Cassazione Civile, Sez. Lav., 09 agosto 2024, n. 22609 - Obbligo di tenuta del registro infortuni e organo competente ad accertare l'illecito



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana - Presidente

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni - Consigliere

Dott. PONTERIO Carla - Rel. Consigliera

Dott. CASO Francesco Giuseppe Luigi - Consigliere

Dott. MICHELINI Gualtiero - Consigliere

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA



sul ricorso 12377 - 2020 proposto da:

A.A. Sas DI B.B., in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall'avvocato MARZIA CARMINA CUOCO;

- ricorrente -

contro

ISPETTORATO NAZIONALE DEL LAVORO SEDE TERRITORIALE DI L - P, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI 12;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 304/2019 della CORTE D'APPELLO di FIRENZE, depositata il 01/10/2019 R.G.N. 1130/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio del 03/07/2024 dalla Consigliera CARLA PONTERIO.

 

Fatto


1. La Corte d'Appello di Firenze ha respinto l'appello della A.A. Sas di B.B. E C., confermando la sentenza di primo grado, di rigetto dell'opposizione dalla stessa proposta avverso l'ordinanza ingiunzione n. 622/2013 con cui la Direzione Territoriale del Lavoro di P aveva sanzionato la società per l'illecito amministrativo previsto dall'art. 4, comma 5, lett. o), D.Lgs. n. 626 del 1994, relativo alla omessa esibizione del registro infortuni nel corso dell'accesso ispettivo del 16.10.2008 presso il cantiere edile sito in V, località (omissis).

2. La Corte territoriale ha ritenuto che nel caso di specie non sussistessero le caratteristiche descritte nella circolare 537/1959, richiamata dalla circolare 28/97, che rendono legittima la tenuta del registro infortuni presso la sede centrale dell'impresa, atteso che i lavori nel cantiere erano iniziati più di un mese prima dell'accesso ispettivo e non potevano considerarsi "di breve durata"; ha rilevato che in un precedente accesso dell'11.9.2008 in quel medesimo cantiere era stato esibito il registro infortuni e ciò costituiva prova dell'esistenza, in quel luogo, di una struttura, sia pure rudimentale, di carattere amministrativo; che il verbale ispettivo dà atto della richiesta rivolta dagli ispettori agli operai presenti in cantiere il 16.10.2008 di contattare il datore di lavoro e della risposta di questi di non essere in grado di contattarlo, risultando l'assenza del legale rappresentante della società riferibile esclusivamente al difetto di organizzazione aziendale. I giudici di appello hanno ribadito come l'obbligo in questione facesse capo al legale rappresentante e che, ai fini del suo adempimento, non fosse idonea la tenuta di una copia (anziché dell'originale) del registro infortuni ed hanno respinto le censure, argomentate per la prima volta in appello, sulla misura della sanzione irrogata.

3. Avverso tale sentenza la A.A. Sas di B.B. ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi. Nell'adunanza camerale del 31.1.2024, in vista della quale la società aveva depositato memoria illustrativa, è stato disposto il rinvio del procedimento a nuovo ruolo per l'esecuzione della notifica del ricorso nei confronti dell'Avvocatura Generale dello Stato. A seguito di tale adempimento, l'Ispettorato Territoriale del Lavoro di L - P si è costituito con controricorso.

4. Il Collegio si è riservato di depositare l'ordinanza nei successivi sessanta giorni, ai sensi dell'art. 380-bis 1 c.p.c., come modificato dal D.Lgs. n. 149 del 2022.

 

Diritto

 

5. Con il primo motivo di ricorso è dedotta, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., violazione o falsa applicazione dell'art. 4, comma 5, lett. o), D.Lgs. n. 626 del 1994 nonché, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., nullità della sentenza per violazione dell'art. 132, comma 2, n. 4 c.p.c., per manifesta illogicità della motivazione, per avere la Corte di merito affermato che la società era soggetta alla tenuta, e quindi all'esibizione, del registro infortuni, nel cantiere edile oggetto di accertamento, avendo desunto l'esistenza in loco di una struttura amministrativa dalla circostanza che, nel corso di un precedente accesso, era stata esibita una copia della documentazione richiesta, compreso il registro infortuni.

6. Con il secondo motivo si denuncia, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., l'omesso esame di fatti e circostanze decisivi, esattamente, per avere la Corte di merito omesso di considerare che la società, all'epoca della contestata infrazione, aveva alle dipendenze cinque lavoratori e diversi piccoli cantieri edili aperti nello stesso Comune di V, dove è collocata anche la sede amministrativa.

7. Con il terzo motivo di ricorso è dedotta, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., violazione o falsa applicazione dell'art. 3, legge 689 del 1981 e violazione del diritto vivente nella parte in cui la Corte di merito ha affermato che "il legale rappresentante della società risponde della mancata esibizione del registro da parte di un terzo (il lavoratore presente in cantiere al momento dell'accesso) in conseguenza di un fatto proprio, cioè della responsabilità implicata dalla sua funzione salvo la prova di una legittima delega a terzi".

8. Con il quarto motivo si denuncia, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., violazione o falsa applicazione dell'art. 6, legge n. 150 del 2011 nonché, sensi dell'art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., nullità della sentenza per violazione dell'art. 132, comma 2, n. 4 c.p.c., per motivazione incomprensibile, incongrua e inconferente in ordine alla domanda di riduzione dell'entità della sanzione; violazione del diritto vivente.

9. I primi due motivi di ricorso, da trattare congiuntamente per sostanziale connessione, sono inammissibili.

10. L'art. 4, comma 5 del D.Lgs. n. 626 del 1994 stabilisce che "Il datore di lavoro, il dirigente e il preposto che esercitano, dirigono o sovraintendono le attività indicate all'art. 1, nell'ambito delle rispettive attribuzioni e competenze, adottano le misure necessarie per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ed in particolare: lett. o) "tengono un registro nel quale sono annotati cronologicamente gli infortuni sul lavoro che comportano un'assenza dal lavoro superiore a tre giorni, compreso quello dell'evento. Nel registro sono annotati il nome, il cognome, la qualifica professionale dell'infortunato, le cause e le circostanze dell'infortunio, nonché la data di abbandono e di ripresa del lavoro. Il registro sul luogo di lavoro è tenuto conformemente al modello approvato con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentita la commissione consultiva permanente di cui all'art. 394 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, ed è conservato sul luogo di lavoro, a disposizione dell'organo di vigilanza".

11. La circolare del Ministero del Lavoro n. 28 del 1997 ha rilevato che "la nuova disposizione ha mutato solo per tale aspetto i contenuti dell'articolo 403 del D.P.R. 547/55. In relazione a quanto sopra conservano la loro validità le motivazioni della circolare n. 537 del 3 febbraio 1959 che, in riferimento all'obbligo di conservazione del registro sul luogo di lavoro, ha fornito indicazioni applicative in ordine ad alcune fattispecie. In particolare, la circolare ha chiarito che, nel caso di attività di breve durata, caratterizzata da mobilità o svolta in sedi con pochi lavoratori e priva di adeguata attrezzatura amministrativa, l'obbligo in questione si ritiene assolto anche nell'ipotesi in cui il registro in questione sia tenuto nella sede centrale dell'impresa, sempre che tali attività non siano dislocate oltre l'ambito provinciale. La verifica concreta di tale situazione è ovviamente rimessa all'apprezzamento dell'organo di vigilanza".

12. La Corte di merito ha accertato che i lavori svolti presso il cantiere oggetto dell'accesso ispettivo non erano "di breve durata", attesa la loro protrazione da più di un mese ed ha ritenuto, in via presuntiva, che il cantiere fosse dotato di una seppur minima struttura amministrativa per essere stata esibita, nel corso di un precedente accesso, la documentazione ivi custodita.

13. Il motivo di ricorso non investe l'interpretazione o l'applicazione della norma di legge ma, unicamente le valutazioni in punto di fatto svolte dai giudici di merito sulla temporaneità del cantiere e sulla concreta possibilità di tenuta presso lo stesso del registro infortuni, per la presenza di una struttura amministrativa, e si colloca come tale all'esterno del vizio di violazione di legge (v. con riferimento ad una fattispecie sovrapponibile a quella in esame, Cass. n. 16478 del 2023).

14. Questa Corte ha precisato che non rientra nell'ambito applicativo dell'art. 360, comma 1, n. 3, l'allegazione di un'erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa che è, invece, esterna all'esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta perciò al sindacato di legittimità; il discrimine tra la violazione o falsa applicazione di norme e l'erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta è segnato dal fatto che solo quest'ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (v. Cass. n. 3340 del 2019; n. 640 del 2019; n. 10320 del 2018; n. 24155 del 2017; n. 195 del 2016). Da ciò discende l'inammissibilità di censure che "sotto l'apparente deduzione del vizio di violazione e falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, degradano in realtà verso l'inammissibile richiesta a questa Corte di una rivalutazione dei fatti storici da cui è originata l'azione" (cfr. Cass. SS. UU. n. 34476 del 2019; conf. Cass. SS. UU. n. 33373 del 2019; Cass. SS. UU. n. 25950 del 2020), inammissibile in sede di legittimità e, nel caso in esame, anche per la preclusione imposta dalla disciplina cd. della doppia conforme, di cui all'art. 348-ter, comma 5, c.p.c., non avendo la ricorrente neanche allegato la diversità delle ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisioni di primo grado e della sentenza di rigetto dell'appello (Cass. n. 26774 del 2016; Cass. n. 5528 del 2014).

15. Il terzo motivo è inammissibile in quanto, sotto la apparente denuncia del vizio di violazione di legge (art. 3, legge 689 del 1981), contesta l'esito dell'accertamento ispettivo prospettando l'assenza di colpa del legale rappresentante della società per avvenuto adempimento dell'obbligo di tenuta, nel cantiere per cui è causa, di una copia del registro infortuni.

16. Parimenti inammissibile è il quarto motivo di ricorso per difetto di specificità posto che il ricorrente non indica le ragioni su cui si fonderebbe la dedotta violazione dell'art. 6, comma 12, del D.Lgs. 150 del 2011. Questa disposizione attribuisce al giudice che accoglie l'opposizione la facoltà di "annullare in tutto o in parte l'ordinanza o modificarla anche limitatamente all'entità della sanzione dovuta, che è determinata in una misura in ogni caso non inferiore al minimo edittale". Nel caso in esame, la Corte d'Appello ha ritenuto insussistenti ragioni atte a giustificare la modifica dell'entità della sanzione, confermando la congruità della stessa, e la parte ricorrente non indica alcun errore di diritto che sarebbe collegato a tale statuizione.

17. Nella memoria depositata ai sensi dell'art. 380-bis 1 c.p.c. la società ha dedotto la nullità della sanzione irrogatale per incompetenza assoluta dell'Ispettorato del Lavoro rispetto all'illecito di mancata tenuta del registro infortuni, invocando il precedente di legittimità Cass. n. 22848 del 2022 secondo cui "L'omessa tenuta sul luogo di lavoro del registro infortuni di cui all'art. 4, comma 5, lett. o), del D.Lgs. n. 626 del 1994, "ratione temporis" applicabile, può essere sanzionata solo dalla ASL territorialmente competente, e non anche dall'Ispettorato del lavoro, atteso che la sua tenuta costituisce una misura necessaria per la sicurezza e la salute dei lavoratori e che la vigilanza sull'applicazione della legislazione in materia Data p sicurezza e salute nei luoghi di lavoro - cui consegue la relativa potestà sanzionatoria - è svolta, secondo quanto previsto dall'art. 23 del predetto D.Lgs., dalla unità sanitaria locale, competente per il settore in via esclusiva".

18. È pacifico che la questione dell'incompetenza dell'Ispettorato del Lavoro rispetto all'illecito amministrativo sia stata sollevata per la prima volta con la memoria depositata nel giudizio di cassazione e mai posta nei precedenti gradi di giudizio.

19. Questa Corte ha statuito che, in tema di opposizione a sanzioni amministrative, la legge n. 689 del 1981 configura un modello procedimentale di tipo impugnatorio nel quale tutte le ragioni poste alla base della richiesta di nullità ovvero di annullamento dell'atto debbono essere prospettate nel ricorso introduttivo; di conseguenza, così come non è consentito al ricorrente di integrare in corso di causa i motivi originariamente addotti, simmetricamente l'amministrazione non può dedurre, a sostegno della pretesa sanzionatoria, motivi o circostanze diversi da quelli enunciati con l'ordinanza, ed il giudice non può rilevare d'ufficio ragioni di nullità del provvedimento opposto o del procedimento che l'ha preceduto, salve le ipotesi di inesistenza (così Cass. n. 27909 del 2018; v. anche Cass. n. 18158 del 2020; n. 17569 del 2021).

20. Si è ulteriormente precisato che, sempre in tema di opposizione a sanzioni amministrative, ricorre il vizio di incompetenza assoluta dell'amministrazione quando l'atto emesso concerne una materia del tutto estranea alla sfera degli interessi pubblici attribuiti alla cura dell'amministrazione alla quale l'organo emittente appartiene, mentre si ha incompetenza relativa nel rapporto interno tra organi o enti nelle cui attribuzioni rientra, sia pure a fini e in casi diversi, una determinata materia. Soltanto il primo vizio è rilevabile d'ufficio dal giudice, comportando esso l'inesistenza del provvedimento, laddove il secondo deve essere dedotto dalla parte esclusivamente con il ricorso introduttivo, unitamente alle ragioni poste a base dello stesso (così Cass. n. 28108 del 2018; Cass. n. 1739 del 2020; n. 15043 del 2020).

21. In riferimento al caso in esame, deve premettersi che l'obbligo di tenuta del registro infortuni, originariamente previsto dall'art. 4, comma 5, lett. o) del D.Lgs. n. 626 del 1994, è stato abrogato dall'art. 21, comma 4, del D.Lgs. n. 151 del 2015 (a decorrere dal novantesimo giorno successivo all'entrata in vigore del decreto stesso). Come si legge nella circolare Inail n. 92 del 2015, il citato art. 21 ha anticipato la soppressione dell'obbligo di tenuta del registro infortuni - già stabilita dall'articolo 53, comma 6 del D.Lgs. n. 81 del 2008 e s.m. e connessa all'emanazione del nuovo decreto interministeriale di cui all'art. 8, comma 4, del richiamato D.Lgs. n. 81 del 2008, istitutivo del Sistema Informativo Nazionale per la Prevenzione nei luoghi di lavoro (SINP). È, comunque, pacifico che all'epoca dell'accesso ispettivo del 16.10.2008 era in vigore l'obbligo di tenuta del registro infortuni.

22. Quanto al profilo della competenza ad accertare l'illecito amministrativo e ad irrogare la sanzione, l'art. 23 del D.Lgs. n. 626 del 1994 attribuiva all'unità sanitaria locale (e non al Ministero del Lavoro) la vigilanza sull'applicazione della legislazione in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro.

23. Deve, tuttavia, darsi atto che l'art. 13 del D.Lgs. n. 81 del 2008, nel testo originario applicabile ratione temporis (perché già in vigore alla data dell'accertamento ispettivo), oltre ad attribuire la vigilanza sull'applicazione della legislazione in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro alla azienda sanitaria locale (solo recentemente, per effetto del decreto-legge n. 146 del 2021, art. 13, convertito dalla legge n. 215 del 2021, è stato modificato l'art. 13 del D.Lgs. n. 81 del 2008 prevendendosi che la vigilanza - in via generale - sull'applicazione della legislazione in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro è svolta anche "dall'Ispettorato nazionale del lavoro", istituito con il decreto legislativo n. 149 del 2015 e che svolge le attività ispettive già esercitate dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali) stabiliva al comma 2 (ora abrogato dal citato decreto-legge n. 146 del 2021) che: "Ferme restando le competenze in materia di vigilanza attribuite dalla legislazione vigente al personale ispettivo del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, lo stesso personale può esercitare l'attività di vigilanza sull'applicazione della legislazione in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro nelle seguenti attività, informandone preventivamente il servizio di prevenzione e sicurezza dell'Azienda sanitaria locale competente per territorio: a) attività nel settore delle costruzioni edili o di genio civile e più in particolare lavori di costruzione, manutenzione, riparazione, demolizione, conservazione e risanamento di opere fisse, permanenti o temporanee, in muratura e in cemento armato, opere stradali, ferroviarie, idrauliche, scavi, montaggio e smontaggio di elementi prefabbricati; lavori in sotterraneo e gallerie, anche comportanti l'impiego di esplosivi (...)".

24. Per effetto di tale previsione deve ritenersi esistente una concorrente competenza del Ministero del Lavoro (le cui competenze sono state poi attratte dall'Ispettorato Nazionale del Lavoro), anche nelle sue articolazioni territoriali, nell'attività di vigilanza sull'applicazione della legislazione in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, sia pure limitata al settore edile, che è quello proprio del cantiere oggetto dell'accertamento ispettivo per cui è causa. Deve quindi escludersi che, all'epoca dell'accesso ispettivo, sussistesse una incompetenza assoluta del Ministero del Lavoro in ordine all'accertamento dell'obbligo di tenuta sul luogo di lavoro del registro infortuni, quale misura necessaria per la sicurezza e la salute dei lavoratori, e che quindi il Ministero difettasse della potestà sanzionatoria al riguardo. Dal che discende l'inammissibilità della questione di incompetenza sollevata soltanto con la memoria depositata nel giudizio di cassazione.

25. Per le ragioni esposte il ricorso deve essere respinto.

26. La regolazione delle spese del giudizio di legittimità segue il criterio di soccombenza, con liquidazione come in dispositivo.

27. Il rigetto del ricorso costituisce presupposto processuale per il raddoppio del contributo unificato, ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002 (cfr. Cass. S.U. n. 4315 del 2020).

 

P.Q.M.


La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 3.000,00 per compensi professionali, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi dell'art. 13, co.-1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell'adunanza camerale del 3 luglio 2024.

Depositata in Cancelleria il 9 agosto 2024.