Cassazione Penale, Sez. 4, 27 settembre 2024, n. 36126 - Infortunio del lavoratore autonomo durante la movimentazione di una caldaia con transpallet. Mezzi inadeguati e assenza di valutazione del rischio di precipitazione del collo
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta da:
Dott. DI SALVO Emanuele - Presidente
Dott. BELLINI Ugo - Relatore
Dott. CAPPELLO Gabriella - Consigliere
Dott. PEZZELLA Vincenzo - Consigliere
Dott. LAURO Davide – Consigliere
Ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
A.A. nato a L il (Omissis)
avverso la sentenza del 11/09/2023 della CORTE APPELLO di VENEZIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere UGO BELLINI;
Lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore FRANCESCA CERONI, la quale ha chiesto pronunciarsi l'inammissibilità del ricorso.
Lette le conclusioni della difesa del ricorrente, in persona dell'avv.to Gabriele Minniti, la quale insiste nell'accoglimento del ricorso.
Fatto
1. Con sentenza pronunciata in data 11 settembre 2023 la Corte di appello di Venezia ha confermato la decisione del Tribunale di Rovigo che aveva riconosciuto A.A., legale rappresentante della ditta "Astro società cooperativa" addetta alla logistica e al carico delle merci presso la filiale (Omissis) in R, responsabile del reato di lesioni colpose in danno di B.B., lavoratore autonomo il quale, nella movimentazione mediante transpallet di un pesante collo (una caldaia) da caricare all'interno di automezzo, veniva investito sulla gamba dal suddetto carico e riportava lesioni personali, consistite nello schiacciamento dell'arto inferiore con frattura del femore sinistro, oltre alla frattura del piatto tibiale mediale sinistro che comportavano una malattia superiore a giorni quaranta.
2. All'imputato era contestata l'inosservanza di specifiche disposizioni del D.Lgs. 81/2008 e, in particolare, dell'art. 28, comma 2, per omessa valutazione del rischio di infortunio in relazione alle operazioni di carico con transpallet privo di freno a mano con spostamento di merci dal magazzino all'autocarro che, per conformazione dei luoghi, presentava il piano di carico sensibilmente più basso rispetto alla quota di pavimentazione del magazzino; nonché dell'art. 37, comma 1, per avere omesso di provvedere ad una adeguata formazione dei propri dipendenti mediante la partecipazione a corsi specifici in materia di igiene e di sicurezza sul lavoro; e, infine, dell'art. 71, comma 4, in quanto ometteva di assicurarsi che il transpallet venisse utilizzato in conformità alle istruzioni di uso e in particolare a quelle concernenti "gli usi generici su superfici in piano e dure".
Il giudice di appello confermava l'affermazione di responsabilità del prevenuto, ritenendo del tutto coerente la ricostruzione delle fasi del sinistro operata dall'ispettore dello (Omissis) C.C., il quale aveva riconosciuto rilevanza preponderante al gradino esistente tra la quota del magazzino sulla quale la merce era trasferita rispetto alla quota del pianale di carico dell'automezzo, dislivello che avrebbe imposto all'operatore, che aveva assistito nella fase di carico il conducente del mezzo (B.B.), di frenare il movimento del transpallet nel momento in cui il carico doveva essere trasferito sull'automezzo, superando il suddetto gradino; ne era invece seguita l'impuntatura del bancale sul piano del magazzino, prima di essere collocato sulla rampa di carico, con conseguente ribaltamento della caldaia che aveva attinto sulla gamba il B.B., il quale coadiuvava le operazioni di carico all'interno del camion. Implausibile veniva riconosciuta la alternativa ricostruzione indicata dal teste D.D., che aveva collaborato alle operazioni di carico, secondo il quale l'infortunio era dipeso da un malfunzionamento e quindi da una rottura del pianale di carico dell'automezzo, evidenziando, da un lato la scarsa affidabilità del narrato del teste, che aveva reso dichiarazioni contraddittorie e scarsamente veritiere su altre circostanze rilevanti e, dall'altro, che la rottura, ovvero la omessa tenuta del pianale di carico, se realmente verificatisi, avrebbero determinato il ribaltamento del carico in direzione opposta e pertanto verso l'interno e non in avanti, come si era verificato.
Escludeva inoltre il riconoscimento della causa di non punibilità di cui all'art. 131 bis cod. pen., in ragione della gravità del danno provocato e del pericolo di conseguenze ancora più gravi e delle plurime inosservanze alla disciplina sulla sicurezza sul lavoro e, in particolare relative alla formazione dei lavoratori e alla predisposizione di strumenti di lavoro inadeguati (transpallet privo di freni e utilizzato su superficie non consone). Escludeva pertanto che la condotta riparatoria, mediante risarcimento, potesse avere rilevanza dirimente ai fini del beneficio.
3 Avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso per Cassazione la difesa di A.A., la quale ha articolato due motivi di ricorso.
Con il primo motivo deduce manifesta illogicità della motivazione laddove il giudice di appello ha ritenuto profili di colpa specifica a carico del A.A. causalmente connessi all'infortunio, atteso che lo stesso era attribuibile ad un avvenimento del tutto fortuito e che la ipotesi ricostruttiva, abbracciata dai giudici di merito, si poneva in netta contrapposizione con le emergenze processuali e, in particolare, con i contributi dichiarativi della persona offesa e del teste D.D., che avevano riferito quanto effettivamente avvenuto nel corso delle operazioni di carico: essi, unitamente all'altro teste E.E., avevano attribuito la causa del ribaltamento ad una non corretta tenuta della sponda idraulica del camion, che aveva ceduto, determinando la inclinazione e il ribaltamento del carico. Denunciava pertanto un vizio logico nella formulazione del giudizio causale che era stato preceduto da un inadeguato svolgimento del giudizio esplicativo, atteso che la descrizione della dinamica dell'infortunio non poteva ritenersi accertata attraverso una ipotesi di lavoro, peraltro in contrasto con la descrizione operata dai protagonisti; ne conseguiva pertanto la erroneità del giudizio controfattuale con particolare riferimento alla causalità della colpa e all'accertamento di relazione causale tra le inosservanze contestate al A.A. e l'evento dannoso.
3.1 Con una seconda articolazione lamenta violazione di legge e vizio motivazionale con riferimento alla esclusione della causa di non punibilità di cui all'art. 131 bis cod. pen., evidenziando, quanto alla gravità delle conseguenze, che la giurisprudenza di legittimità aveva riconosciuto la piena compatibilità del beneficio con il reato di lesioni personali gravi e, anche in ipotesi di infortuni sul lavoro connessi al mancato rispetto della disciplina antinfortunistica, atteso che la valutazione andava operata in concreto con riferimento ai profili enucleati dall'art. 133 cod. pen. e che nella specie gli stessi giudici di merito avevano implicitamente riconosciuto, con la concessione delle circostanze attenuanti generiche e con l'applicazione della pena pecuniaria, tenuto altresì conto del concorso di colpa della persona offesa, che il fatto era stato caratterizzato da una condotta omissiva di speciale tenuità. Manifestamente illogica doveva poi ritenersi la motivazione della decisione impugnata nella parte in cui aveva ritenuto il risarcimento del danno alla stregua di un post factum neutro, a fronte di giurisprudenza di legittimità che si era formate, a seguito delle modifiche apportate all'art. 131 bis cod. pen. della Riforma Cartabia, tesa a valorizzare anche i comportamenti successivi al reato, che pertanto avrebbero dovuto essere tenuti in considerazione, al pari dell'adeguamento da parte del A.A. alle prescrizioni impartite dall'organo ispettivo con riferimento alle dotazioni di transpallet.
Diritto
1. Il primo motivo di ricorso è infondato, in quanto la motivazione della sentenza impugnata ha correttamente ricostruito la serie causale che ha condotto all'infortunio del B.B., rappresentando come il ribaltamento del carico, condotto con transpallet dall'addetto al magazzino dell'azienda gestita dal ricorrente, era stata la conseguenza della inosservanza da parte dell'imputato degli obblighi cautelari concernenti la formazione del personale e dell'inadeguatezza degli strumenti da questi utilizzati, non attribuendo valore a scenari causali alternativi occasionati dalla rottura accidentale della rampa di carico dell'automezzo, che doveva ricevere il pesante bancale (una caldaia), che era stato trasportato su una superficie posta a quota più alta rispetto al pianale del mezzo di trasporto.
2. Invero il giudizio sulla causalità della colpa presuppone un'attenta verifica, tramite un giudizio controfattuale ipotetico, della valenza impeditiva del comportamento alternativo lecito ovvero, nel caso in specie, se il rispetto della regola cautelare imposta dalla disciplina normativa, ovvero da generali regole di prudenza e diligenza, sarebbe stata in grado di scongiurare, con apprezzabile probabilità, l'evento dannoso (Sez. 4, n. 7783 del 11/02/2016, P.C. in proc. Montaguti, Rv. 266356; n. 34375 del 30/05/2017, Fumarulo, Rv. 270823; n. 9705 del 15/12/2021, Pazzoni Brunello, Rv. 232855). Invero la ricorrenza di un profilo di rimproverabilità in capo all'agente non comporta, in presenza del verificarsi dell'evento, un automatico addebito di responsabilità colposa nei suoi confronti, imponendo il principio di colpevolezza la verifica in concreto sia della sussistenza della violazione - da parte dell'imputato - di una regola cautelare (generica o specifica), sia della prevedibilità ed evitabilità dell'evento dannoso che la regola cautelare violata mira a prevenire (cosiddetta concretizzazione del rischio), sia della sussistenza del nesso causale tra la condotta ascrivibile al garante e l'evento dannoso (sez. 4, n. 5404 del 8/01/2015, PC in proc. Corso ed altri, Rv. 262033; n. 32216 del 20/06/2018, Capobianco e altro, Rv. 273568; n. 21554 del 5/05/2021, Zoccarato, Rv. 281334), risultando di regola esigibile in capo al responsabile di una azienda che cura la logistica per conto di società di spedizione merci, che il proprio personale sia adeguatamente formato sulle modalità esecutive delle operazioni funzionali al carico della merce, quando l'addetto se ne assuma l'onere, ovvero che i mezzi impiegati siano idonei a tal fine, tenuto conto delle superfici di carico rispetto a quelle degli automezzi sui quali deve essere trasferita la merce.
3. Come appare evidente dall'esame delle motivazioni delle decisioni di merito, al di là dell'addebito soggettivo che non ha formato oggetto di motivi di ricorso, i giudici hanno riconosciuto, sulla base di una ricostruzione logica delle sequenze che hanno preceduto l'infortunio, e dopo avere fornito coerente spiegazione delle ragioni per cui non hanno inteso dare credito alla ricostruzione fornita dal testimone D.D., soggetto interessato alla vicenda processuale in quanto era lui che manovrava il transpallet e era risultato inattendibile in relazione ad altre circostanze di fatto (sulla formazione del personale), che il ribaltamento del carico verso il conducente del camion (che si era posto all'interno del mezzo per riceverlo dall'alto), era dipeso da una non corretta operazione del manovratore del transpallet, determinata da una genetica inadeguatezza della macchina (priva di strumenti di frenatura) e dalle caratteristiche della superficie sulla quale era condotto, così che il collo, scaricato dal mezzo, invece di venire trascinato all'interno della rampa del furgone, si era impuntato a terra e si era ribaltato in direzione del conducente, a causa di una differenza di quota tra la superficie del magazzino, ove operava il transpallet, e la rampa di carico del mezzo. I giudici di merito evidenziavano inoltre che, all'esito degli accertamenti condotti dallo (Omissis), non erano emerse anomalie nelle strutture della rampa di carico dell'automezzo, così da non potersi dare alcun credito alla ricostruzione alternativa prospettata dalla difesa del ricorrente, la quale evocava il caso fortuito quale fattore idoneo a neutralizzare la rilevanza causale degli addebiti colpa formulati nei confronti del datore di lavoro.
4. Il ragionamento seguito dai giudici di merito pare applicare in modo corretto i principi in tema di causalità della colpa e, più in generale, le regole del giudizio controfattuale elaborate dalla giurisprudenza del Supremo Collegio in materia di accertamento del rapporto di causalità nei reati omissivi colposi.
Va invero ribadito il principio di diritto secondo il quale in tema di prova, costituisce giudizio di fatto, incensurabile in sede di legittimità, la scelta operata dal giudice, tra le diverse tesi prospettate dal perito e dai consulenti delle parti, di quella che ritiene maggiormente condivisibile, purché la sentenza dia conto, con motivazione accurata e approfondita, delle ragioni di tale scelta, del contenuto dell'opinione disattesa e delle deduzioni contrarie delle parti (Sez. 5, n. 43845 del 14/10/2022, Figliano, Rv. 283807; Sez. 4, n. 45126 del 6/11/2008, Ghisellini, Rv. 241907; n. 15493 del 10/03/2016, B., Rv.266787).
4.1 Quanto all'accertamento del rapporto di causalità, le leggi scientifiche di copertura sono idonee ad individuare la regolarità causale che avvince condotta ed evento ma ad esse deve far seguito l'accertamento che tenga conto di tutte le circostanze del caso concreto idonee ad esprimere una probabilità concreta, volta a corroborare il convincimento del giudice nell'ottica di una valutazione sorretta da probabilità logica e credibilità razionale.
4.1 I giudici di merito hanno puntualmente assolto tale compito, operando una ricostruzione dell'infortunio del tutto coerente con la sequenza delle operazioni di carico e delle caratteristiche dei mezzi impiegati, dopo avere proceduto ad un giudizio esplicativo in cui sono state accertate tutte le premesse fattuali dell'evento, e puntualmente esaminate nella loro valenza logica ed esplicativa, così da pervenire a conclusioni, in punto di causalità materiale, le quali non appaiono collidere neppure con la alternativa ricostruzione proposta dalla difesa dell'imputato, atteso che lo scarico del pesante bancale sul pianale del mezzo di trasporto non avrebbe dovuto essere realizzato con le modalità e le attrezzature sopra descritte, in quanto il rischio di precipitazione del collo sulla persona dell'autista era strettamente connesso alla inadeguatezza dei mezzi impiegati e alla superficie sulla quale il transpallet operava, nonché alla approssimazione della manovra imposta al D.D. per abbassare il pallet e inclinarlo onde superare il dislivello tra superfici poste su quote diverse e, più in generale, all'assenza di una complessiva valutazione di tali rischi da parte del datore di lavoro.
4.2 Giova poi evidenziare come, in tema di causalità, a fronte di una giustificazione causale del tutto logica, la prospettazione di una spiegazione causale alternativa, idonea ad inficiare o a caducare la prima non può essere affidata solo ad una indicazione meramente possibilista ma deve connotarsi, alla stregua delle risultanze processuali, di elementi che la rendano "hic et nunc" concretamente probabile (sez. 4, n. 15558 del 13/02/2008 Maggini, Rv. 239809), considerando altresì che la dipendenza di un evento da una determinata condotta deve essere affermata anche quando le prove raccolte non chiariscano ogni passaggio della concatenazione causale e possano essere configurate sequenze alternative di produzione dell'evento, purché ciascuna tra esse, come nella specie, sia riconducibile all'agente e possa essere esclusa l'incidenza di meccanismi eziologici indipendenti (sez. 4, n. 22147 del 11/02/2016, Morini, Rv. 266858; n. 32216 del 20/06/2018, Capobianco, Rv. 273567).
5. Infondato è altresì il secondo motivo di ricorso. Va invero osservato che, per la configurabilità della causa di esclusione della punibilità prevista dall'art. 131 bis, cod. pen., il giudizio sulla tenuità richiede una valutazione complessiva e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell'art. 133, comma primo, cod. pen., delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell'entità del danno o del pericolo (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266590). A tal fine, non è necessaria la disamina di tutti gli elementi di valutazione previsti, ma è sufficiente l'indicazione di quelli ritenuti rilevanti (Sez. 6, n. 55107 del 08/11/2018, Milone, Rv. 274647).
Poiché tale valutazione va compiuta sulla base dei criteri di cui all'art. 133, comma 1 cod. pen., essa rientra nei poteri discrezionali del giudice di merito e, di conseguenza, non può essere sindacata dalla Corte di legittimità, se non nei limiti della mancanza o della manifesta illogicità della motivazione postavi a sostegno.
La decisione impugnata ha fatto corretta applicazione di quei principi e la relativa motivazione non presenta evidenti discrasie di ordine logico.
La Corte distrettuale, infatti, ha reputato decisivi, ai fini della valutazione del grado di offensività della condotta, la gravità delle lesioni riportate dall'infortunato e pertanto il parametro della non speciale tenuità dell'offesa subita dal soggetto leso e, in particolare, gli addebiti di colpa specifica in capo al ricorrente che, per la loro pluralità e gravità, avevano costituito la premessa di operazioni di carico della merce scorrette e pericolose, potenzialmente latrici di effetti ben più pregiudizievoli di quelli poi in concreto realizzatisi.
Si tratta di elementi indiscutibilmente significativi, rientranti tra i parametri espressamente considerati dall'art. 133 cod. pen. Peraltro, la motivazione sopra sinteticamente riportata risulta del tutto congrua e adeguata anche a seguito delle modifiche all'istituto dell'art. 131 bis cod. pen. apportate dall'art. 1, comma 1, lett. c), n. 1 D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, tenuto conto che l'intervenuto risarcimento del danno e il rispetto delle prescrizioni imposte dall'organo di vigilanza risultano elementi adeguatamente valutati all'atto del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e della modulazione del trattamento sanzionatorio ma, al contempo ritenuti recessivi nella valutazione complessiva richiesta ai giudici di merito in relazione alle modalità della condotta e alla portata offensiva del fatto, ai fini del riconoscimento della causa di non punibilità di cui all'art. 131 bis cod. pen.
6. Conclusivamente il ricorso deve essere rigettato con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 25 giugno 2024.
Depositato in Cancelleria il 27 settembre 2024.