Cassazione Penale, Sez. 4, 26 luglio 2024, n. 30619 - Accertamento della durata della malattia a seguito di infortunio
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta da:
Dott. DOVERE Salvatore - Presidente
Dott. RANALDI Alessandro - Consigliere
Dott. BRANDA Francesco Luigi - Consigliere
Dott. ANTEZZA Fabio - Relatore
Dott. GIORDANO Bruno - Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
A.A., nato a C il (omissis);
avverso la sentenza del 23/01/2024 della CORTE APPELLO di MILANO;
visti gli "atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere FABIO ANTEZZA;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore GIULIO MONFERINI, che ha concluso nel senso dell'inammissibilità del ricorso;
Fatto
1. La Corte d'Appello di Milano, con la pronuncia indicata in epigrafe, ha confermato la condanna di A.A. in merito alle lesioni personali colpose gravi per la durata dell'incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni, ex artt. 590, 583, n. 1, cod. pen., in offesa di un lavoratore alle sue dipendenze e per colpa generica oltre che per violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro.
2. Avverso la sentenza d'appello, è stato proposto nell'interesse dell'imputato ricorso fondato su un motivo, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione (ex art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.).
Si deduce la violazione di legge nell'aver ritenuto procedibile d'ufficio il reato ai sensi del combinato disposto degli artt. 590 e 583, n. 1, seconda parte, cod. proc. pen., in forza del quale si procede d'ufficio per le lesioni personali gravi (o gravissime) commesse con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, nonostante la durata inferiore a quaranta giorni dell'incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni della malattia. La fattispecie, a detta del ricorrente, sarebbe difatti caratterizzata da lesioni determinanti una malattia di durata pari a trentotto giorni e, in particolare, sorta il 14 ottobre 2019, data dell'infortunio, e cessata il successivo 21 novembre, giorno in cui risulterebbe timbrato (in sola entrata) il cartellino del lavoratore persona offesa, alle ore 9:54, presso la "Fiera di M", luogo ove è situato il capannone nella titolarità del datore di lavoro all'interno del quale si è verificato l'infortunio. Per il ricorrente, in sostanza, la Corte territoriale, nel confermare anche sul punto la sentenza gravata, avrebbe errato nel ritenere la malattia di durata superiore ai quaranta giorni, in quanto perdurante almeno fino al 24 gennaio 2020, in ragione di una "frettolosa ricostruzione delle testimonianze", tra cui quella resa dalla stessa persona offesa, e della documentazione sanitaria agli atti e non valutando, con idoneo ragionamento logico, l'indizio consistente nell'avvenuta timbratura del cartellino il 21 novembre 2019, ancorché solo in entrata (alle ore 9:54).
3. La Procura generale ha concluso per iscritto nei termini di cui in epigrafe.
Diritto
1. Il ricorso è inammissibile per plurimi profili.
2. In primo luogo, nel dedurre una violazione di legge in termini di difetto di sussunzione, cioè di errata riconduzione della fattispecie concretamente accertata in quella astrattamente prevista dalla legge, sostanzialmente si critica l'apparato motivazionale inerente l'accertamento della fattispecie concreta con censure che, come emerge dal raffronto con il motivo d'appello incentrato sull'improcedibilità per difetto di querela in ragione della durata della malattia (esplicitato a pag. 5 della sentenza), si fondano su doglianze che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelle già dedotte in appello e puntualmente disattese dalla Corte territoriale (pag. 5 e ss.), dovendosi quindi le stesse considerare non specifiche ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere alla tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (ex plurimis, Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, Boutartour, Rv. 277710 - 01).
3. In secondo luogo, le censure, laddove lambiscono l'apparato argomentativo della sentenza impugnata, si presentano inammissibili ai sensi dell'art. 606, comma 3, cod. proc. pen., ove deducenti motivi diversi da quelli prospettabili in sede di legittimità perché costituiti da doglianze in fatto, con le quali si prospettano anche erronee valutazioni probatorie del giudice di merito, non scandite dalla necessaria analisi critica delle argomentazioni poste a base della decisione impugnata (sul contenuto essenziale dell'atto d'impugnazione si vedano ex plurimis: Sez. 4, n. 16098 del 22/02/2023, Lamacchia, in motivazione; Sez. 4, n. 2644 del 16/12/2022, dep. 2023, Fiore, in motivazione; Sez. 4, n. 49411 del 26/10/2022, Troplini, in motivazione; Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, Leonardo, Rv. 254584 - 01, oltre che, Sez. 7, n. 9378 del 09/02/2022, Galperti, in motivazione; si veda altresì Sez. U., n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, Galtelli, Rv. 268822 - 01, in ordine ai motivi d'appello ma sulla base di principi pertinenti anche al ricorso per cassazione).
Il riferimento è, in particolare, al tentativo, volto ad addivenire a un diverso giudizio circa la durata della malattia, di rivalutare gli elementi probatori attribuendo alla circostanza dell'intervenuta timbratura del cartellino il giorno 21 novembre 2019, solo in entrata e alle ore 9:54, valore di indizio (unico oltre che grave) della cessazione della malattia alla detta data. Ciò, peraltro, implica una valutazione, sempre di merito, operata dal ricorrente, in termini di subvalenza di tutti gli altri elementi invece valorizzati dai giudici nel collocare la cessazione dell'incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni a un momento non anteriore al 24 gennaio 2020, tra cui la deposizione della persona offesa, valutata attendibile, e, soprattutto, la documentazione sanitaria (compresa quella dell'INPS attestante la formale cessazione dell'infermità solo in data 5 marzo 2020).
4. Le censure, ove non in fatto, sono inammissibili in ragione del mancato confronto con la ratio decidendi della sentenza impugnata (per l'inammissibilità del motivo di ricorso che non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata, venendo meno in radice l'unica funzione per la quale è previsto e ammesso, ex plurimis: Sez. 4, n. 2644 del 16/12/2022, dep. 2023, Fiore, cit., in motivazione; Sez. 4, n. 49411 del 26/10/2022, Troplini, cit., in motivazione; Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, Leonardo, cit.).
La Corte territoriale, difatti, nel ritenere accertata la durata della malattia almeno fino al 24 gennaio 2020 è lungi dal non considerare l'elemento probatorio costituito dalla timbratura del cartellino in data 21 novembre 2019 in uno con le altre emergenze processuali e dal non evidenziare l'iter logico-giuridico sotteso alla ritenuta non conducenza della detta circostanza. La durata della malattia è stata difatti accertata all'esito di una compiuta valutazione della circostanza di cui innanzi in uno con la ritenuta attendibilità della deposizione della persona offesa, anche circa il mancato espletamento di attività lavorativa il 21 novembre 2019, con le deposizioni rese da altri testimoni, che hanno evidenziato come non sempre si procedesse in sede di ingresso presso "Fiera di M" a riscontrare la titolarità del cartellino utilizzato per l'accesso (a causa del rilevante flusso si soggetti che vi accedevano), e con la disamina della documentazione sanitaria agli atti, circa la durata della frattura della prima vertebra (tale da costringere la persona offesa a indossare un "corsetto semirigido con spallacci"). La svalutazione a fini probatori, circa la durata della malattia, dell'avvenuta timbratura del cartellino il trentottesimo giorno successivo all'infortunio, è stata altresì motivata in termini coerenti e non manifestamente illogici anche in ragione del rilievo dell'assenza di timbratura in uscita, della sola timbratura in entrata avvenuta alle ore 9:54 in luogo delle altre timbrature del cartellino da parte della persona offesa, compresa quella avvenuta il giorno del sinistro, tutte risultanti coincidenti con l'orario lavorativo (7:44 circa e, in un caso alle 7.39), e in considerazione dell'assenza di altre timbrature dalla data del sinistro al 5 marzo 2020 (data di cessazione dell'infortunio per l'INPS).
5. In conclusione, all'inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende, ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen. e valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso nei termini innanzi evidenziati (Corte cost. 13 giugno 2000, n. 186).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 13 giugno 2024.
Depositata in Cancelleria il 26 luglio 2024.