Cassazione Penale, Sez. 2, 18 settembre 2024, n. 35052 - Sfruttamento continuato di mano d'opera ed estorsione aggravata e continuata ai danni di lavoratori


 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE


Composta da:

Dott. PELLEGRINO Andrea – Presidente

Dott. IMPERIALI Luciano - Relatore

Dott. PARDO Ignazio - Consigliere

Dott. AIELLI Lucia - Consigliere

Dott. ARIOLLI Giovanni - Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA
 


sul ricorso proposto da:

A.A. nato a M il (Omissis)

avverso l'ordinanza del 20/02/2024 del TRIB. LIBERTÀ di ANCONA

udita la relazione svolta dal Consigliere LUCIANO IMPERIALI;

sentite le conclusioni del PG ETTORE PEDICINI, che ha chiesto dichiararsi l'inammissibilità del ricorso.

 

FattoDiritto


1. A.A., a mezzo dei suoi difensori, ha proposto ricorso per cassazione avverso l'ordinanza del Tribunale del riesame di Ancona che il 20/2/2024 ha conferma l'ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa nei suoi confronti dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Pesaro in ordine ai delitti di sfruttamento continuato di mano d'opera di cui all'art. 603-bis commi 1 e 2 cod. pen. e di estorsione aggravata e continuata ai danni di lavoratori.

L'ordinanza impugnata, disattesa l'eccezione difensiva in ordine all'inutilizzabilità delle intercettazioni per difetto dei presupposti di cui all'art. 267 cod. proc. pen. e per la mancanza di motivazione rafforzata del decreto autorizzativo in ordine all'inserimento del captatore informatico, ha riconosciuto la sussistenza della gravità indiziaria in ordine ai reati contestati al A.A., amministratore di fatto delle società Synergy Srl ed Ewargrill di A.A. E C. Snc, sulla base delle dichiarazioni di alcuni lavoratori, ritenute sovrapponibili e reciprocamente riscontrate tra loro, della messaggistica dagli stessi esibita, delle verifiche documentali e degli accertamenti effettuati dalla P.G., anche tramite videosorveglianza predisposta presso alcuni distributori ove prestavano servizio le persone offese, nonché attraverso servizi di osservazione, pedinamento e controllo, che hanno permesso di ricostruire le giornate di alcuni lavoratori.

Sulla base di tali elementi. l'ordinanza ha riconosciuto l'imposizione di turni lavorativi indeterminati nell'orario, senza pause, né permessi, riposi o ferie, in condizioni ritenute "massacranti" anche per un soggetto - B.B. - già sottoposto ad intervento chirurgico al cuore, nonché la corresponsione di salari talvolta dimezzati e comunque non corrispondenti a quelli previsti contrattualmente, ed altresì condizioni alloggiative degradanti e di indigenza nello stesso luogo di lavoro, in locali fatiscenti e privi di sicurezza.

L'organizzazione complessiva delle condotte ha portato il Tribunale a riconoscere un concorso del A.A. nella gestione del personale, effettuata sul posto dalla coindagata C.C., alla luce dei contatti con questa e degli ordini e direttive impartite, ed anche dei contatti diretti con i lavoratori, che lo hanno indicato concordemente come il "(Omissis)", il "(Omissis)" e simili, tanto da richiedere loro l'invio di foto per attestare la presenza sul luogo di lavoro, e da minacciare taluni di essi di tagliar loro la gola e di decurtarne le retribuzioni, o di considerarli assenti, qualora non si fossero dimessi dall'ospedale.

Proprio con specifico riferimento alla minaccia subita da D.D. ed E.E. ove non avessero prestato l'ulteriore attività pretesa, il Tribunale ha riconosciuta la gravità indiziaria anche in ordine al delitto di estorsione.

Con riferimento alle esigenze cautelari, il Tribunale del riesame ha riconosciuto il pericolo di reiterazione delle condotte criminose, riconoscendo a queste un carattere non occasionale, bensì organizzato in modo continuativo e durevole, oltre che con riferimento ai precedenti penali del ricorrente, destinatario altresì di interdittiva antimafia in quanto sulla base delle risultanze di procedimenti penali sarebbe risultato in contatto con pericolosi gruppi camorristici. Sulla base dello stato delle indagini e della vulnerabilità delle fonti dichiarative è stato anche riconosciuto un pericolo attuale e concreto per l'acquisizione delle prove.

2. A sostegno del ricorso, il A.A. ha articolato quattro motivi di impugnazione:

2.1. Violazione di legge con riferimento alla ritenuta utilizzabilità delle intercettazioni effettuate, per la mancanza nel decreto autorizzativo dei requisiti richiesti dagli artt. 266 e ss cod. proc. pen. In particolare, con riferimento all'uso di "captatore informatico", si è rilevato che all'art. 603-bis. cod. pen. non rientra tra quelli contemplati dell'art. 51 commi 3-bis e 3-quater, cod. proc. pen.

2.2. Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla valutazione dei gravi indizi di colpevolezza con riferimento al delitto di cui all'art. 603-bis commi 1 e 2 cod. pen.

2.3. Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al delitto di cui all'art. 629 cod. pen. o, in subordine, con riferimento al mancato assorbimento di questo nel reato di cui all'art. 603-bis cod. pen.

Sotto il primo profilo, si deduce che nessun elemento di valutazione è stato operato in ordine all'assenza di ingiusto profitto che avrebbe dovuto connotare la condotta minatoria per integrare l'estorsione e, in subordine, si insiste sull'esatta coincidenza delle condotte contestate al capo B) con quelle di cui al capo A), nel quale dovrebbero essere assorbite.

2.4. Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla valutazione delle esigenze cautelari: il Tribunale, nel riconoscere il pericolo di reiterazione del reato, non avrebbe considerato il sequestro dei distributori, l'aver operato sul posto la C.C. e non il ricorrente, la scarsa presenza di questo sul territorio e la mancanza di prova di direttive impartite alla C.C. Nessuna condotta concreta, poi, avrebbe rivelato un pericolo di inquinamento probatorio. Meramente assertiva, infine, sarebbe la prognosi di mancato rispetto di misure autocustodiali.

3. Con memoria del 18/7/2024 il difensore del ricorrente, avv. Alfonso Quarto, avvalendosi di procura speciale, ha presentato rinuncia al ricorso, essendo intervenuta nelle more ordinanza di revoca della misura cautelare degli arresti domiciliari, imposta al A.A.

4. Ne consegue l'inammissibilità del ricorso per sopravvenuto difetto di interesse del ricorrente, al quale non può conseguire condanna alle spese processuali o ad altri oneri accessori.

In tema di impugnazioni, infatti, l'inammissibilità del ricorso per cassazione per sopravvenuta carenza di interesse derivante da causa non imputabile al ricorrente comporta che quest'ultimo non possa essere condannato né al pagamento delle spese processuali, né al versamento di una somma in favore della Cassa per le ammende, in quanto il sopraggiunto venir meno del suo interesse alla decisione non configura un'ipotesi di soccombenza (5ez. 4, n. 45618 del 11/11/2021, Rv. 282549; Sez. 3, n. 29593 del 26/05/2021, Rv. 281785).

 

P.Q.M.


Dichiara inammissibile il ricorso.

Così deliberato in camera di consiglio, il 19 luglio 2024.

Depositata in Cancelleria il 18 settembre 2024.