Corte di Appello di Torino, Sez. 4, 18 giugno 2024, n. 3364 - Infortunio mortale durante il taglio degli alberi per la realizzazione di una pista forestale. Nessuna interferenza: assoluzione del coordinatore


 


SENTENZA


nel procedimento a carico di:
A.A. , nato a Omissis, dichiaratamente domiciliato a Boves, via Generale Allasia 15, presso lo studio AS;
difeso di fiducia dagli avv. Nicola MENARDO e Stefania NUBILE del Foro di Torino;
 

IN PRIMO GRADO IMPUTATO
 

in concorso con R.C., separatamente giudicato, in ordine al reato previsto dagli artt. 1 13, 589 commi I e 2 c.p. perché, cooperando tra loro, nelle rispettive qualità di socio amministratore della snc R. MOTER con sede legale in OMISSIS, delegato in via esclusiva a tutte le competenze relative alla normativa antinfortunistica, quanto a R.C. (rogito notaio OMISSIS) e di coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione ed esecuzione del cantiere aperto in frazione San Giacomo del Comune di Boves, per la realizzazione di una pista forestale in località Chiabrero-Creus­ AdretCeresole, quanto ad A.A., la cui designazione era necessaria ai sensi dell'art.90 commi 3 e 4 Dlgs 81/2008 stante la previsione della facoltà di subappalto di cui all'art.43 del capitolato speciale di appalto nel limite del 30% dell'importo totale dei lavori, ed essendo contemplata nello stesso piano di sicurezza e coordinamento la presenza di distinte "imprese da definire in fase di appalto" in relazione all'allegato XV al Dlgs n.81 del 2008, punto 2.1.2. lettera b), per colpa, consistita in imprudenza, negligenza, imperizia ed inosservanza delle norme seguenti:
A) quanto a R.C., delle norme di cui all'art. 2087 c.c. nonché di cui all'art. 17 comma I lett. a) in relazione all'art.28 comma 2 lettere a, b, e, d ed f Dlgs citato e di cui agli artt.18 co. 1 lettera I) -in relazione all'art.37 co. 1 lettera b), 71 co. 7 lettera a), 73 commi I, 2, 3, 77 comma 4 lettera h)-in relazione all'art.5 lette;a a), 18, comma I lettera I) Dlgs citato;
B) quanto ad A.A. , delle norme di cui all'art. 91 comma 1 lettera a) Dlgs 81/2008 e ciò in quanto:
 

A) Il primo ometteva di adottare tutti i provvedimenti tecnici, organizzativi e procedurali necessari, secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, a tutelare l'integrità fisica dei lavoratori adibiti al taglio degli alberi per la realizzazione della pista forestale sopra indicata, e in particolare:
1) ometteva di valutare in modo completo ed adeguato i rischi derivanti dall'abbattimento degli alberi (art.28 comma 2 lettera a), di indicare le misure di prevenzione e protezione attuate e dei dispositivi di protezione individuali adottati, con riferimento alla valutazione dei rischi di cui al punto precedente (art.28 co. 2 lettera b), di individuare le mansioni che esponevano a rischi specifici e che richiedevano perciò una riconosciuta capacità professionale, specifica esperienza, adeguata formazione ed addestramento nei lavori forestali di abbattimento di alberi (art. 28 comma 2 lettera f);
2) forniva in data 31.10.2014 al lavoratore Cl. R. una formazione carente quanto agli obblighi di cui all'art.37 co. 1 lettera b) e non conforme all'accordo Stato-Regioni del 21.11.2001, per contenuti (risulta assente qualsiasi attività di formazione ed addestramento all'uso della motosega e sulle operazioni complesse di abbattimento di alberi) e per orario (corso inferiore alle 16 ore, di cui quattro di formazione generale e dodici di rischio specifico) (art. 18 co. 1 lettera I);
3) ometteva di assicurare al lavoratore Cl. R. una formazione adeguata circa l'uso corretto e l'utilizzo pratico del casco di protezione (DPI di terza categoria) nel corso dei lavori forestali di abbattimento degli alberi 8art.77 co. 4 lettera h);
4) ometteva di richiedere ai lavoratori adibiti al taglio degli alberi per la realizzazione della pista forestale sopra indicata, personalmente o tramite preposti, l'osservanza delle seguenti misure di sicurezza nelle operazioni di abbattimento degli alberi: analisi dell'area di abbattimento, in particolare: verifica delle chiome, onde rilevare la presenza di rami impigliati o secchi; omessa esecuzione di una tacca direzionale sull'albero da abbattere, di medie dimensioni e per di più storto, in modo da garantirne la caduta nella direzione desiderata e di limitare il rischio di rotazione imprevista; utilizzo del casco di protezione da parte del lavoratore Cl. R., che ne era privo al momento dell'infortunio (art.18 comma 1 lettera f);
8) Il secondo prevedeva nel piano di sicurezza e coordinamento di cui all'art. 100 d.lgs n.81 del 2008, relativo al cantiere suddetto, a fronte del rischio di caduta di materiale dall'alto nella fase di lavoro "taglio piante e lo accatastamento lungo il tracciato della strada", misure di prevenzione e protezione tipiche di un cantiere edile, come tali non pertinenti col lavoro di costruzione di una strada forestale e relativo abbattimento di alberi avendo il lavoratore Cl. R. proceduto al taglio a mezzo motosega di una betulla alta 12-15 metri con il tronco ad andamento curvo, senza indossare il casco di protezione e senza che fosse previamente praticata la tacca di abbattimento, ed essendosi staccato un ramo di tale albero durante il suo abbattimento, ramo che, cadendo, colpiva alla testa Cl. R., in tal modo cooperando tra loro, cagionavano a Cl. R. lesioni personali gravissime (fratture plurime della teca cranica, scomposte in sede temporo-parietale-occipitale a destra, con linea di frattura interessante anche l'occipitale a sinistra ed estesa falda ematica subdurale), con conseguente grave stato di compromissione neurologica e traumatologica, ed importante immunodepressione, a cui seguivano infezione encefalica e polmonare e infine shock settico e sindrome da insufficienza multiorgano, dalle quali derivava la morte.
Con l'aggravante di avere commesso il fatto con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro.


In Boves (CN) in data 15 gennaio 2015 (data dell'infortunio) con evento mortale occorso in Savigliano (CN) in data 30 marzo 2015.
 

APPELLANTE
 

il difensore dell'imputato avverso la sentenza del Tribunale di Cuneo del 21 settembre 2018 che così statuiva:
Visti gli artt. 442, 533 e 535 c.p.p.,
 

DICHIARA
 

R.C. e A.A.  colpevoli del reato a loro ascritto e concesse le attenuanti generiche e l'attenuante del risarcimento del danno con giudizio di equivalenza rispetto all'aggravante contestata e la diminuzione per la scelta del rito li
 

CONDANNA
 

alla pena di mesi dieci di reclusione per R.C. e mesi otto di reclusione per A.A., oltre al pagamento delle spese processuali.
Visti gli artt. 163 e 175 c.p.,
 

CONCEDE


agli imputati la sospensione condizionale della pena e la non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale.

 

RICORRENTE IN CASSAZIONE
 

il difensore dell'imputato avverso la sentenza della Corte d'appello di Torino, Sezione terza del 19 novembre 2021 che così statuiva:
Visto l'art. 605 c.p.p.,
conferma la sentenza appellata e condanna gli imputati al pagamento delle spese processuali del grado;
indica in giorni 90 il termine per il deposito della motivazione.

 

SENTENZA DELLA CORTE DI CASSAZIONE IN DATA 23 NOVEMBRE 2022
 

il cui dispositivo è:

annulla la sentenza impugnata limitatamente alla posizione di A.A.  con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Torino per nuovo giudizio.
Rigetta il ricorso di R.C. che condanna al pagamento delle spese processuali.

 

Fatto


Con sentenza del 23 novembre 2022, la Corte di cassazione ha annullato con rinvio quella della Corte d'appello di Torino del 19 novembre 2021 che, confermando la sentenza del G.U.P. del Tribunale di Cuneo, resa all'esito di un giudizio abbreviato, dichiarava A.A. responsabile del reato previsto dall'art. 589 commi 1 e 2 c.p..
Secondo l'ipotesi d'accusa, l'imputato si era reso responsabile del decesso di Cl.R., il quale stava effettuando dei lavori di taglio di un albero con una motosega e veniva colpito al capo da un ramo, riportando lesioni che ne determinavano la morte.
Dal punto di vista soggettivo, si imputava ad A.A. di aver predisposto un piano di sicurezza e coordinamento ai sensi dell'art. 100 d.lgs. 81/2008 gravemente carente, che prevedeva misure di prevenzione e protezione tipiche di un cantiere edile, come tali non pertinenti con il lavoro di costruzione di una strada forestale che era stato effettivamente svolto dal lavoratore.
La Corte di cassazione rilevava che entrambe le sentenze di merito avevano affermato l'operatività della disciplina concernente il coordinatore per la sicurezza dei lavori, che era venuta in rilievo nonostante pacificamente nel cantiere non lavorassero più imprese.
Senza che ciò comportasse una violazione del principio di correlazione di cui all'art. 521 c.p.p., la Corte di cassazione rilevava inoltre che, sia il G.U.P. di Cuneo, sia la Corte d'appello di Torino avevano comunque ravvisato profili di responsabilità in capo all'imputato sulla scorta del fatto che costui si era comunque comportato come se vi fosse necessità del coordinatore, assumendo tale qualifica per fatti concludenti.
La sentenza rescindente evidenziava che, tuttavia, non era stato scrutinato con sufficiente grado di approfondimento quale ruolo avesse effettivamente assunto di fatto e quale posizione di garanzia si fosse in concreto volontariamente accollato A.A..
In particolare, si rilevava che le sentenze di merito non avevano considerato la distinzione fra la figura del coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione e quello in fase di esecuzione.
La Corte di cassazione disponeva quindi l'annullamento con rinvio della sentenza appellata, in primo luogo, al fine di stabilire quale delle due ipotesi ricorresse nel caso concreto, sulla base del comportamento concludente consistente nell'effettiva presa in carico del bene protetto da parte del soggetto agente.
In funzione dei risultati di questa indagine, si chiedeva poi a questa Corte d'appello di valutare le conseguenze dell'assunzione del ruolo attribuito all'imputato sotto il profilo dell'eventuale doverosità giuridica di agire in maniera difforme da come in concreto era stato fatto, anche considerando la cosiddetta causalità della colpa, che si affermava non essere stato adeguatamente risolto nella sentenza impugnata.
All'udienza tenutasi in data 18 giugno 2024, accertata la regolarità delle notificazioni sulla quale non erano sollevate obiezioni, il Procuratore generale chiedeva l'accoglimento dell'appello formulato nell'interesse dell'imputato e la sua assoluzione.
Il difensore dell'imputato richiamava i motivi di gravame chiedendone l'accoglimento. L'imputato compariva.
 

Diritto


Avuto riguardo al tema devoluto nel presente giudizio di rinvio, occorre anzitutto valutare quale ruolo abbia effettivamente assunto A.A. nell'ambito del cantiere dove si è realizzato l'infortunio.
Dal punto di vista della condotta, sono effettivamente ravvisabili in capo all'imputato comportamenti che gli si attribuiscono.
Oltre ad aver redatto il piano di sicurezza e coordinamento, infatti, A.A. risulta essersi interessato di quel cantiere, svolgendo effettivamente le sue funzioni attraverso un'ingerenza diretta nell'effettuazione dei lavori, concretizzatasi nell'aver compiuto diversi sopralluoghi, anche nell'imminenza dell'infortunio, nel corso di uno dei quali raccomandava ai lavoratori l'uso dei dispositivi di protezione individuale.
Sulla scorta di queste premesse, la sentenza della Corte d'appello di Torino del 19 novembre 2021 ravvisava ulteriori profili di responsabilità in capo ad A.A., il quale, pur riscontrando personalmente il mancato utilizzo dei dispositivi di protezione individuale e nonostante l'evidente carente formazione degli addetti alle operazioni di abbattimento degli alberi, non aveva assunto alcun provvedimento efficace ed effettivo per evitare il rischio di infortuni, ad esempio sospendendo i lavori.
Ciò premesso in punto di fatto, risulta effettivamente che A.A. ha svolto funzioni di coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione, avendo provveduto a redigere il piano previsto dall'art. 100 d.lgs. 81/2008.
In relazione a tale profilo, tuttavia, già la sentenza rescindente ha condivisibilmente richiamato i consolidati principi giurisprudenziali di cui alle sentenze della Sezione quarta della Corte di cassazione n. 24915 del 10/06/2021 e 14179 del 10/12/2020, affermando che "occorre convenire con il ricorrente circa la non necessità, nel caso di specie, di nomina del coordinatore per la sicurezza, poiché, come spiegato nelle sentenze di merito ... , la originaria ipotesi di compresenza di più ditte impegnate nel cantiere non si è in concreto realizzata".
Dal momento che il piano di sicurezza e coordinamento è volto a tutelare il lavoratore in via esclusiva rispetto al cosiddetto rischio interferenziale, vale a dire quello derivante dalla presenza, anche non contemporanea, di più ditte nel medesimo cantiere (cfr. Corte di cassazione, Sezione quarta, sentenza n. 17213 del 15/02/2019), circostanza che pacificamente non si è verificata nel caso di specie, le eventuali carenze del documento materialmente redatto dall'imputato, indipendentemente dal fatto che fosse necessario o meno predisporlo, non hanno avuto la benché minima ricaduta pratica nella verificazione dell'infortunio mortale.
Anche a voler ritenere che l'adozione del piano di sicurezza e coordinamento ad opera di A.A., benché in concreto non necessaria secondo quanto stabilito dalla Corte di cassazione nella sentenza rescindente, possa aver comportato l'assunzione volontaria degli obblighi previsti dall'art. 91 d.lgs. 81/2008 e nonostante le carenze rilevate in questo documento gli possano per questa ragione essere in astratto addebitate, risulta evidente come la condotta dell'imputato non abbia avuto la benché minima rilevanza casuale nella produzione dell'evento atteso che nessun rischio interferenziale è mai venuto in rilievo.
Si tratta allora di valutare se l'imputato abbia assunto la qualifica di coordinatore per l'esecuzione dei lavori.
Viene in rilievo nel caso di specie il disposto dell'art. 94 d.lgs. 81/2008, che espressamente attribuisce a tale figura compiti di verifica dell'idoneità del piano operativo di sicurezza, di eventuale adeguamento in relazione all'evoluzione dei lavori ed alle eventuali modifiche intervenute, di segnalazione al responsabile dei lavori, previa contestazione scritta alle imprese e ai lavoratori autonomi interessati, delle inosservanze alle disposizioni degli articoli 94, 95 e alle prescrizioni del piano di cui all'articolo 100, attribuendogli il potere di proporre la sospensione dei lavori, l'allontanamento delle imprese o dei lavoratori autonomi dal cantiere, o la risoluzione del contratto, oltre che di sospendere, in caso di pericolo grave e imminente, direttamente riscontrato, le singole lavorazioni fino alla verifica degli avvenuti adeguamenti effettuati dalle imprese interessate.
La ripetuta presenza di A.A. sul cantiere e i richiami al corretto utilizzo dei dispositivi individuali di protezione nei confronti dei lavatori che vi operavano si ritengono idonei a dimostrare che, effettivamente, egli avesse assunto nei fatti i compiti propri del coordinatore per l'esecuzione dei lavori.
In astratto, dunque, constatata l'inidoneità del piano di sicurezza e coordinamento, l'imputato avrebbe dovuto provvedere ad un suo adeguamento.
Sotto questo profilo, tuttavia, si riscontrano le medesime criticità già evidenziate rispetto alla necessità di vagliare eventuali profili di responsabilità sotto il profilo dei rischi interferenziali, che sono da escludere in ragione del fatto che sul cantiere operava un'unica ditta.
Anche solo considerando le funzioni di "coordinamento" che l'art. 94 d.lgs. 81/2008 attribuisce al responsabile della sicurezza per la fase esecutiva, che sottintendono la presenza di più soggetti da coordinare, si deve ribadire che eventuali carenze, originarie o sopravvenute, del piano di sicurezza e coordinamento non hanno rivestito la benché minima rilevanza causale nella verificazione dell'evento.
Occorre allora considerare gli ulteriori profili astrattamente imputabili ad  A.A., riguardanti le prescrizioni contenute all'art. 94 comma 1 lettere E e F d.lgs. 81/2008, che prevedono rispettivamente l'obbligo del coordinatore per l'esecuzione dei lavori di segnalare "al responsabile dei lavori, previa contestazione scritta alle imprese e ai lavoratori autonomi interessati, le inosservanze alle disposizioni degli articoli 94, 95 e alle prescrizioni del piano di cui all'artico/o 100, e propone la sospensione dei lavori, l'allontanamento delle imprese o dei lavoratori autonomi dal cantiere, o la risoluzione del contratto" e di sospendere "in caso di pericolo grave e imminente, direttamente riscontrato, le singole lavorazioni fino alla verifica degli avvenuti adeguamenti effettuati dalle imprese interessate".
Tali obblighi rispondono alla funzione di "alta vigilanza che grava sul coordinatore per la sicurezza dei lavori' (così la Corte di cassazione, Sezione quarta nella sentenza n. 24915 del 10/06/2021 già precedentemente richiamata).
Secondo le precedenti sentenze di merito, l'imputato non avrebbe adempiuto questi doveri. Occorre tuttavia osservare come anche questi profili debbano più propriamente essere letti alla luce dello specifico ruolo assunto di fatto da A.A..
Come indicato dalla della sentenza rescindente, infatti, vengono in rilievo due elementi decisivi nel dimostrare l'assenza di rilievi nella condotta dell'imputato.
In punto di diritto, merita richiamare le sentenze n. 24915 del 10/06/2021, 14179 del 10/12/2020, 3486 del 12/04/2017, 27165 del 24/05/2016, 46991 del 12/11/2015 e 18149 del 21/04/2010, le quali affermano il principio di diritto indicato anche nella sentenza della Sezione quarta della Corte di cassazione che ha dato luogo al presente giudizio di rinvio, secondo cui "non compete al coordinatore per l'esecuzione il puntuale controllo, momento per momento, delle singole lavorazioni, controllo che è demandato ad altre figure".
In punto di fatto, il concreto svolgimento degli eventi dimostra che A.A. otto giorni prima dell'infortunio si era recato sul cantiere e, avendo constatato il mancato utilizzo dei dispositivi di protezione individuale da parte degli operai ivi impiegati, aveva verbalizzato la circostanza e sensibilizzato i lavoratori raccomandando loro l'uso del casco protettivo.
Tale circostanza, da valutare alla luce del principio di diritto affermato dalla sentenza rescindente, impone di ritenere che nessun profilo di colpa specifica possa essere ravvisato nella condotta di A.A..
È appena il caso di osservare che la violazione riscontrata dall'imputato non appariva al momento del suo accesso al cantiere sintomatica di una situazione meritevole di particolare attenzione, neppure in relazione ad eventuali episodi pregressi, che non emergono dagli atti. In particolare, non si ritiene che il mancato utilizzo del casco protettivo da parte di un lavoratore che, situazione riscontrata dall'imputato nel corso di un accesso al cantiere, fosse tale da integrare un "caso di pericolo grave e imminente" e quindi da giustificare la sospensione delle lavorazioni fino "alla verifica degli avvenuti adeguamenti effettuati dalle imprese interessate", come previsto dall'art. 94 comma 1 lettera F d.lgs. 81/2008.
Ancora una volta, non si può fare a meno di osservare che tale disciplina è dettata proprio per la prevenzione del rischio interferenziale, pacificamente insussistente nel caso di specie, e che, proprio in virtù dei principi giurisprudenziali fin qui richiamati, eventuali violazioni di norme di sicurezza sui luoghi di lavoro non possono essere addebitate a soggetti diversi da quelli che ne sono diretti destinatari. Anche a voler ammettere che A.A. avesse assunto in concreto una posizione di garanzia, esercitando di fatto le funzioni di coordinatore nella fase esecutiva, ciò non potrebbe comunque comportare anche l'assunzione di obblighi che la legge attribuisce ad altri soggetti, in primis il datore di lavoro, già condannato in via definitiva per il medesimo titolo di reato per cui si procede, cui era ascritta la violazione di altre norme specifiche.
Il complesso delle considerazioni che precedono porta a ritenere che l'imputato non abbia apportato il benché minimo contributo alla realizzazione dell'evento, contestatogli a titolo di cooperazione ai sensi dell'art. 113 c.p., ragione per cui, in riforma della sentenza appellata, A.A. deve essere mandato assolto dal reato a lui ascritto per non aver commesso il fatto. "'-
 

P.Q.M.


Visti gli artt. 593 e segg.ti, 599 e 605 c.p.p., in riforma della sentenza appellata, decidendo in sede di rinvio per quanto devoluto, assolve l'imputato dal reato a lui ascritto per non aver commesso il fatto.
Torino, 18 giugno 2024