Corte dei Conti Liguria, Sez. Giurisdiz., 07 agosto 2024, n. 72 - Amianto



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE DEI CONTI

SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA LIGURIA


in composizione monocratica nella persona del Giudice Primo Referendario dr.ssa Patrizia ESPOSITO

ha pronunciato la seguente

SENTENZA
 


nel giudizio pensionistico iscritto al n. 21424 del registro di Segreteria, proposto da C. G., nato a omissis il omissis (C.F. omissis) e ivi elettivamente domiciliato, in Via Vittorio Veneto n. 113, presso e nello studio degli Avvocati Edoardo Truppa, Francesca Truppa e Caterina Truppa del Foro della Spezia che lo rappresentano e difendono anche disgiuntamente, giusta procura ad litem in calce al ricorso, con richiesta di ricevere le comunicazioni al numero fax ed agli indirizzi p.e.c. indicati;

CONTRO

- I.N.P.S. Istituto Nazionale per la Previdenza Sociale, in persona del legale rappresentante p. t., con sede in Roma Via Ciro il Grande n. 21, rappresentato e difeso dall'Avv. Alberto Fuochi, giusta procura generale alle liti rilasciata per atto a ministero del notaio R.F. in R. del (...), Rep. n. (...), elettivamente domiciliato in Genova, Piazza Borgo Pila 40;

- Ministero della DIFESA - Direzione Generale della Previdenza e della Leva, in persona del Ministro in carica pro tempore, costituito con memoria del Capo Divisione, Settore Contenzioso, Col. CCRN M.M.;

- I.N.A.I.L., in persona del legale rappresentante p. t., con sede in Roma P.le Pastore n.6, rappresentato e difeso dagli Avvocati Maria Antonella Iannucci, Paola Brugnoli e Paola Astegiano, in via congiuntiva e disgiuntiva, per procura generale alle liti del 25.9.2001 notaio Giuseppe Mammi iscritto nel Ruolo dei Distretti Notarili di Genova e Chiavari, Rep. n. 93743 e con domicilio eletto presso quest'ultima in Genova via G. D'Annunzio 76;

Oggetto: riconoscimento dei benefici previdenziali di cui all'art. 13, comma 8, della L. n. 257 del 1992 per esposizione ultradecennale all'amianto con "applicazione del coefficiente di rivalutazione contributiva del 1,5 sul periodo lavorativo espletato (...)".

Visto il D.Lgs. 26 agosto 2016, n. 174 (Codice di Giustizia Contabile - c.g.c.); Uditi, nella pubblica udienza del 28 giugno 2024, l'Avv. Edoardo Truppa per la parte ricorrente, l'Avv. Paola Astegiano per l'I.N.A.I.L. e l'Avv. Patrizia Sanguineti per l'I.N.P.S.;

Letto il ricorso ed esaminati gli atti ed i documenti della causa; Ritenuto in

 

Fatto


1. Con ricorso depositato il 20 ottobre 2023, l'esponente ha premesso che in qualità di dipendente della Marina Militare con il grado attuale di Luogotenente aveva prestato servizio dal 1991 al 2003 imbarcato su unità navali "dove era notoriamente presente amianto in grande quantità, come è stato riconosciuto dal Ministero della Difesa, Direzione Generale per il Personale Militare - 17^ Divisione - Gruppo Lavoro Amianto - con dichiarazione in data 23 novembre 2009 (...). Lo stesso Ministero in pari data sollecitava INAIL a rilasciare idonea certificazione attestante la riconosciuta esposizione all'amianto da parte del ricorrente durante circa 12 anni di servizio, certificato che INAIL di fatto non ha mai rilasciato, nonostante i solleciti rivolto dall'esponente (...)".

Al riguardo, ha lamentato che negli anni la Marina Militare era più volte dovuta intervenire con operazioni di bonifica all'interno delle Navi di riferimento sulle quali il Luogotenente aveva svolto servizio, allegando documentazione. Pertanto, ha esposto che in data 25 settembre 2023 aveva provveduto a notificare ad I.N.P.S., I.N.A.I.L. nonché a Ministero della Difesa, nelle persone dei rispettivi rappresentanti legali, formali diffide ad adempiere.

Tanto premesso, ha adito questa Sezione giurisdizionale Regionale della Corte dei conti affinché fosse "accertato e dichiarato" il proprio diritto alla rivalutazione contributiva dei periodi di lavoro con esposizione ad amianto, complessivamente ultradecennali, a decorrere dal 24 gennaio 1991 al 2 ottobre 2003, ai sensi e per gli effetti dell'art. 13, comma 8 della L. n. 257 del 1992, applicando il coefficiente di rivalutazione pari a 1,5% sul periodo lavorativo espletato, eventualmente disponendo "una CTU tecnica per accertare le circostanze descritte in narrativa. Vinte le spese e competenze del giudizio".

2. In data 5 aprile 2024 si costituiva il Ministero della Difesa, Direzione Generale della Previdenza e della Leva, con memoria del Capo della competente Divisione, Settore Contenzioso, Col. CCRN M.M..

In via pregiudiziale, è stato eccepito il difetto di legittimazione passiva del Dicastero, instando per l'estromissione dal presente giudizio, "in quanto la normativa in oggetto riserva la competenza esclusiva all'accertamento ed alla certificazione dell'esposizione all'amianto, secondo i parametri normativamente prefissati dall'INAIL, sulla base di un "curriculum lavorativo" rilasciato dal datore di lavoro, il quale attesti che il lavoratore stesso è stato adibito, in modo diretto ed abituale a determinate attività lavorative.".

Inoltre, sempre al fine dell'estromissione dal giudizio, è stato rimarcato che il ricorrente risultava essere ancora in servizio presso il omissis della M.M. di La Spezia e che, pertanto, la futura determinazione e concessione del trattamento pensionistico sarebbe stata di esclusiva competenza dell'I.N.P.S. - Gestione dipendenti pubblici.

Infatti, ai sensi dell'art. 2, comma 1, della L. 8 agosto 1995, n. 335 e della successiva circolare applicativa, la competenza alla trattazione delle pratiche pensionistiche riguardanti il personale militare collocato in quiescenza nella posizione della riserva (a seguito di dimissioni, inidoneità al servizio, perdita del grado, ecc.), ovvero deceduto in costanza di servizio successivamente al 1 gennaio 2010, era stata assunta dall'I.N.P.D.A.P., oggi I.N.P.S. - Gestione dipendenti pubblici (cfr. Corte Conti, Sez. Sardegna, n. 143/2017 e, da ultimo, n. 20/2019), Istituto autonomamente deputato a procedere, in presenza delle condizioni di legge, al riconoscimento del diritto al trattamento pensionistico.

Ad ogni buon fine, comunque, è stata depositata la documentazione di servizio detenuta dall'Amministrazione riguardante il curriculum lavorativo e la certificazione I.N.A.I.L. rilasciata in data 4 marzo 2019.

3. In data 26 aprile 2024, depositava memoria di costituzione anche l'I.N.A.I.L., eccependo invia pregiudiziale la carenza di legittimazione passiva, sulla scorta del rilievo che la chiamata in causa dell'Istituto come pure la proposizione di qualsivoglia domanda nei suoi confronti sarebbe stata da considerarsi del tutto inammissibile poiché il rapporto previdenziale invocato dal ricorrente, in relazione a una domanda di riconoscimento di benefici pensionistici, faceva capo all'I.N.P.S. Per mera completezza espositiva è stato precisato che l'I.N.A.I.L. aveva emesso la certificazione amianto relativa alla domanda n. omissis, del 29 aprile 2005, in data 4 marzo 2019 sulla base dei pareri tecnici in possesso. "Tale certificazione prevedeva il riconoscimento per la Nave Ardito dal 01/09/1994 al 31/12/1995 (data massima fornita dai pareri tecnici per il riconoscimento dell'esposizione amianto). I pareri tecnici Contarp riconoscono l'esposizione solo fino al 31/12/1995 quindi per i periodi successivi non è stata riconosciuta esposizione ai fini del riconoscimento del comma 8. Per quanto riguarda le navi Milazzo e Termoli, i pareri tecnici non prevedevano un riconoscimento. Si segnala altresì che il richiedente, come da curriculum che si allega, ha iniziato a lavorare il 24/01/1991, si desume quindi che, in ogni caso, essendo il rischio riconosciuto solo fino al 1995, non avrebbe potuto raggiungere i 10 anni previsti per poter usufruire del riconoscimento ai fini del comma 8.". Sono state rassegnate le seguenti conclusioni: "In via pregiudiziale dichiarare la carenza di legittimazione passiva dell'INAIL per i motivi sopraesposti, Nel merito e in stretto subordine respingersi il ricorso in quanto infondato. Spese legali come per legge.".

4. Con comparsa depositata il 7 maggio 2024 si è costituito l'I.N.P.S., eccependo preliminarmente l'intervenuta prescrizione del diritto azionato, citando conforme giurisprudenza della Suprema Corte di cassazione. L'Ente Previdenziale ha considerato, inoltre, che il ricorrente era tuttora in servizio e che non aveva addotto alcun fatto, dal quale far discendere la conoscenza "diretta" dell'esposizione all'amianto durante il periodo di lavoro, e che tale conoscenza non era certo desumibile dalla dichiarazione allegata del Ministero della Difesa del 23.11.2009 ed in ogni caso il termine di prescrizione sarebbe già decorso. Nel merito, per scrupolo difensivo, l'Istituto insta per la reiezione del ricorso per indeterminatezza della domanda e per la mancata allegazione dei fatti e delle circostanze (prestazioni lavorative, mansioni e luoghi di lavoro) che avrebbero determinato l'esposizione qualificata all'amianto. Al riguardo, viene indicato un caso, ritenuto analogo al presente, ove questa Sezione aveva respinto il gravame in considerazione della mancata prova dell'esposizione all'amianto e della assenza di chiarezza sulle circostanze in cui l'esposizione sarebbe avvenuta, in cui era stato affermato che: "Né la carenza dell'impianto probatorio potrebbe essere compensata tramite consulenza tecnica d'ufficio, stante il principio della domanda e di disponibilità delle fonti di prova. La C.T.U. è, infatti, non è una prova vera e propria (cfr. Cass. n. 996/1999), bensì un mezzo istruttorio, nonché uno strumento di valutazione di fatti già acquisiti altrimenti (Cass. n. 3351/1987). Come già rilevato anche dalla giurisprudenza di questa corte (Sez. Giur. Calabria, n. 14/2022), la C.T.U. non può essere utilizzata per esonerare la parte dal fornire la prova di quei fatti che, in base ai principi che regolano l'onere della prova, deve dimostrare il soggetto che fa valere la pretesa (cfr., altresì, Cass., n. 4755/1999). (sent. 30/2022); del pari, è stata citata anche la sentenza n. 13/2023 con cui era stata respinta analoga domanda sempre sul presupposto dell'indeterminatezza della domanda. Per tali motivi, l'I.N.P.S. concludeva chiedendo di respingere il ricorso e dichiarare l'intervenuta prescrizione del diritto, con vittoria di spese.

5. All'udienza pubblica del 28 giugno 2024, l'Avv. Truppa si è riportato al ricorso introduttivo, contestando l'eccezione di prescrizione sollevata dall'I.N.P.S. e rimarcando che, in materia di imprescrittibilità, si era pronunciata recentemente anche la Suprema Corte in riferimento alle vittime del dovere. Ha concluso insistendo come in atti per l'accoglimento del ricorso o, in subordine, per l'ammissione di una eventuale CTU tecnica. Successivamente è intervenuta l'Avv. Astegiano, che ha confermato le conclusioni depositate, chiedendo l'estromissione dal giudizio dell'I.N.A.I.L. in quanto carente di legittimazione passiva nella sua qualità esclusivamente di organo tecnico nell'ambito dell'istruttoria. Nel merito, ha rilevato che l'esposizione all'amianto riconosciuta al ricorrente nella specie non avrebbe in ogni caso coperto il periodo necessario ex lege ad ottenere il beneficio.

Ricevuta la parola, l'Avv. Sanguineti per l'I.N.P.S. preliminarmente ha eccepito la prescrizione del diritto, riportandosi alla memoria depositata e concluso come in atti, per il rigetto del ricorso in quanto infondato.

All'esito della discussione la causa, ritenuta matura, è stata posta in decisione, dando lettura del dispositivo ai sensi dell'articolo 167, co. 1, c.g.c..

 

Diritto
 

1. Il presente giudizio verte sulla sussistenza o meno in capo al ricorrente del diritto alla rivalutazione contributiva ai sensi dell'art. 13, comma 8, della L. n. 257 del 1992, con l'originario coefficiente di 1,50, dovendo questo Giudice farsi carico di esaminare, in via preliminare, l'eccezione, avanzata dall'I.N.P.S., di prescrizione estintiva decennale del diritto al beneficio.

2. In via pregiudiziale, va respinta l'eccezione sollevata dal Ministero della Difesa che ha chiesto la propria estromissione dal giudizio per carenza di legittimazione passiva, essendo l'I.N.A.I.L. competente all'accertamento ed alla certificazione dell'esposizione all'amianto, secondo parametri normativamente fissati e l'I.N.P.S. l'erogatore del trattamento pensionistico e, eventualmente, del beneficio richiesto.

Infatti, l'Amministrazione ministeriale resistente ha pacifica legittimazione processuale sulle vicende di servizio che possano aver comportato o favorito l'esposizione qualificata all'amianto ovvero l'insorgenza di patologie asbesto correlate, avendo l'Ente previdenziale legittimazione passiva concorrente, risultando legittimato per legge ad operare la rivalutazione contributiva richiesta (v. Sez. Liguria, 8 giugno 2021, n.104). Peraltro, il militare nella specie risulta ancora essere in servizio, come documentato dal Ministero, che ha anche allegato l'integrale fascicolo amministrativo, risultando il procedimento amministrativo di liquidazione del trattamento pensionistico scandito da numerosi atti endo-procedimentali, di competenza anche dell'Amministrazione datoriale (cfr., ex multis, Sez. App. Sicilia, 21.12.2023, n.73/A).

L'eccezione può essere accolta, di contro, per quanto concerne la posizione dell'I.N.A.I.L., che difetta di legittimazione passiva in quanto la domanda giudiziale destinata a tale Istituto mira unicamente a fornire al lavoratore la prova dell'esposizione all'amianto, mentre la domanda all'I.N.P.S. è necessaria per l'erogazione del beneficio previdenziale, trattandosi dell'Istituto previdenziale detentore della posizione contributiva e pensionistica del lavoratore (cfr., ex multis, Cassazione, Sezione VI, sentenza n. 16938 del 24 luglio 2014).

Risulta noto, infatti, ed è stato già considerato anche da questo Giudice che all'I.N.A.I.L. sono demandati, in via prioritaria, l'accertamento e la documentazione della malattia, nella sua qualità di organo tecnico nell'ambito dell'istruttoria, mentre il periodo di esposizione all'amianto può essere provato dagli interessati anche aliunde, come spesso avviene tramite le risultanze documentali versate in atti e l'espletamento di C.T.U., ricorrendone le condizioni, che ove correttamente condotte ed adeguatamente motivate possano esplicitare e precisare i termini dell'avvenuta esposizione, qualificata o meno (cfr., per tutte, Corte conti, Sez. Liguria, sent. n. 40 del 28 aprile 2022).

3. Preliminarmente, giova rammentare altresì che, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, il giudizio pensionistico non è strutturato quale rimedio giurisdizionale di tipo impugnatorio, dal momento che non resta preordinato all'annullamento degli atti adottati ovvero al vaglio della legittimità o meno dei silenzi serbati dall'Amministrazione, bensì all'accertamento del diritto a pensione, in relazione al rapporto pensionistico.

Esso si sostanzia, infatti, in una cognizione piena sul rapporto pensionistico ordinario e bellico, che si estende a tutte le vicende connesse, dipendenti e consequenziali, nel cui ambito, il Giudice contabile è munito di giurisdizione esclusiva ed in quanto tale, estesa a tutte le questioni inerenti l'an e il quantum della pensione, rimanendo esclusa ogni incidenza in merito a eventuali vizi di legittimità del procedimento e di atti amministrativi, il cui potere di annullamento segue gli ordinari criteri di riparto della giurisdizione (cfr. ex multis Sez. I d'App., sent. n. 387 del 29 settembre 2017 e Cass. civ. Sez. un., ord. n. 7958 del 20 aprile 2015 e sent. 13 maggio 2021, n. 12903).

Coerente sviluppo di tale premessa è che i vizi afferenti a pretese violazioni procedimentali o provvedimentali non possano assumere autonoma rilevanza ai fini della decisione della causa a meno che non incidano, direttamente o indirettamente, in ordine all'an o al quantum del diritto a pensione (artt. 13 e 62 R.D. n. 1214 del 12 luglio 1934).

In particolare, nelle controversie pensionistiche relative ai benefici ex art. 13 della L. n. 257 del 1992, le Sezioni Unite della Corte di cassazione civile hanno rilevato che la Corte dei conti ha giurisdizione di merito, in base alla quale accerta e valuta i fatti con gli stessi poteri, anche istruttori, del giudice ordinari, assicurando la tutela piena dei diritti soggettivi ad esso devoluti (cfr. ordinanza 9 gennaio 2008, n. 171).

4. Occorre, inoltre, delineare il quadro normativo in relazione al beneficio invocato. La L. 27 marzo 1992, n. 257, recante "Norme relative alla cessazione dell'impiego dell'amianto", infatti, ha previsto interventi di sostegno alle imprese e ai lavoratori, a condizione che gli stessi fossero ancora in servizio attivo all'epoca d'entrata in vigore di tale normativa (28.04.1992). In particolare, all'art. 13, comma 8, come modificato dal D.L. 5 giugno 1993, n. 169, convertito in L. 4 agosto 1993, n. 271, ha statuito che: "per i lavoratori che siano stati esposti all'amianto per un periodo superiore a dieci anni, l'intero periodo lavorativo soggetto all'assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali derivanti dall'esposizione all'amianto, gestita dall'I.N.A.I.L., è moltiplicato, ai fini delle prestazioni pensionistiche, per il coefficiente di 1,5". L'art. 18, comma 8, della L. 31 luglio 2002, n. 179, ha precisato che: "Le certificazioni rilasciate o che saranno rilasciate dall'I.N.A.I.L. sulla base degli atti d'indirizzo emanati sulla materia dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali antecedentemente alla data di entrata in vigore della presente legge sono valide ai fini del conseguimento dei benefici previdenziali previsti dall'articolo 13, comma 8, della L. 27 marzo 1992, n. 257, e successive modificazioni".

La disciplina suddetta è stata, in seguito, modificata dall'art. 47 del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, convertito con modificazioni nella L. 24 novembre 2003, n. 326, che ha stabilito: a) la riduzione, a decorrere dal 1 ottobre 2003, del coefficiente moltiplicatore di cui al citato art. 13, comma 8, della L. n. 257 del 1992, da 1,5 a 1,25, disponendo l'applicabilità del medesimo ai soli fini della determinazione dell'importo delle prestazioni pensionistiche e non anche della maturazione del diritto di accesso alle stesse (comma 1); b) l'individuazione come beneficiari dei lavoratori, anche non coperti da assicurazione I.N.A.I.L., solo in caso di esposizione all'amianto per un periodo non inferiore a dieci anni, in concentrazione media annua non inferiore a 100 fibre/litro come valore medio su otto ore al giorno, limiti non applicabili ai soggetti per i quali sia stata accertata una malattia professionale (comma 3), introducendo, altresì, la necessità della certificazione rilasciata dall'I.N.A.I.L. circa "La sussistenza e la durata dell'esposizione all'amianto" (comma 4) e prevedendo un termine di 180 giorni dalla pubblicazione del regolamento attuativo per la presentazione della richiesta di certificato all'I.N.A.I.L. (comma 5); c) la salvezza delle previgenti disposizioni per i lavoratori che avessero già maturato, alla data di entrata in vigore del decreto, il diritto al trattamento pensionistico, nonché per i lavoratori che fruissero di trattamenti di mobilità, ovvero che avessero definito la risoluzione del rapporto di lavoro in relazione alla domanda di pensionamento (comma 6-bis).

In seguito, la L. 24 dicembre 2003, n. 350, all'art. 3, comma 132, emanata nelle more dell'adozione del decreto ministeriale attuativo dell'art. 47 D.L. 30 settembre 2003, n. 269 cit. (comma 6), ha fatto salve le disposizioni previgenti specificando che: "in favore dei lavoratori che abbiano già maturato, alla data del 2 ottobre 2003, il diritto al conseguimento dei benefici previdenziali di cui all'articolo 13, comma 8, della L. 27 marzo 1992, n. 257, e successive modificazioni, sono fatte salve le disposizioni previgenti alla medesima data del 2 ottobre 2003. La disposizione di cui al primo periodo si applica anche a coloro che hanno avanzato domanda di riconoscimento all'I.N.A.I.L. o che ottengono sentenze favorevoli per cause avviate entro la stessa data. Restano valide le certificazioni già rilasciate dall'I.N.A.I.L.".

Nondimeno, il decreto 27 ottobre 2004 del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali di concerto con il Ministro dell'Economia e delle Finanze (in Gazzetta Ufficiale n. 295 del 17.12.2004), ha dettato le specifiche modalità di attuazione delle disposizioni recate dal D.L. n. 269 del 2003 e dei vincoli sostanziali, temporali e procedurali, dal medesimo imposti, per la presentazione della relativa domanda. In particolare, l'art. 1, comma 2, del suddetto d.m. ha disposto che: "ai lavoratori che sono stati esposti all'amianto per periodi lavorativi soggetti all'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, gestita dall'INAIL, che abbiano già maturato, alla data del 2 ottobre 2003, il diritto al conseguimento dei benefìci previdenziali di cui all'art. 13, comma 8, della L. 27 marzo 1992, n. 257, e successive modificazioni, si applica la disciplina previgente alla medesima data, fermo restando, qualora non abbiano già provveduto, l'obbligo di presentazione della domanda di cui all'art. 3 entro il termine di 180 giorni, a pena di decadenza, dalla data di entrata in vigore del presente decreto." (quindi, entro il 15 giugno 2005).

5. Il ricorrente agisce in giudizio per il riconoscimento dell'esposizione all'amianto per il periodo 1991-2003, durante il quale era stato imbarcato su navi militari. Ricostruito il generale quadro di riferimento normativo, quanto all'eccezione di prescrizione sollevata dall'Istituto previdenziale, la medesima si appalesa fondata e senz'altro meritevole di accoglimento, conformemente all'uniforme giurisprudenza di questa Sezione (ex multis, cfr. Sez. Liguria, sentt. n. 75 dell'8.10.2020 e 104 del 23.11.2020; n 3 del 14.01.2021; n. 172 del 21.09.2021 e n. 231 del 23.12.2021; cfr. anche, precedentemente, sent. nn. 138 e 151 del 2018, nn. 78 e 166 del 2019, con i richiami alla giurisprudenza di legittimità e di questa Corte nelle medesime pronunce citati).

La tesi dell'Ente previdenziale, infatti, trova fondamento in quel condivisibile ed ormai consolidato orientamento della Corte di cassazione, secondo cui ciò che si fa valere con le domande di riconoscimento dei benefici derivanti dall'esposizione all'amianto "non è il diritto al ricalcolo della prestazione pensionistica, ovvero alla rivalutazione dell'ammontare dei singoli ratei erroneamente (o ingiustamente) liquidati in sede di determinazione amministrativa, bensì il diritto a un beneficio che, seppure previsto dalla legge "ai fini pensionistici" e ad essi, quindi, strumentale, è dotato di una sua specifica individualità e autonomia, opera sulla contribuzione ed è ancorato a presupposti propri e distinti da quelli in presenza dei quali era sorto (o sarebbe sorto) - in base ai criteri ordinari - il diritto al trattamento pensionistico (v., con ampia motivazione cui si rinvia, Cass. n. 15008/2005)." (Cass., Sez. VI, nn. 2852 e 2856 del 2 febbraio 2017; e, ancora, cfr. ex multis Cass., Sez. lav., 19 maggio 2008, n. 12685, nonché Cass., Sez. lav., 13 giugno 2012, n. 13578 e 3 febbraio 2012, n. 1629; Cass. ord. 4 aprile 2014, n. 7934; Cass., Sez. VI, n. 10980 del 27 maggio 2015 ed i precedenti ivi citati; Corte conti, Sez. I Giur. Centr. App., n. 132/2018; Sez. II Giur. Centr. App., n. 407/2018; Sez. Lombardia, n. 78/2017; Sez. Veneto, n. 207/2016; Sez. Liguria, nn. 172 e 231/2021 cit.). Come hanno rimarcato i citati precedenti di Sezione, alle cui motivazioni ci si riporta, "i versamenti che costituiscono la posizione contributiva del lavoratore per effetto del rapporto di lavoro e la maggiore valorizzazione di parte degli stessi per effetto dell'esposizione all'amianto, incidono entrambi sulla medesima prestazione pensionistica, ma rappresentano situazioni contributive con caratteristiche e presupposti totalmente differenti. I primi sono, infatti, soggetti alla regola dell'automatismo e vanno accreditati in virtù del rapporto assicurativo con l'istituto previdenziale, senza che occorra alcun procedimento specifico né alcuna domanda del lavoratore, mentre la valorizzazione della situazione contributiva per effetto dell'esposizione all'amianto non è conseguente ad alcun automatismo, essendo subordinata ad una specifica richiesta dell'interessato e all'accertamento del presupposto dell'esposizione qualificata, attraverso uno specifico e complesso procedimento. Trattandosi di un diritto legato a presupposti totalmente differenti rispetto a quelli che normalmente danno luogo alla liquidazione della pensione, la rivalutazione contributiva prevista dall'art. 13, co. 8, della L. n. 257 del 1992 assume connotazioni di autonomia tali da consentire una tutela anticipata rispetto al momento del collocamento in pensione. (Cass. n. 2351/2015; cfr. Cass. n. 1629/2012; id. n. 11400/2012; id. n. 14531/2012; id. n. 14472/2012; id. n. 20031 e 20032 del 2012; id. n. 27148/2013; id. n. 4778/2014) e, come tutti i diritti, si può estinguere per l'inerzia del titolare protratta per il periodo previsto dalla legge...". (Sez. Liguria, sent. n. 138 del 24 aprile 2018, cit.).

Invero, la Corte di Cassazione ha qualificato "il beneficio della rivalutazione contributiva della posizione assicurativa come un diritto autonomo rispetto al diritto a pensione (solo questo primario ed intangibile - Cass., SU, 9219/2003) che sorge in conseguenza del "fatto" della esposizione ad amianto e determina una maggiorazione pensionistica avente in un certo qual modo natura risarcitoria, e ciò perché nel sistema assicurativo previdenziale la posizione assicurativa, nonostante la sua indubbia strumentalità, "costituisce una situazione giuridica dotata di una sua precisa individualità", potendo spiegare effetti molteplici, anche successivamente alla data del pensionamento, e costituire oggetto di autonomo accertamento. Non si è in presenza di una prestazione previdenziale a sé stante ovvero di una pretesa all'esatto adempimento di una prestazione previdenziale (pensione) riconosciuta solo in parte, ma di una situazione giuridica ricollegabile ad un "fatto" in relazione al quale viene ad essere determinato - in via meramente consequenziale -, con la maggiorazione, il contenuto del diritto alla pensione. Il lavoratore, laddove abbia la consapevolezza della esposizione ad amianto, può, a prescindere dalla questione se sia o meno pensionato e da quando, agire in giudizio, previa domanda amministrativa, per far valere il suo autonomo diritto, non, dunque, per rivendicare una componente essenziale del credito previdenziale da liquidarsi ovvero già liquidato (parzialmente), bensì per chiedere qualcosa di nuovo e di autonomo." (Cass., n. 2852/2017 cit.).

Di conseguenza, diversamente dal diritto alla pensione, che è il solo primario ed intangibile (Cass., sez. un., 10 giugno 2003, n. 9219), l'azione diretta al riconoscimento del beneficio contributivo non può dirsi imprescrittibile, "stanti i vincoli sostanziali, temporali e procedurali posti dalla legislazione in materia" (Cass., Sez. lav., 3 febbraio 2012, n. 1629).

Su tali premesse, la Suprema Corte ha ormai ripetutamente dichiarato che la prescrizione è suscettibile di estinguere definitivamente non solo i singoli ratei di maggiorazione pensionistica, bensì il diritto stesso alla rivalutazione (così Cass., Sez. lav., 9 febbraio 2015, n. 2351; 12 febbraio 2015, n. 2773 e 27 maggio 2015, n. 10980; 15 settembre 2020, n. 19236; 30 novembre 2022, n. 35230). In merito a tale profilo, i Giudici di legittimità hanno, infatti, eloquentemente osservato che: "proprio perché vi è differenza tra diritto alla rivalutazione contributiva e diritto alla pensione nonché diritto ai singoli ratei, la prescrizione del diritto alla rivalutazione è definitiva e non può incidere solo sui singoli ratei (di maggiorazione)". (Cass., n. 2852/2017 cit.).

Pertanto, poiché costituisce un diritto legato a presupposti radicalmente diversi rispetto a quelli che ordinariamente sfociano nella liquidazione della pensione, la rivalutazione contributiva prevista dall'art. 13 della L. n. 257 del 1992 assume connotazioni di autonomia, sia nel caso previsto dal suo comma 7 (contrazione di patologia), sia in quello di cui al successivo comma 8 (esposizione qualificata) oggetto della domanda e soggiace ad estinzione per l'inerzia del titolare protratta per il periodo previsto dalla legge che, nel caso di specie, per costante indirizzo anche di questa Corte oltre che della giurisprudenza di legittimità, è quello ordinario decennale (art. 2946 c.c.).

In proposito, appare inconferente il rifermento del patrocinio attoreo verosimilmente all'ordinanza della Corte di legittimità n. 3868 dell'8 febbraio 2023, perché nella (diversa) materia delle elargizioni alle vittime del dovere si discute non già del riconoscimento di un diritto, bensì di uno status.

6. Quanto al dies a quo dell'indicato termine decennale, alla luce di ciò che dispone l'art. 2935 c.c., la prescrizione "inizia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere".

Invero, la situazione giuridica fatta valere con la domanda amministrativa all'I.N.P.S. si ricollega a fatti storici, quali l'esposizione all'amianto e la sua durata, conosciuti solo dall'interessato, relativamente a cui viene a determinarsi il contenuto del diritto alla maggiorazione.

Pertanto, pacificamente l'onere di portare a conoscenza dell'Ente previdenziale tali circostanze mediante un'apposita domanda amministrativa ed a darne dimostrazione ricade sul soggetto che richieda il riconoscimento del diritto alla rivalutazione contributiva (Cass. n. 11399/2012 cit.). Di conseguenza, il lavoratore può agire in giudizio anche se già pensionato per fare valere l'autonomo diritto alla rivalutazione, "quando abbia consapevolezza dell'esposizione all'amianto" (Cass., 10980/2015, cit.).

Come rimarcato anche dall'Istituto previdenziale e diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente, la Corte di cassazione ha individuato, quale termine ultimo per la consapevolezza dell'esposizione, il momento del pensionamento, posto che tale consapevolezza è ravvisabile, però, anche prima del pensionamento, con particolare riferimento al momento in cui il lavoratore presenta domanda amministrativa all'I.N.A.I.L. per il riconoscimento dell'esposizione all'amianto (Cass. nn. 2852 e 2856/2017 cit.; Cass. n. 2351 del 09.02.2015 e Cass, Sez. lav., n.19236 del 15.09.2020 e n. 35230 del 30.11.2022).

Altro orientamento giurisprudenziale della magistratura contabile, invero, ha ritenuto che la decorrenza del termine prescrizionale debba essere individuata nella data di cessazione dall'esposizione all'amianto (Sez. Lombardia, n. 227 del 22.12.2016 e nn. 10, 78 del 2017; Sez. Liguria, n. 151/2018 e n. 166/2019; Sez. Veneto, n. 42/2016), la quale non può, naturalmente, essere posteriore alla cessazione dal servizio, facendo decorrere l'esordio della prescrizione, esclusivamente in assenza di ulteriori qualificanti elementi, nella specie esistenti, comunque dal collocamento a riposo.

Ulteriore indirizzo giuscontabile valorizza, a tal fine, anche il ruolo della normativa sopravvenuta, quale presupposto per l'ammissione ai benefici previdenziali, considerando che la L. n. 257 del 1992 è stata modificata e specificata nei parametri, presupposti, procedure di accertamento ed effetti, proprio con la citata L. 24 novembre 2003, n. 326 e relativo decreto di attuazione (D.M. 27 ottobre 2004), restando rinvenibili nei vincoli sostanziali, temporali e procedurali imposti dal legislatore della novella le prove del carattere sostanzialmente costitutivo del procedimento amministrativo e dell'azione in giudizio per il riconoscimento del beneficio (Sez. Lombardia, n. 114 del 12.07.2017 e giur. cit.). Ebbene, nel caso di specie, la certificazione I.N.A.I.L. rilasciata in data 4 marzo 2019 riporta quale data di cessazione dall'esposizione all'amianto il 31 dicembre 1995 e, a tutto concedere, risulta anche incontestato e per tabulas dalla medesima certificazione I.N.A.I.L., prodotta in atti, la data di presentazione della relativa domanda, risalente alla data del 29 aprile 2005.

Tale certificazione, in particolare, ha previsto il riconoscimento dell'esposizione del ricorrente esclusivamente per il tempo d'imbarco sulla Nave Ardito, a far tempo dal 01.09.1994 al 31.12.1995 (indicata dal medesimo I.N.A.I. L. quale "data massima fornita dai pareri tecnici per il riconoscimento dell'esposizione amianto", specificando che "per quanto riguarda le navi Milazzo e Termoli, i pareri tecnici non prevedevano un riconoscimento").

D'altra parte, se è vero che il termine di prescrizione decorre dal momento in cui può essere fatto valere il diritto (art. 2935 c.c.) e che tale termine, secondo l'insegnamento della Corte di cassazione e delle stesse Sezioni d'Appello della Corte (cfr. Sez. III Centr., sent. 151 del 6 aprile 2022, Sez. I Centr., sent. n. 14 del 13 gennaio 2021, Sez. II Centr. sent. 36 del 13 febbraio 2020), decorre dalla "consapevolezza" dell'esposizione, è stato anche già considerato che, "il verificarsi del presupposto soggettivo della conoscenza o della conoscibilità dell'esposizione ad amianto è suscettibile di essere dimostrato attraverso il ragionamento presuntivo di cui agli artt. 2727 e 2729 del Codice Civile (Cass. Sez.VI, Ord. N. 486/2021, Cass. Sez. Lav., sent. 29635/2028).", cfr. in tal senso anche Corte conti, Sez. Toscana, sent. 389 del 13 dicembre 2022).

Ebbene, in disparte la contestazione del mancato rilascio della richiamata certificazione, evidenza contraddetta dagli atti di causa, va considerato che il ricorrente è tuttora in servizio e non ha allegato proprie domande o specificato gli elementi dai quali far discendere la conoscenza dell'esposizione all'amianto durante il periodo di lavoro, per cui nella specie tale conoscenza va ancorata all'istanza dallo stesso rivolta all'I.N.A.I.L. (risalente al 29 aprile 2005, versata in atti dalle Amministrazioni resistenti e comunque indicata nella medesima certificazione), momento in cui il lavoratore ha dimostrato di conoscere la sussistenza dei presupposti per ottenere il beneficio e, quindi, l'esposizione qualificata all'amianto, avendone richiesto l'accertamento con la formulazione della domanda, conformemente alla prevalente giurisprudenza d'appello di questa Corte (cfr. App. Sez. II, sent. n. 107 del 29.01.2016 e n. 735 del 14.07.2016). Al riguardo, occorre considerare che la "consapevolezza" rilevante ai fini dell'esercizio del diritto, attiene ad uno stato di fatto qual è l'avvenuta esposizione alle polveri d'amianto e non certo alla "qualificazione giuridica" di tale esposizione, quale presupposto normativo per il riconoscimento degli invocati benefici di legge, essendo evidente che la "certezza" di averne diritto implichi un quid pluris rispetto alla mera consapevolezza, non richiesto, ai fini dell'esercizio del diritto (v. Sez. II Centr. App., sent. 36 del 13 febbraio 2020).

Invero, il Giudice d'appello ha anche rilevato che l'eventuale carenza del certificato dell'I.N.A.I.L. non costituisce "un impedimento legale al decorrere della prescrizione ex art. 2935 c.c., in quanto la domanda di riconoscimento del beneficio può essere presentata all'INPS indipendentemente dall'accertamento INAIL". (v. Sez. III Centr., sent. 151 del 6 aprile 2022 e giur. ivi cit.).

In ogni caso, la suddetta domanda presentata all'I.N.A.I.L., pur senz'altro rivelatrice della maturata consapevolezza nell'interessato della relativa esposizione, non può assumere natura di atto interruttivo della prescrizione, poiché si tratta di atto preparatorio non destinato all'Ente previdenziale debitore della prestazione (cfr. Cass., Sez. VI, nn. 2852 e 2856/2017 citt.).

Anche la giurisprudenza contabile, al riguardo, ha avuto modo di chiarire che: "l'atto idoneo ad interrompere la prescrizione non può che essere la domanda rivolta all'INPS, a tal fine non essendo sufficiente la domanda di accertamento di esposizione all'amianto rivolta all'INAIL (....) il cui esito positivo costituisce solo uno dei presupposti necessari per il riconoscimento dei benefici e che non può ritenersi sostituita dall'espressa richiesta degli stessi all'Istituto previdenziale, unico competente all'erogazione, trattandosi di soggetti giuridici diversi, con competenze differenti e di domande aventi contenuti non sovrapponibili (accertamento della sussistenza dei requisiti per l'attribuzione dei benefici, l'una e richiesta dei benefici, l'altra)." (Sez. I, Cent. App., sent. n. 127/2018; Sez. Campania, n. 257/2019 e n. 451/2021; Sez. Lombardia n. 10/2017; Sez. Liguria, nn. 151/2018 e 166/2019 citt.). Invero, neppure potrebbero a tal fine essere considerati il curriculum lavorativo rilasciato del Ministero della Difesa (del 23.11.2009) o l'ulteriore documentazione allegata dal ricorrente relativa al protrarsi di alcune operazioni di bonifica sulle navi militari.

Poiché il ricorrente ha inoltrato diffida legale all'I.N.P.S., unitamente alle altre Amministrazioni costituite (oltre ad alcune email di sollecito rivolte all'I.N.A.I.L. negli anni 2022-2023, volte ad ottenere il "riesame della pratica alla luce della prospettata esposizione ad amianto nel periodo successivo al 31 dicembre 1995"), unico atto che, se tempestivo, sarebbe stato in grado di interrompere il decorso del termine di prescrizione, esclusivamente in data 25 settembre 2023, almeno a quanto risulta versato in atti, ben oltre la scadenza del termine decennale, il diritto a reclamare i benefici di legge a tale data si era sicuramente già prescritto.

Alla luce di quanto precede, prima ancora di valutarne la spettanza, il diritto alla rivalutazione contributiva rivendicato dal ricorrente risulta in ogni caso prescritto e il ricorso in esame deve, pertanto, essere rigettato.

7. Non v'è luogo a provvedere sulle spese di giustizia, avuto riguardo al principio di sostanziale gratuità operante nei giudizi pensionistici, contenuto nell'art. unico della L. 2 aprile 1958, n. 319, nell'art. 10 della L. 11 agosto 1973, n. 533, nonché nell'art. 10 del t.u. 30 maggio 2002, n. 115, cui la giurisprudenza di questa Corte attribuisce carattere di generalità. La definizione del giudizio a seguito della decisione di una questione preliminare di merito consente, ai sensi dell'art. 31, comma 3, c.g.c., la compensazione delle spese di lite.
 


P.Q.M.
 

La Corte dei Conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Liguria, in composizione monocratica, disattesa ogni contraria istanza, azione, deduzione ed eccezione, definitivamente pronunciando, dichiara il difetto di legittimazione passiva dell'I.N.A.I.L. e, conseguentemente, la relativa estromissione dal giudizio. Respinge il ricorso in epigrafe nei termini di cui in motivazione.

Nulla dispone per le spese di giustizia e compensa interamente le spese di lite tra le parti.

Dispone altresì che, a cura della Segreteria, siano svolti gli adempimenti di rito. Ai sensi dell'art. 167, comma 1 c.g.c, fissa il termine di sessanta giorni per il deposito della sentenza.

DECRETO

Il Giudice ravvisati gli estremi per l'applicazione dell'art. 52 del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196 (Codice in materia di protezione dei dati personali), rubricato "Dati identificativi degli interessati", come novellato a seguito del recepimento del Regolamento n. 2016/679 (GDPR) con il D.Lgs. n. 101 del 2018, dispone che, a cura della Segreteria di questa Sezione, venga apposta l'annotazione di cui al comma 3 di detto articolo nel riguardi del ricorrente, eredi ed aventi causa, le cui generalità e gli altri dati identificativi anche indiretti saranno pertanto oscurati e non resi pubblici nelle banche dati ovvero in caso di diffusione, anche via web e con qualsivoglia altra modalità.

Così deciso in Genova, nella camera di consiglio del 28 giugno 2024.

Depositata in Cancelleria il 7 agosto 2024.