Cassazione Penale, Sez. 4, 21 agosto 2024, n. 32796 - Caduta dalla pedana durante la raccolta di rifiuti. Ruolo dell'autista


 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta da:

Dott. CIAMPI Francesco Maria - Presidente

Dott. CALAFIORE Daniela - Consigliere

Dott. CAPPELLO Gabriella - Consigliere

Dott. CIRESE Marina - Relatore

Dott. GIORDANO Bruno - Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

@De.Gi. nato a M il (Omissis);

avverso l'ordinanza del 25/01/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA;

udita la relazione svolta dal Consigliere MARINA CIRESE;

lette le conclusioni del PG.

 

Fatto


1. Con ordinanza del 25 gennaio 2024 la Corte d'Appello di Bologna ha dichiarato inammissibile l'appello proposto da De.Gi. avverso la sentenza del 20.6.2023 del Gup del Tribunale di Reggio Emilia, con la quale lo stesso era stato dichiarato responsabile del delitto di cui agli artt. 113 e 589, comma 2, cod. pen., ritenendo tale atto di impugnazione carente della necessaria specificità dei motivi, quantomeno con riguardo a quella estrinseca, come risulta dal confronto tra l'atto di gravame e la sentenza impugnata.

2. Avverso tale ordinanza l'imputato ha proposto ricorso per cassazione, mediante il difensore di fiducia, che lo ha affidato ad un motivo con cui ha denunciato l'inosservanza di norme stabilite a pena di inammissibilità in particolare gli artt. 581 lett. c) e 591 lett. c) cod. proc. pen.).

Si espone che con il primo motivo di appello, la difesa dell'imputato aveva censurato espressamente la ritenuta certezza del primo Giudice in ordine allo specifico elemento dell'avvenuta disattivazione dei dispositivi ed ha impugnato la sentenza di primo grado, "nella sua letteralità", in un passaggio argomentativo specifico e ritenuto censurabile al fine di una richiesta assolutoria. Sarebbero state pienamente spiegate, cioè, le ragioni giustificative della richiesta assolutoria avanzata nel merito, alla stessa guisa della richiesta di concessione delle circostanze attenuanti generiche.

Tanto premesso, ha affermato l'erroneità della dichiarazione di inammissibilità dell'atto d'appello, che, pur sinteticamente, conteneva l'indicazione delle specifiche ragioni di censura alla sentenza impugnata, e ha quindi concluso chiedendo l'annullamento dell'ordinanza impugnata.

3. Il Procuratore Generale presso la Corte di cassazione ha rassegnato conclusioni scritte con cui ha chiesto il rigetto del ricorso.

 

Diritto


1. Il ricorso è fondato.

Va premesso che l'art. 581, comma 1-bis, cod. proc. pen., introdotto dall'art. 33, co. 1, lett. d) del D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 (c.d. "riforma Cartabia"), sancisce che "l'appello è inammissibile per mancanza di specificità dei motivi quando, per ogni richiesta, non sono enunciati in forma puntuale ed esplicita i rilievi critici in relazione alle ragioni di fatto o di diritto espresse nel provvedimento impugnato, con riferimento ai capi e punti della decisione ai quali si riferisce l'impugnazione".

Il legislatore della riforma ha, dunque, recepito nel testo del codice di rito, quanto già affermato dalle Sezioni unite di questa Corte, che, al pari del ricorso per cassazione, hanno ritenuto inammissibile per difetto di specificità dei motivi l'appello quando non risultano esplicitamente enunciati e argomentati i rilievi critici rispetto alle ragioni di fatto o di diritto poste a fondamento della decisione impugnata, fermo restando che tale onere di specificità, a carico dell'impugnante, è direttamente proporzionale alla specificità con cui le predette ragioni sono state esposte nel provvedimento impugnato (Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, Galtelli, Rv. 268822).

Invero il legislatore, già con la legge 23 giugno 2017, n. 103 aveva recepito nel codice di rito il principio espresso nella sentenza "Galtelli" ribadendo, nel disposto dell'art. 581 cod. proc. pen., la comminatoria della sanzione della inammissibilità dell'impugnazione in caso di inosservanza del requisito della specificità dei motivi; conseguenza processuale peraltro già prevista dal sistema, in forza del richiamo al medesimo art. 581 contenuto nell'art. 591, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., che disciplina in generale l'inammissibilità dell'impugnazione. Con la disposizione introdotta nel 2022, il legislatore ha, tuttavia, imposto all'appellante, oltre "alla enunciazione specifica a pena di inammissibilità" dei motivi già prevista dall'art. 581, comma 1, cod. proc. pen. in relazione a "ogni richiesta", anche l'illustrazione "puntuale ed esplicita" delle censure mosse alla motivazione, in fatto ed in diritto, che sorregge il provvedimento impugnato.

Nella Relazione illustrativa al D.Lgs. n. 152 del 2022 si rileva che "tale enunciazione critica deve svilupparsi per ogni richiesta contenuta nell'atto d'impugnazione e deve riferirsi alle ragioni di fatto o di diritto espresse nel provvedimento impugnato, nell'ambito dei capi e punti della decisione ai quali si riferisce l'impugnazione. Risulta, pertanto, codificato il requisito della specificità c.d. "estrinseca" dei motivi d'impugnazione, coerentemente con la funzione di controllo della sentenza impugnata rivestita dal giudizio di appello". Per effetto di tale modifica normativa, dunque, i motivi d'appello, per essere ammissibili, devono essere connotati dalla specificità "intrinseca" ed "estrinseca" Affinché, dunque, il motivo devoluto possa ritenersi specifico, il ricorrente non deve limitarsi a contestare sic et simpliciter il punto della pronuncia di cui chiede la riforma, ma deve prendere posizione rispetto alla stessa, indicando le ragioni di fatto o di diritto per cui non ne condivide la valutazione, così da porre il Giudice dell'impugnazione nella condizione di individuare i rilievi mossi e di esercitare il proprio sindacato di merito.

2. Ciò premesso, la Corte di merito non ha fatto corretta applicazione dei principi fin qui esposti.

La sentenza pronunciata in data 20.6.2023, all'esito di giudizio abbreviato, di condanna dell'odierno imputato in ordine al reato di cui agli artt. 113 e 589 comma 2 cod. pen. cod. pen. si è fondata, quanto all'elemento oggettivo, sugli accertamenti svolti dagli Ispettori del Servizio di Prevenzione dell'AsI da cui emerge la sussistenza dei profili di addebito individuati nell'imputazione a carico del De.Gi.

In particolare si ricostruiva che in data 10 aprile 2020 l'odierno imputato svolgeva le mansioni di autista per la ditta individuale di autotrasporti B.B. per la raccolta dei rifiuti solidi urbani, contribuendo colposamente con il datore di lavoro alla verificazione del sinistro con esito mortale che avveniva mentre il lavoratore C.C., intento a svolgere le mansioni di raccoglitore dei sacchi di rifiuti solidi urbani non pericolosi, cadeva dalla pedana sinistra dove non doveva sostare. Dagli atti di indagine risultava comprovato che il De.Gi. si era posto alla guida del Mezzo Renault tg. (Omissis), non idoneo all'esecuzione della raccolta, senza effettuare la doverosa segnalazione al datore di lavoro, in violazione dell'art. 20 comma 2, lett. c) ed e) del D.Lgs. n. 81 del 2008 che gli imponeva di utilizzare correttamente il mezzo compattatore e di segnalare al datore di lavoro le deficienze dei mezzi di sicurezza; inoltre lo stesso avrebbe consentito agli addetti alla raccolta dei rifiuti a terra di sostare durante la retromarcia sulle pedane posteriori.

Quanto all'aspetto relativo alla affermata ignoranza da parte dell'imputato in ordine all'avvenuta disattivazione dei dispositivi di sicurezza associati alle pedane, la sentenza di primo grado ha puntualizzato che, oltre a trattarsi di circostanza non provata, in ogni caso, il A.A. quale autista del mezzo, aveva l'obbligo di controllare il suo corretto funzionamento e che di detta disattivazione era anche consapevole dato che l'operazione in retromarcia era svolta con l'ausilio di altro dipendente che gli dava le indicazioni mentre lui seguiva la manovra attraverso lo specchietto retrovisore.

Ebbene nell'atto di appello, la difesa dell'imputato, ha indicato due motivi.

Con il primo ha chiesto l'assoluzione dell'imputato perché il fatto non costituisce reato, ritenendo non provato che il De.Gi. fosse a conoscenza della disattivazione dei dispositivi associati alle pedane, svolgendo una critica alla sentenza impugnata che, ben lungi dall'essere generica, si confronta con il tessuto argomentativo della medesima ed in particolare con uno dei profili ritenuti rilevanti ai fini dell'addebitabilità dell'evento all'odierno imputato. Così anche il secondo motivo, con cui si sollecita il riconoscimento delle attenuanti generiche, adduce elementi positivi a sostegno, confrontandosi con quanto statuito dal primo Giudice.

Dette censure, a giudizio di questo Collegio, non difettano quindi del requisito della specificità estrinseca proprio in quanto si sviluppano attraverso un puntuale confronto con le argomentazioni sviluppate dal primo Giudice a sostegno della ritenuta responsabilità dell'imputato.

3. Ne consegue che l'ordinanza impugnata va annullata con rinvio per il giudizio alla Corte d'Appello di Bologna.

 

P.Q.M.


Annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata e dispone trasmettersi gli atti alla Corte d'Appello di Bologna per il giudizio.
Così deciso il 21 maggio 2024.

Depositato in Cancelleria il 21 agosto 2024.