Tribunale di Milano, Sez. Lav., 16 settembre 2024 - Infortunio in itinere della dipendente in smart working


 

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE DI MILANO
Sezione Lavoro
In composizione monocratica, in persona del giudice del lavoro, dott.ssa Rossella Chirieleison, ha emesso la seguente
Sentenza


nella controversia di primo grado iscritta al n. RG 8308/2023, pendente
tra
OMISSIS, elettivamente domiciliata in Milano, Corso Italia n. 8, presso lo studio degli avv.ti Paolo Maria Angelone e Franco Scarpelli, che la rappresentano e difendono giusta procura allegata al ricorso introduttivo
 

ricorrente
 

e
 

INAIL, in persona legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso, giusta procura alle liti allegata alla memoria difensiva, dall’avv. Paola Scalmanini ed elettivamente domiciliato in Milano, Corso Porta Nuova, 19
 

convenuti

 

Oggetto: infortunio in itinere

Conclusioni:
Per la parte ricorrente:

a. accertare e dichiarare che la dott.ssa in data 23 settembre 2020 ha subito un infortunio in occasione di lavoro nonché la sussistenza di postumi invalidanti a carico della stessa tali da determinarne, un’inabilità temporanea di 867 giorni nonché un grado di menomazione permanente dell'integrità psico-fisica pari al 9% o, comunque, il diverso periodo e/o il diverso grado maggiore o minore di menomazione che dovesse risultare in corso di causa e, per l'effetto,
b. condannare INAIL, in persona del legale rappresentante pro tempore, a corrispondere alla ricorrente il conseguente indennizzo in capitale dovuto ai sensi dell’art. 13 D.Lgs. n. 38/2000 e di importo pari a Euro 10.766,46. (ovvero la somma diversa, anche maggiore, ritenuta di giustizia);
c. condannare INAIL, in persona del legale rappresentante pro tempore, a corrispondere alla dott.ssa per il periodo dal 23 settembre 2020 sino alla data dal 10 febbraio 2023, l’importo di Euro 71.519,58 a titolo di indennità giornaliera da inabilità temporanea per infortunio (ovvero la somma diversa ritenuta di giustizia), nonché l’importo di Euro 345,61 a titolo di rimborso delle spese per farmaci e ausili infortunio (ovvero la somma diversa ritenuta di giustizia),
d. per tutte le somme oltre interessi e rivalutazione dalle singole scadenze al saldo;
e. con condanna dell’INAIL, in persona del legale rappresentante pro tempore, al rimborso dei compensi e delle spese, da liquidarsi secondo i criteri di cui al D.M. n. 55/2014 e da distrarsi, ai sensi dell’art. 93 c.p.c., a favore dell’avvocato Paolo M. Angelone, legale anticipatario, nonché al rimborso del contributo unificato.


Per la parte convenuta:
Piaccia al Giudice Ill.mo, contrariis rejectis,
-preliminarmente, dichiarare la carenza di legittimazione passiva dell’INAIL rispetto alle domande ex adverso formulate ed aventi ad oggetto il riconoscimento dell’inabilità temporanea al lavoro e le correlative pretese prestazioni previdenziali;
-nel merito, respingere tutte le domande formulate dalla ricorrente nei confronti di INAIL, in quanto infondate in fatto ed in diritto.
Con vittoria di spese, diritti ed onorari, come per legge.
 

Fatto


La ricorrente ha convenuto in giudizio l’INAIL, deducendo: - di essere dipendente dell’Agenzia delle Accise, Dogane e Monopoli in forza di contratto di lavoro subordinato a tempo pieno e indeterminato sin dal 17 settembre 2012 con la qualifica di Funzionario Doganale Area III/F6; - di avere quale sede di lavoro l'Agenzia delle Dogane - Ufficio - che l’orario di servizio è articolato su 5 giorni lavorativi di 7,12 ore giornaliere dal lunedì al venerdì, nell'ambito degli orari di apertura degli uffici doganali dalle 08:00 alle 18:00; - che a partire dall'11/3/2020, quale misura di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, con nota prot. 3514/RI, era stato attivazione lo “smart working”, con svolgimento della prestazione presso il domicilio, previa indicazione dell'indirizzo personale di posta elettronica e del numero di telefono cellulare ai fini della reperibilità durante l'orario di lavoro e per eventuali comunicazioni urgenti; - di essere stata anch'essa collocata in smart working da tale data, con assegnazione del pc portatile dell'ufficio e abilitazione all'accesso dalla propria abitazione ai sistemi informatici dell'Agenzia tramite collegamento “V-APP” con le stesse credenziali dell'ufficio; - di avere svolto, anche in data 23 settembre 2020, la propria attività in smart working, presso la propria abitazione di , così come stabilito sulla base della programmazione bisettimanale della Sezione Tributi e URP cui era assegnata; - di aver avvertito l'Ufficio con e-mail delle ore 11:38, come da procedura, di quanto segue: “come da nota prot. n. 280220RU del 13 agosto 2020 Del Direttore Generale (linee di indirizzo per l'uniformità dell'azione amministrativa - indicazione operativa per il personale delle pubbliche amministrazioni (lavoro agile)), con la presente comunico che mi assenterò in data odierna dalle 12:15 al fine di poter ritirare mia figlia da scuola. Provvederò ad inviare una mail al mio rientro e recupererò il permesso entro la giornata di oggi”; - di essere, quindi, uscita di casa, alle ore 12:15 del 23 settembre, per andare a “ritirare” la figlia (allora di anni 7) frequentante la scuola primaria , sita in , e distante dall’abitazione della ricorrente circa 1,6 km, percorsi a piedi; - che la figlia, che all’epoca frequenta la classe “2^D” usciva quel giorno alle ore 12:35; - di essere rovinata improvvisamente al suolo, durante il percorso a piedi, alle ore 12.20 – 12.25 circa, provocandosi distorsione piede DX ed escoriazioni al ginocchio SX; - di essersi recata immediatamente al Pronto Soccorso Gaetano Pini – CTO, ove aveva denunciato l’infortunio sul lavoro; - che nonostante il grave trauma subito e l’evidente collegamento con lo svolgimento della prestazione lavorativa, in data 13.3.2021, l'INAIL aveva definito negativamente l’infortunio con la seguente motivazione: “l’infortunio viene definito negativamente in quanto l'infortunio non risulta avvenuto per rischio lavorativo, bensì per il verificarsi di rischio generico incombente su tutti i cittadini e comune ad altre situazioni del vivere quotidiano. Contro il provvedimento può essere avanzata opposizione a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento”; - di avere proposto ricorso contro la definizione negativa della domanda di infortunio; - che il ricorso era stato riscontrato negativamente dall’Istituto in data 18/03/2022 utilizzando identica motivazione del primo rigetto.
Tanto premesso, la ricorrente ha concluso come sopra riportato.
Si è costituito l’INAIL, chiedendo il rigetto del ricorso.
Nel corso del giudizio è stata espletata CTU medico-legale.
Alla udienza del 17.7.2024 la causa è stata decisa come da dispositivo.
 

Diritto


Il ricorso è fondato nei limiti che di seguito si espongono.
1. Pacifico l’evento del 23.9.2020 e la sua dinamica, l’Ente convenuto contesta la sussistenza dei presupposti per l’indennizzabilità dell’infortunio “quantomeno per mancanza della occasione di lavoro”.
L’infortunio in questione, secondo l’INAIL, non sarebbe un infortunio in itinere, ma un infortunio avvenuto mentre il lavoratore godeva di un permesso per motivi personali. Afferma, quindi, che “allorquando il lavoratore chieda e goda di un permesso, ogni legame con l’attività lavorativa cessa, non essendo configurabile alcun percorso necessitato, tantomeno predeterminato o predeterminabile. La fruizione di un permesso di lavoro per motivi personali interrompe ex sé il nesso rispetto all'attività lavorativa, con conseguente non indennizzabilità dell'evento infortunistico verificatosi nel percorso normale per rientrare al lavoro…”
La ricorrente, dal canto suo, ha richiamato una pronuncia della Suprema Corte che ha affermato che l’infortunio in itinere è ricompreso nella tutela Inail anche nell’ipotesi in cui il lavoratore percorra il tragitto in fruizione di un permesso per motivi personali (Cass. ord. n. 18659/2020), aggiungendo che la circolare Inail n. 62 del 18 dicembre 2014 ha chiarito a quali condizioni risultano indennizzabili gli infortuni in itinere occorsi nel tragitto casa-lavoro interrotto o deviato per accompagnare il proprio figlio a scuola.
2. L'art. 2, comma, T.U. n. 1124/1965, nel testo applicabile ratione temporis risultante dalla modifica apportata dall'art. 12, d.lgs. n. 38/2000, prevede che “salvo il caso di interruzione o deviazione del tutto indipendenti dal lavoro o, comunque, non necessitate, l'assicurazione comprende gli infortuni occorsi alle persone assicurate durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello di lavoro”, precisando che “l'interruzione e la deviazione si intendono necessitate quando sono dovute a cause di forza maggiore, ad esigenze essenziali ed improrogabili o all'adempimento di obblighi penalmente rilevanti” e che “l'assicurazione opera anche nel caso di utilizzo del mezzo di trasporto privato, purché necessitato”, mentre “restano [...] esclusi gli infortuni direttamente cagionati dall'abuso di alcolici e di psicofarmaci o dall'uso non terapeutico di stupefacenti ed allucinogeni”, nonché quelli avvenuti nell'ipotesi che il conducente sia “sprovvisto della prescritta abilitazione di guida”.
Con la pronuncia richiamata dalla parte ricorrente (Cass. Sez. L - , Ordinanza n. 18659 del 08/09/2020, Rv. 658842 - 01), la Suprema Corte ha affermato esplicitamente che in tema di infortunio "in itinere", la tutela assicurativa copre i sinistri verificatisi nel normale percorso abitazione-luogo di lavoro anche in caso di fruizione da parte del lavoratore di un permesso per motivi personali.
Le argomentazioni a fondamento della decisione citata sono del tutto condivisibili e si riportano qui di seguito anche ai sensi dell’art. 118 disp. att. c.p.c.:
“questa Corte ha avuto modo di chiarire che essa amplia la tutela assicurativa a qualsiasi infortunio verificatosi lungo il percorso da casa al luogo di lavoro, escludendo qualsiasi rilevanza all'entità del rischio o alla tipologia della specifica attività lavorativa cui l'infortunato sia addetto e tutelando piuttosto il rischio generico (connesso al compimento del c.d. percorso normale tra abitazione e luogo di lavoro) cui soggiace qualsiasi persona che lavori, restando per conseguenza confinato il c.d. rischio elettivo a tutto ciò che sia dovuto piuttosto ad una scelta arbitraria del lavoratore, il quale crei ed affronti volutamente, in base a ragioni o ad impulsi personali, una situazione diversa da quella legata al c.d. percorso normale, ponendo così in essere una condotta interruttiva di ogni nesso tra lavoro rischio ed evento (così Cass. n. 7313 del 2016, in motivazione);
… alla stregua dell'anzidetta interpretazione, può concludersi nel senso che la sussistenza di un rapporto finalistico tra il c.d. percorso normale e l'attività lavorativa è sufficiente a garantire la tutela antinfortunistica;
…ciò posto, non può condividersi l'affermazione contenuta nella sentenza impugnata secondo cui la fruizione di un permesso di lavoro per motivi personali interromperebbe ex se il nesso rispetto all'attività lavorativa, con conseguente non indennizzabilità dell'evento infortunistico verificatosi nel percorso normale per rientrare al lavoro, atteso che il permesso costituisce una fattispecie di sospensione dell'attività lavorativa nell'interesse del lavoratore che ontologicamente non è differente dalle pause o dai riposi, differenziandosi da questi ultimi soltanto per il suo carattere occasionale ed eventuale a fronte del connotato di periodicità e prevedibilità che è tipico degli altri, e non potendo logicamente sostenersi che il lavoratore che si allontani dall'azienda e/o vi faccia ritorno in relazione alla necessità di fruire del riposo giornaliero non sia tutelato «durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello di lavoro», giusta la lettera dell'art. 2, comma 30 , T.U. n. 1124/1965, cit.”
Il lavoratore, secondo la Suprema Corte, è quindi tutelato tutte le volte in cui si allontani dall’azienda e vi faccia ritorno in occasione della sospensione dell’attività lavorativa dovuta a pause, riposi e permessi; ciò sul presupposto dell’identità ontologica delle tipologie di sospensione lavorativa indicate e della non configurabilità di un vuoto di tutela ogni volta in cui, per fruire di diritti connessi alla esecuzione della prestazione lavorativa, il lavoratore si allontani dalla sede aziendale.

Va, in proposito, considerato che i permessi retribuiti sono riconosciuti dall’ordinamento in ipotesi tassative, previste dalla legge o dai contratti collettivi, per le quali l’ordinamento ha operato un bilanciamento di interessi, sancendo la preminenza di specifici interessi costituzionalmente garantiti del lavoratore nei confronti dell’interesse del datore di lavoro alla continuità produttiva.
Basti pensare ai permessi per l’assistenza ai disabili, ai permessi e congedi per ragioni familiari, ai permessi per motivi di studio, per visite mediche, ecc.
I periodi di permesso retribuito consentono, quindi, il godimento di diritti costituzionalmente garantiti, costituendo una delle forme mediante le quali è data attuazione ai principi costituzionali di solidarietà sociale ed uguaglianza.
La sospensione dell’attività lavorativa non dipende, quindi, da scelte voluttuarie del dipendente, ma è di volta in volta giustificata da ragioni connesse all’esercizio di diritti personali del lavoratore che altrimenti verrebbero sacrificati.
Nell’ottica di tale contemperamento di interessi non può, pertanto, sostenersi che il lavoratore, mentre esercita un diritto alla sospensione dell’attività lavorativa riconosciuto dalla legge per le ragioni sopra evidenziate, non sia tutelato durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di lavoro.
Non può, in altre parole, dirsi che “la fruizione di un permesso di lavoro per motivi personali interrompe ex sé il nesso rispetto all'attività lavorativa”: ciò proprio in considerazione del fatto che la sospensione dell’attività lavorativa in questione trova copertura nelle norme dell’ordinamento lavoristico a mezzo delle quali il Legislatore ha di volta in volta operato il contemperamento citato e che concorrono a regolamentare il rapporto a tutela dei diritti del lavoratore come persona.
Per tali ragioni la tesi dell’Inail non può essere condivisa.
Nel caso di specie il permesso è stato chiesto dalla ricorrente al fine di andare a prendere la propria figlia minore a scuola (doc. 3, fascicolo parte ricorrente): la temporanea sospensione dell’attività lavorativa si ricollega, quindi, all’adempimento dei doveri genitoriali ed è pienamente indennizzabile alla luce di quanto chiarito dalla Suprema Corte e sopra ulteriormente osservato.
Non è contestata, d’altra parte, alcuna anomala deviazione dal percorso indicato in ricorso tra l’abitazione della ricorrente e la scuola.
3. In ordine al quantum, nel corso del giudizio è stata svolta CTU medico-legale sulla persona della ricorrente.
Il CTU, all’esito di accertamenti svolti ritualmente nel contraddittorio delle parti, ha formulato le seguenti valutazioni medico-legali:
“La ricorrente riportava, in data 23.09.2020, un trauma distorsivo di caviglia destra, produttivo di lesioni legamentose, segnatamente del legamento peroneo-astragalico anteriore e peroneo-calcaneale, edema osseo.
Dal punto di vista eziologico, le lesioni dei legamenti che si trovano sulla parte esterna della caviglia sono conseguenza di traumi in “inversione”, vale a dire che derivano dalla rotazione interna dell’asse del piede, con stiramento dei legamenti laterali. Spesso, alla base di questa tipologia di traumi, vi è la deambulazione su superfici irregolari o in presenza di ostacoli.

Quanto descritto rappresenta il meccanismo più comune dei traumi distorsivi di caviglia, ed il legamento peroneo-astragalico anteriore è proprio quello che più di frequente si lesiona. Se la distorsione di caviglia è grave, è anche possibile che si associ l’interessamento contusivo/fratturativo dei capi osteo-cartilaginei coinvolti.
Dal punto di vista clinico è dunque possibile ricondurre le lesioni riportate dalla ricorrente ad una distorsione di caviglia, e la documentazione in atti è coerente nel ricondurre questo tipo di evento alla data del 23 settembre 2020.
Pertanto, sulla base di quanto documentato, le lesioni del legamento peroneo- astragalico anteriore e peroneo-calcaneale di destra, edema osseo, possono ritenersi conseguenza diretta del trauma distorsivo verificatosi in data 23.09.2020.
In occasione della visita consulenziale effettuata dalla scrivente in data 27 marzo 2024 la ricorrente negava la sussistenza di precedenti morbosi rilevanti, così come di aver subito precedenti traumi alla caviglia di destra.
Nemmeno, dalla documentazione sanitaria in atti analizzata, emergono condizioni preesistenti o sopravvenute che possano aver aggravato o modificato l’esito delle lesioni verificatesi.
Perciò non è possibile ritenere che sussistano precedenti morbosi a carico della perizianda o sopravvenienze intercorse rilevanti nel determinismo del quadro attuale.
Ciò posto, nel caso di specie oggi sussiste una limitazione funzionale dell’articolarità di caviglia destra, con persistenza del materiale di sintesi chirurgica.
Con riferimento ai parametri di cui al d. L.vo n.38/2000, possono essere prese a riferimento la voce tabellare 293- Anchilosi della caviglia in posizione favorevole, per cui sono previsti valori di danno biologico pari al 12% e 306- Persistenza di mezzi di sintesi (d.b. fino a 3%). Sono infatti tuttora in sede viti metalliche, una sita nel seno del tarso e una nel corpo del calcagno, posizionate durante l’intervento di ricostruzione legamentosa del luglio 2022.
Si ritiene dunque, con riferimento ai parametri valutativi menzionati, di riconoscere un danno biologico complessivo pari al 8% (otto percento).”
Non risulta che le parti, anche tramite i propri consulenti tecnici, abbiano formulato contestazioni avverso tali conclusioni, che devono ritenersi, quindi, accettate.
Va viceversa preso atto della rinuncia da parte della ricorrente alla domanda relativa alla inabilità temporanea, in adesione alla eccezione formulata sul punto dall’INAIL.
La domanda va, quindi, accolta con riferimento all’indennizzo per il danno biologico, in relazione a quanto accertato dal CTU, per un importo calcolato, in applicazione delle tabelle di cui all’art. 13, d.lgs. 38/2000, in euro € 9.811,86.
4. Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo in considerazione della complessità della causa e dell’attività svolta. Deve darsi atto della correzione dell’errore materiale intervenuta nelle more, integrando il dispositivo con la menzione della distrazione delle spese liquidate in favore dell’avv. Paolo Maria Angelone, legale anticipatario.


PQM
 


Il Tribunale di Milano, in persona del giudice dott.ssa Rossella Chirieleison, definitivamente pronunciando, ogni altra domanda ed istanza disattesa, così provvede:
accerta e dichiara che la ricorrente in data 23 settembre 2020 ha subito un infortunio in occasione di lavoro nonché la sussistenza di postumi invalidanti a carico della stessa tali da determinarne un grado di menomazione permanente dell'integrità psico-fisica pari all’8% e, per l'effetto:
condanna INAIL a corrispondere alla ricorrente il conseguente indennizzo in capitale dovuto ai sensi dell’art. 13 D.Lgs. n. 38/2000 e di importo pari a euro € 9.811,86, nonché la somma di € 345,51 per cure mediche, oltre interessi e rivalutazione monetaria dalle singole scadenze al saldo;
condanna l’INAIL al pagamento in favore della ricorrente delle spese di lite che si liquidano nella somma di € 4.000,00 per compensi, oltre rimborso forfettario ed accessori come per legge;
pone le spese di CTU, liquidate con separato decreto, definitivamente in capo all’INAIL;
fissa il termine di sessanta giorni per il deposito della motivazione.
Così deciso in Milano, il 17/07/2024
Il Giudice del Lavoro Dott.ssa Rossella Chirieleison