Cassazione Penale, Sez. 3, 21 ottobre 2024, n. 38487 - Omessa valutazione dei rischi nel ristorante. La mancanza di rischi non precede l'adozione del DVR ma costituisce, semmai, frutto della valutazione di cui deve darsi conto nella redazione del DVR



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta da:

Dott. ANDREAZZA Gastone - Presidente

Dott. ACETO Aldo - Relatore

Dott. PAZIENZA Vittorio - Consigliere

Dott. MACRÌ Ubalda - Consigliere

Dott. ANDRONIO Alessandro Maria - Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA



sul ricorso proposto da:

A.A., nato a N il (omissis);

avverso la sentenza del 07/01/2014 del TRIBUNALE di NAPOLI;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere ALDO ACETO;

lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale FULVIO BALDI che ha concluso chiedendo l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per intervenuta prescrizione;

lette le conclusioni del difensore, AVV. RAFFAELE AFFUSO, che si è associato alle richieste del PG.

858/2024

 

FattoDiritto


1. A.A. ricorre per l'annullamento della sentenza del 7 gennaio 2014 del Tribunale di Napoli che l'ha condannato alla pena (condizionalmente sospesa) di 2.000 Euro di ammenda per il reato di cui agli artt. 81, secondo comma, cod. pen., 55 D.Lgs. n 81 del 2008 (capo A), 137 D.Lgs. n. 152 del 2006 (capo B) perché, quale titolare del ristorante "La Cantinola", aveva omesso di effettuare la valutazione dei rischi e di adottare il documento di cui agli artt. 17, comma 1, lett. a), e 18, D.Lgs. n. 81 cit., nonché per aver effettuato scarichi in pubblica fognatura delle acque reflue derivanti dall'attività di ristorazione senza alcuna autorizzazione. Il fatto è contestato come accertato il 14 luglio 2011.

1.1. Con il primo motivo deduce la violazione di legge e il vizio di mancanza di motivazione in ordine al reato di cui al capo A della rubrica, reato insussistente, afferma, perché si tratta di un piccolo ristorante che costituisce un luogo di lavoro sicuro, gestito a livello familiare (dal ricorrente stesso che aveva anche partecipato a un corso di formazione per "Responsabile Servizio Prevenzione e Protezione", svolto ai sensi dell'art. 34 D.Lgs. n. 81 del 2008), e per il quale aveva altresì presentato le apposite richieste per ottenere il DVR e l'autorizzazione agli scarichi.

1.2. Con il secondo motivo deduce la erronea applicazione dell'art. 318-ter D.Lgs. n. 152 del 2006, nonché la assimilabilità degli scarichi a quelli di natura domestica.

1.3. Con il terzo motivo lamenta la mancata esclusione della punibilità per speciale tenuità del fatto trattandosi di fatto non particolarmente grave ed avendo egli provveduto a chiedere il rilascio dell'autorizzazione agli scarichi.

1.4. Con il quarto motivo deduce la sopravvenuta prescrizione dei reati.

2. Il ricorso è inammissibile per le ragioni di seguito indicate.

3. Osserva il Collegio:

3.1. il primo motivo è manifestamente infondato ed è contraddetto dalla stessa condotta postuma del ricorrente che, secondo quanto si legge in sentenza, si è dotato del documento di valutazione dei rischi solo dopo l'accertamento del fatto omissivo;

3.2. la valutazione dei rischi e la elaborazione del relativo documento di cui all'art. 28 D.Lgs. n. 81 del 2008 sono obblighi non delegabili del datore di lavoro (art. 17 D.Lgs. n. 81 cit.) (Sez. U., n. 38343 del 24/04/2014, Espenhahn, Rv. 261109 - 01, secondo cui in tema di prevenzione degli infortuni, il datore di lavoro, avvalendosi della consulenza del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, ha l'obbligo giuridico di analizzare e individuare, secondo la propria esperienza e la migliore evoluzione della scienza tecnica, tutti i fattori di pericolo concretamente presenti all'interno dell'azienda e, all'esito, deve redigere e sottoporre periodicamente ad aggiornamento il documento di valutazione dei rischi previsto dall'art. 28 del D.Lgs. n. 81 del 2008, all'interno del quale è tenuto a indicare le misure precauzionali e i dispositivi di protezione adottati per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori);

3.3. si tratta di obbligo applicabile a tutte le tipologie di rischio e a tutti i settori pubblici o privati, comprese le attività di ristorazione (Sez. 3, n. 33567 del 04/07/2012, Griffoni, Rv. 253171 - 01; Sez. 3, n. 39363 del 14/04/2015, non mass.). Può variare il quomodo (art. 29 D.Lgs. n. 81 del 2008), giammai l'an dell'obbligo della valutazione dei rischi, anche nei settori a basso rischio infortunistico (comma 6-ter). La mancanza di rischi non deve precedere l'adozione del DVR ma costituire, semmai, frutto della valutazione di cui deve darsi conto nella redazione del documento. L'assenza di rischio, in buona sostanza, non esonera dalla redazione del DVR;

3.4. il secondo motivo è generico perché aspecifico;

3.5. sono scarichi industriali, oltre ai reflui provenienti da attività di produzione industriale vera e propria, anche quelli provenienti da insediamenti ove si svolgono attività artigianali e di prestazioni di servizi, quando le caratteristiche qualitative degli stessi siano diverse da quelle delle acque domestiche (Sez. 3, n. 22436 del 03/04/2013, La Barbera, Rv. 255777 - 01, che ha definito reflui industriali gli scarichi provenienti da locale adibito ad attività di pasticceria; nello stesso senso, Sez. 3, n. 36982 del 07/07/2011, Boccia, Rv. 251301 - 01, secondo cui lo scarico in pubblica fognatura, senza autorizzazione, tramite tubazione condominiale, di reflui provenienti da un locale adibito ad attività di pasticceria, bar e ristorazione, integra il reato di cui all'art. 137, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, trattandosi di reflui provenienti da un insediamento in cui viene svolta un'attività artigianale e di prestazione di servizi, aventi caratteristiche qualitative diverse da quelle delle acque reflue domestiche);

3.6. la assimilabilità degli scarichi a quelli domestici è questione di fatto che non può essere devoluta per la prima volta in sede di legittimità, oltretutto nei termini assertivi postulati dal ricorrente. È piuttosto un dato assodato che questi, dopo il controllo, aveva chiesto l'autorizzazione allo scarico nelle pubbliche fognature;

3.7. non è spiegato (ed è dunque aspecifico) il richiamo all'art. 318-ter D.Lgs. n. 152 del 2006;

3.8. costituisce ormai principio consolidato quello secondo il quale non è causa di improcedibilità dell'azione penale l'omessa indicazione all'indagato, da parte dell'organo di vigilanza o della polizia giudiziaria, ex artt. 318-bis e ss. D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, delle prescrizioni la cui ottemperanza è necessaria per l'estinzione delle contravvenzioni (Sez. 3, n. 19391 del 10/04/2024, Costa, Rv. 286277 - 01; Sez. 3, n. 49718 del 25/09/2019, Fulle, Rv. 277468 - 01);

3.9. sicché non si comprende quale, sia nell'economia del ricorso, il richiamo al contenuto dell'art. 318-ter, cit.;

3.10. quanto al terzo motivo, il processo è stato definito in primo grado con sentenza pronunciata prima dell'introduzione dell'art. 131-bis cod. pen. ad opera dell'art. 1, comma 2, D.Lgs. n. 28 del 2015, e, naturalmente, delle ulteriori modifiche introdotte dall'art. 1, comma 1, lett. c), D.Lgs. n. 150 del 2022;

3.11. il che consente di richiedere, per la prima volta in questa sede, la applicazione di tale causa di non punibilità;

3.12. è stato al riguardo affermato che la esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, di cui all'art. 131-bis cod. pen., ha natura sostanziale ed è applicabile ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del D.Lgs. 16 marzo 2015, n. 28, ivi compresi quelli pendenti in sede di legittimità, nei quali la Suprema Corte può rilevare di ufficio ex art. 609, comma secondo, cod. proc. pen. la sussistenza delle condizioni di applicabilità del predetto istituto, fondandosi su quanto emerge dalle risultanze processuali e dalla motivazione della decisione impugnata e, in caso di valutazione positiva, deve annullare la sentenza con rinvio al giudice di merito (Sez. F, n. 36500 del 13/08/2015, Greco, Rv. 264703 - 01; Sez. 3, n. 31932 del 02/07/2015, Terrezza, Rv. 264449 - 01; Sez. 4, n. 22381 del 17/04/2015, Mauri, Rv. 263496 - 01; Sez. 3, n. 15449 del 08/04/2015, Mazzarotto, Rv. 263308 - 01; Sez. 3, n. 24358 del 14/05/2015, Ferretti, Rv. 264109 - 01, che ha escluso l'esistenza dei presupposti per il riconoscimento della causa di non punibilità, rilevando dalla sentenza impugnata come, in relazione ad una contravvenzione punita con pena alternativa e per la quale era stata inflitta solo l'ammenda, l'entità della sanzione irrogata, superiore al minimo edittale, fosse di per sé incompatibile con un giudizio di particolare tenuità; in senso analogo, secondo Sez. 6, n. 44417 del 22/10/2015, Errfiki, Rv. 265065 - 01, ha affermato che l'esclusione della particolare tenuità del fatto è compatibile con l'irrogazione del minimo della pena, atteso che l'art. 131-bis cod. pen. può trovare applicazione solo qualora, in virtù del principio di proporzionalità, la pena in concreto applicabile risulterebbe inferiore al minimo edittale, determinato tenendo conto delle eventuali circostanze attenuanti);

3.13. nel caso di specie il Tribunale, ritenuta la continuazione tra i reati e più grave quello di cui all'art. 137 D.Lgs. n. 152 del 2006 ha applicato la pena di Euro 2000 di ammenda (alternativa a quella dell'arresto) in misura superiore al minimo edittale, pari a Euro 1500; nonostante l'applicazione delle circostanze attenuanti generiche la pena è stata comunque determinata in Euro 1800, superiore al minimo edittale;

3.14. costituisce tuttavia un dato di fatto (e documentato) che dopo l'accertamento dei fatti il ricorrente ha adottato il DVR ed ha ottenuto l'autorizzazione allo scarico;

3.15. è noto che, ai fini della valutazione della particolare tenuità del fatto rileva, per effetto delle modifiche introdotte dall'art. 1, comma 1, lett. c), D.Lgs. n. 150 del 2022, anche la condotta susseguente al reato, fermo restando che tale condotta non può, di per sé sola, rendere di particolare tenuità un'offesa che tale non era al momento del fatto, potendo essere valorizzata solo nell'ambito del giudizio complessivo sull'entità dell'offesa recata, da effettuarsi alla stregua dei parametri di cui all'art. 133, comma primo, cod. pen. (Sez. 3, n. 18029 del 04/04/2023, Hu Qinglian, Rv. 284497 - 01);

3.16. nel caso in esame, tali fatti, preesistenti alla sentenza impugnata, non hanno impedito al Giudice di mantenere la pena comunque al di sopra del minimo edittale, pur se attenuata ai sensi dell'art. 62-bis cod. pen.

3.17. Il ricorso è dunque inammissibile con conseguente irrilevanza della maturazione della prescrizione successivamente alla sentenza impugnata.

4. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., essendo essa ascrivibile a colpa del ricorrente (C. Cost. sent. 7 - 13 giugno 2000, n. 186), l'onere delle spese del procedimento nonché del versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si fissa equitativamente nella misura di Euro 3.000,00.

Il Collegio intende in tal modo esercitare la facoltà, introdotta dall'art. 1, comma 64, legge n. 103 del 2017, di aumentare, oltre il massimo edittale, la sanzione prevista dall'art. 616 cod. proc. pen. in caso di inammissibilità del ricorso considerate le ragioni della inammissibilità stessa come sopra indicate.

 

P.Q.M.


Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 6 giugno 2024.

Depositata in Cancelleria il 21 ottobre 2024.