzione del fatto riservati alla cognizione del giudice di merito, le cui determinazioni, al riguardo, sono insindacabili in Cassazione ove siano sorrette da motivazione congrua, esauriente ed idonea a dar conto dell'iter logico-giuridico seguito dal giudicante e delle ragioni del decisum. In tema di sindacato del vizio di motivazione, infatti, il compito del giudice di legittimità non è quello di sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici di merito ma di stabilire se questi ultimi abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se abbiano fornito una corretta interpretazione di essi, dando esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti, e se abbiano esattamente applicato le regole della logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre ((Sez. U., n. 930 del 13/12/1995, dep. 1996, Clarke, Rv. 203430).

Il ricorrente, richiamandosi alle dichiarazioni dei testi C.C. e D.D., ripropone l'assunto della volontaria rimozione del puntello telescopico da parte dello stesso infortunato. Si tratta di argomento cui la Corte territoriale ha offerto motivazione non manifestamente illogica, laddove ha osservato che non può ascriversi alla persona offesa alcuna condotta imprudente o gravemente disattenta, poiché il lavoratore ha operato correttamente, senza porre in essere condotte abnormi; e che le circostanze riferite sul punto dagli anzidetti testi costituiscono una mera ipotesi dagli stessi formulata, "del tutto irrilevante ai fini della decisione, sia perché si tratta di un giudizio precluso ai testimoni, sia perché smentita dagli altri elementi di prova acquisiti".

3. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Ai sensi dell'art. 52, comma 2, D.Lgs. n. 196/2003, va disposto che, in caso di riproduzione della sentenza, venga omessa l'indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi della persona offesa.

 

P.Q.M.


Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Ai sensi dell'art. 52, comma 2, D.Lgs. n. 196/2003, dispone che in caso di riproduzione della sentenza venga omessa l'indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi della persona offesa.

Così deciso il 7 marzo 2024.

Depositata in Cancelleria il 23 luglio 2024.